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press-review IL SILENZIO DELLE VERGINI "La Chiave di Berenice"

 

bandiera_italia    RUMORE

Elettronica cinematica, spoken words, testi impegnati.Fra pop e post rock la bandbergamasca arriva al quartolavoro in studio e cambiale carte in tavola rispetto aiprecedenti, spingendo sullacomponente melodica esu strutture più vicine allaforma canzone. Un lavoro benfatto che nella sua apparente leggerezza”musicale innestatemi profondi fra i quali anche la violenza sulle donne

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bandiera_italia     BUSCADERO

Prosegue il viaggio de Il Silenzio delle Vergini, giunti al terzo album (più un EP), un viaggio fatto di sottrazione musicale rispetto agli esordi fragorosi di "Colonne sonore per cyborg senza voce" e alla delicatezza trascendente del successivo "Fiori Recisi". Questo passo del gambero a livello di "rumorosità", intendiamoci, non sottrae nulla al fascino della musica della band che viene plasmata in questo nuovo lavoro a loro immagine e somiglianza. Si chiama evoluzione, significa che i suoni passano, si ampliano, si trasformano ma hanno in comune con i lavori precedenti la loro indubbia capacità di trasformare in musica il momento, la capèacità di mettere sul piatto lo stato delle cose in cui la band si trova in quel preciso istante. Ed oggi Il Silenzio delle Vergini decide anche che è ora di inserire parte vocali importanti (fino ad ora poco utilizzate) in una sorta di mantra, più declamato che cantato, da Cristina Tirella anche al basso che con Armando Greco, chitarra elettrica e Marco Costaioli, batteria, formano la band. Tutto questo per giungere al succo del discorso : il disco è veramente ben fatto, prodotto egregiamente e sinuosamente si muove a cavallo tra cold wave, ambient, post rock e cantautorialità. Lasciatemi dire, però, che nelle loro mani diventa una warm wave tanto è densa di emozioni e sentimenti. Ampiamente promossi.

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bandiera_italia  ECO DI BERGAMO

Tornato a distanza di tre anni da «Fiori Recisi», il progetto Il Silenzio delle Vergini esce per I Dischi del Minollo e (R)esisto con un nuovo lavoro, «La Chiave di Berenice», che segna un parziale allontanamento dal post-rock e dalle infiltrazioni shoegaze dei lavori precedenti. Ci sono increspature electro che richiamano addirittura i Future Sound of London di «Dead Cities» («Kaori Kosei»), beat che ricordano «Via Vai» di Fabri Fibra e Dargen D’Amico salvo poi aprirsi in ritornelli melodici («Marcel»), sentori post-punk e new-wave («Alba Varden», il manifesto femminista della title-track). C’è poi spazio per malinconie pop 80’s («Pan»), omaggi cinefili orrorifici («Vincent» con le sue citazioni a «Nosferatu» e un irresistibile riff di chitarra, tra gli apici del disco). Il cantato è quasi sempre in spoken-word, recitato, un po’ à la Massimo Volume, non per tutti ma di sicuro effetto, per un intingolo finale che è un po’ disco e un po’ performance teatrale, un po’ sperimentazione sonora e un po’ letteratura messa in musica. Ricercato, ambizioso, insomma un grandissimo «sì».

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bandiera_italia     MUSIC MAP

Credo che un artista, in fase compositiva, debba ambire a conferire al proprio progetto non solo credibilità ma, soprattutto, gusto ed omogeneità per accomunare i fruitori in un afflato vibrante. Se poi, il contesto riguarda la nostra coscienza con tutte le sue variabili riflessive, ecco che il coinvolgimento sarà pressochè immediato e familiare. E, infine, se c’è una coerenza di fondo, questa va lodata a prescindere: proprio quella che confermano i ragazzi de Il Silenzio delle Vergini, per la quarta volta, col nuovo full-lenght “La chiave di Berenice” (dopo: “Colonne sonore per cyborg senza voce”, “Su rami di diamante” e “Fiori recisi” ). In questa occasione, l’eclettico collettivo milanese dà più compattezza ai suoni e maggior peso alle parole per fornre più compiutezza alla forma canzone, e decisamente non risulta affatto un’idea sbagliata, poiché c’era tanto bisogno di operare in tal direzione per conferire al concept-album un chiaro valore aggiunto. Dopo il suggestivo proclama di Luther King in “Martin”, si prende la scena l’oscurantismo acidulo di “Kaori Kosei”, tratteggiato da uno spoken-word (dominante nella tracklist) che vibra di dura effettistica, mentre “Marcel” vira verso albori d’un alt-pop d’alto pregio. All’atto di scodellare il tamburellante singolo “Alba varden”, emerge l’estro degli ISDV nel saper ipnotizzare anche senza ri(n)correre chissà quale opulenza d’insieme: con semplicità e linearità mettono in cascina un’altra perlina iridescente. Invece, “Maetel” batte con inclinazioni cupe ed estranianti come immersi in un noir-movie, ma già scalpita il coraggio espressivo di ''Berenice'', che rivendica nella titletrack il diritto di non subire più vessazioni e prepotenze di nessun tipo: gran pezzo, ma un gran prezzo che ella rischia di pagare socialmente. Però, alla lunga, l’audacia la ripaga ampiamente per aver osato il tutto per tutto. Che esempio! L’asmatica “Pan” è orlata in un mood ambiguo ma dall’effetto ammaliante. Tocca, poi, a “Vincent” rimarcare un parlare spaziale, che fa fluttuare neuroni e fantasie etereee, mentre la chiusura i ragazzi se la giocano con la stilosa evanescenza di “Anastasia” in solida ballad, che accende più di una luce di speranza risolutiva. Prodotto dai “soliti noti” Lambertini-Guberti (della (R)esisto label), in sinergia con i Dischi del Minollo, “La chiave di Berenice” è un’opera spiazzante, possente, incisiva e seducente, che fornisce l’utile passepartout per sondare, introspettivamente, coscienza, istinti e ponderazioni di vita, aprendo la serratura salvifica con mandate decise e convincenti, affinchè le nostre anime non siano più (s)chiave di pulsioni indecifrate e disturbanti. La soluzione è qui: a portata d’orecchio

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bandiera_italia   I GUFI NARRANTI

