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press-review TV LUMIERE "Il gioco del silenzio"

 

bandiera_italia    ROCKERILLA


Amaury Cambuzat torna a collaborare con i TV Lumiere in occasione della pubblicazione del quinto album del quartetto umbro. Il collaboratore dei Faust dona la solita aura gotica e oscura, a tratti claustrofobica, alle ballate dei fratelli Persichini. Per costruire le atmosfere sospese dell'album - un miracolo di sincretismo tra CSI, Mogway e Dirty Three - ci sono anche Luca "Swanz" Andriolo (Swanz the Lonely Cat, Dead Cat in a Bag) e Antonio Tonietti. "Il gioco del silenzio" raccoglie otto inediti più una bonus track sulla verione in CD dell'album; la rivisitazione della vecchia ballata "Mondanità", già apparsa sul precedente album dei TV Lumiere. 

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bandiera_italia   RUMORE

Attiva da quasi 20 anni, la band umbra ritrova sulla sua strada Amaury Cambuzat (ulan Bator, Faust) produttore dell'esordio nel 2005 e del terzo lavoro, che a questo giro mixa, masterizza e suona un pò di strumenti (altro ospite Luca "Swanz" Andriolo al banjo nella title track, il brano più di frontiera del disco). Le traiettorie della band non si discostano granchè da un immaginario sonoro collaudato, tra sensibilità noir, lontane radici wave e occasionali esplosioni di elettricità (a sfiorare talvolta il post rock, come in "Per confortare il tuo pianto") ma è la voce di Ferruccio Persichini (in "Delirio" quasi ferrettianta nel suo baritonale cantilenare) che al di là della pregevole pastosità sonora del disco, consente di entrare in risonanza con un immaginario che appare, ascolto dopo ascolto, sempre più personale.

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bandiera_italia    BLOW UP

Nella pagina bandcamp dei TV limiere, le indicazioni sui generi di riferimento recitano "postrock", "Shoegaze" e "slowcore". Non fa una piega, ma tali etichette di genere - alle quali ne andrebbe aggiunta almeno un'altra : "folk noir" - non possono ovviamente evidenziare quella che della band umbra è una delle caratteristiche principali : i testi in italiano cantati / declamati senza eccedere in solennità ma con toni comuqnue gravi ed enfatici che ben si addicano ai temi sociali ed esistenziali sviluppati con bell'afflato poetico. Al quinto album in quasi un quarto di secolo di storia, ancora approntato (è la terza volta non consecutiva) con la collaborazione di Amaury Cambuzat, il quartetto ha di nuovo colto nel segno, dando vita a canzoni - di questo si tratta, bensì sui generis - capaci di intrigare a livello di trame musicali e di coinvolgere sul piano emotivo

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bandiera_italia    BUSCADERO

Sono andato a dare un'occhiata negli archivi e ho realizzato che l'ultima volta che avevo scritto degli umbri TV Lumiere era stato nel lontano 2008, ai tempi della pubblicazioen del loro secondo album "Per amor dell'oceano" prodotto da Paolo Messere. Li ritrovo molti anni dopo, con questo "il gioco del silenzio" che, della loro discografia, è il quinto capitolo. Stavolta a produrre sono diretamente loro, ma il disco vanta la collaborazione di Amaury Cambuzat (che si è occupato anche del missaggio e della masterizzazione) e le ospitate di Luca "Swanz" Andriolo e di Antonio Tonietti in un paio di brani. Sono sempre una band dedita ad un approfondito viaggio nei meandri di una canzone oscura e tenebrosa, avvolgente e conturbante, che continua ad avere come numi tutelari certe cose dei C.S.I. (evocati soprattutto dall'andamento di alcune melodie), i Sonic Youth (ascoltatevi la bella "delirio" oppure la coda noise della fascinosa "Nella spirale del silenzio", altrimenti devota ad uno slowcore kozelekiano), che a certi eccessi rumoristi del passato oggi preferisce suoni più ipnotici suadenti, perfetti per dare vita a pezzi che, in linea di massima, guardano a un misto tra il dark folk westernato e una canzone d'autore rock notturna e omborosa, che in pezzi come la splendida "Eppure l'ho perso" o la magnetica "Ultima corsa" trova perfetta sintesi, offendo il varco ideale per addentrarsi nel loro universo sonoro.   

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bandiera_italia     MESCALINA

La band umbra dei TV Lumière, che si muove tra noise-rock e cantautorato dark folk, ci regala un lavoro oscuro e fascinoso, ipnotico e solenne, elegante e ricco di spunti di riflessione, tra l’omologazione di corpi e pensieri, deliri collettivi, “distruzione del pensiero critico”, “spettacolo della banalità”, la propaganda politico-mediatica, “ideologie capovolte” e contestazioni di piazza fino alla “presa del palazzo”. In un disco dall’impronta più sociale, non mancano comunque nemmeno addii amari, incomunicabilità e conversazioni mai avvenute. Eppure l’ho persa, tratta da una bellissima poesia dell'amico Germano Innocenti, ammalia inoltre con un canto dark-folk di perdita e smarrimento, che sa di strade battute, miraggi, dolori comunitari da cullare, “pianti striduli e stanchi”. Negli otto brani inediti troviamo chitarre cupe o languide, dalla malinconia vischiosa, arpeggi magnetici o dolceamari, synth che brillano tenui, eppure febbrili, sonorità slowcore struggenti e rarefatte; la strumentale Per confortare il tuo pianto è un’emozionante cavalcata post-rock, che riesce a suonare al contempo tesa ed eterea, intensa e cinematica. Quell del lavoro sono suoni analogici e caldi, caliginosi e intimi, per canzoni che scuotono, ma anche ci riservano la carezza della nostalgia e della delicatezza. Tra le influenze della band si citano nomi quali Nick Cave and the Bad Seeds, Swans e Sonic Youth, che appaiono chiari numi tutelari del progetto, ma metriche, spessore dei testi in italiano e insieme importanza attribuita alla “voce” musicale possono far venire in mente anche i Marlene Kuntz più cantautorali, o ancora prima la bellezza pensosa dei CSI. Il disco suona come perla nera, un gioiello prezioso che emana una luce ambigua che cattura e turba. Da non perdere.

