Prima di essere una band bisognerebbe suonare come una band, ed e questo il vero passo in avanti dei milanesi The Singer Is Dead. Se il titolo IIII che significa “quattro”come i membri del gruppo strumentale rappresenta un indizio, per accorgersene basta sentire l’armonia e il post rock di Love Is A Dumb Sportcon quella delicatezza pronta a farsi da parte, in un gioco continuo di vuoti e pieni. Le chitarre hanno perso buona parte della componente math a vantaggio di una emotività meno calcolata, che si sviluppa più di pancia (The Girl Who Sleep Next To Me) per sferrare alcuni colpi degni di Hardcore Will Never Die, But You Will dei Mogwai. Le dinamiche in crescendo sono proporzionate e l’innesto sintetico e dosato a dovere (Djoser Pyramid). Un disco che gronda umanità senza proferir parola.
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La post rock/math rock band milanese the Singer is Dead rilascia “IIII“, loro terzo album, mixato e masterizzato all’Elnor Studio di Varese e prodotto da Mattia Stancioiu. Un lavoro che si presenta omogeneo e strutturato, risultato di un processo di creazione comunitario. Per la prima volta nella loro storia discografica, infatti, tutti i componenti della band hanno collaborato contemporaneamente. Le diverse influenze sonore dei membri de i the Singer is Dead sono molto evidenti in questo album: emo, post-rock, post-hardcore, elettronica e techno. Per questo motivo, nonostante sia la loro terza uscita discografica, si intitola “IIII” (quattro). I the Singer is Dead sono nati nell’estate del 2012 a Milano, con l’idea di suonare senza limiti strutturali né di genere musicali. Fondamentale è stata anche la loro scelta primordiale di suonare senza accompagnamento vocale. Nel 2014 hanno pubblicato il loro primo ep omonimo e successivamente si sono esibiti come opening act per band quali Ufomammut, Radar Men From The Moon, Tides From Nebula e Zeuss. Nel 2017, dopo un cambio di formazione al basso, esce il loro secondo album intitolato semplicemente “\\“, prodotto da Voice Of The Unheard (FR), Vollmer Industries, I Dischi del Minollo, Edison Box, e Backwa. Un lavoro diverso rispetto al primo, più maturo e contaminato da un post-rock melodico e strutture sonore sperimentali. Love Is A Dumb Sport, l’ascensionale brano di apertura dal titolo dissacrante ci proietta da subito in una dimensione votata alla sublimazione dei rancori. Stilemi di post rock misti a stanze instrumental impreziosiscono la canonica traccia. Psychotropic Face, un volto ignoto dall’espressione accattivante ci sorride. Intorno a noi il buio si rompe, la luce irradia le pareti di una stanza chiusa e vuota. L’alba di un nuovo giorno irrompe nella nostra vita. Le chitarre come protagoniste assolute del pezzo più sperimentale dell’album. Djoser Pyramid, nella primanide del fondatore dell’Antico Regno d’Egitto sono custoditi tutti i segreti di un ignoto passato. Il brano altamente melodico vuole imporsi come masterpiece di genere. Fibonacci Pissing Sequence: chi l’ha detto che un mito non possa essere sfatato? Inizialmente lenta e ermetica, la traccia di chiusura si evolve in una mastodontica sequenza post rock da commiato. I live dei the Singer is Dead si incentrano principalemente su una forte presenza scenica. Se Nietzsche affermava (per volontà del nichilismo) che Dio è morto, la band milanese ritiene sia necessario annullare (metaforicamente parlando) la figura “ingombrante” del cantante. Così da poter lasciare uno spazio immacolato ed assoluto a disposizione dell’aspetto puramente sonoro della musica.