Sono in ascolto, attento ascolto, de La chiave di Berenice da qualche giorno e ne sono completamente rapito ed estasiato. Mi trovo spesso a dire che produzioni moderne ed autenticamente originali in Italia non ne esistono e poi ti spediscono a casa un disco come questo e ti devi ricredere. Effettivamente il “collettivo” Il Silenzio delle Vergini, fondato da Armando Greco nel 2016, ha fatto veramente un buon lavoro artistico di genere ed è decisamente nuovo anche se nella sua novità ricorda altro del passato. D’altra parte siamo noi a non riuscire a fare a meno che paragonare tutto a qualcosa per poter dare almeno un piccolo giudizio iniziale. Il disco apre con atmosfere noise sulle parole di I have a dream di Martin Luther King. L’inizio non potrebbe essere più evocativo di così. Prosegue con elettronica disturbata, il basso e la batteria a concedere l’ingresso a Kaori Kosei eroina manga che ci racconta il suo estraniamento dalla realtà. Il Silenzio delle Vergini (ISDV) mi piacciono molto, raccontano bellissime storie di umanità vissuta cavalcando note a tratti dilatate e a tratti ritmate e quasi ossessive. “In  questo album ISDV vanno alla scoperta del mondo interiore delle persone. Ad ognuno di noi nella vita è capitato almeno una volta di porsi domande, di raccontare storie a noi stessi sulla natura, l’amicizia, la diversità, il viaggio, l’amore. A ognuno di noi è capitato di subire ingiustizie, di perdere qualcuno, di fare nuove conoscenze e chiederci se fidarci o no. “La chiave di Berenice” vuole trovare la “chiave” per esprimere queste sensazioni. Queste dieci canzoni raccontano piccole storie di vita quotidiana nelle quali si analizza lo squarcio interiore che c’è all’interno di ogni protagonista.” Mi ricordano il periodo solista di Massimo Zamboni. Il cantato/parlato di Cristina Tirella invece è eseguito alla Emidio Clementi dei Massimo Volume e mi ricorda molto il progetto Stenopeica al quale si avvicinano molto soprattutto per le atmosfere espresse. “(…) I pregiudizi sono ciò che gli sciocchi usano per ragionare (…) possiamo essere umani insieme…” da Marcel. “Quando hai a che fare con persone, ricorda che non hai a che fare con creature mosse dalla logica, ma con creature piene di pregiudizi e motivate dall’orgoglio e dalla vanità!” quante verità espresse in questo disco! Se devo proprio essere sincero l’album è meraviglioso. Il mio disco d’ascolto ideale, mi sento tremendamente orfano delle musiche degli anni ‘90, che hanno dato vita a progetti come il Consorzio Suonatori Indipendenti, i Massimo Volume, gli Offlaga Disco Pax, Umberto Palazzo e il Santo Niente, Andrea Chimenti, i Beau Geste e tutta la produzione dei Dischi del Mulo che lasciava grande libertà di muoversi a 360° all’interno dell’arte. Il progetto ISDV al quarto album in studio promette bene: musica di ampio respiro e suonata meravigliosamente che permette di muoverti a tuo agio anche su testi e musiche che potrebbero risultare ostiche. Lontano anni luce da produzioni trap o simili che riempiono le radio in questo periodo storico. Senz’altro una buona boccata d’aria fresca e rigenerante in un panorama musicale asfittico. La tracklist si compone di dieci tracce: Martin, Kaori Kosei, Marcel, Alba Varden, Maetel, Berenice, Pan, Vincent, Marguerite e Anastasia. Ogni canzone porta il nome di un personaggio che è il protagonista della storia raccontata, in puro stile concept-album anni 70.

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bandiera_italia     INDIE PER CUI

Dark wave fuori controllo per il quarto album della band bergamasca ad intessere movenze che prendono lo stomaco e attanagliano l’ascoltatore grazie ad un saliscendi emozionale che trova nell’estremo bisogno di interiorizzare il momento la chiave di volta di un’intera produzione. Quarto album che cattura e non distrae. Tiene bene incollati e cerca, nelle tempeste dell’esistenza, una parte di terreno fertile da conquistare attraverso canzoni che scavano nel profondo e provano, grazie ad un’integrità mai celata, di penetrare la carne fino all’anima. Sono dieci pezzi che parlano di vita e di morte, parlano di rapporti e di persone, delle loro esistenze, del loro esistere oltre ogni stereotipo quotidiano. Quello che ne esce è un affresco carico d’amore nei confronti di un suono e di una ricerca testuale che non smettono di migrare verso territori lontani. Un album vero e tangibile che parla di vissuti e compartecipazione, di tristezza e luce.

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bandiera_italia    PROGRESSIVAMENTE BLOG

La chiave di Berenice è il quarto album de Il Silenzio delle Vergini (Greco Armando alla chitarra, Cristina Tirella al basso e alla voce e Marco Costaioli alla batteria), uscito dopo Fiori recisi del 2020, disco di cui avevamo parlato ai tempi della sua uscita. Un lavoro dove la band analizza i sentimenti e le paure delle persone, uno sguardo sul quotidiano che è catarsi e risveglio, concetti espressi attraverso una sensibilità non comune filtrata tramite un post malinconico imbevuto di echi wave. I brani, fortemente atmosferici, si caricano di riflessioni sul mondo interiore di ognuno di noi, un racconto a tappe che non disdegna affascinanti intrusioni nella psichedelia, che trova in brani come Alba Varden, Berenice e Anastasia le punte massime di un album che conferma la qualità delle idee del trio milanese.

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bandiera_italia   NATIONAL DAILY PRESS

Alla scadenza di tre anni dalla pubblicazione di “Fiori Recisi”, seguita dai singoli “Alba Varden” e “Berenice”, la band bergamasca, nota comeIl Silenzio Delle Vergini, immette nel mercato il proprio quarto album in studio, dal titolo evocativo “La Chiave di Berenice”. Quest’opera, sapientemente curata e promossa da I Dischi Del Minollo e (R)esisto, sotto l’accorta guida di Michele Guberti di Massaga Produzioni, rappresenta un’ulteriore tappa nella progressione artistica della formazione. Il Silenzio Delle Vergini, il cui progetto fu concepito nel 2016 da Armando Greco, talentuoso e poliedrico chitarrista originario di Milano che ha prestato la sua maestria anche a Tic Tac bianconiglio e Lexus, prende le mosse da un’idea concettuale e mentale che amalgama una molteplicità di generi musicali e le esperienze sonore che hanno profondamente influenzato l’artista. Attraverso il nuovo progetto musicale de Il Silenzio Delle Vergini, la magia della creatività si dispiega come un filo sottile che unisce le anime di Armando Greco, fondatore e chitarrista, Cristina Tirella, abile interprete del basso e voce, e Marco Costaioli, artigiano delle percussioni. In questa sinfonia di talenti si coltiva un’estetica sonora che abbraccia le profondità della composizione e si adagia sulla tela del cantautorato, accogliendo con fervore ogni manifestazione artistica. Nel loro itinerario musicale, Il Silenzio Delle Vergini sonda le profondità dell’animo umano, con una sensibilità che dilata le note e sfiora i confini del visibile. Sono avventurieri del suono, esploratori di intime melodie che risuonano nel cuore di chi ascolta. Come un moderno Orfeo, il trio si spinge oltre i limiti della percezione, indagando la potente capacità della musica di catalizzare l’intero spettro delle emozioni umane. Le loro composizioni nascono da un abbraccio intimo tra l’anima e lo strumento; ogni traccia è una storia racchiusa in una melodia, una porta aperta verso mondi interiori e frammenti di vita vissuta. Il Silenzio Delle Vergini è un viaggio senza confini, un susseguirsi di armonie e contrasti che abbracciano le dolcezze e le amarezze dell’esistenza umana. Nella loro musica si cela un segreto antico, una sapienza musicale che trascende il tempo e si fa eco nel presente. Sono gli eredi di una tradizione che si rinnova costantemente, portatori di un messaggio universale, sussurrato tra le note e consegnato con delicatezza all’anima di chi ascolta. In un mondo frenetico e caotico, Il Silenzio Delle Vergini offre un’oasi di riflessione e connessione. La loro musica agisce come un balsamo per l’anima, un ponte tra le solitudini, un invito a immergersi nel flusso delle emozioni. Ogni accordo, ogni battito di tamburo, trasporta l’ascoltatore in un regno di introspezione e bellezza, dove il silenzio trova voce e le vergini dei suoni si svelano in tutta la loro maestosità.