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bandiera_italia   ROCK TARGATO ITALIA

Naviga fra il post-rock dalle atmosfere più desertiche e la canzone d’autore più suadente, “Il gioco del silenzio” dei TV Lumière. Nove brani che, grazie anche alla produzione di Amaury Cambuzat, costruiscono un percorso ombroso e profondamente introspettivo in cui una voce dal tono sabbioso galleggia quasi arresa fra sonorità notturne, atmosfere avvolgenti e arrangiamenti profondamente evocativi.

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bandiera_italia    RADIOCOOP

La band umbra, al quinto album, tesse trame malinconiche, romantiche, oscure, decadenti, in cui convergono un’anima folk dark e frequenti suggestioni in arrivo dal mondo Nick Cave. In aggiunta un gusto blues, soprattutto ritmicamente, ed echi gospel. E’ evidente la maturità compositiva e stilistica acquisita, quanto la padronanza della materia (grazie anche alla sapiente mano del polistrumentista Amaury Cambuzat, fondatore degli Ulan Bator e con un curriculum infinito). Un album di qualità e spessore.

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bandiera_italia    SODAPOP

Scivolano le corde, e la voce le segue, salmodiando parole essenziali. L’apertura di questo nuovo lavoro dei Tv Lumière è programmatica: tutto procede senza fretta, con un fare contemplativo. Poi il ritornello si schiude in un’esplosione di pura gioia, e ci abbandoniamo a questa nenia chiaroscurale. Anche le ultime note di chitarra, rarefatte e ipnotiche, evocano un mondo sospeso tra sonno e veglia. Delirio, il secondo brano, si apre con una chitarra ruvida e luminosa, dal suono terrigno. Poi entrano batteria e voce, e le danze oppiacee riprendono. Le chitarre si impennano lentamente, il ritmo si fa martellante, poi si arresta d’improvviso, lasciando riemergere la chitarra iniziale, che introduce un caos quasi meditativo. Qui sintetizzatori e strumenti si fondono in un’unica, splendida massa sonora. Manifesto, terza traccia, si apre in modo corale, sontuoso e drammatico, ci arrivano echi lontani da Storia di un impiegato. È un vero manifesto, una chiamata alla rivolta condotta con pacata inesorabilità. Ancora una volta è l’andamento generale a catturare: una solenne lentezza che trascina. Cori, chitarre acustiche e una nenia sussurrata mantengono intatta la drammaticità fino all’ultima nota. Osservazione esterna, il quarto brano, è scarno nella struttura ma avvolgente nella resa. Su questa essenzialità si poggia una voce che, pur avvicinandosi a molte del rock italiano ed estero, conserva una cifra unica, un’identità nitida e inconfondibile. La produzione è impeccabile: ogni elemento è valorizzato senza intaccare il forte senso di unità sonora. Per confortare il tuo pianto, quinta traccia strumentale, vede i Tv Lumiere costruire con parsimonia e sapienza un’architettura sonora che nella ripetizione trova il suo potere ascensionale, creando un cerchio magico, un passaggio verso un altrove.  Il disco prosegue con grazia e profondità fino all’ultimo brano, Mondanità, dove la forma canzone si manifesta nella sua essenza più primordiale e senza tempo. Dieci minuti di racconto intenso, una storia che affonda nel passato per parlarci, con lucidità disarmante, dell’oggi. Solo la musica sincera, profondamente pensata e sentita, può riuscirci.  Un album essenziale e autentico, capace di comunicare con uno stile personale e un linguaggio che resta, che avvolge e incanta.

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bandiera_italia   THE NEW NOISE

Il ritorno dei TV Lumière è coerente, sabbioso e profondo. Coadiuvati in sede di regia da Amaury Cambuzat e visitati dagli spiriti amici, la loro ispirazione è compatta e tramite il vocione di Federico Persichini ci trasportano attraverso vicissitudini. Le percussioni di Yuri Rosa sembrano a tratti riprendere i battiti di un cuore come nella splendida “Delirio”, in una unione fra vita, vissuto ed elaborazione. Siamo lontani dal pop e dal cantautorato, piuttosto ci troviamo in un’espressione folk che prende le mosse dal cantautorato più tormentato, rendendo assolutamente credibile la loro storia. L’aria sembra rarefatta, difficoltosa, in un percorso sofferto che passa attraverso la coscienza e la propaganda di “Manifesto”, gioiello che sembra uscito dagli anni Ottanta più dolorosi. Il dolore, l’incomprensione, le misure sbagliate degli incastri che la vita ci sottopone: questo trasportano i TV Lumière, decodificando segnali con una musica che profuma di amaro erbaceo, di legno e di freddo. Il Gioco Del Silenzio è un album che va maneggiato con cautela, non è lenitivo e potrebbe darci la mazzata definitiva nei momenti meno adeguati. Ma è anche un disco necessario per accogliere il passaggio del tempo, soprattutto quando si inizia a conteggiarlo in inverni e non più in primavere, silenziosamente cercando scambi con chi non necessita più di verbalizzazione. “Per Confortare Il Tuo Pianto” è una spalla strumentale che scivola e sulla quale possiamo ripulire i nostri dotti lacrimali, a dimostrazione di come la musica sia onesto conforto. Ma in realtà qui non c’è consolazione o abbellimento, ma specchi e asprezza come si conviene, tabacco da masticare e secrezioni. Spesso i brani e le parole ci rimbombano in testa come pura coscienza o pensiero critico, barcollanti ed esili ma potentissimi, quanto il flusso di coscienza di un sonnambulo. “Nella Spirale Del Silenzio” è pura catatonia che stringe lo stomaco, un gorgo che si fa via via più oscuro anche con la seguente “Eppure L’ho Persa”, tragico lamento che spegne del tutto la luce. Si riaccende per un secondo in un western lambiccato, Swanz a dar manforte a una “Ultima Corsa”, fra amici e banditi. “Mondanità” chiude fra dramma e tenerezza, simile ad una fiammella nel freddo e nell’oscurità. Vitale, preziosa, necessaria, proprio come alcuni dischi.

