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press-reviews BIR TAWIL

 

bandiera_italia   RUMORE

Bir Tawil è il chiaro riferimento al quadrilatero di terra tra Egitto e Sudan che nessuno reclama. Suona così il progetto dei due siciliani Carlo H. Natoli (Erri, Gentless3) e Dario De Filippo (Aiora, Le Zouave Jacob) registrato tra Londra e la Francia,ma che guarda ai tribalismi del continente madre, al desert blues, alla tradizione siciliana e alle percussioni primitive arricchite di suoni sintetici e tanti ospiti (Hafid Bidari, Julie Mélina Macaire-Ettabaâ e Baptiste Bouquin). In My Heart As A Crown con Cesare Basile c’è la storica frase “Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale…” pronunciata da Danilo Dolci per inaugurare la prima emittente libera d’Italia, per lanciare l’SOS dopo il terremoto nella Valle del Belice. Musica di confine e di migrazioni per raccontare cosa siamo oggi.

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bandiera_italia   ROCKIT

In Between, lavoro d’esordio del duo Bir Tawil, è un’opera di confine, scomoda, difficile da collocare: sospesa com’è tra nord e sud del mondo, tra tradizione e novità, sembra nata per sfidare le facili e immediate scorciatoie interpretative nelle quali siamo abituati a rifugiarci nella quotidianità. Del resto ogni aspetto di questo neonato progetto si rifà ad una dimensione di mezzo, di frontiera, di sospensione tra diverse realtà senza fare davvero parte di nessuna di esse. I Bir Tawil nascono grazie al re-incontro di Carlo H. Natoli e Dario De Filippo, autodefinitisi musicisti migranti di lungo corso con alle spalle diversi progetti condivisi, e attualmente localizzati rispettivamente a Londra e a Fontainbleu, in Francia. Il titolo dell’album, In Between, tradotto dall’inglese significa “in mezzo”, mentre il nome del gruppo riprende quello del Bir Tawil, una zona desertica posta tra Egitto e Sudan, nonché una delle poche aree del mondo a non essere reclamata da alcuno Stato, costituendo di fatto una vera e propria terra nullius. La Francia, Londra, ma anche le profondità dell’Africa sahariana e le coste della Sicilia: queste sono le diverse anime che permeano il disco, e che concorrono alla fusione di stili e sonorità che si respira fin dal primo minuto. Le strumentazioni e le distorsioni elettroniche europee contaminano ritmiche e atmosfere africane e mediterranee, con un risultato che oscilla tra i C’Mon Tigre (The Chain) e antiche preghiere innalzate tra le dune di sabbia (Season of Men). Il risultato è un ibrido sospeso tra partenza e destinazione, tra passato e futuro, tra dolore e pace, esattamente come le storie di migranti che l’album si propone di raccontare. In Between è un viaggio a piedi nudi tra oasi e metropoli, sotto il sole cocente del Sahara, mentre le cantilene dei Bir Tawil danno il ritmo al passo. Certamente non è un’esperienza adatta a tutti, ma coloro che ritengono di avere lo spirito necessario a compierla ne usciranno senza dubbio arricchiti.

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bandiera_italia    MUSIC MAP

Bir Tawil è il nome del progetto discografico nato dall’incontro fra due musicisti che si sono autodefiniti migranti: Carlo H. Natoli e Dario De Filippo, di stanza rispettivamente a Londra e Fontainebleu, in Francia. Da questo incontro è nato “In Between”, “in mezzo”, un disco che, anche impreziosito dalla presenza di altri musicisti e collaboratori, affronta il tema del viaggio come incontro e scontro e del sogno, nella sua accezione di atto di volontà, progetto, desiderio. “In Between” è un lavoro difficilmente collocabile nel tempo e nello spazio e, per questo motivo, molto affascinante nella sua complessità, che non è pienamente afferrabile con un ascolto, perché gli otto brani si svelano completamente ascolto dopo ascolto. Al suo interno, infatti, ci sono percussioni provenienti dall’Africa subsahariana e dalla Sicilia, strumenti a corda dal Nord Europa, qui elettrificati e distorti: modernità e tradizione che si incontrano, diventando qualcosa di unico e inscindibile, in perenne tensione fra world music, folk mediterraneo e mediorientale, fusion, blues, elettronica, psichedelia e prog-tutto. Se col passare dei minuti “In Between” comincia a mostrarsi come una delle opere firmate da artisti italiani più ambiziose e ispirate del 2022, a fine ascolto si ha la sensazione il percorso sia anche superiore alla somma dei singoli (e bellissimi) episodi

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bandiera_italia   IL BLOG DELL'ALLIGATORE

