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press-review SILENT CARNIVAL

 

bandiera_italia BUSCADERO

Progetto solista di Marco Giambrone, Silent Carnival arriva al quarto capitolo della sua storia dopo una pausa durata un lustro. Chi conosce la sua musica, sa che si troverà di fronte a un pugno di canzoni ombrose e malinconiche, intimamente imparentate con quelle fatte da band come Low o Black Heart Procession. Non immaginatevi però una sovrapposizione sterile con quel tipo di sound, da un lato perchè Giambrone e collaboratori (qui Caterina Fedele, Alfonso De Marco, Andrea e Luca Serrapiglio, più Marcella Riccardi, già BeMyDelay e altro, in due brani) seguono percorsi personali e poi perchè, mai com ion questo "My Blurry Life" si avverte quanto per il suo autore queste siano canzoni importanti e profonde. Confessione di uno stato di disagio, scritto prima della pandemia, ma messa a punto durante, così da diventare quasi una richiesta d'aiuto, il disco si dipana attraverso otto capitoli intimi e notturni, accarezzati dallo spleen degli archi ("Broken Picture"), ipnotici e tagliati da una sax che butat sale sulle ferite ("Jenny Saville"), che sfiorano lo slowcore ("Take Shelter") o si dilungano in una reiteratività psichedelica ("Three Veils"). La bellissima "Touching the Land", col suo tono onirico e avvolgente, con un filo d'organo e la distorsione a montare, davvero potrebbe essere dei Low, fornendo un incanto che continua nella più limpida, sia pur sofferta "Circle", nella westernata e dark "Crumbling Days" e nella chiusa carezzole di "Crime" cantata da Fedele. Da non perdere.

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bandiera_italia BLOW UP

Composto precedentemente alla pandemia e registrato durante la prima fase di clausura forzata, il quarto album di Marco Giambrone in arte Silent Carnival viene pubblicato soltanto oggi grazie a una cordata di quattro etichette. Come costume del songwriter, polistrumentista e cantante siciliano, il sound è un folk-rock lento e crepuscolare, tendenzialmente morbido ma non per questo privo di tensioni, che predilige un sofferto intimismo dai toni però "spiritualeggianti". La ripetitività della formula alla "Steve Von Till" è comuqnue controbilanciata da arrangiamenti abbastanza variegati (efficace, ad esempio, l'aggiunta di due voci femminili) e il risultato è nel complesso convincente e suggestivo.

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bandiera_italia SODAPOP

Dalla Sicilia più cupa e tormentata tornano i Silent Carnival. Marco Giambrone, Caterina Fede ed Alfonso de Marco hanno costruito nel tempo una compattezza di intenti in uno slowcore plumbeo che si riallaccia al folk più buio di scuola americana. Aprono ospitando Marcella Riccardi e la sua voce nell’intensa Broken Pictures, portandoci poi in un western in bianco e nero per la successiva Jenny Saville, tra voci fantasma ed i fiati di Luca Serrapiglio. Spesso sembra di camminare nella desolazione, con il risuonare di una musica che non appartiene più a quel tempo. Quasi fossero vecchie leggende le canzoni del trio ci aprono paesaggi aspri, brulli e bloccati, come un’isola mediterranea fuori stagione. Suono, produzione e scrittura sono di altissimo livello, tanto che mi riesce difficile pensare ad un disco meglio riuscito in quest’ambito quest’anno. Con loro, Crime & the City Solution e Bärlin, tanto per citare qualche mia fissa targata 2023, avremmo un bel terzetto di dannati coi quali macerarci per intenderci. Qui il tono è più ovattato ma c’è quella maledizione, quell’incaponirsi, quel tormento che scava i fossi camminando in cerchio, come nella Circle dove il verso “i’ll give you all my trouble” si sposa con una certa leggerezza d’insieme, portata dal contro canto di Caterina. Questa vita offuscata raccontata da Marco Giambrone e sodali appare reale e sofferta: l’unica differenza fra la nostra e la sua sta nella bellezza e nell’eleganza con la quale riesce a raccontarla. Crime, l’ultimo brano, è l’unico brano scritto insieme al nucleo operativo del progetto, quindi con Caterina ed Alfonso. È un brano che potenzialmente apre altre galassie alla poetica della formazione sicula: vellutato, sulfureo, sinuoso. Femminile diremmo, non solo per la voce di Caterina. Quando queste parti si uniranno ne uscirà un nucleo che non farà più prigionieri, come i migliori duetti insegnano, da Nick a Cat a Kylie a Jane a Serge. Intanto si stanno scrutando, esprimendo a modo loro degli splendidi racconti di una vita travagliata.