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bandiera_italia    INDIE FOR BUNNIES

Originari di Terni, i Tv Lumière trasferiscono in musica quello che è un orizzonte musicale vasto, dove il suono si stratifica e si disperde nell’aria avvolgendo l’ascoltatore ma anche stringendolo forte in un cortocircuito emotivo su cui sembrano aleggiare influenze chiare (da Nick Cave ai Joy Division) che i Nostri però declinano confezionando un linguaggio assai personale.È rock plumbeo, lento, polveroso, quello che fuoriesce dalle nove tracce di questo intenso “Il gioco del silenzio”, che al meglio caratterizza brani legati da un fil rouge concettuale, dove invero rimane poco spazio per l’immaginazione, e ancor meno vien da dire per guardare avanti con fiducia. Non arriva totale pessimismo, bensì piuttosto realismo, cruda realtà ad accompagnare i versi dell’iniziale “Clinica” o la paradigmatica “Delirio”, momenti salienti dove arde in superficie quel fuoco sacro espressivo che ha saputo animare, ad esempio, diverse canzoni dei C.S.I. (che qua e là riecheggiano). Non è un caso che venga tirato in ballo la sigla sociale di Ferretti e soci perché un certo legame con la scena musicale nostrana anni novanta pare evidente, nelle abrasioni del suono, nell’atmosfera elettrica e a tratti cupa, persino nel cantato cadenzato e talora monocorde con cui Federico Persichini veicola i suoi messaggi. Il retaggio dark è presente in altri titoli quali “Eppure l’ho persa”, intensa traccia firmata da Germano Innocenti e cantata da Ferruccio Persichini, mentre altrove il tema varia, diramando trame più tenui e oniriche come nella strumentale “Per confortare il tuo pianto” (tra i migliori episodi del lotto) e sconfinando in certo country-desert rock. È il caso di “Ultima corsa”, un brano che si staglia grazie anche al valido contributo di Luca Swanz Andriolo con il suo inconfondibile banjo. A contribuire a livello musicale (sia suonando vari strumenti che occupandosi di mixare e masterizzare) è stato inoltre Amaury Cambuzat, assai noto per la sua esperienza alla guida degli Ulan Bator e già al fianco dei Tv Lumière in due occasioni in veste di produttore artistico. “Il gioco del silenzio” è un album che ha forse bisogno di più ascolti per farsi apprezzare appieno, in quanto potrebbe risultare un po’ ostico nel suo essere nudo e crudo senza tanti compromessi, ma in un mondo musicale spesso plastificato un lavoro simile non può che essere apprezzato proprio per la sua natura vera e genuina.

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bandiera_italia    PARANOID PARK

“Il Gioco del Silenzio” ci trasporta in una dimensione crepuscolare e introspettiva, nella quale i Tv Lumière danno forma e sostanza alle loro atmosfere eterogenee, ipnotiche e cinematiche, mentre le singole parole picchiano contro quei tanti, troppi muri di insofferenza e di incomunicabilità dietro i quali abbiamo creduto di poter essere felici e soddisfatti, appagati e realizzati, considerati ed apprezzati. In realtà, noi non facciamo altro che trascinarci lungo queste spirali artificiali, virtuali e iper-tecnologiche di egoismo e di individualità, il cui unico obiettivo è svuotare le nostre anime, le nostre menti, i nostri cuori e le nostre coscienze, così da poterle riempire di oggetti, di cianfrusaglie e di diavolerie digitali che non servono assolutamente a nulla. Intanto le sonorità folk più psichedeliche e malinconiche si intrecciano, in maniera del tutto spontanea e naturale, con quelle che sono trame sonore più oscure, sofferenti, sensuali e darkeggianti, perfetta rappresentazione delle spossanti e patologiche ansie, paure ed insicurezze che abbiamo accumulato, giorno dopo giorno, negli ultimi anni, obbligati a confrontarci e competere, continuamente, con un mondo, con una società e con tante altre persone che, ci ripetevano senza sosta alcuna, volevano farci del male. Ed è così che ci hanno convinto a colpire per primi, nonché a seguirli nelle loro guerre e nelle loro faide, nelle loro rappresaglie e nelle loro macchinazioni, nelle loro vendette e nelle loro mortali ritorsioni. Ma il fatto, quello su cui queste nove canzoni fanno finalmente luce, è che nessuno vuole farci davvero del male; sono gli altri, invece, i padroni e i loro sgherri, a cercare, in tutti i modi, di renderci più diffidenti e più spaventati, più precari e più insicuri, in maniera tale da spingerci a rinunciare ad ogni nostro giudizio critico, ad ogni prezioso dubbio, ad ogni domanda, ad ogni più piccolo barlume di umanità e di sensibilità, arrivando, alla fine, ad affidare proprio a loro, ed esclusivamente a loro, il controllo assoluto delle nostre scelte, delle nostre opinioni, dei nostri sentimenti e delle nostre esistenze. Ed è così che finiremo per essere risucchiati e schiacciati da quella che è un’unica, malata e moribonda visione della vita; la visione che la band italiana non esita ad affrontare, attraversare e raccontare musicalmente, in bilico tra dolci riverberi cantautoriali e improvvise sferzate noise-rock, spronando, nel frattempo, la nostra ammaccata fantasia ad interagire con l’armonia dei singoli brani, raccordandosi ad ogni singola frase e ad ogni singolo verso, per riportare, finalmente, un’alba luminosa laddove, adesso, c’è solamente il buio profondo della falsità, della prepotenza, dell’arroganza e degli interessi materiali. Combattiamo, tutti, contro questa eterna, avvilente e famelica notte delle idee, quella che i Tv Lumière navigano e svelano grazie alle loro scintillanti architetture spaziali e progressive-rock, mettendoci dentro tutto quello che di bello, di vivo, di veritiero e di positivo ci circonda, senza più alcun timore nei confronti delle nostre stesse ferite, delle dolorose cadute, delle frequenti bugie, dei torti ingiusti, degli impegni frenetici o delle stratificazioni tossiche che ci hanno reso delle persone peggiori. Questo gioco musicale è una narrazione liberatoria, è come se venissimo fuori da una guerra, lunga, atroce e senza alcun senso, una guerra che continuava a distruggere, demolire e ridurre in polvere tutto quello che, silenziosamente, sognavano o attendevamo, cercavamo o speravamo.