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bandiera_italia    MICSUGLIANDO

Avevamo lasciato Il Silenzio Delle Vergini (per brevità ISDV) alla pubblicazione avvenuta nel 2020 di Fiori Recisi, un album già recensito su questa rubrica all’epoca. Nell’ottobre dello stesso anno il trio dark wave milanese formato da Armando Greco (chitarra, synth) e Cristina Tirella (basso e voce) sostituivano il batterista Franco Lauro Geruso con Marco Costaioli. Nell’estate del 2021 il gruppo entra nella sala di Registrazione Natural Head Quarter a Ferrara di Manuele Ferrari per dedicarsi alla registrazione di un nuovo LP con la collaborazione di Michele Guberti in cabina di regia. Nello stesso tempo il gruppo ha continuato la sua attività live specialmente nel Nord Italia (memorabile una loro data al Bloom). Dopo la pubblicazione di un singolo apripista intitolato Alba Verden uscito l’1 aprile 2022 e di un secondo singolo Berenice, il disco completo intitolato La Chiave Di Berenice viene pubblicato il 13 gennaio 2023 per I Dischi Del Minollo/Resisto Distribuzioni/Audioglobe. Il nuovo LP si concentra sull’esplorazione condotta a livello interiore di temi come la natura, l’amicizia, l’amore, la diversità, il viaggio e conseguentemente sulle domande che ci facciamo (che valore ha questo che mi succede? Mi posso fidare o no?). I dieci brani che formano l’album (tutti con un nome di persona) sono il tentativo di dare una risposta a questi quesiti, nello sforzo costante di creare la propria identità evitando le facili omologazioni o la creazione di false immagini di sé. Temi di così assoluto impegno vengono trattati ricorrendo volta per volta a una sottolineatura musicale del testo o a una contrapposizione fra testo e arrangiamento. La loro prassi si può quindi inoltrare in impenetrabili e allucinati passaggi esistenziali oppure in dilatazioni sonore lisergiche, in fiamme di pura follia onirica che alimenta trasfigurazioni e stilizzazioni che sfiorano ora il surreale ora l’iperrealismo. Le loro canzoni sono quindi entità organiche che i passaggi di elettronica filosofica, le textures dense, le melodie disgiunte, le jamming fluide rendono un esercizio di stile al confine fra dark-wave, futurismo retrò e dream pop: il fine della loro musica è colpire simultaneamente cuore e cervello e il declamato di Cristina Tirella inerte e quasi apatico completa la sensazione convergendo subdolamente e ineluttabilmente verso una nuova forma di post-rock che destruttura il brano vivendo di contrapposizioni sistematiche e sottolineando il senso di desolazione e vulnerabilità. I loro arrangiamenti improntati a dualismo e poliedricità si ravvisano fin dall’iniziale Martin dove il più celebre discorso di Martin Luther King (I Have A Dream) è immerso in una sinistra atmosfera da incubo, prosegue col trip hop marziale di Kaori Kosei per piano classico, synth e occasionali riff di chitarra atonale, col post rock dadaista e romantico di Marcel sulle tracce dei Notwist, rallentando la foga con la marcia nostalgica fra chitarra e synth di Alba Verden, col lied arioso di Maetel, con la ninnananna di Berenice la cui (apparente) luminosità si contrappone al testo infarcito delle tipiche invettive e violenze verbali maschili nei confronti delle donne e col dream pop ai confini dell’easy listening di Pan. Gli ISDV cercano poi nuove strade espressive col dub retro futuristico con sviluppo orrifico di Vincent (che prende spunti dalla colonna sonora di Nosferatu (dei Popol Vuh per l’omonimo film di Werner Herzog) e nell’hard rock rallentato di Marguerite per ritornare poi sui propri passi col lamento finale di Anastasia fra tristezza e cupezza con accompagnamento ultraterreno di chitarra. Gli ISDV hanno imparato alla perfezione la prassi di poliedricità/composizione di cui si è appropriato il post-rock e sono divenuti una perfetta macchina assemblatrice di tali dinamiche. La produzione è di Guberti, Massimiliano Lambertini e degli ISDV.

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bandiera_italia   IL MEGAFONO

Originale e profonda, come sempre, la band bergamasca Il Silenzio Delle Vergini torna per riportarci dentro il proprio mondo, nella sua dimensione più intima. Il gruppo, fondato dal musicista milanese Armando Greco, ha appena partorito il suo quarto album in studio, in uscita proprio oggi, intitolato “La chiave di Berenice” e coprodotto da I Dischi Del Minollo e (R)esisto (Audioglobe distribuzione). Dopo il disco d’esordio (“Colonne sonore per cyborg senza voce”, 2017), seguito dall’Ep “Su rami di diamante” e dal terzo lavoro, “Fiori recisi” (2020), ritroviamo il trio di musicisti lombardi in questa ultima produzione, nella quale confermano la loro concezione musicale e letteraria e il loro stile colmo di citazioni e di rimandi al mondo anime. Le dieci tracce che compongono l’album de Il Silenzio Delle Vergini ci fanno camminare dentro noi stessi, tra atmosfere oniriche e altre duramente reali, senza mai perdere il contatto con quello che siamo, con il nostro ambiente interiore. Dentro “La chiave di Berenice” cerchiamo e troviamo noi stessi, attraverso il racconto essenziale dei tre musicisti, che attingono dal loro vissuto, così come dall’amato universo dei fumetti, in particolare dei Manga, o dalla storia dell’umanità e dei suoi protagonisti. La traccia di apertura (Martin) è incentrata sul celebre discorso di Martin Luther King, leader del movimento per i diritti civili degli afroamericani e Nobel per la Pace, ucciso a Memphis nel 1968. Un brano che fa già subito capire come questo disco sia profondamente ancorato alla vita reale, alle sue sfaccettature, a tutto ciò con cui conviviamo quotidianamente. Si parla di differenze, di lotta, di malattia, di amore, felicità, violenza, pregiudizi e tutto quello che la nostra interiorità elabora e affronta, cercando di trovare la chiave giusta per riuscire a tirar fuori e liberare le proprie sensazioni. Il concept di quest’album si affida musicalmente a un sound che è un marchio di fabbrica de Il Silenzio Delle Vergini, un rock/new wave privo di orpelli e ricco di sperimentazioni e suggestioni. con rimandi all’alternative e alla psichedelia. Un sound nel quale gli effetti sono ben dosati, la linea è minimalista e intima e accompagna una voce che sembra giungere dalle profondità dell’anima. I testi sono di buona fattura e giocano spesso sulla ripetizione ossessiva, come se i nostri artisti volessero motivare gli altri e al contempo automotivarsi. Quello creato da Il Silenzio Delle Vergini è un disco maturo e complesso, non facile da apprezzare per chi non è abituato al genere, ma molto efficace per chi invece di questo genere è un convinto seguace. Ci sono riferimenti importanti e tanta passione per una musica dai contenuti robusti. La band bergamasca va per la sua strada, continuando a rimanere “fedele alla linea”, lasciandosi apprezzare anche per questo.