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bandiera_italia SENTIRE ASCOLTARE

My Blurry Life è il quarto album della formazione di Marco Giambrone Silent Carnival in uscita per I Dischi del Minollo, Toten Schwan, Vollmer e EdisonBox, e giunge a cinque anni di distanza dal precedente Somewhere. Affiancato come al solito da Caterina Fede e Alfonso De Marco insieme ai consueti collaboratori Andrea e Luca Serrapiglio, l’album vede la presenza anche di Marcella Riccardi a.k.a. BeMyDelay e già Franklin Delano e Massimo Volume, alla voce in Broken Pictures e alla voce e chitarra in Three Veils. My Blurry Life, come da titolo, è un percorso di messa a fuoco durante un periodo di perdita di senso di tutto, a cavallo ovviamente della pandemia che tanto ha segnato le nostre vite negli ultimi anni, e che Giambrone porta a compimento lasciando emergere le canzoni e lasciando a loro il compito di ricomporre tutto, di farsi rifugio, di farsi probabilmente anche panacea dei nostri molti mali. In soldoni, un lavoro fortemente intimista, dai toni umbratili se non notturni e dalla delicatezza estrema, idealmente vicino alla sensibilità di band come Low e Black Heart Procession di cui possiede la capacità di rendere delicatamente universali messaggi intimi e personali.

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bandiera_italia MUSIC MAP

Sommesso, pacato, questo insieme sonoro di Silent Carnival aka Marco Giambrone, rammenta una passeggiata in riva al mare del nord, dove cielo e terra, incontrandosi, si confondono. Terra di anime perdute, dove la malinconia ha avuto la meglio. Colgo tutto ciò da questo disco dal sapor di poesia, dove il tempo passa senza lasciar filtrare un raggio di luce, o meglio, un raggio di sole. ‘My Blurry Life’, pur essendo l’ennesimo racconto di esperienza durante la pandemia, mostra un musicista sensibile, alle prese con le sue preocupazioni e paure, preso in contropiede da una situazione che in poco tempo è degenerata, interrompendo relazioni, amplificando disagi. La musica è quindi diventata, posso pensare, anche una specie di terapia o un momento di autoeducazione, ma sicuramente un netto rifiuto dell’isolamento. Pertanto, l’estetica è necessariamente minimalista, tenuto conto anche dei leggeri inserti di elettroniche e qualche violino lamentoso. Poi la percezione di echi lontani, suoni che vengono dal di dentro che in qualche maniera riescono ad esprimere queste sensazioni. Sono sentimenti che cercano di ridiventare, evocati anche da qualche chitarra acida, mentre ritorna fiocamente nell’oblio. Elementi piuttosto atipici per un’arte generata da chi solitamente vive (o è vissuto) nelle terre bagnate dal Mediterraneo, a riprova del fatto che confini, per chi cerca o vorrebbe mondi diversi, effettivamente ormai non ce ne sono. Anche se le radici restano comunque importanti. Ascoltando e riascoltando, mi viene in mente il minimalismo dei Mùm, ma anche qualcosa di Sigur Ròs. Percezioni oscure e malinconiche, ma in questo percorso, ad un certo punto, l'intervento dei sassofoni riesce a far filtrare finalmente qualche raggio di luce attraverso il ghiaccio. In sintesi, se dovessi spiegare a mio nipote quest’opera, la definirei come “disco dei contrasti”. Il nome del progetto, per esempio, è una sorta di... ossimoro, perché cita il silenzio ed il chiasso festoso che sta dietro al carnevale. Poi la musica: un surreale viaggio in puro stile nordico accarezzato dalla brezza marina del sud europeo. Il sapore e la bellezza della libertà