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bandiera_italia    DISTORSIONI

I TV Lumière scrivono racconti per un mondo che non esiste più o, meglio, per un mondo che ha deciso di girare ad una velocità delirante in cui le parole che servivano per raccontare sogni lontani sembrano disperse chissà dove. “Il Gioco Del Silenzio” è il quinto album di una band attiva da più di vent'anni, un'opera in cui si avverte una cura particolare per il peso da attribuire ai suoni così come ai silenzi, senza alcuna necessità di dover saturare ad ogni costo l'interlinea ideale che separa una traccia dall'altra. La sensazione è quella di voler fare respirare chi si immerge in una musica densa dal punto di vista concettuale e in una visione panoramica che restituisce la sensazione di una apocalisse esistenziale collettiva. Su ciascuno dei nove brani potrebbero scorrere i titoli di coda di un film che racconta le desolazioni della post-modernità e di fughe divenute subito dopo naufragi in oceani bui. È innegabile come vi sia una forte attitudine cinematica, a tratti post rock e slow-core (vedi lo strumentale Per Confortare Il Tuo Pianto), con aperture verso un cantautorato dalle toccanti sponde immaginifiche. Il missaggio ed il master dell’album è stato affidato anche in questo caso ad Amaury Cambuzat il quale, oltre ad essere noto come chitarrista dei Faust e fondatore degli Ulan Bator, vanta collaborazioni con Michael Gira (Swans), James Johnston e Massimo Volume. In questo senso il lavoro di produzione è molto accurato nella costruzione di un sound avvolgente in cui si colloca il cantato baritonale di Federico Persichini che conferisce ancora di più profondità alla scrittura. L'opener Clinica è immersa in un mood western dalle nuances gothic – southern, la successiva Delirio ha una toccante coda circolare che si inerpica in eterei territori post rock, Ultima Corsa vede la partecipazione di Luca “Swanz” Andriolo che con il suo banjo aggiunge un mood morriconiano, così come Eppure L'Ho Persa con il testo di Germano Innocenti. In chiusura, Mondanità colpisce per la sintesi di tutte le anime dei TV Lumière, quella più fragile, ma anche quella più oscura, introversa, dilatata in suggestioni di decadentismo alla Mogwai, soprattutto nella reiterazione di moduli che si stratificano lentamente in un climax emotivo. “Il Gioco Del Silenzio” è la poesia di una fine e di tanti inizi, parla di fiumi che diventano asciutti ma che trovano altre strade scoscese per continuare a scorrere. Musica di sopravvivenza e, come tale, sempre benvenuta.

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bandiera_italia     INDIE PER CUI

Esistenzialismo intriso di bellezza e malinconia all’interno di una rumorosa idea di ritorno alle origini che pervade l’etere e non stanca, ma piuttosto dona alla produzione totale un senso inclusivo alla parola abbandono. L’ultima fatica dei TV Lumière costituisce un quadro d’insieme dove le bombe introspettive dell’animo umano si sposano con l’idea, sempre convincente che tutto sia utile per ampliare vedute, paesaggi sonori, costruzioni architettoniche rarefatte e mai concise. Ad instaurare un sodalizio unico con la band ancora Amaury Cambuzat, già con Faust e fondatore degli Ulan Bator. Da segnalare inoltre la presenza di Luca Andriolo (Swanz the lonely cat, Dead cat in a bag) ad impreziosire un album che nella complessità di fondo dona visioni desertiche e inesplorate tra psichedelia polverosa e echi morriconiani. Da Clinica fino a Mondanità, passando per Osservazione esterna, Nella spirale del silenzio, Ultima corsa, i nostri interagiscono con l’ambiente circostante riuscendo a creare un disco dove il desert rock si sposa con un qualcosa di intimo, capace di scavare in fondo al buio che ci portiamo dentro.