In Between è uno dei migliori dischi passati qui in palude, per le idee, la forza nel modo di proporle, le suggestioni create da Bir Tawil, ovvero Carlo H. Natoli (ospite in palude nel 2011 con i suoi Gentless3) Dario De Filippo, due siciliani in giro per il mondo. L'ho ascoltato molto, innamorandomi di queste otto canzoni desertiche, internazionali e internazionaliste, dove senti il libero mescolarsi delle culture. Tipo in Season of men, intrecci di chitarre occidentali e del Nordafrica (Hafid Bidari suona il guembri, una particolare chitarra del Maghreb) ritmo arabo, una suggestione che cresce di attimo in attimo. Intrecci anche lingusitici oltre che musicali. Tipo in My heart as a crow, pezzo dolente e utopistico, cantato in diverse lingue (anche italiano, con campionamenti mitici), con la presenza di Cesare Basile all'organo, synth e 'ngoni (altro strumento a corda del nordafrica). Tipo Southern wind, voce suggestiva e incrociarsi di chitarre e chiasso poi un cantato tantrico (altra ospite di confine: Julie Mélina Macaire Ettabaâ). Suggestioni del deserto, che fanno pensare al No Quarter celebre disco di Jimmy Page e Robert Plant, in pezzi come The chain o Between two lands. Psichedelia labirintica in The hanged, pezzo che si dilata nella mente oltre i 3 minuti e rotti della sua durata. Come la foto della copertina, è la catena dell'Atalante in Marocco, ma potrebbe essere la Sicilia o la Sardegna, l'Abruzzo, le canzoni sembrano occidentali, ma anche arabe, e sono solo internazionali. Quando i confini si toccano e spariscono. I Dischi del Minollo, garanzia di qualità!

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bandiera_italia   PROGRESSIVAMENTE BLOG

Uscito nel 2021, In between è il risultato dell’incontro tra Carlo H. Natoli (chitarra e mandola tenore, elettronica, voce) e Dario De Filippo (percussioni), insieme sotto il monicker Bir Tawil (è un'area lungo il confine tra Egitto e Sudan, che non è reclamata da nessuno dei due paesi, in cui vivono meno di mille persone), un ensemble allargato (sono della partita Cesare Basile, Hafid Bidari, Julie Mèlina Macaire-Ettabaȃ e Baptiste Bouquin) che guarda all’Africa e alla Sicilia, tra percussioni, strumenti a corda elettrificati, elettronica, campionamenti, desert rock, folk, blues e world music. La migrazione come risorsa e il racconto di miscrostorie quotidiane forgiano un lavoro di ricerca, in cui la componente etnica si interseca con la cultura europea, una fusione che dà vita ad un percorso di contaminazione avvincente e dal forte impatto culturale. Basile si muove agile tra ‘ngoni (strumento a corde africano), synth e organo nell’ottima My heart as a crown, Bidari presta la sua voce e si dedica al guembri (strumento a corde pizzicate) nell’ipnotica Season of men, perfetta Macaire-Ettabaȃ nella bellissima Southern wind, mentre il clarinetto di Bouquin tratteggia la particolare Lu libbru de li ‘nfami, chiusura di un disco entusiasmante in ogni sua componente.

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bandiera_italia    FOTOGRAFIE ROCK