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bandiera_italia IN YOUR EYES 'ZINE

Trovarsi a vivere una vita non significa capirla, avere le risposte significa essere all’inizio del viaggio, o non avere nemmeno la consapevolezza di dover andare oltre il sentiero. Sentire e soffrire, quello c’è sempre, sicurezza di ogni giorno. In fondo siamo sempre alla ricerca di qualcosa per alleviare il dolore, o forse per anestetizzare anche solo per qualche momento la nostra sensibilità, completamente animalesca. Poche opere possono farci sentire meglio, allineati con il cosmo e con altre entità, e “My blurry life “ dei Silent Carnival è una di queste. Il gruppo italiano capitanato da Marco Giambrone che esce per Toten Schwan canta, come dice nel titolo, di una vita che è una macchia, un liquido che cade in maniera asimmetrica, un risultato del caos che si espande senza senso, senza algoritmo e senza salvezza. La musica dle gruppo è uno slowcore di alta qualità con molte sperimentazioni sonore, che si pone come musica antica nel senso di lentezza e di profondità, non ci sono melodie facili ma solo bellissime lacrime che scendono dagli strumenti. La lentezza è un elemento fondamentale, una ricerca lunga e bellissima del suono, di quel suono freddo che scalda senza esplodere, quella carezza che si fa ultima ed irripetibile, quelle coltellate che ci lacerano ogni cazzo di giorno. Il sangue è caldo ed esce lentamente richiamato dal canto di Marco e di Caterina, con uno stile morfinico e bellissimo, che come un liquido ti entra dentro e non ti lascia più. Un disco senza epoca, un piacere per le orecchie e per il cervello, minimale con mille suoni rarefatti, un’amore per il suono lento e per la sostanza, insomma un gioiello assai raro.

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bandiera_italia DARKROOM MAGAZINE

Dietro al monicker Silent Carnival risiede il mastermind Marco Giambrone, protagonista indiscusso di questo ottimo progetto, che negli anni ha visto collaborazioni con vari altri musicisti in veste prettamente esecutiva, e ormai ben cinque album dal 2014. "My Blurry Life" inoltre non è un lavoro a caso, ma il risultato, come da biografia, di una ricercatezza interiore che ha coperto gli ultimi turbolenti anni da tutti disgraziatamente vissuti. Giambrone - produttore, cantante, chitarrista e anche un po' polistrumentista - esorcizza nei quaranta minuti dell'album emozioni di livello unico. Otto brani di decadente art rock/post-rock, tra aggiunte noise/ambient e apporti di strumenti a fiato e corde, mai uguali a sé stessi, mai ridondanti, e perfettamente esaustivo in tutta la sua magnifica frammentazione poetica. L'orecchiabilità quasi folk di molti episodi, come l'incalzante "Three Veils" o l'opener "Broken Pictures", affidate a intrecci di voci (ospite Marcella Riccardi) e ritmi acustici spogli di quell'eccesiva sofisticatezza di certo rock sperimentale, regala sensazioni pure e d'impatto. Si rasenta anche un certo psych-dark verso la fine del platter (la magnifica "Crumbling Days", rassegnato inno apocalittico), e con l'eterea ed elettronica ambient-song conclusiva "Crime" (le voci femminili fanno venire i brividi) si chiude un album a cui si può giusto imputare una troppo breve durata, solo per il fatto di non poter godere maggiormente di questo magnifico percorso creativo, professionale, unico e più solido di tantissimi colleghi del mercato internazionale. Poco importa, visto che col tasto play quest'intrigante lavoro potrà nella sua erudita veste svelare lati, colori e sfumature che solo con ripetuti ascolti ne dimostreranno l'infinita qualità. Consigliato a chiunque, visto anche l'impegno delle etichette collaborative chiamate in causa, meritevoli di elogio, e l'ottima confezione di un piccolo grande album che mette in luce un artista nostrano, confinato come molti nel sottobosco, ma in grado di competere a testa alta.