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bandiera_italia    SOUND WAVES 'ZINE

Quarto lavoro per il Il Silenzio Delle Vergini, trio formato da Greco Armando (chitarra) Cristina Tirella (basso e voce) e Marco Costaioli (batteria).Un ascolto intenso dove la band, riesce a riprodurre sonorità originali ricche di energia e adrenalina allo stato puro con un tocco personale e particolare che i tre musicisti di chiara estrazione rock sono riusciti a mettere in questo progetto rendono tutto l’insieme estremamente gradevole. Una proposta musicale catalogabile tra le file di un Post Rock strumentale, sulla lunghezza di dieci tracce, che lasciano spazio ad intenti più noise rock e dark wave. Siamo di fronte ad un bel mix di suoni leggeri “Kaori Kosei”, che si vanno ad intrecciare con artefatti più energici “Alba Varden” per citarne alcune, dove si concentra tutta la vena artistica della band. Tutto l’ascolto fila liscio e fluido creando quella giusta atmosfera scura e voluminosa che trascina l’ascoltatore verso dimensioni surreali, grazie anche all’ottimo lavoro vocale di Cristina. Il Silenzio Delle Vergini sono l’ennesima conferma delle mille risorse valide che il nostro panorama underground mette a disposizione e che senza troppi complimenti riusciranno a nostro avviso a farsi spazio senza non troppa fatica.

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bandiera_italia   SOUNDS GOOD WEBZINE

Ad ognuno di noi nella vita è capitato almeno una volta di porsi domande, di raccontare storie a noi stessi sulla natura, l’amicizia, la diversità, il viaggio, l’amore. A ognuno di noi è capitato di subire ingiustizie, di perdere qualcuno, di fare nuove conoscenze e chiederci se fidarci o no. “La chiave di Berenice” vuole trovare la “chiave” per esprimere queste sensazioni. Con questa premessa vogliamo presentarvi “La chiave di Berenice” il quarto album de Il Silenzio Delle Vergini formazione di di Bergamo, un viaggio di dieci brani che raccontano piccole storie di vita quotidiana nelle quali si analizza lo squarcio interiore che c’è all’interno di ogni protagonista. Un album dove in generale si mette in risalto lo spessore tecnico e compositivo della band andando a proporre strutture interessanti che determinano dinamica e corpo. Durante l’ascolto ci possiamo calare con facilità, in un viaggio fluido ed intenso fatto di chitarre aggressive che lasciano spazio ad un sound più melodici, tutto ben amalgamato e con una cura nei dettagli che fanno di questa proposta un progetto originale. Dieci tracce create e messe insieme per non distogliere l’ascolto, ma rimanere incollati alla sedia e godersi ogni singola nota . Non c’è molto da dire , ma solamente elogiare anche il buon lavoro della voce che riesce a tenere alto il ritmo e renderlo ancora più intenso con quei timbri ridondanti che tengono l’ascolto vivo e pulsante. “La chiave di Berenice”, è un prodotto a nostro avviso, di nicchia, interessante, per gli amanti del genere Alternative di quello suonato con cura e passione, tecnico e al cardiopalmo perchè alla fine dei conti anche le cose apparentemente più semplici sono sempre quelle più difficili a fare ed in questo caso le più riuscite.

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bandiera_italia    BLOG DELLA MUSICA

La band Il Silenzio delle Vergini pubblica un nuovo lavoro tramite l’etichetta ferrarese Resisto in collaborazione con i Dischi del Minollo intitolato La Chiave di Berenice un disco che si destreggia tra pop, post rock, atmosfere sognanti, storytelling ossessivi ed un continuo flusso di coscienza che sfiora vette altissime di purezza e bellezza. La band sembra seguire un copione, un unico filo conduttore che unisce tutte le tracce del disco fino a portare l’ascoltatore ad una completa introspezione tra suoni che accarezzano i timpani lasciandoci senza fiato. Ogni brano del disco ha il suo motivo d’essere, il suo “e adesso, cosa accadrà?”, la sua dose di poesia tacita che continua a scavare a fondo ad ogni ascolto, ad ogni traccia, ad ogni cupa sensazione che la band voglia colpire diritta nel profondo, dove i nostri sentimenti vivono e muoiono. Il Silenzio delle Vergini si erge come progetto fuori dagli schemi, che non si pone limiti, che va oltre qualsiasi concezione avessimo di musica per poi ritrovarsi con un sospiro di sollievo, non curanti di ciò che diranno gli ascoltatori e probabilmente neanche curanti del loro successo. La Chiave di Berenice è un disco da collezione, da consigliare a chi cerca qualcosa di diverso che sfugga alle classiche radiofoniche ed alle hit. Se amate sonorità sperimentali dove la recitazione si fonde alla musica ed a tanta altra roba, siete nel posto giusto, diventerete super fan della band ed andrete ad ogni loro concerto, ve lo assicuro. Traccia preferita del disco ovviamente Berenice un piccolo gioiello incastonato tra le varie tracce del disco. Una primavera per l’anima che arriva all’improvviso alla fine dell’inverno devastante, pesante e pieno di paure. Il Silenzio delle Vergini è un progetto che probabilmente troverebbe il proprio spazio in un’altra lingua, altrove, dove certa musica viene apprezzata in particolar modo, a pieno.

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bandiera_italia    TEMPI DISPARI

