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press-review IL SISTEMA DI MEL "Dimmi che va tutto bene"

 

bandiera_italia   ROCKIT

Fin dal titolo, ‘Dimmi che va tutto bene’ ci racconta un impatto conflittuale con il lockdown del 2020, la sua retorica e soprattutto le sue conseguenze umane. È un altro degli album venuti al mondo delle idee in quel periodo unico e che arrivano adesso, sull’onda lunga di quella fase storica ormai più o meno conclusa, ma non senza lasciare grossi strascichi umani.Sono quelli che riviviamo ascoltando tracce come Distanti e Pigiama che, chiamando in causa sentimenti e moti d’animo anche più universali di quello del 2020, ci raccontano comunque le varie fasi di isolamento e riavvicinamento che bene o male tutti abbiamo sperimentato in quel periodo. La formula scelta dalla band bresciana per questo racconto, più che adatta, è quella di un emo di scuola italiana, in parte depunkizzato, che conserva una certa impronta melodica emotiva e la colloca in un contesto più vicino ad una forma di alternative/indie rock, con qualche sfumatura post-rock. Tra brani più classicamente rock (Sottosopra ha una vibe alla Gomma) e, crescendo puntellati di tastiera (Un’altra volta e la strumentale finale Chanel n.5), tendenze slocore e semi ballad più classiche, Il sistema di Mel fa un buon lavoro sugli arrangiamenti ma con molta discrezione, senza mai spingere davvero fino in fondo. Si lascia, del resto sempre molto spazio ai testi e all’interpretazione vocale, che, in sintonia con la trama melodica e l’alchimia di pieni e vuoti, detta la linea emozionale del lavoro; si accusa in realtà una certa monotonia del tono dell’umore generale, per fortuna limitata dalle dimensioni contenute del lavoro, sette tracce per circa venti minuti, che si ferma un attimo prima di diventare stancante e lascia dietro di sé l’impressione di raccolta di brani probabilmente non memorabile, ma sentita e di buona fattura. Fin dal titolo, ‘Dimmi che va tutto bene’ ci racconta un impatto conflittuale con il lockdown del 2020, la sua retorica e soprattutto le sue conseguenze umane. È un altro degli album venuti al mondo delle idee in quel periodo unico e che arrivano adesso, sull’onda lunga di quella fase storica ormai più o meno conclusa, ma non senza lasciare grossi strascichi umani.Sono quelli che riviviamo ascoltando tracce come Distanti e Pigiama che, chiamando in causa sentimenti e moti d’animo anche più universali di quello del 2020, ci raccontano comunque le varie fasi di isolamento e riavvicinamento che bene o male tutti abbiamo sperimentato in quel periodo. La formula scelta dalla band bresciana per questo racconto, più che adatta, è quella di un emo di scuola italiana, in parte depunkizzato, che conserva una certa impronta melodica emotiva e la colloca in un contesto più vicino ad una forma di alternative/indie rock, con qualche sfumatura post-rock. Tra brani più classicamente rock (Sottosopra ha una vibe alla Gomma) e, crescendo puntellati di tastiera (Un’altra volta e la strumentale finale Chanel n.5), tendenze slocore e semi ballad più classiche, Il sistema di Mel fa un buon lavoro sugli arrangiamenti ma con molta discrezione, senza mai spingere davvero fino in fondo. Si lascia, del resto sempre molto spazio ai testi e all’interpretazione vocale, che, in sintonia con la trama melodica e l’alchimia di pieni e vuoti, detta la linea emozionale del lavoro; si accusa in realtà una certa monotonia del tono dell’umore generale, per fortuna limitata dalle dimensioni contenute del lavoro, sette tracce per circa venti minuti, che si ferma un attimo prima di diventare stancante e lascia dietro di sé l’impressione di raccolta di brani probabilmente non memorabile, ma sentita e di buona fattura.   