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bandiera_italia VER SACRUM

Non si può scindere la musica di Marco Giambrone, Artista provetto, dalle immagini che essa evoca. E dai sentimenti profondi che esse, le immagini che via via assumono i contorni netti di una storia, suscitano. My blurry life conta otto canzoni interpretate magnificamente da un insieme coagulatosi naturalmente attorno al creatore del progetto; eleganti, assorte, mai urlate, d’una compostezza fine che oggidì è materia rarissima. La bellezza delle voci che s’inerpicano al cielo possiede la forza della determinazione, sollevandoci con esse. L’epica notturna dei Goldfrapp degli esordi, i Mazzy Star fermi sul ciglio della strada che attraversa il deserto, stringendosi per vincere il freddo calato repente assieme alle tenebre, Andy Mckay che porta alle labbra il suo strumento, assorto osservando il cielo cangiare colore, giunto all’ora del tramonto che pare infinito, Bates e Trench che percorrono la campagna umida di pioggia, affondando gli scarponi nel fango. Ispirazioni. Frammenti. Ombre che scivolano pigre sulla sabbia rivelando forme e rughe, un soffio di vento che trascina via foglie ed illusioni. L’intimità che diventa usbergo dietro il quale ripararsi dalla bruttura, dalla perfidia. Giambrone coordina, scrive, organizza, ma My blurry life è opera corale ove ogni singolo talento concorre all’esposizione, ognuno elargendo senza risparmio le proprie sapienze e le proprie virtù, non facendone però scialacquo. My blurry life è un disco da conservare gelosamente, come quelle pagine della nostra memoria accuratamente piegate e custodite nel taccuino, da trarre quando l’anima vacilla, sfilacciandosi sotto i colpi del Fato. Quando dobbiamo farci forza e non possiamo contare su nessuno o su pochi. Solo le anime insensibili non possono (e non devono, perché la lorderebbero), comprendere la grandezza di questo magnifico disco.

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bandiera_italia ROCKIT

Il fotografo, pittore e musicista Marco Giambrone, aka Silent Carnival con My Blurry Life realizza, a mio avviso, un'operazione al tempo stesso semplice e complessa. Mi spiego meglio. Questo disco, che mescola echi dark con un sostrato di folk sperimentale, è un album interessante che riesce nell'impresa di suonare, giustappunto, semplice&complesso al contempo. Semplice perché, dal punto di vista delle sonorità, lo sperimentalismo è comunque sempre in secondo piano e quindi i pezzi qui contenuti, pezzi come, ad esempio "Circle" sono, più o meno, alla portata di tutti. Tuttavia, e qui si inserisce il mio discorso sulla contemporaneità di fattori magari discordanti, questo è un lavoro anche complesso perché complesso (e ambizioso) è il fine ultimo, ovvero raccontare l'instabilità: “L’instabilità è la chiave di lettura di questo disco. Del sentirsi ovunque fuori posto, estraneo a tutto e a tutti. È stato scritto in prima persona e, si, non è altro che la lunga confessione di una vita a tratti sfocata". Proprio da questa dichiarazione di Giambrone ne consegue il senso del titolo, quel "Blurry" che è la quintessenza del lavoro. Non sempre l'artista siciliano riesce a tenere assieme queste due anime discordanti e, specie nella prima parte, il disco pare un po' scollato. Tuttavia, quando si tiene assieme, non è sfuocato, anzi, è centratissimo.