Partire significa spostarsi, ma significa anche dividersi. Spartire, ripartire. Un pezzo qua e uno là. Un frammento al di qua del confine e uno al di là, oltre. Partire significa includere in sé l’altrove, ma continuare a contenere tutta intera e indivisibile la propria identità. I suoni non hanno confine, non si possono contenere, trattenere. I suoni viaggiano per gioia e per scoperta. Si sovrappongono e stratificano e mescolano, figure e pattern, sfondi e disegni, accidenti e progetti, ritmi e melodie. Non esiste il silenzio in viaggio, perché anche la luce è una frequenza“. Registrato a distanza, tra Londra e Francia, durante il periodo di pandemia del 2020, esce In Between, il nuovo album dei Bir Tawil, progetto condiviso dai due polistrumentisti ragusani Carlo H. Natoli e Dario De Filippo. Dopo aver collaborato più volte in passato, i due musicisti siciliani hanno trovato modo di ricongiungersi sotto una commistione di suoni trasversali e tematiche socialmente critiche nei confronti della politica e delle disuguaglianze, andando controcorrente rispetto al mercato discografico sempre più globalizzato e digitalizzato del presente, dove il senso di appartenenza a una terra si allaccia prevalentemente al sentimento di nostalgia delle proprie origini. Le traversate dei migranti, la stessa Sicilia come terra di transito – spesso identificata nella logica degli stereotipi – e tutti quei confini storicamente non definiti che, a causa delle manipolazioni del colonialismo, vengono considerati, ancora oggi, alla stregua di linee topografiche convenzionali, arbitrarie, semplicemente terre di nessuno. Proprio come il Bir Tawil, area di confine tra Egitto e Sudan. Lande desolate, costituite solamente da sabbia e sassi, come raffigurato nell’artwork; luoghi misteriosi e inesplorati, senza proprietari, senza leggi, e soprattutto senza le ricchezze fisiche che convengono all’interesse del capitalismo. Confini naturali, simboli di trascendenza, che, da un lato, rappresentano un ostacolo per l’evoluzione dell’umanità e dall’altro lasciano intravedere possibili orizzonti di speranza e ripartenza. Una miscela sonora sperimentale, suggestiva ed evocativa, che all’interno delle sue otto tracce combina strumenti etnici a corda ed elettronica d’atmosfera: musica come forma primordiale di comunicazione, come veicolo di emozioni, propedeutico alla riflessione, alla meditazione, ad esaltare il valore inclusivo delle diversità, di tutto ciò che è altrove e ricerca, quale ponte immaginifico fra tradizione europea e polifonia africana. Una sorta di filo conduttore tra spiritualità e fisicità terrena, tra entroterra africano e siciliano, tra musiche del deserto, neo-progressive oscura e interiore, retaggi blues e culture nomadi in grado di arricchire il background isolano dei Bir Tawil e fondersi in un mix fluido e dinamico di stratificazioni ritmiche, di frenetiche improvvisazioni percussivo-tribali e vocalità multietniche che si nutrono di preghiera e trance sciamanica, grazie oltretutto al contributo di performer quali Cesare Basile, Hafid Bidari, Baptiste Bouquin e Julie Melina Macaire-Ettaba. Quello intrapreso da Carlo H. Natoli e Dario De Filippo è un viaggio narrativo che riesce a mettere in evidenza un vasto universo in continua trasformazione, attraverso una full immersion di fragranze inebrianti e percorsi interculturali, di contaminazioni arabeggianti, subsahariane, mediterranee e addirittura funk latinoamericane, finendo per mescolare, gli uni agli altri, linguaggi eterogenei, varianti dialettali siciliane, identità e memoria in un crescendo mistico, ipnotico, litanico e liturgico.

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bandiera_italia    EXIT WELL

Bir Tawil è una terra di nessuno e non sempre ci si deve passare. Di sicuro nessuno la vuole. Metafora questa di un suono e di una scrittura e che non serve portare cultura e sfoggiare ricerca per meritarsi indifferenza… serve molto meno oramai… dentro questo tempo apocalittico in cui tutto è conforme alle regole. Dunque un disco come “In Between” salva la vita dall’appiattimento restituendo l’ennesimo appiglio verso frontiere altre, direzioni altre… altri stimoli che non siano conformi alle regole. “In Between” è l’opera dei Bir Tawill, firmata dal duo Carlo H. Natoli (Erri, Gentless3, Skrunch, Blessed Child Opera etc.) e Dario De Filippo (Aiora, Le zouave Jacob, Collectif La Boheme, Guappecarto’, Skrunch etc.). E poi le featuring di Cesare Basile, Hafid Bidari (Bania, Orchestre National de Barbès,), Julie Mélina Macaire-Ettabaâ (Làk) e Baptiste Bouquin (Surnatural Orchestra). “In Between” ha l’unica ragione dell’esistenza. Disco di non conformismo e di minoritarie ragioni ugualmente concrete. Anzi libere. Anzi reali. Dalla Sicilia passando per l’Africa, ascoltandolo, si arriva anche dentro la grande metropoli europea.

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bandiera_italia    MEI WEB

Raccontare questo straordinario progetto è cosa impossibile, anzi decisamente vietata se volessimo sposare quel concetto di contaminazione umana, spirituale, liturgica a suo modo che ognuno avrà il diritto di costruirsi dopo l’ascolto meditativo di un disco come “In Between”, opera a firma dei Bir Tawil (moniker che celebra quella famosa terra di nessuno e che nessuno reclama). Un duo apolide nell’anima e nel pensiero del suono, formato da Carlo H. Natoli e Dario De Filippo che intersecano a se un post rock dalle trame sonore che pescano dall’uomo e dalla terra, dall’Africa subsahariana e dalla Sicilia, dalle distorsioni nord-europee all’America urbana e metropolitana. E poi un docufilm ad arricchire il tutto a firma di Giuseppe Firrincieli e Alessandro De Filippo. Un disco importante per restituire voce a tutti quei pensieri e a quelle anime che vivono il confine, l’esclusione dal sistema omologato perché raminghi, apolidi appunto. La musica può e deve indagare sempre invece che intrattenere per la comoda riuscita dell’industria. Ed è altrettanto prezioso e salvifico incontrare nel disco amici di una musica libera come Cesare Basile, Hafid Bidari (Bania, Orchestre National de Barbès,), Julie Mélina Macaire-Ettabaâ (Làk) e Baptiste Bouquin (Surnatural Orchestra).