C’è modo e modo di affrontare le contraddizioni, i meandri più oscuri dell’essere umano e del suo animo. C’è chi urla, chi sussurra, chi lo fa disperandosi, chi con ritmi ultrarallentati. Ma c’è anche chi lo fa con brani synth caratterizzati da basi morbide, languide, sognanti. Sono Il silenzio delle vergini. Il caso è quello del loro primo disco. I nostri trattano di temi piuttosto ‘ingombranti’, importanti non solo per il singolo individuo, ma per l’umanità intera. E i testi sono la chiave di questo lavoro. La base strumentale non fa altro che fungere da levatrice ad una serie di emozioni evocate dalle parole. L’intenzione della band in realtà è delineata fin dal primo brano. Martin. Questo prende il famoso discorso tenuto da Martin Luther King il 28 agosto 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington durante il quale ha utilizzato la frase, poi diventata iconica “i have a dream”. Solo questa intro è sufficiente per far capire dinnanzi a che genere di lavoro ci si trova. Nel senso greco del termine è un lavoro assolutamente politico. Ossia, un disco che prende delle posizioni ben precise. Il silenzio delle vergini non si limitano ad enunciare delle problematiche. Le denunciano, ne sottolineano la pericolosità, ne cercano una soluzione. Le descrivono in maniera intima, personale eppure comune. Soprattutto, tentano di mettere in evidenza le cause. Brani contro i luoghi comuni, contro la violenza sulle donne, contro la differenza di genere, contro la crisi climatica. Un disco giovane, perché sonorità, parole, modalità espressive, sono giovani. Ma in realtà trasversale, senza limiti di età. Anzi. È chiaro come i nostri cerchino di arrivare a più persone possibile. Questo non significa commerciale, banale, semplicistico. Significa testi diretti. Nessun giro di parole. Alle volte crudi, si ascolti Berenice. La voce femminile, il più delle volte, narra, evoca, parla più che cantare. Tuttavia i passaggi dove invece si lascia andare a vocalizzi melodici è sorprendentemente avvolgente, calda. Le basi sono caratterizzate da suoni lunghi, dilatati, space quasi. I synth dominano l’atmosfera generale pur con l’ausilio della chitarra. A volte è usata in pulito, in arpeggio, altre volte in crunch per sfiorare la distorsione piena in odore di post rock. All’interno del disco non ci sono canzoni ‘leggere’, disimpegnate. Quasi a sottolineare un urgenza, una necessità espressiva. La voglia di urlare al mondo di fermarsi. Di non continuare a sbagliare. Di prendere atto di dove siamo per poter evolvere in meglio. Non sono solo le brutture della società contemporanea ad essere sotto i riflettori. Sono anche e, forse più, i modi per superarle. Le canzoni sono racconti, nel senso letterale del termine. Narrazioni che non scaturiscono da momenti di sconforto adolescenziale. Tutt’altro. Parole che emergono ds profonda riflessione, analisi di se stessi e di ciò che ci circonda. Visivamente il disco propone l’immagine di una ragazza ferma in mezzo ad una piazza. La musica scorre. Attorno a lei miriadi di persona passano. Persone di tutti i tipi. In un angolo un gruppo di immigrati, chiacchierano. Più in là un colletto bianco. Appena dietro due donne con buste di marca. La nostra protagonista, con gli auricolari, osserva. Fa un lento giro su se stessa. Le parole delle testi scaturiscono dai soi pensieri. Poco lontano, sulla strada, il traffico dell’ora di punta è paralizzato. Taxi, tram, auto private. Sulle ciclabili uomini in cravatta e caschetto sfrecciano senza ostacoli. O quasi. Semaforo rosso. La nostra volteggia ancora su se stessa. Un cielo azzurro, settembrino, saluta una giornata senza nome. Cartelloni pubblicitari dai toni sessisti troneggiano sullo spiazzo. Giovani che distribuiscono free press allungano l’ennesima copia a persone distratte. Sulla prima pagina, guerra, crisi climatica, mancanza di prospettive. Eppure la nostra ragazza non si ferma. È come se a spingerla fosse la voglia di vivere stessa. Il fatto di girare le dà la possibilità di ritrovarsi. Di capire dov’è. Di capire come le persone che la circondano facciano parte di un immenso tutto di cui non si accorgono. Il suo desiderio è che i suoi pensieri escano dalla sua mente sotto forma di note e vadano per la città. Cercando di risvegliare chi ancora dorme. Tutti i brani, visti in questa ottica, assumono una forma più forte, pregnante, dirompente. In conclusione. Un bel disco davvero quello de Il silenzio delle vergini. Con pacatezza spiattella senza peli sulla lingua la parte peggiore della nostra società. Con altrettanta calma, però, cerca di mostrare delle vie di uscita. Non delle fughe, dei metodi per sistemare le cose. Un disco che di ascolto in ascolto riesce a trasmettere speranza e positività. Proprio grazie ai temi trattati.

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bandiera_italia    ROCKSHOCK

A distanza di tre anni dalla pubblicazione di Fiori Recisi, anticipato dall’uscita dei singoli Alba Varden e Berenice, il collettivo bergamasco Il Silenzio Delle Vergini manda alle stampe il suo quarto lavoro in studio intitolato La Chiave di Berenice, edito per I Dischi Del Minollo e (R)esisto, sotto la guida di Michele Guberti di Massaga Produzioni. Con questo nuovo capitolo autorale, il progetto Il Silenzio Delle Vergini – composto dal fondatore e chitarrista Armando Geco, Cristina Tirella al basso e voce e Marco Castaioli alla batteria – mantiene elevato il tenore qualitativo delle sue composizioni, dando seguito al proprio calligrafismo cantautorale e a quell’amore incondizionato per ogni declinazione e contaminazione espressiva dell’arte, mostrando come la musica riesca ancora a catalizzare l’ampio spettro delle emozioni umane. Un’intesa intima, raffinata e confidenziale che si raccoglie all’interno di uno spazio malinconico, trasognante, evocativo ed arioso dai contorni cinematici alla Adrian Borland (Marguerite, Anastasia), dove traiettorie elettroniche mitteleuropee e certa densità new wave a tinte chiaroscurali (Vincent) si mescolano a quella luccicanza post-rock di rimando Explosions In The Sky, facendo da cornice epidermica al reflusso emotivo del presente e consumandosi attraverso una sentimentale ricerca tra generi e prospettive, tra coordinate sonore eterogenee, vissuto letterario, interpretazione timbrica e passione per la filosofia orientale dei manga (Maetel, Kaori Kosei). Confidando nell’ormai collaudato connubio tra elettronica e rock, Il Silenzio Delle Vergini si proietta verso le connessioni interattive che regolano i rapporti interpersonali della contemporaneità, nel dualismo dei contrasti tra il proprio mondo interiore e il mondo interiore degli altri: microstorie di vita quotidiana fatte di luce e oscurità, di dolcezza e violenza, di fiori recisi che col tempo si sono trasformati in qualcos’altro e per i quali il tempo si veste da elemento riparatore, da antidolorifico passeggero in grado di restaurare le cicatrici del passato, le imperfezioni causate dalle ferite dell’anima, guardando al potenziale inclusivo della diversità come collante fondamentale della bellezza umana. Accordarsi ad altre ritmiche esistenziali, mettendo a nudo gli scombussolamenti derivanti dagli inganni, dalle mancanze, dalle perdite affettive e dai pregiudizi, potrebbe essere il compromesso ideale per rintracciare nuovi stimoli e riscrivere la propria storia. Si riduce verosimilmente a questo il senso della vita e il concept de La Chiave di Berenice: trovare almeno una delle tante chiavi segrete dell’universo – come diceva Guccini – per dare voce alla propria identità, per riconoscere quell’essenziale che è invisibile agli occhi e che spesso si cela dietro maschere pirandelliane, dietro la finzione che siamo costretti a indossare quotidianamente. Dunque, è sempre più difficile mostrarsi per ciò che realmente siamo, così coltiviamo un’immagine (quand’anche più di una) che non ci appartiene, mimetizzandoci dietro la cortina fumogena della retorica, dell’omologazione, dietro frontiere e confini che esistono solo nei nostri blocchi mentali, mentre gradualmente si esauriscono le energie per rimanere ancora umanizzati.