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bandiera_italia    MUSIC MAP

A prescindere da suggestioni, echi, riferimenti e dal consueto gioco delle affinità e divergenze che accostano Tizio a Caio nel mare magnum della musica che gira intorno, è indubitabilmente buia, ma peculiare e personalizzata, la versione che del lato oscuro forniscono i TV Lumière, quartetto umbro giunto al quinto album di una carriera incrollabile nella sua pervicace ricerca di un equilibrio stabile tra le disparate influenze su cui poggia. Pubblicate ora in digitale (ad inizio 2025 è prevista l’uscita in vinile per I Dischi Del Minollo), le nove tracce de “Il Gioco Del Silenzio” arrivano a cinque anni di distanza da “Avrei Dovuto Odiarti”, ideale ripresa di un discorso che, con innegabile coerenza, si muove sinuoso nell’alveo di un elegante songwriting virato noir, introspettivo e morbido. Sotto l’egida del nume tutelare Amaury Cambuzat, vanno in scena quarantanove minuti intensi e cupi, punteggiati da un drumming gentile e da chitarre che lambiscono atmosfere talvolta psych, altrove western (“Ultima corsa”, ospite Luca “Swanz” Andriolo dei Dead Cat In A Bag al banjo), in un flusso delicato di brani indolenti dal passo felpato, con un taglio tra l’alt-folk degli Handsome Family, il cantautorato intimista dei Baustelle ed alcune sporadiche tentazioni post-rock (“Per Confortare Il Tuo Pianto”, quasi i Giardini di Mirò, o perfino i Cure). Sottilmente melanconico e pigramente cadenzato, l’album offre rifinite tessiture laid-back con estatiche intro e code dilatate ad accrescerne e sottolinearne la profondità; il canto è pacato, meditativo, accoccolato tra le basse frequenze dei suoni, quasi nascosto nel cuore di tenebra di questa musica tremante, al contempo carezzevole e desolata. Aperto dalle movenze al rallentatore di “Clinica” - alla quale manca soltanto il crooning di Ferretti per sembrare una outtake di “Linea Gotica” - e chiuso dai nove minuti di sfuggente art-rock in crescendo di “Mondanità”, l’album dispensa le sue trame afflitte nell’aria svenevole e diafana di “Manifesto”, nei disturbi che scuotono “Delirio”, avvolgente e infida alla maniera del Santo Niente, nella studiata flemma di “Eppure l’ho persa”, nella suadente mestizia di “Osservazione Esterna”, fulgidi esempi di una scrittura curata e raffinata che sa destreggiarsi con disinvoltura tra le molte insidie di una proposta sì ardua ed anticonvenzionale, eppure allettante, riflessiva, penetrante.

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bandiera_italia   IN YOUR EYES 'ZINE

Queste mie righe cominciano, doverosamente, con il segnalare l’ottimo nome scelto dalla band ternana. L’accostamento fra i fratelli Lumière, che hanno inventato il cinematografo, e chi ha cannibalizzato le immagini creando l’home video 24h al giorno, la tv, suona infatti azzeccato ed evocativo. Con questa ragione sociale i nostri giungono a quello che è il loro quinto album dimostrando, in nove pezzi dalla durata piuttosto lunga, una coesione ed una maturità di intenti solidissime. Il disco si apre con Clinica giocata sulle intuizioni di un Mark Lanegan solista e sorretta da una voce ieratica di ferrettiana memoria. Manifesto è un’eterea preghiera mentre Osservazione Esterna può richiamare a tratti il Chris Isaak più ispirato. Il pezzo seguente, davvero bello, avvolge l’ascoltatore nelle sue spirali strumentali dimostrando quanto Per Confortare il tuo Pianto, in taluni casi, non ci sia bisogno di parole. Eppure l’ho Presa è un brano sepolcrale sul quale si staglia l’ombra lunga di Johnny Cash e Ultima Corsa si fa notare ed apprezzare per il suo caracollare western fatto di sudore e sangue. A produrre il tutto ci pensa Amaury Cambuzat e questa è, senza ombra di dubbio, un ulteriore garanzia per quanto riguarda la validità del tutto. Il disco viene prodotto, a proposito di genialità per i nomi, dalla Dischi del Minollo, e non venitemi a dire che non sapete cos’è un minollo. Canzoni adatte al rapido imbrunire di questi giorni; un album solido, suggestivo, forte e tenue nel suo incedere, insomma bello assai.

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bandiera_italia   KATHODIK

Ad una prima impressione (ma anche a una seconda, e a una terza…) l’ultimo album “Il gioco del silenzio” degli umbri TV Lumiere, capitanati dai fratelli Persichini (Federico e Ferruccio) e in carriera oramai da diversi anni, appare sobrio, spartano, di suoni parchi (anche quando si avverte un certo brio a sostenere la situazione, vedi Delirio per avere un’idea); sparsi accordi di chitarre a sostenere un cantato (di Federico) spesso e volutamente “lontano” (Clinica o Osservazione esterna, ad esempio), una batteria (di Yuri Rosi) anche essa “secca” e monodimensionale (sentire Manifesto o la conclusiva Mondanità, quando finalmente parte), suoni sovente oscuri e fuori fuoco (c’è pure la bassista Marta Paccara, che discretamente si sente nei cori, Eppure l’ho persa). Incredibilmente, incontestabilmente, il tutto funziona decentemente (a volte molto; sentire per esempio la strumentale e “sommacaliana” Per confortare il tuo pianto o Nella spirale del silenzio). Richiamano, chissa perchè, un po’ certo folk noir, ma suonano sicuramente personali, “tutti loro”: diversamente godibili, dopotutto.