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bandiera_italia   FOXY LADY ASCOLTA

Il progetto Bir Tawil è stata una scoperta molto interessante nel mio girovagare nei meandri della musica di nicchia. Un’ondata di sonorità che trasportano l’ascoltatore in un mondo lontano dalla propria quotidianità. Il 2022 è l’anno del loro primo lavoro discografico, In Between. Otto brani in cui regna la musica per banditi o per sognatori incalliti. Canzoni per quel genere di persone che hanno un sogno incastrato nella testa con radici così forti che è impossibile da toglierlo con altro. Lo stile musicale dei due musicisti migranti unisce diversi luoghi del pianeta Terra. Africa, la Sicilia e Nord Europa sono le mete per far viaggiare chiunque senza limiti avendo come biglietto solamente due cuffie. Quei mondi lontani da noi vengono rappresentati grazie alle sonorità date da strumenti a corda, percussioni uniti all’elettronica analogica. L’incontro tra il mondo dell’umano e della macchina dà vita ad un nuovo genere musicale in cui il blues e la tecnologia fanno da padrone per regalare nuove emozioni all’ascoltatore che non ha paura delle novità. Africa e Europa si fondono per dimostrare che nella musica non esistono confini. Partendo dall’arte si può arrivare ad accettare l’altro anche se all’apparenza è totalmente lontano dalle nostre abitudini quotidiane. La musica dei banditi diventa un manifesto per rappresentare il fenomeno della migrazione dei popoli. Questa non deve essere necessariamente essere visto come qualcosa di negativo. La contaminazione tra diversi generi e mondi musicali è un quadro perfetto di come la musica sia capace di unire le persone a prescindere dalla loro provenienza geografica.

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bandiera_italia    SUONO IBRIDO

Cosa succede se i suoni dell’Africa subsahariana e i ritmi mediterranei della Sicilia si incontrano, unendosi in matrimonio con arpeggi distorti provenienti dalle fredde foreste nordeuropee? Cosa ci si può aspettare se a questo matrimonio presenziano anche campionatori analogici e non, distruttori delle forme d’onda per distorcere ciò che potrebbe risultare troppo amichevole alle orecchie? Succede che nasce una famiglia sconfinata dal nome Bir Tawil e una colonna sonora che ti travolge dentro come un treno che spacca a metà il corpo e la mente, separando nettamente razionale e irrazionale, reale e paranoico. Benvenuto nel mondo di In Between. Amico mio, qui la Scimmia Verde si sta facendo un viaggio in una danza blues quasi diabolica, un sabba di accordi, riverberi profondi quanto le turbe umane e voci amalgamate in una pasta sonora che ricopre ogni millimetro di pelle dell’ascoltatore, isolandolo completamente dal mondo esterno; un percorso ricco di atmosfere ed echi lontani che strattonano ogni minimo pensiero che provo a formare. Queste musiche ti si muovono dentro, migrano, tra i vari stadi di coscienza, perforando ogni credenza “canonica” musicale. Questo non è un disco, è una carovana di banditi, di minoranze che, a mano a mano che si sposta, si carica addosso le esperienze e le emozioni di chi, come il sottoscritto, è scaraventato in questa dimensione indecifrabile. Otto tracce che compongono un disco-viaggio, a tratti onirico e a tratti aggrappato alla realtà, come il dolore delle vesciche delle mani di un lavoratore segnate dalla fatica, di schiene tanto forti quanto danneggiate; sembrano essere le otto fermate di un furgone carico di manovalanza sognante, persone troppo strette in realtà talvolta troppo crude e brutali. Qui dentro c’è l’Oriente, la polvere, sogni di un futuro e ricordi di un passato: “Where are we going? Coming from nothing” cantano le liriche stanche di Between two lands: canti dal vago sapore di un anziano Johnny Cash che fa i conti con le sue Ferite. Canzoni che rendono giustizia all’essere umano, al mondo e agli ambienti che lo circondano. Ho un finestrino al mio fianco, nel quale vedo scorrere tutti i dubbi della mia persona, ma non ho paura, perché vivo l’intenso abbraccio estremamente caldo di una raccolta di opere che dovremmo “utilizzare” al bisogno, ovvero sempre. Qui dentro c’è il mondo. Ma quale mondo, che dico! Otto mondi interdipendenti tra loro che mercanteggiano tra una melodia arabeggiante scagliata nel mondo da Hafid Bidari e una voce satura un po’ dirty blues, mischiate al ritmo ossessivo dell’arpeggio martellante di Season of men. Sono suoni accoglienti, che si ripetono come un mantra, sono canzoni che mancano, a mio avviso, che ce ne dovrebbero essere di più per farci bene all’anima. Ma forse va bene che siano rare, come tutte le cose di valore, quasi sacre. La mescolanza sonora, di provenienze e strumenti distantissimi tra loro che si corteggiano per tutta la durata dell’album, è arricchita dalle collaborazioni al suo interno: Cesare Basile in My heart as crown, Hafid Bidari (Bania, Orchestre National de Barbès,) nella già citata Season on men, Julie Mélina Macaire-Ettabaâ (Làk) in Southern wind e Baptiste Bouquin (Surnatural Orchestra) nella traccia che chiude l’album, Lu libbru di li ‘nfami. Un disco che sazia, lascia un senso di completezza veramente raro da incontrare, è antico, ma non puzza di vecchio. È moderno, ma non futurista. Un’Opera poliglotta e multiculturale, ricca di differenze, usanze, tradizioni e suoni lontanissimi che si rendono estremamente ricchi l’un l’altro. Ora, la Scimmia Verde si ritira a un riascolto del disco, perché c’è un viaggio di ritorno da fare.

