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press-reviews NITRITONO "Cecità"

 

bandiera_italia   METAL ITALIA

I cuneesi Nitritono sono sempre stati uno dei progetti più interessanti della scena post-metal, con una carriera che supera i dieci anni di attività. Dopo due album all’attivo e uno split coi Ruggine, tocca alla sempre attenta My Kingdom Music pubblicare il nuovo “Cecità”, concept album basato sull’omonimo romanzo dello scrittore portoghese Josè Saramago, che racconta il tema dell’indifferenza nella società moderna. Tema che viene ben descritto dai quaranta minuti del disco, nella forma di un suono pesante e catastrofico, a metà tra le pesantezze post-metal di band come Neurosis e Pelican e l’approccio più sperimentale e ruvido di un certo noise di scuola Swans. Ben registrato da Danilo Battocchio (già dietro ai dischi di Tons e Ponte Del Diavolo) “Cecità” è un lavoro che vive di toni scuri e pesanti in cui non mancano però i momenti più riflessivi, la cui funzione primaria è quella di creare un gioco di contrasti narrativo e dinamico. Esemplificativi in tal senso le tre parti del il primo brano “A Denti Stretti” che alternano vuoti post rock, dissonanze taglienti e aperture tribali psichedeliche, il tutto attraverso un suono organico e naturale. Si sfocia addirittura nel noise puro di “25 Aprile 1945” che funge, non solo musicalmente, da introduzione alla successiva e triste “Evviva Piazzale Loreto”, descrizione di uno dei periodi più oscuri della storia italiana, con un mood che ci ha ricordato i Vanessa Van Basten e i Pelican. Si scende in territori ancora più cupi con “Nodus Tollens” e l’asfissiante “Morte Per Acqua”, due tra i momenti migliori dell’intero lavoro: qui le strutture si fanno ancora più stratificate e frammentate lambendo i territori post-hardcore apocalittici di Breach e Terra Tenebrosa. Chiudono il discorso il drone metal della title-track e le chitarre laceranti di “Non E’ Questa La Vita Che Sognavo” in cui il cantato in italiano dona una certa dose di originalità. Un bel ritorno questo dei Nitritono insomma, che prova nel suo piccolo a dare freschezza ad un genere che negli ultimi anni si è un po’ perso per strada ma che può ancora dire la sua quando viene contaminato con un’intelligente ricerca sonora.

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bandiera_italia     RADIO AKTIV

Con alle spalle più di dieci anni di attività durante i quali hanno pubblicato due album e uno split coi Ruggine, i Nitritono si spingono verso trame aggressive, accompagnate da ritmi esplosivi e martellanti, nel nuovo album pubblicato tramite My Kingdom Music e I dischi del Minollo . “Cecità”, che prende il titolo dall’omonimo romanzo dello scrittore portoghese José Saramago, affronta il tema dell’indifferenza nella società contemporanea trasportando l’ascoltatore in un viaggio inquieto, claustrofobico, travagliato e inesorabile. Le nove tracce del disco di stampo post Metal/Noise-core sono caratterizzate da un sound scuro e irregolari disegnato da riff selvaggi che ti trasportano in un fragoroso vortice di suoni carichi di energia dall’impatto violento e minimale. L’album inizia con la fragorosa apertura di “A denti stretti, Pt. 1”, che alterna spietatamente momenti veloci ad altri di profonda e oscura introspezione. Un gioco di contrasti dettato dalle intense parti di chitarra che oscillano tra riff violenti e progressioni dilatate attinte dal post-rock. Se la prima traccia si presentava come un monolite durissimo, “A denti stretti, Pt. 2” mostra la veste più sontuosa, profonda e soffocante indossata dai Nitritono. Chitarre distorte profonde e taglienti attenuano la furia iniziale, una serie vorticosa di trasformazioni che porta la formazione cuneese ad affinare le parti strumentali. Tra i migliori episodi di “Cecità”, “25 Aprile 1945” è una traccia prettamente noise che probabilmente scontenterà gli ascoltatori della prima ma che viene utilizzata come introduzione alla successiva Evviva Piazzale Loreto. In apertura una voce narrante descrive uno dei periodi più oscuri della storia italiana, prima di lasciare spazio ad una strumentale tra le più raffinate di tutto il pacchetto. Un linguaggio più docile e inquieto dà la possibilità alla band di sperimentare e di tracciare nuovissime traiettorie. Ma niente paura, con “Nodus Tollens” ritornano le atmosfere cupe e asfissianti alle quali ci aveva abituato il duo. Pesante come una processione funeraria, la traccia è composta da arrangiamenti meno densi, più ariosi nelle parti math, e una riflessività che divide la scena con l’aggressività e il dolore. “Cecità” è dunque l’ennesima prova di coerenza dei Nitritono , un album estremamente viscerale, assordante e desolante, basato sul volume puro e sull’intensità atmosferica che spinge il duo a seguire la strada di band come Neurosis, Cult Of Luna, Swans, Melvins, Zu e Pelican.