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bandiera_italia    MUSIC MAP

A tre anni da “Addosso”, “Dimmi che va tutto bene” segna il ritorno del quartetto bresciano Il Sistema di Mel, piccolo gioiellino nostrano dedito ad una lodevole declinazione dell’immarcescibile verbo emocore. In verità, i ragazzi non si fermano all’essenziale. Certo, musicalmente, le coordinate sembrerebbero invariate: melodia in abbondanza, ritornelloni sparati a squarciagola con annessa deflagrazione delle chitarre, testi introspettivi ed ermetici quanto basta, accumuli e rilasci di tensione. Insomma, tutto il campionario dell’emo tradizionale, ça va sans dire. Questo ad un ascolto distratto. Ma l’emo richiede dedizione, non soltanto cieco abbandono all’onda d’urto a cuore aperto. Tutto il repertorio di trucchi assortiti va in scena sia in “Tornare a casa” che in “Sottosopra”, micidiale accoppiata introduttiva che recita a memoria il copione senza sbagliarne una virgola, ma da lì in avanti il registro inizia a mutare. Talora impercettibilmente, altrove con sfacciata evidenza, quasi a disegnare scenari inediti o punti di partenza per il futuro: e quello che appariva scontato si rivela in una luce diversa, mostra lati nascosti, azzarda – in sicurezza – un linguaggio nuovo. “Distanti” si fa riflessiva rallentando il ritmo e dilatando le atmosfere; “Frammenti” tocca con rara grazia un tema delicatissimo e spinoso; “Un’altra volta”, sfaccettata e introversa, si rifugia in territori post-rock caracollando su una ritmica esitante; “Pigiama” – desolata e dimessa - vira addirittura sull’acustico; la strumentale “Chamel n.5” chiude nervosa e veemente un disco intenso e profondo, prova di maturità di una band molto più imprevedibile di quanto le apparenze suggeriscano.

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bandiera_italia    RADIOCOOP

Terzo album per la band bresciana, ormai al decimo anno di attività. I sette brani hanno un incedere costantemente aspro, attingendo da emo e post hardcore, con porzioni adeguate di post rock. In controluce un’anima cantautorale (che ben si esplicita in “Pigiama”) e melodica che rende il lavoro personale e maturo. Ottimo.

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bandiera_italia   HEART OF GLASS

Il Sistema di Mel ritorna da queste parti dopo gli ottimi riscontri degli esordi (Felida X e Riempimi la testa con un mare di cemento, leggi le recensioni) e lo fa con un disco che riflette tutte le inquietudini e le instabilità di un presente filtrato attraverso l’esperienza del post-pandemia. Rispetto ai lavori precedenti, Dimmi che va tutto bene (per I Dischi del Minollo e Coltellini Dischi) evidenzia una concreta maturità, che si manifesta in liriche che mescolano astratto e quotidiano, con dei temi ritmici pressanti, adiacenti all’emo-core. Ebbene, conoscendo musicalmente la band bresciana ed avendone una certa dimestichezza con le sonorità, le dinamiche e gli approcci, ho fatto una cosa che di solito non faccio mai. Prima ancora di ascoltare una sola nota del disco, sono andato a leggermi tutti i testi di Dimmi che va tutto bene, curioso di capire come si sarebbe evoluto l’album. Ne è emerso un comune sentimento di smarrimento, o meglio di un’inconcludente ricerca di qualcosa che se prima era appagante e riempiva la pancia, ora lascia vuoti e ammainati su labili posizioni. La ricorrenza di certi scenari (il letto, le azioni routinarie, la macchina che non va) sembrano porre l’accento su quella vecchia e rassicurante normalità che sotto nuovi occhi appare grottesca e rovesciata dal suo caldo abbraccio. L’isolamento è tangibile, una vena di agrodolce malinconia avvolge tutto il disco, sin dalle prime battute di Tornare a Casa che ripropone come un mantra -ma senza apparire autoreferenziale- il titolo dell’album. Sebbene il tema della pandemia (e dei suoi postumi) sia stata sviscerata in questi mesi in tutte le salse, è comunque degno di nota come Il Sistema di Mel lo affronti, togliendosi qualche sassolino dalla scarpa, liberandosi da quelle zavorre che nel post– diventano decisamente insostenibili. Perciò, Dimmi che va tutto bene, si affaccia come un’esortazione allo specchio, un’auto-analisi istintiva sull’immediato presente, un costante darsi coraggio, con la consapevolezza di dover lottare senza molti pezzi di quell’armatura che la pandemia aveva mostrato inutili e pesanti. Sette brani compatti e spigliati, che non si nascondono dietro ad una retorica buonista, ma che con una forza viscerale e sensibile si spingono oltre, dividendosi in riflessioni che non si accontentano di galleggiare in superficie. Dai rapporti umani in crisi o ai risvolti più reconditi dell’anima di Frammenti, all’isolamento come via di fuga in Sottosopra, passando per le fasi di solitudine (Un’altra volta) e di depressione (Pigiama) che si possono incontrare nei momenti di indecisione. Sorretto da un collaudato emo-core enfatico e posato negli arrangiamenti (vedi la nostalgica Distanti) che tuttavia non abdica alla ballata pop o alla chiosa strumentale finale (Chamel n.5), Dimmi che va tutto bene è un lavoro rarefatto, che rinuncia alla potenza e ai volumi del passato, per comunicare senza vergogna le proprie incertezze, ripulendosi dalle tossine del recente passato nel tentativo di ritrovare una stabile serenità e una rinnovata energia per il futuro.