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bandiera_italia  RADIOCOOP

Incontro tra due musicisti migranti, Carlo H. Natoli (Erri, Gentless3, Skrunch, Blessed Child Opera etc.) e Dario De Filippo (Aiora, Le zouave Jacob, Collectif La Boheme, Guappecarto’, Skrunch etc.) e una serie di ospiti, Cesare Basile, Hafid Bidari (Bania, Orchestre National de Barbès,), Julie Mélina Macaire-Ettabaâ (Làk) e Baptiste Bouquin (Surnatural Orchestra). Il risultato è un fascinoso melting pot sonoro che attinge tanto dal folk mediterraneo come dal desert rock subsahariano, inserendo anche elettronica, ritmi ipnotici e mille altre influenze e suggestioni. Un lavoro tanto complesso quanto intrigante.

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bandiera_italia  TUTTO ROCK

Disco sorprendente per le influenze, le commistioni, la capacità di cogliere le contaminazioni più particolari e fonderle tutte assieme. Suoni tribali di matrice africana incontrano corde nordiche e si dirigono verso le migrazioni siciliane, il risultato è un complesso di suoni che conquistano e si rivelano interessanti, con tanti angoli nascosti da scoprire. Album sicuramente degno del tempo impiegato nell’ascolto e che va ad aprire nuovi orizzonti musicali.

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bandiera_italia    SYSTEM FAILURE