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Sono dovuti passare ben sei anni per potere avere il piacere di riascoltare un nuovo Lp dei The Singer Is Dead, band post-rock strumentale di Milano giunta al terzo album. Il quartetto aveva già convinto con i primi due album e questo nuovo lavoro continua decisamente sulla riga dei precedenti senza scossoni, ma senza cali di creatività.La ricetta c’è e funziona, quindi l’idea è quella di non cambiarla. Tutto chiaro sin da “Love Is A Dumb Sport”, uno dei momenti più riusciti, che contiene tutte le coordinate del post-rock strumentale del quartetto, debitore delle sonorità dei Mogwai o degli Explosions In The Sky, fonte di ispirazione che viene rielaborata con una certa riconoscibilità, tra ironia e leggerezza dei suoni, con crescendi e accelerazioni comunque impetuosi. The Singer Is Dead sono ormai maestri nel post-rock incentrato sul suono delle chitarre. Due chitarre, un basso e una batteria che dialogano alla perfezione creando complesse costruzione sonore, cavalcate post-rock che riescono a essere sempre coinvolgenti. “The Girl Sleeping Next To Me” o “Djoser's Pyramid”, con il loro andamento prima lento per poi accelerare, sono due brani tipici dell’idea di post della band milanese dei fratelli Doldi: canzoni che, pur non proponendo particolari novità, sono sempre credibili e interessanti minuto dopo minuto. Questo basta per far entrare di diritto i The Singer Is Dead nella scena post-rock italiana con autorevolezza.
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È da dieci anni buoni che la band lombarda The Singer Is Dead ci culla con saliscendi tra il Post-Rock ed il Math: arrivati con “IIII” al loro terzo lavoro, continuano – tenendo stretta una fede strumentale incrollabile – a dire tanto, senza mai aprire bocca (dopotutto “il cantante è morto”, no?). Qui di corde, di intrecci, ce ne sono parecchi, ma parole – invece – zero. E quando vengono a mancare le parole, è difficile esprimere e far arrivare all’ascoltatore ciò che il gruppo aveva in mente in fase di scrittura. Ma posso dire, credendoci fino in fondo, che non è assolutamente il caso dell’album in questione: qui ogni episodio riesce, spiegandosi bene, ad essere chiaro e nitidissimo. L’iniziale “Love is a dumb sport” ha tutti gli elementi del Post-Rock allineati nel modo giusto: arpeggi intrecciati, atmosfere sognanti e lenti crescendo. Man mano che i secondi passano, si aggiungono sempre più dettagli: la batteria si innervosisce, le distorsioni cominciano a farsi graffianti e poi… di nuovo tutto calmo. L’ascolto è come un giro su montagne russe costruite sulle discografie di The Redneck Manifesto e Lost In The Riots. Le stesse atmosfere, gli stessi sviluppi, la stessa passione per un determinato genere senza però rimanere lì, immobili, evitando di guardarsi intorno e farsi influenzare da altre sonorità. “The girl sleeping next to me“, conserva la stessa anima post del brano precedente, ma aggiunge un tocco emozionato ed emozionante, come se dietro questo brano si celasse una storia che fa stringere il cuore, facendo trasudare da ogni nota la voglia di urlare e piangere e sorridere allo stesso tempo. Ancora un ondeggiare di sensazioni diverse. Se vi sentite a vostro agio a farvi cullare da sonorità post, apprezzerete molto questo inizio d’album; se invece il vostro cervello è abituato a sorprendersi ad ogni nuovo brano, aspettatevi il meglio procedendo con l’ascolto. Già dalle prime note di “Psychotropic Face” noterete che le sonorità sono cambiate: qui lo strumentale distorto è incalzante e tutte le corde si intrecciano in maniera convincente. Non si dimentica, certo, la fede verso un genere che dà la possibilità di respirare anche in mezzo alle distorsioni, ma è tutto molto più tirato. E da qui in poi la proposta del gruppo riuscirà a non cedere mai d’intensità: anche nella successiva “Caramel Toe“, con un inizio degno dei Maybeshewill dell’ultimo disco, alla base post si alterneranno spigoli e distorsioni storte e rimandi emo, donando un sapore ancora nuovo a ciò che si presenta alle nostre orecchie. E ancora, in un mare di corde che si intrecciano, affiorano elettroniche che rendono “Djoser’s Pyramid” uno degli episodi che più ha catturato la mia attenzione. Ogni brano si fonda su arpeggi post che piano piano si distorcono negli angoli: è come guardare una figura, un quadro, una foto, una pagina, così intensamente che man mano i contorni si sfocano e alcuni dettagli finiscono, inevitabilmente, col diventare distorti. Ed è in questi elementi distorti che si nasconde la vera bellezza di questo disco: possono essere la batterie elettroniche del brano appena citato, che aprono al momento incendiario più affascinante dell’intero lavoro, o lo sviluppo lento della traccia finale, “Fibonacci Pissing Sequence“, sospeso tra il post-metal dello sviluppo e le carezze del piano negli ultimi secondi. “IIII” dei The Singer Is Dead offre varie possibilità e vari punti di vista, ma soprattutto cerca di stupire chi ormai – scocciato – cataloga i gruppi “post-rock” come banali e tutti uguali e, credetemi, ci riesce in maniera molto convincente.