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bandiera_italia    RADIOCOOP

Quarto album per la band bergamasca che si muove su binari che assimilano influenze dark wave, corroborate da un possente impianto ritmico rock ma che non disdegna elementi elettronici e pop. Il cantato è prevalentemente recitato, contribuendo ad arricchire la solennità della proposta. Originale e personale.

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bandiera_italia  ARETUSEA MAGAZINE

Il Silenzio delle Vergini è una di quelle bands che ti dice chiaramente che non è la solita band che potrai ascoltare in un qualsiasi momento. Loro sono diversi, creano atmosfere, armonie (che molto probabilmente attingono ad un post rock alternativo) ed incollano poesia e nostalgia come se piovesse (stile Salt Bae con il suo sale). Il loro ultimo disco ha accompagnato, preso per mano, esaltato stati d’animo, condotto in posti della mente dove un po’ di pace era l’unica cosa che si cercava. Il disco in questione s’intitola “La chiave di Benerice” che ostenta una voglia di diversificarsi, di cambiare, di amare più a fondo il senso della parola, dei testi, delle liriche al limite. “La chiave di Benerice” è un disco che va ben oltre la musica moderna, che attinge un po’ al passato, alla filosofia, alla poesia, al teatro, a tutto ciò che di più umano possa esserci. Un disco da non lasciar sfuggire assolutamente, da prendere al volo, comprare possibilmente, supportare e vivere, così da permettere a musicisti come quelli de Il Silenzio delle Vergini di continuare la propria missione ovvero di spargere bellezza nelle orecchie di chi ascolta, per puro caso, un loro brano. “La Chiave di Benerice” si piazza sicuramente come uno tra gli ascolti più interessanti dell’anno e sicuramente rimarrà nel podio per il valore che rappresenta in sè e per la sua capacità di eludere frasi come “i gusti son soggettivi”. Questo disco ha una bellezza oggettiva e chi lo nega, dovrebbe davvero cambiare qualcosa nel proprio metro di giudizio estetico e non solo. Una bella versione pop-eggiante (ma non troppo) di Offlaga Disco Pax e Massimo Volume, addolciti nella forma ma non nella sostanza. Raccomandatissimi.

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bandiera_italia    DEBASER

Un progetto interessante dentro cui la parola diviene solo corpo narrante e mai (o quasi mai) veicolo di melodia. Uno spoken words particolare che accompagna un tappetto musicale melodico ed armonico.I nove brani de ''La chiave di Berenice“ sono piccole storie di vita letteraria e quotidiana, i personaggi di cui si parla non sono degli eroi e nemmeno degli anti eroi, sono semplici persone chehanno deciso di vivere.La musica unisce e interpreta questo flusso narrante, si passa dalla new wave, all'elettronica al post rock, il tutto è bilanciato abbastanza bene.Credo che sia un disco da valutare ed ascoltare, come un lungo viaggio ad occhi chiusi.

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bandiera_italia    SUFFISSO-CORE

La scena dark italiana si arricchisce di un altro lavoro di assoluto spessore dopo gli ottimi album di Hidden Scars (‘Unsolved’) e La Grazia Obliqua (‘Canzoni d’Amore e Morte e Altri Eventi Accidentali’). Ad immetterlo sul mercato sono i bergamaschi, giunti alla quarta fatica in studio, che si dimostrano molto bravi nel bilanciare influenze darkwave e retaggi noise con un impianto rock robusto e funzionale alla dimensione live. Le registrazioni si sono svolte al Natural Head Quarter di Ferrara, sotto la supervisione di Michele Guberti (di recente a servizio di altre due realtà importanti di casa nostra come The Bankrobber e Zagreb), e mi sento di dissentire con la band che ha dichiarato che Berenice è una donna come tante altre. Non lo è affatto, si tratta di una donna speciale che il trio fondato Armando Greco, chitarrista già attivo nei Lexus, ha saputo descrivere nei minimi particolari, corredando il concept con atmosfere degne di produzioni altisonanti, parti vocali invasive e stacchi ritmici dolorosi come cicatrici. ‘Alba Varden’ e ‘Anastasia’ sono tra i pezzi più incisivi, ma è nella sua compattezza che ‘La Chiave Di Berenice’ riesce ad aprire le porte dei nostri sensi.

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bandiera_italia    MUSIC IN A BOX

“La chiave di Berenice” (2023) è il quarto lavoro in studio de Il Silenzio Delle Vergini, in uscita in coproduzione tra I Dischi Del Minollo e (R)esisto (Audioglobe distribuzione), dopo “Colonne sonore per cyborg senza voce” (2017), “Su rami di diamante” (2018) e “Fiori Recisi” (2020). In questo album ISDV vanno alla scoperta del mondo interiore delle persone. Il lavoro certosino della band, vede come risultato un sound potente e ricco di spunti interessanti che vanno ad evidenziare la vena compositiva della band che unita alla tecnica generano un album dal notevole impatto sonoro.Un sound energico che si alterna a ballate più melodiche che di fatto vanno a generare un andamento altalenante, fatto di momenti light che lasciano spazio a qualcosa di più piacevolmente energico.In questo percorso musicale Il Silenzio Delle Vergini mettono in risalto venature noise che rendono l’atmosfera secca , con un’altrnanza sonoria fatta di suoni più chiari e ridondanti e che riescono in questo modo a dare una spinta più “morbida”.“La chiave di Berenice” è un album particolare dalle molteplici sonorità dove l’intreccio di suoni genera atmosfere ruvide e dalla notevole corporatura, grazie ad una presenza strumentale, che svolge il suo compito alla perfezione regalando un progetto, corposo ed intenso. Un ottimo album per questa band che dimostra maturazione e buona dote tecnica riuscendo a imprimere vibrazioni positive con semplice originalità

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bandiera_italia   FOXY LADY ASCOLTA

La band Il silenzio delle vergini si focalizza soprattutto su un’atmosfera dark e new wave nata dalle varie influenze dei componenti della band. Dal 2016, anno di fondazione del gruppo, ad oggi la band ha pubblicato quattro lavori discografici. Il loro 2023 si apre con l’arrivo del loro nuovo album, La chiave di Berenice. Dieci brani dove il gruppo vuole scavare a fondo in quelle domande che arrivano sempre in un dato periodo della vita dell’essere umano. Dilemmi sulle sfere personali come l’amore, l’amicizia, il viaggio, la diversità. Ma anche spunti di riflessione in quei momenti in cui si subisce un’ingiustizia oppure si è preda dei dubbi sul concedere o no la propria fiducia ad un altro essere umano per paura di subire il dolore del tradimento. La band con questo nuovo disco vuole donare un libro delle istruzioni, una chiave, per poter attraversare questi momenti di grandi domande e dilemmi per ottenere, anche se piccola, una risposta per avere un po’ di tranquillità nel proprio animo.