L’opener del disco è “As fire as well”. Subito siamo introdotti a questo sound etnico tanto convulsivo e travolgente. Le percussioni giocano una parte fondamentale come pure l’elettronica: sembra di ascoltare un “downtempo etnico” se posso azzardare. Tanto evocativo il cantato nelle diverse istanze presenti nella canzone. Segue “The chain” e questo refrain di chitarra in sottofondo sembra un sussurro sonoro. Gli inserti electro completano il sound e lo rendono più corposo, un qualcosa di sperimentale, chill out ed ambient allo stesso tempo. Inebrianti le frequenze basse che fungono da architettura portante per gran parte. Mi piace un sacco il modo in cui si fondono le percussioni “reali” e l’elettronica: sembra un amplesso sonoro, mi fa pensare ad un Motel Connection in versione tribale, aulica, tanto sperimentale…. Ecco “Southern wind” dove abbiamo Julie Mélina Macaire-Ettabaâ alla voce come ospite. Qui il sound diventa tanto orientaleggiante ma sempre nel solco delle precedenti, ossia tanto onirico, mentale. Riguardo il canto Carlo H. Natoli è uno dei punti di forza di questa formazione di certo non consueta ed adatta per teatri, musica da camera ed altri contesti che richiedono un certo focus da parte dell’ascoltatore. Segue “Between two lands” con queste percussioni profonde di Dario De Filippo e refrain tanto ipnotici. Questo pezzo, per alcune sonorità, mi risulta tanto psych. In questo duo tanta cura per il songwriting, maniacale direi. Il disco è stato missato e masterizzato da Carlo H. Natoli al RoofTop Studio (Londra): direi che è stato fatto un lavoro eccelso e opportuno per questo tipo di musica adatta un pubblico di nicchia ma che pure un ascoltatore “distratto” può apprezzare perché estremamente coinvolgente. Perché? Il “battito della terra”, i suoni tribali, in tempi antichi facevano vibrare le anime umane quindi questa musica electro-tribale può essere ascoltata da chiunque…sono suoni che sono dentro di noi…non li possiamo cancellare… Siamo arrivati a “Season of men” con questo arpeggio e suono atmosferico di fondo…Hafid Bidari è voce e guembri in questo pezzo. Una canzone ipnotica e toccante grazie a questi fraseggi e percussioni “insistenti”. La musica di BIR TAWIL è adatta anche per una colonna sonora cinematografica…per il suo carattere viaggiante tanto pronunciato…musica per viaggi e visioni….questo è lo slogan per presentare la musica di questa band… “The hanged” propone ancora un refrain ripetitivo con voce di accompagnamento del solito Carlo H. Natoli, tanto carismatico e penetrante. I versi ripetuti contribuiscono a stordire l’ascoltatore oltre la musica…l’elettronica completa il tutto per un pezzo che è una perla di questo disco….Cesare Basile è ‘ngoni, synth e organo in “My heart as a crown”, un altro pezzo sfavillante che mi ha provocato un’emozione indicibile, anche esso tanto etnico per via del ‘ngoni. Lo ‘ngoni per come è suonato sembra un synth…Baptiste Bouquin è clarinetto in “Lu libbru di li ‘nfami”, ultimo pezzo della serie. Qui si trasale letteralmente. I suoni ti creano come una sorta di vuoto in petto. Grande uso dell’effettistica: come non notarlo. I refrain scelti sono sempre tanto indovinati… Musica per esotismo spaziale e temporale quella dei BIR TAWIL, musica ancestrale in un mondo iperattivo, super veloce e dedito all’hype. Vale la pena farla? E come no….Bisogna solo scappare da questo mondo folle e collassato, il mondo che noi ci siamo scelti grazie al trionfo della tecnologia e dell’individualismo, grazie alla caduta delle ideologie. Non si può tornare indietro, non si possono negare individualismo e tecnologia ma si può recuperare una dimensione spirituale perduta, una perdita di spessore artistico ed intellettuale in una società di naufragio dei valori. BIR TAWIL aiuta a fare questo, aiuta a recuperare una dimensione spirituale perduta con suoni solo apparentemente essenziali, tanto ben congegnati, strutturati….

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bandiera_italia   SOUNDWAVESZINE

Percussioni del’Africa subsahariana e siciliana si scontrano con strumenti a corda del Nord Europa elettrificati e distorti, infettando di elettronica analogica e campionamenti di ricerca antropologica la ricerca di una sintesi tra musiche del deserto ed antropizzazione tecnologia, blues e tamburi a cornice, sintesi granulare e voci distorte, oltre I confini geografici della fortezza Europa, nel racconto della migrazione come risorsa e di microstorie quotidiane.
Tutto questo non è fantascienza ma è il semplice risultato di quello che potrete ascoltare nel nuovo album dei Bir Tawil duo musicale composto da Carlo Natoli e Dario De Filippo, dal titolo “In Between”. Con questo primo lavoro ufficiale la band si diverte a osare, provocare, a sperimentare sonorità che non badano troppo al commerciale ma piuttosto puntano l’attenzione a colpire l’anima dell’ascoltatore per riuscire a farlo sognare e navigare con la mente e con la fantasia. Un ascolto intenso, dove vengono coinvolti gli strumenti più classici dalla chitarra alla batteria al basso, ben sostenuti da suoni più ricercati e scelti con cura. Con questo bel miscuglio di sonorità ben calibrate tra loro, con soluzioni mai banali e tanto ben congegnate, Bir Tawil, risulta a dir poco formidabile. “In Between” è davvero tanto scorrevole nell’ascolto grazie pure a tante variazioni che lo rendono interessante e mai noioso. I percorsi essenziali dei generi coinvolti in questo progetto sono rispettati con qualche divagazione che arricchisce il tutto. Alzate il volume allora mentre lo ascoltate per non perdervi nessuna sfumatura del sound variegato!?!