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bandiera_italia    BOOKLET MAGAZINE

Per quanto possa far strano per certi versi possiamo dire che le canzoni e gli interi dischi post lockdown siano ormai un genere a parte: lo shock collettivo che abbiamo vissuto (ognuno in modo diverso) a molti sembra ormai completamente interiorizzato ma probabilmente ci vorranno ancora anni per riguardare a quel periodo con il giusto distacco. Questo disco non vuole distaccarsi da questo filone ma anzi sceglie volutamente di non distogliere lo sguardo e utilizzare queste canzoni per esorcizzare quella che forse è una delle cicatrici peggiori: il dissestamento dei rapporti umani e la successiva ricucitura raffazzonata. Ne esce un disco emotivamente potente che scegli in modo mai troppo didascalico di non ignorare l’elefante nella stanza ma di affrontarlo a viso aperto. Le sonorità mischiano un certo post rock lineare ma d’effetto a scelte più classicamente rock e quasi grunge unite a una vocalità non troppo varia ma molto enfatica di classica scuola Fine Before You Came. Un disco senza fronzoli o abbellimenti ma dalla direzione chiara e genuina e quindi per sua natura efficace e forse, dico forse, necessario.

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bandiera_italia    ALL YOU NEED IS PUNK WEBZINE

Dimmi che va tutto bene” è il nuovo disco de Il Sistema di Mel, un disco, tra post rock, emo e grunge, con cui la band bresciana sviscera e esorcizza alcune storture insite nelle relazioni sociali dopo un trauma che ha messo a dura prova ogni rapporto. L’album è nato proprio durante il primo lockdown ed è stato scritto a distanza attraverso una serie infinita di videochiamate e di scambi di preproduzioni che si sono poi concretizzate registrandole in studio dopo mesi d’attesa. Ne è uscito un disco dal suono sporco e graffiante, con una produzione volutamente più lo-fi rispetto al precedente “Addosso”, senza particolari sovraincisioni per un suono aderente alla resa live dei live. “Dimmi che va tutto bene” come il mantra urlato dai balconi e ripetuto ossessivamente alla ricerca di una serenità facile e istantanea, una serenità possibile ma mai così difficile da raggiungere davvero. Fra instabilità, incertezze e relazioni tossiche la band analizza ogni proprio rapporto senza autoindulgenza per capire cosa si è sbagliato e per tentare di salvare i legami che contano davvero. “Tornare a casa”, l’incipit del disco, paradossalmente ne conclude la narrazione, in un lieto fine sudato e sofferto che ci permette di incontrare di nuovo gli altri senza paure. “Sottosopra” utilizza una citazione a Stranger Things per parlare del ghosting e dei luoghi bui in cui può catapultarci. “Distanti” è il lento romantico del disco fra costruzioni mentali, desideri nascosti e la nostalgia di quella volta in cui si è rimasti senza soldi per riparare l’auto rotta. “Frammenti” e “Un’altra volta”, più o meno centrali nella tracklist, sono il cuore della crisi e parlano rispettivamente di una persona spossata da una quotidianità senza affetto che arriva a volersi togliere la vita e della solitudine che si prova quando si è circondati da una folla ma manca l’unica persona che si attendeva. “Pigiama”, è un intermezzo acustico che didascalicamente parla di isolamenti (obbligati o autoindotti) che possono portare a stati depressivi e abbassa i toni per poi, in contrasto, concludere con l’impatto di “Chamel N.5” imponente strumentale post-rock con cui la band ci abbraccia e si congeda in un ultimo sfogo.