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    HORNS UP

Venu de la province de Cuneo, dans le Piémont italien, Nitritono est passé sous mes radars avec ses premiers albums : sortis en indépendant, ils étaient restés sur la face cachée de l'Internet, dans les confins de Bandcamp. Heureusement, My Kingdom Music a eu la bonne idée de promouvoir Cecità, le petit dernier, et m'a permis la découverte de l'approche singulière qu'a le duo du post-metal. Revendiquant des accointances avec Neurosis, Cult Of Luna ou encore Zu ou les Melvins, Nitritono avait des arguments pour attirer l'attention. Et dès l'entrée de « A Denti Stretti pt.1 », qui ouvre l'album, l'attention est plus qu'attirée, elle est captée. On commence in media res : sans avertissement, le duo colle un premier coup de boule avec un riff vaste et puissant agrémenté d'un chant où sourd une colère grondante. Alors que le duo n'est composé que d'un gutariste chanteur (Siro Giri) et d'un batteur (Luca Lavernicocca), le son est étonnament riche et complet : même lorsque la guitare se fait plus légère il y a de la profondeur dans le mix, il n'y a pas cette sensation de vide que procurent parfois les passages un peu facile (en arpège notamment) dans les registres post- mal maitrisés. Nitritono utilise énormement d'effet sur la six cordes lorsqu'elle ne riffe pas en format massif, permettant ainsi la construction d'atmosphères prenantes, parfois mystérieuses, qui dans tous les cas donnent le sentiment d'être plongé dans un monde plein de textures. Parce que si la première attaque est, on l'a vu, frontale, les Italiens déploient des plages beaucoup plus contemplatives, avec une batterie utilisée sur un registre plus tribal (« A Denti Stretti pt.3 ») où les toms sont dominants. Autre particularité à laquelle on ne s'attend pas en lançant l'album la première fois : la rareté du chant. Les morceaux instrumentaux sont majoritaires et la voix ne vient ponctuer que certains moments bien choisis, laissant le soin aux instruments de nous faire découvrir le sinueux trajet qu'on nous propose. Parce que, là encore, a contrario de ce que laisse penser ce début sans détour, Nitritono n'hésite pas à se laisser aller à l'expérimentation bizarroïde, en témoigne « 25 Aprile 1945 » et son cortège de bruits étranges à la guitare. Surprenante, cette rareté du chant a un inconvénient : l'impression d'avoir un album un peu bancal dans sa construction. Les titres du milieu de l'album, tout qualitatifs soient-ils, s'oublient un peu vite entre les deux grandes séquences où le chant nous guide (la triplette de début « A Denti Stretti » et le titre final « Non È Questa La Vita Che Sognavo Da Bambina »). L'impression d'avoir manqué un partie de l'écoute lorsque le chant revient est frustrante, d'autant plus que la qualité était au rendez-vous. L'aspect plus expérimental du milieu de l'album renforce encore cette impression, la plupart des riffs immédiats et remuants étant aux extrémités. Alternant entre lumineux et chappe brumeuse, expérimentation et rentre-dedans, Nitritono s'est créé des contraintes difficiles à tenir mais y parvient globalement très bien. Avec leur capacité à créer un son complexe avec peu d'instruments, leur talent pour les riffs qu'on se prend un plein dans le sternum et un plaisir palpable à tenter des choses (quitte à perdre un peu l'auditeur), les Italiens proposent une musique qui peut rassasier les amateurs des groupes dont ils se renvendiquent.

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L’introduzione acquatica, aliena di Derailed Dreams ci prepara ad un’immersione in un mondo niente affatto sconosciuto ma dal quale mancavamo da un bel pezzo.

Poco tempo fa, parlando de Gli Altri, band post-hardcore e quindi lontanissima dai King Suffy Generator, mi meravigliavo positivamente di come una band nostrana fosse stata in grado di portare una forte componente post-rock all’interno della loro musica in questi nostri giorni così lontani dal bel post-rock perchè – intendiamoci – di gruppi che reiterano le dinamiche delle scuole di Louisville e Chicago ve ne son fin troppe, lì arrabbiate e pronte a triturarceli con le loro geometriche intemperanze ‘emo’ e violenza math fine a sè stessa.

Quindi il post-rock non riesce ad invecchiare (e sedimentare nelle coscienze musicali) perchè ancora non vuole essere mollato dagli orfani dell’hardcore (quello vero che non hanno mai conosciuto) e allora si accaniscono sul suo corpo morto squassandone la carcassa come avvoltoi e rimestando e beccando lo svuotano di senso e significato.

E poi arrivano delle persone per bene a ricordarci che esisteva un altro modello di post-rock oltre ai soliti due comunemente proposti, quello ben più difficile, fantasioso e ricco di sfumature dei Tortoise. Ecco dove guardano i King Suffy Generator ed ecco perchè nelle loro composizioni si affacciano elementi progressive, space e persino latin rock.

La stessa Derailed Dreams nel suo algido rigore ritmico si infiamma di aperture che ricordano il primo Santana, quello vero, non il pupazzo con cui l’hanno sostituito poi.
Ritornano le sospensioni dei Tortoise in Short Term Vision esono proprio quelli di TNT, quelli più vicini ai deliqui dei cugini analog-pop The Sea and Cake.

E non bisogna meravigliarsi a parlare di prog ed affini perchè gli stessi Tortoise erano affascinati dal motorik krauto e da certe sperimentazioni settantine. Ecco perchè il minuto e poco più di Rough Souls sembra una traccia perduta dei Popol Vuh o degli Amon Düül.

Relieve The Burden dimostra come la band sappia anche incalzarci ma persino nella foga neo-prog riesce a non perdere mai il controllo ricordandoci – come anche la successiva We Used To Talk About Emancipation un’altra delle più grandi band post-rock – meno imitate – di sempre, gli Shipping News.

Un disco così ed una band di connazionali così, di questi tempi bisogna tenerla d’occhio. Non mi stupirebbe ritrovarli nelle charts indipendenti tra i migliori dischi italiani dell’anno.

http://www.kingsuffygenerator.com
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