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bandiera_italia    CORNER MUSIC 'ZINE

Dietro il nuovo album dei Bir Tawil, progetto creato da Carlo Natoli e Dario De Filippo, dal titolo “In Between”, si celano una serie di generi musicali che il duo è riuscito a mettere insieme creando un sound generale energico e vivo. Riff d’atmosfera per l’opener “As fire As well”, dove in maniera timida si fondono sonorità tra il rock e , e Percussioni del’Africa subsahariana. Un ritmo che ha la capacità di prenderti per mano e ti porta verso dimensioni surreali. Una parte centrale intensa e ricca di spunti originali grazie anche ad una cura attenta dei dettagli che fanno di questo nuovo lavoro qualcosa di più unico che raro. “In Between” si chiude con una ballata che conferma le buone potenzialità dei Bir Tawil. Stiamo parlando di “Lu libbro di li Infami”, bella , atmosferica, piena di carattere e carisma. Il songwriting è eccezionale e l’appeal di certo non manca in questo progetto dove si propone un sound generale “scostumato” e “borderline”. Da annoverare la capacità di scrittura, quindi, notevole come notevole è la tecnica messa in campo. Molto buona pure la produzione sonora e il mixing, che regalano al pubblico un album corposo e robusto.

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bandiera_italia   MUSIC IN A BOX

Registrato durante il corso del 2020 tra Londra e la Francia, “In between” e’ il risultato del ri-incontro tra due musicisti migranti, Carlo H. Natoli (Erri, Gentless3, Skrunch, Blessed Child Opera etc.) e Dario De Filippo (Aiora, Le zouave Jacob, Collectif La Boheme, Guappecarto’, Skrunch etc.) da anni su palchi e in progetti condivisi e adesso di stanza rispettivamente a Londra e Fontainbleu. Missato e masterizzato al RoofTop Studio (London) da Carlo H. Natoli con la grafica e le foto di Lavinia Cascone, il disco si affianca ai testi di Alessandro De Filippo (Canecapovolto) e al lavoro in video di Giuseppe Firrincieli, tra documentario sulle terre di confine, le migrazioni e una poetica critica sociale. Un concentrato di suoni rock che vengono plasmati e invigoriti da atmosfere più graffianti riconducibili a un ambient/rock di quello suonato bene. Un album alla fine dei conti, strumento di goduria per chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo e per quelli che dopo questa recensione vorranno farselo suo (visto che è disponibile in digitale ). I Bir Tawil sono riusciti a sfornare un lavoro maturo , completo, dove il sound è finemente elaborato ed plasmato osando il mondo delle percussioni etniche e ambient. Giusta potenza, giuste dinamiche, originali quanto bastano, con una cura particolare dei dettagli che hanno come fine il risultato di qualcosa che lascerà il segno, sia dal punto di vista artistico e musicale. Semplice, che trasmette sensazioni davvero positive, e che sancisce di fatto la riuscita di questa proposta che per noi vince e convince. Otto brani impeccabili che impattano nell’animo con carattere e personalità.

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bandiera_italia  UNDERGROUND MUSIC

I Bir Tawil nello specifico Carlo Natoli e Dario De Filippo, sanno bene cosa voglia dire portare un po’ di sana sperimentazione adrenalinica in una scena musicale che spesso si riempie di band che hanno tutto, ma a cui manca la semplicità e la capacità di far divertire con dei buoni brani! Ecco, la prima qualità che hanno questi due artista è proprio il saper scrivere belle canzoni, semplici e dirette, dove ritmo e grinta solo le due caratteristiche principali di questo album. Otto tracce dove si propone musica di nicchia per veri intenditori. Probabilmente non scriveranno mai un vero e proprio capolavoro, ma sono sicuro che lavori del genere siano utilissimi a risollevare il morale. L’unica nota triste di tutto questo lavoro, è che “In Between” è come un assaggio e non un vero e proprio pasto, perchè quando ascolti questi lavori ne vorresti ancora e poi ancora. Per adesso mettiamo da parte questo bel disco e ascoltiamocelo, non è poco!

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bandiera_italia    SOUNDS GOOD WEBZINE

Cosa succede se il rock incontra sperimentazione e suoni ambient? La risposta sta nella musica nata dal ri-incontro tra due musicisti migranti, Carlo H. Natoli (Erri, Gentless3, Skrunch, Blessed Child Opera etc.) e Dario De Filippo (Aiora, Le zouave Jacob, Collectif La Boheme, Guappecarto’, Skrunch etc.) “In Between”, l’album che il duo dei Bir Tawil pubblica, punta tutto su strutture dei brani per niente complicate, ma che anzi, sembra voler fare solo del sano rock senza tanti altri “intrusi”, e lo fa nel miglior modo possibile, aggiungendo un pizzico di sperimentazione che non guasta mai. Il disco infatti non ha brani sottotono, ma presenta, nonostante l’estrema omogeneità della proposta, delle tracce dove si corre veloci e altri dove si rallenta il ritmo e si cerca di dire qualcosa in modo non troppo irruento, quindi preparatevi ad un buon 70% di musica qui contenuta senza fronzoli, ma anche a qualche altro brano più riflessivo e dove la melodia sembra essere più presente. Azzeccatissima a mio avviso è la scelta di adottare dei suoni corposi e potenti, in quanto grazie a questa scelta, le otto tracce acquistano dinamica ed efficacia, e risultano belli “carichi”. Se amate questo genere di lavori non potete ignorare “In Between”, un album che vi farà viaggiare verso dimensioni intense, con la voglia di non fermarsi mai.