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bandiera_italia    ROOTS HIGHWAY

Band storica nata in Umbria nel 1999, i TV Lumière approdano al quinto album con ormai un lungo bagaglio di esperienze e collaborazioni anche internazionali. Prima fra tutte quella rinnovata con il master e mixing di Amaury Cambuzat dei Faust, sicuramente a suo agio nei toni oscuri al limite del kraut-rock della band. Ma anche quella significativa con Swanz The Lonely Cat (dei Dead Cat in a Bag, suona il banjo in Ultima Cosa, un numero un po’ alla Woven Hand), assieme ad Andrea Van Cleef l’artista nostrano attualmente più vicino alla loro musica fatta di dark-folk e mix di musica americana e europea un po’ alla Hugo Race. La band oggi ruota sempre attorno ai fratelli Federico e Ferruccio Persichini e al batterista Yuri Rosi, mentre è ormai in pianta stabile in formazione anche la poliedrica bassista Marta Paccara. Il gioco del silenzio perde un po’ le loro origini noise-rock (che riaffiorano ad esempio in Nella spirale del Silenzio) per concentrarsi sempre più sulle atmosfere, come dire meno Einstürzende Neubauten, più Nick Cave and the Bad Seeds, e il risultato suona sempre molto personale, soprattutto perché la scelta di continuare a cantare in italiano evita di farli sembrare solo degli emuli. La funerea Clinica introduce al disco nella maniera più dark possibile, ma già Delirio si apre alla melodia e ad una coda elettronica comunque molto radiofonica. Le chitarre di Osservazione Esterna li avvicinano più a certo gothic-country alla Handsome Family, mentre Per Confortare Il Tuo Pianto è un suggestivo strumentale. I testi sono spesso intimistici, ma riflettono anche sul mondo odierno e le sue dinamiche distorte di comunicazione. Consigliatissimo ai cultori del genere.

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bandiera_italia    INDIEROCCIA

Mixato da Amaury Cambuzat (Faust,Ulan Bator), i TV Lumière, band di Ferruccio e Federico Persichini, Yuri Rosi e Marta Paccara, danno alle stampe il loro quinto album, un lavoro che sentito nella sua interezza riesce a sintetizzare il percorso di una storia lunga più di vent’anni. La band umbra riesce a passare dal folk più estremo (Eppure l’ho persa), alle sonorità del post-rock (Per confortare il tuo pianto), fino agli echi di un cantautorato più profondo (Manifesto) con un atteggiamento che da anni non si riesce più a trovare. Non manca un incursione nel folk di stampo più americano con Ultima Corsa e la strumentale Mondanità tra post-rock e dark riesce ad ampliare gli spazi di uno spettro sonoro già completo. Un disco che si dimostra necessario per confermare la solidità di un progetto che meriterebbe molta più attenzione in un panorama troppo pieno di progetti effimeri

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bandiera_italia     TRAKS

Rassicurazione che inquieta e non rassicura, Clinica apre il disco ripetendo “Non ti faranno alcun male”, con uno stile che può riportare alla mente qualcosa dei Csi. La chitarra interviene su atmosfere quasi desert rock, con un passo lento e cadenzato, ma inesorabile. Un po’ più rapidi i battiti di Delirio, che aumenta il volume complessivo, deragliando anche su distorsioni e accenni di noise, mentre un sentimento granitico centrale tiene la barra a dritta per tutto il brano. Orizzonti molto vasti, e terribilmente malinconici, quelli che accolgono in Manifesto, che parla di dissensi e contestazioni che spezzano il silenzio. Ma lo spezzano piano, con un retrogusto di fallimento, come seguendo un’onda sonora ineluttabile ma senza effettive speranze. Con Osservazione esterna si accede a un’atmosfera, se non più leggera, almeno più agevole da affrontare. Il passo è nuovamente calmo, le idee sonore viaggiano in ambiti che potremmo definire post rock, se questa espressione avesse ancora un significato. Ma il ritmo cambia, le note si fanno più fitte, i battiti più concentrati, nell’invocazione al “Signor Nessuno”. Si scivola morbidi in atmosfere shoegaze con Per confortare il tuo pianto, brano strumentale di consolazione e in qualche modo di passaggio. Per poi cadere Nella spirale del silenzio, che in realtà non è silenziosa ma sicuramente si avvita verso il basso, con qualche rumore industrial ad alimentare una discesa, o forse una caduta nell’abisso. Gratta il fondo, anche con una vocalità ronzante, Eppure l’ho persa, che si crogiola nelle proprie malinconie. Si riemerge all’esterno con il banjo e le atmosfere western di Ultima corsa. Il disco si chiude con la lunga Mondanità, che supera i nove minuti e che si distende gradualmente, raccontando una storia antica, narrata con calma e con grazia, almeno finché non entra la chitarra, che fornisce sostanza a un percorso comunque gentile e ricco di tristezza. Messaggi politici e ad alto contenuto sociale, fatti passare sotto le porte, filtrati e mascherati, come se si dovesse comunicare in codice: i Tv Lumière riempiono di senso i propri testi (ma anche i propri suoni) scrivendo con molta consapevolezza, ma dissimulando per lo più. E anche quando non accenna a temi politici la band fa un lavoro notevole, con brani che scivolano lunghi e spesso brucianti, con una narrativa di fondo che rimane più suggerita che proclamata. Un lavoro davvero interessante.

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bandiera_italia    TOM TOM ROCK