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bandiera_italia TOM TOM ROCK

Nel presentare il quarto lavoro dei Silent Carnival Marco Giambrone premesso che “l’instabilità è la chiave di lettura di questo disco. Del sentirsi ovunque fuori posto, estraneo a tutto e a tutti”. Queste parole colgono in pieno la sensazione che ci coglie al momento dell’ascolto, a cui aggiungerei anche il senso di fragilità, di incertezza. Infatti My Blurry Life è opera nebbiosa, immersa nelle varie sfumature del grigio; se non sapessimo che il musicista vive nella lussureggiante e coloritissima Sicilia, terra dai contrasti forti e poco sfumati, localizzeremmo il disco come proveniente da terre brumose e malinconiche. Del resto la copertina del disco, uscito in digitale e cd, dipinge perfettamente le atmosfere create dalle otto canzoni in continuità stilistica con quelle dei precedenti lavori. My Blurry Life è curatissimo, forte di una buona scrittura e soprattutto di arrangiamenti non solo molto attenti, ma che riescono davvero a tirar fuori una tavolozza estremamente varia di emozioni grazie alla ricca strumentazione e alla partecipazione di valenti musicisti alcuni dei quali, come la tastierista Caterina Fede e il bassista Alfonso De Marco, formano l’organico della band sin dagli esordi. Altri, come il violoncellista Andrea Serrapiglio e Luca Serrapiglio ai fiati, hanno spesso collaborato al progetto; infine in due brani presta la sua voce Marcella Riccardi dei Frank Delano. Il loro apporto rende la musica apparentemente monocorde tipica dello slowcore ricca di sfumature e vibrazioni che rendono le canzoni del disco delle preziose filigrane.Le note scure del violoncello aprono il disco immergendoci da subito nel mood malinconico, lento, nostalgico del disco. Broken Pictures è cantata su toni tenui da Giambrone con Marcella Riccardi sulle fragili note del piano e della chitarra. Jenny Saville è una magnifica canzone dall’andamento ipnotico impreziosita dalle pregevoli tremolanti tessiture dei fiati mentre una batteria spettrale sembra collocarci fuori dal tempo. Seguono i languori ancestrali di una Take Shelter che vira nel finale verso un allucinato shoegaze, il dream pop polveroso di Three Veils, la cupa elettronica di Touching the Land, l’ariosa e sognante ballata Circle, una desolata Crumbling Days sotto influenza di Nick Cave. Chiude l’album Crime, cantata da Caterina Fede su una batteria sulfurea e una ipnotica linea di basso, un brano intrigante, bello e difficilmente catalogabile.My Blurry Life è distribuito da tre etichette, Dischi del Minollo, Toten Schwan e Vollmer Industries, ed è stato registrato nello studio casalingo di Giambrone che l’ha scritto, arrangiato e missato durante la pandemia. Giunge a cinque anni dal precedente Somewhere ed è fra le cose più belle e interessanti ascoltate nell’anno appena trascorso e non solo in ambito italiano.

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bandiera_italia INDIEPERCUI

Intime atmosfere instabili e sospese a riempire di luce oscura attimi di poesia in musica che si scagliano con lentezza miracolosa addosso allo specchio della vita interiore ottenendo folate di vento a rinfrancare il buio del nostro cuore. My blurry life suona mastodontico e solenne. Un album pregno di suoni e atmosfere che non risparmiano la sperimentazione pur mantenendo una sorta di fulcro centrale da dove attingere sogni e speranze migliori. Silent carnival ci regala una sorta di miracolo in musica dedicato alle anime tormentate. Sono otto brani che diventano rifugio ad incontrare la parte più oscura di noi. Un insieme di meraviglie sonore spiazzanti e destabilizzanti a percepire gli umori di una vita che ci vede, troppo spesso, in lotta con il nostro essere felici. Da Broken pictures a Crime, il nostro, riesce, in stato di grazia, ad entrare prepotentemente nella parte più nascosta dell’animo umano per segnare un cammino fatto da perle musicali tutte da scoprire.