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   INFO MUSIC

On dit que l’histoire des peuples du monde est un migrant qui voyage en quête d’une terre promise.Il faut toujours se rappelez d’où on vient pour savoir où l’on va…En réalité il n’y a pas de frontière avec l’humain nous sommes tous issue de ici et là bas…Et entre le ciel et le désert qu’est ce qui pousse l’humain à avancer ? Bir Tawil est un témoignage d’humanité avec leur album Between. Un mélange de percussion et d’instruments venue du Nord de l’Europe sous un fond sonore électrique.Cette poésie musicale nous inspire par son étrange mixité.Sans plus attendre, plongez dans l’univers alternative folk rock de Bir Tawil , grâce à leur album intitulé Between.   N’hésitez pas à revenir pour une actualité plus fraîche concernant Bir Tawil qui s’installe comme une valeur sûre de notre répertoire alternative folk rock. L’album est disponible sur toutes les plateformes de téléchargement légales. Écouter l album ”Between”  en cliquant sur le bouton “Play” ci-dessus.

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   INDIE DOCK MUSIC BLOG

UK/French based duo Bir Tawil presented their debut album 'In Between' on April 22. The record includes 8 tracks created in folk and world styles with a touch of archaic blues and psychedelia. This work attracts the attention of all lovers of serious music and those who are looking for elements of experimentation and novelty in the art of music. The track 'As fire as well' is based on exotic percussion and deep vocal verses. Harmony of the song keeps its melancholic monologue creating beautiful forms in a minimalist presentation.  Song 'The chain' sounds like acoustic folk rock that delivers its wings and grows into a big and bright composition. The track 'The hanged' has a mathematical structure that conveys interesting musical images and percussion and plucked stringed instruments unlock the atmosphere around the hypnotic vocals. 

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   DIVIDE AND CONQUER
 
Bir Tawil is a duo project by two Sicilian musicians, both emigrated and living abroad (UK and France) for decades. Carlo and Dario used to play together in several bands and projects while living in Italy (most notably in the jazz-core ensemble Skrunch) and they've been in constant touch during the last years. They reconnected at a small house in Brittany, a couple of years ago, while on a joint family holiday, and used the attic to lay down the foundations of Bir Tawil in sound and ideas. These ideas would become In Between. Bir Tawil’s musicality came from a meeting between percussion from the desert (Calabash and Shekere) and from the Sicilian islands vs. stringed instruments from Northern Europe (tenor guitar and mandola), filtered by a dirty electric and live electronic approach. They explain, “The lyrics are deeply carved from stories lived and experienced as Sicilians on the island, witnesses of a 25 years long tragedy, made of migrations waves and shipwrecks on the coasts, and the personal stories as migrants themselves, as a political stance.” The album starts with “As fire as well” and I was immediately intrigued by the percussion. There’s a lot of it and it was done in a tasteful way. There’s guitar work which helps elevate the vocal melodies. The tone of the song feels almost tribal and I loved the breakdown that happens a little before the two-minute mark. It felt like a cathartic song by the time you got to the end. Great opener. “The chain” contains hypnotic and meditative guitar melodies with an undercurrent of tom and tribal drums. The song gets fuzzy and psychedelic sounding as more percussion instruments come in along with ghostly vocals and pads. I loved the energy of this song which dispels demons from your soul. “Southern wind” is next and begins with a guitar picking patterns and more fantastic percussive elements. The vocals are almost spoken here and felt like a stream of consciousness. I felt like I was in a desert on this song and as it progresses it gets more intense. The vocalist hits a different octave and the song then goes in a section with a female singer which I thought sounded great. “Between two lands” was great as well. The music is so cinematic and vast at points. I loved how they implemented background vocals which make it feel like it’s coming from a cosmic arena. “Season of men” and “the hanged'' continue to establish their unique sound. “My heart as a crown” is quite beautiful with pensive vocals and more hypnotic qualities. “Lu libbru di li 'nfami” is the closer and might be the most energetic song. The percussion was amazing on this song. This was such a cool album from beginning to end. They do a great job creating a very cohesive quality but also are able to show different sides to their sound. Recommended.