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Parlare di post-rock è sempre più complicato; un genere che per come è nato, ha quasi sempre seguito delle dinamiche e delle sonorità che seppur con le dovute varianti, spicca difficilmente per originalità, soprattutto ai giorni nostri. La bellezza però, si sa, è un’altra cosa: tutto ciò a cui ci hanno abituato i mostri sacri di questo genere – Slint, Mogwai, Sigur Ros, Explosion in the sky e decine di altri – è qualcosa che trascende l’originalità lasciando spazio alla componente emotiva che talvolta è molto più forte e sentita. Parliamo anche di un genere molto difficile da creare, ricreare e soprattutto da saper suonare. Per questo motivo forse è molto più utile (e necessario a questo punto mi viene da dire) focalizzarsi proprio su ciò che una band post-rock nei nostri anni ’20 possa trasmettere, dandole merito per ciò che concerne la dedizione, quasi come fosse una fede, con cui potersi esprimere in ogni sua forma e colore. Nel 2022 The Singer Is Dead ha spento 10 candeline. 10 anni devoti, appunto, a questo credo, e che ha deciso di celebrare con un nuovo disco, il terzo, chiamato curiosamente “IIII” (quattro). Questo, spiega la band milanese, per sottolineare che mai come in questo lavoro discografico ognuno dei 4 membri – 2 chitarre, basso e batteria – ha voluto far sentire la propria voce (figurativamente parlando, ovviamente). Il risultato è un disco solido, di granitica lucentezza e di melanconica delicatezza. Non molto è cambiato, per tornare appunto alla mia ouverture, ma è il COME questi ragazzi hanno creato questa nuova opera. La prima traccia dal (bel) titolo Love Is A Dumb Sport, inizia da dove il secondo album dei nostri “\\” del 2017 li aveva lasciati, quasi a riaccendere gli amplificatori dopo l’ultima sessione. Ma è il modo in cui riprendono il loro lavoro. Supportati anche da una produzione di ottima fattura, il brano ci fa sentire dentro una piccola stanza chiusa prima di farci uscire in spazi sempre più vasti e liberi dove possiamo sprigionare la nostra energia. Il secondo brano è forse il più emo dell’intero album: In The Grl Who Sleeps Nxt To Me chitarre e sintetizzatori si rincorrono malinconici in un climax di distorsioni e atmosfere. Psychotropic Face strizza l’occhio al math-core, mentre Caramel Toe riecheggia sonorità molto più tendenti agli anni ’90 (non c’entra nulla, ma alcune chitarre mi hanno rimandato addirittura agli Alice In Chains, quelli con Layne Staley per intenderci. Niente domande, lasciatemi alle mie sensazioni). Djoser Pyramid con sonorità più sperimentali, scorre placida nel solito sali scendi dinamico, inserendo qua e la qualche sequenza elettronica che prepara all’ultimo brano. Fibonacci Pissing Sequence, il brano che, appunto, chiude “IIII” è forse il loro più ispirato, e miscela in maniera naturale e fluida influenze elettroniche e montagne russe sonore, chiosando il tutto con un pianoforte che quasi lascia uno spiraglio di luce su possibili future dinamiche evolutive della band. Come spesso si dice, gli anni di lavoro pagano bene se ci si impegna nel percorso perseguito. “IIII” è un bel disco, che non aggiunge molto al genere, ma a noi questo non frega più nulla e possiamo tranquillamente pensare che The Singer Is Dead sia ormai tra le realtà più interessanti e convincenti della scena nazionale del post-rock. E speriamo che un domani lo sarà anche di quella internazionale.