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bandiera_italia    FOXY LADY ASCOLTA

La band Il Sistema di Mel è una delle tante realtà musicali che portano nella musica italiana una sana onda di emocore e post hardcore che hanno caratterizzato il passaggio dagli anni Novanta al Duemila. Dopo essersi fatta conoscere con diversi lavori discografici, il suo 2023 inizia con il nuovo album Dimmi che va tutto bene. Sette brani nati durante gli anni bui della pandemia, tra lockdown e videochiamate a distanza. Infatti da come si può intuire dal nome del disco, la nostra mente ci riporta a questa frase urlata dai balconi di casa per darsi forza in quei mesi difficili. Una ricerca continua e infinita di benessere in una società dove difficilmente si riesce a trovarlo, tra crisi economica e una guerra alle porte dell’Europa. Il disco è una profonda riflessione sui rapporti che lega i membri della band ad altre persone come amici e relazioni d’amore. Legami che hanno dovuto affrontare mesi di lontananza e di paura per colpa di un nemico invisibile. Le canzoni dell’album affrontano tutte le emozioni provate mentre si stava chiusi tra le quattro mura di casa propria. I ricordi di momenti più leggeri della giovinezza portano con sé una sensazione di pace momentanea. Ma è presente anche un’analisi di come la solitudine possa portare ad una soluzione estrema come porre fine alla propria vita per non soffrire più. Questi e altri temi vengono uniti dall’energia del rock usata come catarsi per i propri sfoghi. Il Sistema di Mel è una conferma di come il rock non sia solamente un genere che bisogna adottare dall’estero. Al contrario, anche la lingua italiana può essere il linguaggio per questo mondo musicale.

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bandiera_italia   TRAKS

Tornare a casa è la prima traccia del disco: già una notevole espressione di energia e di potenza, ma anche di un certo scoraggiamento che filtra attraverso il testo. Si procede con Sottosopra, che si regge sulle chitarre che fiammeggiano e ribolliscono, alla ricerca di una normalità che è del tutto illusoria. Più evocative le atmosfere che introducono una malinconica Distanti, che si muove in modo fluido ma portando con sé contenuti pesanti. Torna a picchiare piuttosto duro Frammenti, ma conservando una vibrante vena malinconica. Voce, chitarra e batteria concentrano l’attenzione su Un’altra volta, che cresce un po’ per volta fino a un’apertura piuttosto clamorosa. Si va in acustico con Pigiama, che racconta di quotidianità e di interrogativi. Chiusura strumentale e rumorosa con Chamel n.5. Il Sistema di Mel conferma le proprie sonorità e le proprie capacità attraverso un disco compatto e intenso, quasi sempre convincente e godibile.

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