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bandiera_italia   TRAKS

Il celebre “I have a dream” di Martin Luther King fa da prologo dell’album in Martin. Poi parte una ragionata Kaori Kosei, su tappeto sonoro variegato e ricco di elementi diversi. Molto più inquieta Marcel, che si aggira su oscurità elettroniche, ma lascia spazio anche a qualche apertura melodica improvvisa. Il testo si avvale di ripetizioni a loop, a sottolineare i concetti. Un battito che arriva da lontano caratterizza Alba Varden, singolo che racconta di navigazioni in mari immensi. Si arriva a metà disco con Maetel, che esplora nuovi concetti sonori, per lo più in campo elettronico. Ecco poi Berenice, che si concentra sulle invettive e sulle violenze verbali, spesso mascherate con un presunto amore, che le donne subiscono ogni giorno. Tutt’altro ambito quello in cui si muove Pan, che lascia spazio a sonorità piuttosto morbide e dreamy. Si parla invece di Nosferatu in Vincent, che gioca con atmosfere horror e vintage. Marguerite ha un battito intenso e propone vibrazioni, mentre propone una “felicità delirante”. Incroci di occhi in una Anastasia che chiude il disco in modo molto soft. Il Silenzio delle Vergini arriva a un quarto disco che costruisce sulle certezze sonore. Il recitato, che è utilizzato soprattutto come complemento alle sonorità, risulta però un po’ monocorde, mentre sarebbe stato il caso di avvalersi di qualche colore in più.

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bandiera_italia    THE MUSICWAY MAGAZINE

“La chiave di Berenice”, propone dieci brani: evocativi, puri, onirici, intuitivi e accattivanti. Il disco è avvolto da un possente sound sperimentale, elettronica e atmosfere ambient d’impatto, non guasta nemmeno quel gradevole sentore di rock e noise adoperati con maestria. Questo nuovo lavoro discografico rapisce anche per i testi poetici e al tempo stesso diretti, accompagnati spesso da ritmi spensierati e soavi. “La chiave di Berenice” canta il nostro spaesamento emotivo e socioculturale, Il Silenzio Delle Vergini sono autentici maestri del criticismo sociale in cui siamo immersi, è un album indubbiamente coerente e riuscito. “La chiave di Berenice” e Il Silenzio Delle Vergini, ci regalano un manifesto di quell’identità fatta di sensibilità oseremo dire anche New-Wave, Dark, Post-Rock e dell’abilità nel raccontare il presente con le sue tragiche e spesso ridicole contraddizioni che frequentemente trafiggono il nostro animo. Il Silenzio Delle Vergini vanno anche alla scoperta del mondo interiore delle persone. Ad ognuno di noi nella vita è capitato almeno una volta di porsi domande, di raccontare storie a noi stessi sulla natura, l’amicizia, la diversità, il viaggio, l’amore. A ognuno di noi è capitato di subire ingiustizie, di perdere qualcuno, di fare nuove conoscenze e chiederci se fidarci o no. “La chiave di Berenice”, vuole trovare la “chiave” per esprimere queste sensazioni. Queste dieci canzoni raccontano anche piccole storie di vita quotidiana nelle quali si analizza lo squarcio interiore che c’è all’interno di ogni protagonista. Un altro punto a favore di questo ultimo lavoro e de’ Il Silenzio Delle Vergini, è senza ombra di dubbio anche la brillante capacità di fondere con leggerezza e malinconia ritmi e sonorità quasi ballabili ma sognanti, tanto che riescono a trasportarci in una dimensione amabilmente onirica e fluttuante, ottenendo al tempo stesso una fantastica felicità delirante nei nostri spiriti. Onestamente la band ci ha dato tantissime soddisfazioni anche con questo scintillante lavoro, è quindi con immenso piacere che doniamo ad entrambi la lode incondizionata. Siamo anche certi che non tarderà ad arrivare un riscontro altamente positivo di pubblico e critica, bravissimi!. In definitiva consigliamo questo album superlativo e all’insegna della genialità cantautorale italiana.

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bandiera_italia  CORNER MUSIC 'ZINE

Il lavoro certosino della band, vede come risultato un sound potente e ricco di spunti interessanti che vanno ad evidenziare la vena compositiva della band che unita alla tecnica generano un album dal notevole impatto sonoro. Un sound energico che si alterna a ballate più melodiche che di fatto vanno a generare un andamento altalenante, fatto di momenti light che lasciano spazio a qualcosa di più piacevolmente energico. In questo percorso musicale Il Silenzio Delle Vergini mettono in risalto venature noise che rendono l’atmosfera secca , con un’alternanza sonora fatta di suoni più chiari e ridondanti e che riescono in questo modo a dare una spinta più “morbida”. “La chiave di Berenice” è un album particolare dalle molteplici sonorità dove l’intreccio di suoni genera atmosfere ruvide e dalla notevole corporatura, grazie ad una presenza strumentale, che svolge il suo compito alla perfezione regalando un progetto, corposo ed intenso. Un ottimo album per questa band che dimostra maturazione e buona dote tecnica riuscendo a imprimere vibrazioni positive con semplice originalità

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bandiera_italia    TEMPI DURI

La chiave di Berenice è il nuovo lavoro del Silenzio delle vergini cronologicamente è il quarto lavoro che aggiunge altro materiale oltre a quello già presente. . In questo disco la band si pone domande esistenziali con argomenti che hanno a che fare con momenti di riflessione  personale. E’ un lavoro che si fa  ascoltare con piacere essendo appoggiato da una buona produzione ed in questo senso sembra che  la stessa sia una produzione casalinga dove  l’elettronica la fa da padrone,  Ci sorprende l’inizio del disco con Martin che evidentemente fa riferimento a Martin Luther King attivista nero e difensore dei diritti umani in difesa  della sua gente, del quale hanno inserito il famoso discorso  I have a dream tenutosi il 28 agosto 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington alla fine di una manifestazione per i diritti civili nota come la marcia su Washington per il lavoro e la libertà. In esso esprimeva la speranza che un giorno la popolazione afroamericana avrebbe goduto degli stessi diritti dei bianchi. Il fatto che la band italiana abbia voluto inserire questo discorso nel nuovo disco mi ha fatto venire in mente un’altra band gli Extreme che usò lo stesso discorso in un loro disco Three side of every story. Il fatto diverso è che la band americana per pubblicare quel discorso ha chiesto il permesso dalla famiglia King perché voleva rendersi conto dell’uso che ne sarebbe stato fatto. Mi chiedo se sia stato lo stesso per il silenzio delle vergini. A parte questo particolare non di poco conto il disco affronta tematiche esistenziali ed essenziali alla vita, che vengono snocciolate  nei dieci brani e se leggete la scaletta, i titoli delle canzoni sono tutti nomi di persona questo mi ha fatto pensare che i testi del disco fossero fatti reali accaduti a queste persone che hanno raccontato alla band  la quale poi ha fatto interpretare alla bassista e cantante Cristina Tirella, e quindi potremmo considerare Berenice come una sorta di testimonianza raccontata in musica , ed è forse per questo motivo che le canzoni sono recitate e non cantate.  Malgrado la formazione sia composta da solo tre elementi, il suono merito anche della produzione artistica realizzata della solita coppia Lambertini /Guberti, riesce a coinvolgere l’ascoltatore trasformandolo in protagonista di un viaggio che lo trasporterà in mondi distopicamente moderni anche per l’uso di un’elettronica atta a creare questi mondi, ma che va in aiuto soprattutto della voce filtrata da quello che sembra essere un megafono. Un disco questo Berenice adatto ad airplay maturo e consapevole,che certo non deluderà chi vorrà cimentarsi in questo ascolto, mi permetto in questo caso di consigliare l’uso di una cuffia  per lasciarsi avvolgere da queste atmosfere altrimenti diversamente se fatto con le casse  bisogna alzare  un po il volume. Ma vedrete che in entrambi i casi si rimarrà più che soddisfatti.