Tornano dopo quasi cinque anni dal loro quarto e penultimo lavoro gli umbri Tv Lumière, rinnovando la più che decennale collaborazione con l’ex Faust e Ulan Bator Amaury Cambuzat. Nutriti negli anni dall’ascolto di Nick Cave and The Bad Seeds, Joy Division, Sonic Youth e Swans – e in questo ultimo lavoro ci sembra che abbiano virato decisamente verso questi ultimi – i TV Lumière danno vita a una sorta di dark folk supportato da ritmiche ipnotiche fino quasi all’ossessività e sostanziato spesso da un muro di chitarre talvolta ai limiti del noise – si ascolti in particolare Nella Spirale Del Silenzio – nonché dalla voce baritonale di Federico Persichini. Difficile immaginare un “accompagnamento” più adatto per testi che fanno riferimento all’incomunicabilità, alla necessità di un pensiero critico che non si lasci facilmente omologare e a inquietanti richiami a una società che cerca invece di annullarlo ricorrendo anche a discutibilissime forme di controllo psichiatrico. L’album si apre con l’emblematica Clinica, in cui su un tappeto musicale che ricorda in parte certe cose dei C.S.I., Federico Persichini, salmodiando quasi alla Giovanni Lindo Ferretti, canta: “Vieni mia cara non ti faremo alcun male / Convinciti, non ti faremo alcun male / No, non ti faremo alcun male / Non puoi decidere mai”. Forse ancora più incline al pessimismo è la successiva Delirio,e dove la dissimulazione sembra essere l’unico modo per conservare una propria indipendenza di giudizio: “Avrei tanto da dire ma chi me lo fa fare / Peggiorerei solamente la mia situazione / Quando tutti sono convinti di una sola verità / Meglio non disturbare e lasciare che…”, anche se poi sembra emergere quasi un desiderio di rivolta: “Signorina per favore / Mi costringa a parlare”. Alle chitarre, basso e batteria dei quattro componenti la band si aggiunge spesso Amaury Cambuzat con chitarra e tastiere, comprese quelle elettroniche. Inoltre non si può fare a meno di segnalare la presenza, nel brano Ultima Corsa, del banjo di Luca Swanz Andriolo, che gli conferisce un’allure morriconiana, del resto presente sotto traccia un po’ in tutto il disco.La nota dominante è comunque quella di un andamento epico, ritualizzato spesso in una tanto ossessiva quanto suggestiva ripetitività, come si può notare nei lunghi finali strumentali di Manifesto e del brano di chiusura Mondanità.

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bandiera_italia    ROCK SHOCK

A distanza di cinque anni dal precedente Avrei Dovuto Odiarti, con un EP e quattro album all’attivo, i TV Lumière tornano sulle scene con il nuovo lavoro intitolato Il Gioco Del Silenzio, edito per l’etichetta I Dischi del Minollo, con la produzione affidata al musicista francese Amaury Cambuzat (chitarrista della band tedesca Faust e fondatore degli Ulan Bator), già coinvolto nella prima e terza pubblicazione del collettivo umbro. Un lungo periodo di gestazione che ha consentito al quartetto originario di Terni di rigenerare le proprie esigenze compositive. Così, attraverso le nove tracce de Il Gioco Del Silenzio, i TV Lumière (formati da Ferruccio Persichini alle chitarre, piano e voce, Federico Persichini alla voce e chitarra, Yuri Rosi alle percussioni e Marta Paccara al basso e cori) hanno confermato quello che era il loro trademark creativo, la loro identità calligrafica, sia in fatto di ricercatezza di suoni e atmosfere sia in materia di impegno testuale, manifestando il proprio pensiero critico nei confronti dell’incomunicabilità dell’oggi (“avrei tanto da dire, ma chi me lo fa fare […] quando tutti convinti di una sola verità, meglio non disturbare e lasciare che…”). Oltre alla firma dell’instancabile Amaury Cambuzat, i TV Lumière si sono avvalsi della partecipazione di Luca “Swanz” Andriolo, che con il suo banjo ha aggiunto un tocco western-folk al brano Ultima Corsa, e di Antonio Tonietti, che ha contribuito alla nuova versione della bonus track Mondanità, canzone già presente nel secondo album Per Amore Dell’Oceano. A rendere ancora più suggestiva e immersiva l’esperienza d’ascolto, la struggente poesia dell’amico Germano Innocenti Eppure L’ho Persa e l’episodio interamente strumentale Per Confortare Il Tuo Pianto. Nell’intenzione autorale, il baricentro tematico de Il Gioco Del Silenzio ruota attorno al concetto di silenzio, inteso non solo come capacità di introspezione personale, ma anche come opportunità per disporsi alla comprensione dell’altro. Un invito a prendere coscienza del proprio tempo, focalizzandosi su un’attualità in cui è sempre più difficile distinguere il tragico dal grottesco, la verità dalla finzione. Per ciò che riguarda invece l’espressione strumentale, i TV Lumière danno vita a un sound meditativo e stratificato, con influenze radicate nel lascito di un vecchio televisore mal sintonizzato e nella forza evocativa di realtà quali Swans, Sonic Youth, Explosions In The Sky, Dirty Three, Nick Cave and The Bad Seeds, Calexico, passando per C.S.I. e La Crus. Parole e musica confluiscono, dunque, in un elegante cantautorato esistenzialista e dai colori sabbiosi, in costante equilibrio tra anima e tecnica, tra dolcezza e amarezza: si va da suggestioni malinconiche e chiaroscurali di ballate post-folk a vibrazioni ipnotiche e riverberi di un dark-folk desertico, sfilando tra melodiose luccicanze di fattura post-rock e sonorizzazioni che rimandano alla circospezione cinematica di un mondo post-bellico, tra languori orchestrali di memoria morriconiana e asperità ritmiche più fragorose e oscure, mentre il tutto viene declinato nella dimensione onirica di una narrazione intima e solenne, mediante un crooning cupo e asettico, con una cantilena a metà tra lo stile di Giovanni Lindo Ferretti e quello di Fabrizio De Andrè. Se da un lato il silenzio rappresenta quella pausa necessaria ad alleviare il dolore in seguito a una perdita, dall’altro può diventare assordante e pericoloso il silenzio inerme del conformismo. Circondati dalle psicosi collettive della contemporaneità, i TV Lumière si attivano su temi sensibili come la repressione di qualsivoglia forma di dissenso e contestazione, l’omologazione a una sola verità (“se tutti saran belli nessuno lo sarà, tutti uguali stessi pensieri”) e il ruolo della propaganda di regime, con il restyling di vecchie strategie mirate al controllo delle nuove masse commerciali (“lo spettacolo della banalità, nuove generazioni quanta fragilità”). Pertanto, continuando a confidare nel potere inclusivo dell’arte, i TV Lumière provano ancora a rintracciare una piccola scintilla di resistenza e sopravvivenza (“inerme ma non inerte io ti aspetterò”). Persi nella polvere del dubbio, ma non nella luce della speranza che tende all’utopia, riusciremo un giorno a trasformare questo silenzio osceno nel suono armonioso di una voce unica: torneremo ad assaporare il frutto buono che ripaga dalle escoriazioni guadagnate durante il raccolto.