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bandiera_italia SO WHAT

Una finestra spalancata su un paesaggio indefinito, in controluce una figura di spalle con quello che sembra un cappello da cowboy. L’inquadratura è sporca, il bianco e nero definito da grana spessa, la silhouette fuori fuoco. Solo chi non è a conoscenza dell’amore di Marco Giambrone per la fotografia – arte professata al pari della musica – può sorprendersi di come lo scatto da lui realizzato e scelto quale copertina di “My Blurry life” sappia condensare alla perfezione tutti gli ingredienti del quarto album firmato Silent Carnival. L’atmosfera è intimista come mai prima d’ora, la forma frammentaria, il tono cangiante come il nugolo di sentimenti narrati in ciascuna traccia. Ad accompagnare il musicista siciliano, le sue interpretazioni sommesse ad alto tasso emozionale, c’è quel nucleo consolidato formato soprattutto da Caterina Fede e Alfonso De Marco, ma anche da Andrea e Luca Serrapiglio. Insieme a loro c’è anche Marcella Ricciardi/BeMyDelay – attendiamo con ansia un seguito dello splendido Bloom Into Night – che dona intensità prestando la voce quale controcanto diafano nella dolente Broken Pictures e in Three Veils, alle cui cullanti reiterazioni aggiunge ulteriori sfumature attraverso gli arpeggi delicati della sua chitarra elettrica. C’è lo slowcore di marca Low – riferimento imprescindibile per Giambrone – evidente nell’incedere compassato di Touching The Land, il folk fumoso di Jenny Saville dominato dai fiati di Luca Serrapiglio e quello scurissimo, vagamente caveiano di Crumbling Days. In chiusura trova posto Crime, l’unica traccia accreditata all’intero trio fondante del progetto, ballata morbida affidata all’interpretazione della Fede, che tradisce – positivamente – le coordinate generali del disco, offrendo un orizzonte parzialmente inedito ad una poetica sempre più consolidata e messa a punto.

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bandiera_italia RADIOCOOP

Quarto album per il progetto di Marco Giambrone, affiancato da Caterina Fede, Alfonso De Marco, Andrea e Luca Serrapiglio. Un lavoro molto intimista, cupo, avvolgente, tra atmosfere sospese e ipnotiche che non di rado guardano a Nick Cave and the Bad Seeds o ai Low. Un deep blues personale che non mancherà di essere apprezzato dai cultori del genere.

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A DECOUVRIR ABSOLUMENT

Enregistré at home – en Sicile, et plus exactement à San Giovanni Gemini – au printemps 2020 durant la fameuse crise sanitaire qui bouleversa nos routines et, pour certains d’entre nous, le rapport au réel, le quatrième album de Marco Giambrone alias Silent Carnival, publié cinq ans après Somewhere, évoque de manière intimiste la perte de repères et de sens qui rend la vie floue – le titre de ce nouvel opus, My Blurry Life, n’en devient que plus éloquent. Accompagné des fidèles Caterina Fede et Alfonso De Marco, Marco Giambrone accueille la chanteuse Marcella Riccardi (aka BeMyDelay mais également membre du groupe post-folk Franklin Delano) sur l’introductif Broken Pictures, de mortuaire noirceur et de patientes cordes enveloppé : d’emblée l’on sait que l’on naviguera en eaux troubles. Lacéré de cuivres grondants, Jenny Saville – hommage à la talentueuse peintre anglaise, cheffe de file des Young British Artists –, oscille entre Low (lentes harmonies vocales) et Crime and the City Solution (nocturne urbain menaçant) tandis que plus loin, Take Shelter (en référence au génial film de Jeff Nichols ?) dessine un orage qui jamais n’éclate. En huit compositions à la production passionnante, ballades crépusculaires, country-folk lessivée (Three Veils) ou post-rock (Touching The Land), le sombre et néanmoins délicat My Blurry Life, enrichi d’arrangements classieux – violoncelle, violon, saxophone, clarinette, balalaika et autre autoharpe – possède un charme à la fois imparable, intemporel et cinématographique, Silent Carnival figurant la lysergique chevauchée de cow-boys déprimés, qui s’achève sur un Crime beau à tomber. Magnifique.