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bandiera_italia   UNDERGROUND MUSIC

Trentuno minuti circa di ottimo alt. rock , contaminato da generi musicali come post-rock, la new wave, passando da strutture più noise e stoner. Armando Greco la mente del progetto Il Silenzio Delle Vergini, ha riversato tutto il suo vissuto sia musicale che letterario, nel nuovo album “La chiave di Berenice”, partendo dalle realtà concrete, fino ad arrivare alla forma artistica del disegno giapponese e le trame originali di alcuni manga orientali come “Cyborg 009”. Un sound generale che graffia, che sprigiona energia allo stato puro con quella voce in sottofondo che esalta l’ascolto . Un album originale, autentico in tutte le sue parti cosa che di questi tempi è sempre meno riscontrabile nei lavori che si sfornano. Certo non manca la componente aggressiva che grazie ad un uso energico delle chitarre sul resto degli strumenti riesce a rendere l’ascolto intenso e dal pregevole impatto sonoro. “La chiave di Berenice” si lascia anche a riff più morbidi per una timida componente melodica che conferisce una buona dinamica a tutto l’ascolto. Un disco che più gira e più piace. Piacciono senz’altro i suoni, piace (e non poco) quella voce carica di “pathos rock”, il tiro ci viene insomma scagliato contro con ragguardevole naturalezza, tanto che ci troveremo inconsciamente a richiedere nuovi minuti arrivati alla conclusione. Tutti i brani hanno dell’ottimo potenziale a partire dalla open track anche se è una “semplice” Intro, ma piuttosto che farvi la solita descrizione dei singoli brani , mi piacerebbe rimandarvi all’ascolto di questo “La chiave di Berenice”, l’ennesima perla in questo panorama underground troppo spesso sottovalutato.

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bandiera_italia   AREA ROCK

La quarta prova in studio perIl Silenzio delle Vergini, La Chiave di Berenice,  si distanzia notevolmente dalle precedenti uscite del trio lombardo che ci ha abituato ad un sound più deciso rispetto a questa produzione più concreta concettualmente meno sonoramente. Dieci tracce, attraverso le quali viaggiare nelle storie di personaggi di ogni giorno che vanno sotto il nome dei titoli che definiscono i pezzi messi in questo lavoro. Le sonorità ci mostrano un’altra band, che non corrisponde più a pezzi come 004 (Non ho); qui la musica non appartiene allo shoegaze e il post rock è metafora, ma la contaminazione dell’elettronica e di un indie più lucido e plasmato caratterizza molto l’appartenenza di questo nuovo lavoro. Lodevole è lo sforzo da parte della band di abbandonare i propri canoni abituali per sperimentare nuovi linguaggi, come davvero apprezzabile è il tentativo di testare nuove ricerche sonore aprendosi ad un mondo diverso dall’appartenenza. La Chiave di Berenice è un esperimento che potrebbe continuare se si ha intenzione di raccontare la propria vita e le proprie idee e non quella di altre in cui, non ci si può molto rispecchiare. Nonostante ciò alcune cose si potrebbero salvare come ad esempio Marguerite che si mantiene alternative e Anastasia che ha suoni più fluidi, ma noi non siamo la via, la verità, la luce. Siamo solo chi ascolta e dice la sua, tutto qui.

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bandiera_italia    ROCK IMPRESSIONS

Dopo un silenzio di un paio d’anni torna questa band con il quarto lavoro, un disco maturo e sempre più complesso. La formazione a tre vede l’ingresso di un nuovo batterista, Marco Costaioli, mentre resiste il connubio tra il chitarrista Armando Grego e la bassista Cristina Tirella. Le componenti musicali non sono cambiate, si tratta di un mix di dark wave, psichedelia ed elettronica, i testi sono declamati e sono profondi anche se la ripetizione continua di alcune frasi alla lunga non mi convince. Ma il disco va preso nel suo complesso e presenta una ricerca che esplora sia i suoni che i temi trattati nei testi. La fatica di vivere si cesella in una musica elegante, ma che non disdegna di diventare ruvida. Questo progetto mi ha intrigato fin dal primo ascolto, ne avverto le potenzialità ancora in espansione, ma anche il pericolo di una eccessiva fiducia nei propri mezzi, ora serve fare un passo avanti per evitare labirinti musicali da cui potrebbe essere difficile uscire.

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bandiera_italia    ROCKIT

Quarta prova in studio perIl Silenzio delle Vergini, La Chiave di Berenice si distacca sostanzialmente dalle precedenti uscite del trio lombardo. Dieci tracce, in larga parte intitolate con dei nomi propri, attraverso le quali indagare storie personali, messe in musica e raccontate attraverso testi che si propongono di aprire squarci sulle vicende dei protagonisti dei titoli. Non c’è solo un distacco tematico, tuttavia: anche le sonorità abbandonano in certa misura lo shoegaze e il post rock degli esordi, accogliendo invece contaminazioni dal mondo dell’elettronica e della musica indie, e dove questa commistione funziona al meglio, i Lali Puna sono il primo nome che viene in mente (Marcel). Altrove le atmosfere sono meno facilmente riconducibili a specifici artisti, ma non per questo funzionano meno: Vincent è la colonna sonora mancata di una commedia horror, mentre l’eterea Berenice si cimenta nel tema della violenza verso le donne con tanta grazia quanta crudezza, grazie al bilanciato contrasto tra la sognante parte strumentale e la ferocia delle più tremende e comuni oscenità misogine ripetute nel corso del brano. Purtroppo questo distacco dalle origini non dà sempre gli effetti sperati. In più punti la sensazione è che ISDV abbia dato vita a un disco un po’ indeciso, incapace di scegliere una strada specifica e portarla fino in fondo, ma che si sia piuttosto affacciato frettolosamente su una miriade di porte diverse, senza attraversarne effettivamente nessuna. Il risultato è un album che vorrebbe andare in molte direzioni ma alla fine non riesce a prenderne una ben definita, lasciando l’ascoltatore spaesato riguardo a quale volesse essere il filo rosso dell’album. Se da un lato la decisione di allargare i propri orizzonti è sicuramente lodevole, specialmente in un panorama musicale in cui spesso gli artisti si adagiano sulla riproposizione stantia di pochi elementi a loro congeniali, dall’altro per farla funzionare non basta semplicemente prendere elementi estranei alla propria musica e inserirceli. I pezzi meglio riusciti sono lì a testimoniare che ISDV ha tutte le carte in regola per riuscirci. Non resta loro che replicare quella ricetta su più larga scala.