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bandiera_italia      FREE ZONE MAGAZINE

I TV Lumière nascono in terra umbra tra il 1999 e il 2000 grazie ai fratelli Federico e Ferruccio Persichini, cui si aggiungono il batterista Yuri Rosi e la bassista Irene Antonelli, che sarà poi sostituita nel 2015 da Alessandro Roncetti. Nel 2019 ecco subentrare al posto di Roncetti la polistrumentista Marta Paccara. I riferimenti della band volgono lo sguardo al meglio di una scena affermatasi con gente quali Joy Division, Nick Cave and the Bad Seeds, Swans e Sonic Youth, la band ha all’attivo un EP, quattro album figurando su molti palchi in Italia e in Europa, inclusi concerti con gli Ulan Bator guidati da Amaury Cambuzat, produttore artistico del primo album omonimo, TV Lumière, uscito nel 2005, senza dimenticare il suo ruolo come chitarrista con i Faust. Nel 2008 la pubblicazione per Seahorse Recordings del secondo album Per Amor dell’Oceano, con Paolo Messere (Blessed Child Opera / Ostara’s Bless) come produttore artistico, mentre nel 2011 esce il terzo album Addio! Amore Mio, prodotto nuovamente da Amaury Cambuzat per la Acid Cobra Records. Nel 2019 inizia la collaborazione con l’etichetta I Dischi Del Minollo attraverso la pubblicazione dell’album Avrei dovuto odiarti, nato dalla produzione di Carlo Zambon, e nel 2024 con l’ultima uscita, Il gioco del silenzio, che vede la produzione artistica dello stesso Ferruccio Persichini e la consolidata collaborazione con Amaury Cambuzat. L’album si compone di otto tracce alle quali si aggiunge una bonus track che denotano come la band sia arrivato ad un livello compositivo decisamente “adulto”. Emerge in modo chiaro ascoltando questi brani quanto sia cresciuta la capacità di scrittura del gruppo, che ormai padroneggia con sapienza la fusione di un sound che ama immergere l’ascoltatore in atmosfere coinvolgenti di ballad che si colorano di un folk ipnotico cui poggiano testi riflessivi ma rivolti ad un’attualità che ci circonda, affiancati da altri più personali che prendono in esame amori perduti come il senso di incomunicabilità. Ad ascolti ripetuti piace sottolineare una canzone come Ultima Corsa, il cui testo prende spunto dalla struggente poesia di Germano Innocenti, che non a caso è stato scelto anche come il singolo per il video di lancio dell’album, uno short road movie evocativo, scritto e diretto da Sébastien Lerévérend. Un richiamo ad atmosfere western senza tempo vicine a Calexico, Morricone, Leone, Jodorowsky e accompagnate dal banjo di Luca Andriolo (Swanz The Lonely Cat), che continua a caratterizzare con la sua presenza alcuni dei lavori migliori usciti nel corso di questo 2024. Altra presenza di rilievo è quella di Antonio Tonietti, che ha contribuito alla nuova versione della bonus track Mondanità nella versione CD/digitale, brano già presente nel precedente album di TV Lumière Per amore dell’oceano. Da ascoltare.

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bandiera_italia     EXTRA MUSIC MAGAZINE

Uscito da qualche mese, l’ultimo album dei TV Lumière è un’opera formalmente impeccabile che in maniera schematica si può collocare grossomodo nel filone slow-core. Cadenze estremamente rallentate, dunque; ricami di chitarre elettriche e acustiche, e placidi arpeggi di note; musica quieta, e atmosfere non di rado malinconiche; talvolta, un po’ di brio a dare vigore (ad esempio in “Ultima corsa”, pezzo di impianto folk con un fischio che omaggia Alessandro Alessandroni e le colonne sonore degli spaghetti-western).  L’ascolto dei brani, preferibile in cuffia, evoca i paesaggi sonori avvolgenti di band quali Codeine e Idaho (soprattutto del loro splendido “This Way Out”); composizioni come “Clinica”, “Manifesto” e “Osservazione esterna” saranno di sicuro apprezzabili per i fan del genere (e viceversa un supplizio per i non adepti). I tratti caratteristici del disco ne costituiscono tuttavia anche il limite più evidente. Mancano infatti quasi del tutto le accensioni improvvise, le fiammate di distorsione che ogni tanto rendono meno smorte le melodie intimiste dei gruppi sopracitati. Inoltre, alla lunga la monotonia della voce salmodiante si allontana dalla gradevolezza, e alcuni pezzi si trascinano troppo prima di arrivare alla conclusione (“Delirio”; “Osservazione esterna”; “Per confortare il tuo pianto”, strumentale con linee di chitarra che ricordano i Mogwai, ma privo dei saliscendi “piano-fortissimo” del complesso scozzese; “Nella spirale del silenzio” con la sua coda di rumore).  “Eppure l'ho persa” crea l’impressione di aver messo sul piatto un disco dei Calexico a velocità sbagliata, e il cantato è uno strazio (effetto intenzionale?). “Mondanità”, però, è bellissima: inizio soffuso, e poi in crescendo, con gli strumenti che si dispongono via via a strati. Sfiora i dieci minuti di durata senza mai stancare, e chiude in maniera brillante un album che, purtroppo, riserva poche sorprese, suscitando invece parecchi dubbi.