Articoli

press-reviews CLOV

 

bandiera_italia   BLOW UP

Piero Prudenzano, sperimentatore manipolatore di suoni ma anche cantautore lo-fi : a questo suo terzo album si addice soprattutto quest'ultima qualifica, che tuttavia non esclude le altre. Il disco si basa sull'osservazione di una relazione amorosa, dall'inizio alla fine. "The sound of our first meeting" e "The sound of our last meeting" ne delimitano temporalmente le fasi (in maniera ambientale). Lo stadio dell'euforia è ben rappresentato dal duetto garage - psych grungizzato di "We have everything / nothing" per poi arrivare al declino con il tenebroso croon coheiano di "Short story about dead". Clov in linea di massima ha comunque a che fare con un tipo di canzone folk dalla chiave intimistica, dilatata e vagamente psichedelica : la sua scrittura è semplice ma non convenzionale, a tratti sfasata (vedi la synth ballad "All trough the house", scoposta dall'ingresso del sassofono). Siamo tra frammentarietà e intuizione, nella tradizione di questo tipo di produzioni casalinghe.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - –

bandiera_italia   ROCKIT

Every Love Story Is A Death Story è il titolo del terzo lavoro discografico di Clov, progetto solista di Piero Prudenzano, musicista sperimentale e manipolatore di suoni da sempre alla ricerca di nuove soluzioni "soniche". Il disco, registrato interamente in casa e in uscita per l'etichetta I Dischi del Minollo e Hysm Records, è un concept album di nove tracce che provano a ricostruire le tappe di una relazione amorosa: l'attrazione fisica, l'innamoramento, la disillusione, la fine. Una lenta e angosciante discesa verso il dolore, costellata di suoni e rumori, imperfezioni e difetti. Gli stessi difetti li ritroviamo all'interno di un disco che fa dell'imperfetto il suo mantra sonoro, con una ricerca continua del disturbo che si spalma costantemente in tutti i brani: si passa dalle atmosfere vagamente dark dell'iniziale "The sound of our first meet" al rock grezzo in stile Bowie di "We Have Everything/Nothing", prima di deliziarci con la ballad "Cats" e il folk disturbante di "Short Story About Love". Un calderone di generi rivisti, maltrattati, bistrattati e per questo assolutamente in linea con l'idea centrale dell'artista. Clov ci porta in un mondo in cui gli opposti si attraggono e poi si distruggono, ci propone una serie di tesi puntalmente smentite e mette le sue canzoni una contro l'altra, arrivando a delineare un quadro concettuale e sonoro difficilmente collocabile in un genere preciso. Every Love Story Is A Death Story è un album rock, folk, dark, punk, noise, elettronico, d'autore. Insomma è un'opera figlia dei nostri tempi, ricca di contraddizioni e ambivalenze, esattamente come l'amore in tutte le sue forme più vere.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - –

bandiera_italia  ONDA ROCK

Un disco di poco più di trentacinque minuti che racconta la vita di una storia d’amore, dallo sbocciare della passione e dell’affetto sino al loro appassire dovuto alla monotonia del quotidiano, e lo fa utilizzando la forma canzone: "C’è qualcosa di più banale nel 2022 ?", direte voi. La risposta vi sorprenderà, perché un musicista come Piero Prudenzano la banalità non sa nemmeno cosa sia. Clov è il progetto solista che il polistrumentista coltiva ormai da diversi anni e arriva oggi al suo terzo capitolo, “Every Love Story Is A Death Story”, un disco in cui quella forma canzone cui si accennava poco fa è presa e rimodellata continuamente, in maniera altamente eterogenea, grazie alla grande abilità di manipolatore sonoro che già si era potuta ammirare nei due precedenti lavori, totalmente volti alla sperimentazione psichedelica e ambientale più spinta. È così che il nuovo lavoro di Clov sorprende continuamente lungo i suoi nove brani, centrifugando con classe e naturalezza l’indie rock più moderno con il rock di matrice sessantiana, come nella tirata “We Have Everything/Nothing”, ma anche ballate psichedeliche di matrice 90s come “Cats” che rivela un coda dall’enfasi post-rock, matrice rilevata nell’animo più profondo di molti brani qui presenti, e altre che vedono la psichedelia distendersi su tappetti elettronici, ora arricchiti da fiati sibilanti (“All Through The House”), ora da archi misteriosi (“Short Story About Dead”) e spesso permeate da sensazioni oscure e gotiche (“The Sound Of Our First Meeting”).Tutto l’armamentario sonico messo in luce da Clov nel suo passato è ora posto al servizio di una scrittura agile e convincente, anche per quanto riguarda i testi, ma non è tutto, in quanto il nostro decide qui di mostrare anche la sua vena folk più genuina, per quanto costantemente contaminata.È così che nascono pezzi come “Short Story About Love”, che si distingue per l’uso della melodica e per il duetto con Marianna Calabrese, la quale impreziosisce anche altri passaggi dell’Lp, l’incisiva “Monster”, dal sapore vagamente Bright Eyes, e la breve “The Ballad Of A Running-Man", che vira quasi al country e ha il pregio di farci accorgere del tutto di che bellissima vocalità sfoggi Prudenzano durante tutto il disco. Clov riesce quindi a dar vita a un lavoro che trova nella varietà, negli arrangiamenti e nell’attenzione ai dettagli la sua forza, esattamente gli stessi elementi che servono a coltivare una relazione e che, alla fine dei conti, non sono mai così banali.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - –

bandiera_italia    INDIEPERCUI

Puzzle magmatico e mai circoscritto che intesse trame sostanziali che accomunano il nostro stare al mondo con la manipolazione simultanea di musica, oggetti, suoni per un risultato d’insieme a tratti eccitante. Il disco di Clov, all’anagrafe Piero Prudenzano, ha il profumo della psichedelia lo-fi che costringe l’ascoltatore ad entrare all’interno di un labirinto di coscienza che come flusso si fa storia regalando emozioni ascolto su ascolto. Every love story is a death story parla di amore e di morte. Parla delle innumerevoli possibilità che riserva la vita e inevitabilmente racconta di circostanze e azioni, racconta di quel tempo che abbiamo perso e di tutto quel tempo che abbiamo guadagnato vivendo la nostra realtà e attraversando le peripezie dell’amore. Clov fa un affresco strampalato di tutto questo creando un insieme di tracce compositivo e a tratti altamente corrosivo.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - –

bandiera_italia   PROGRESSIVAMENTE BLOG

Terzo disco per Piero Prudenzano e il suo progetto Clov, che con Every love story is a death story si cala all’interno di un concept sull’evoluzione dei sentimenti e il senso di perdita causato dalla fine di una relazione. Interamente registrato in casa, il disco si caratterizza per un evidente approccio lo-fi, con chitarre che sanno essere ora distorte, ora più pulite e synth che fanno da tappeto alle evoluzioni pop e folk di un racconto che diviene progressivamente claustrofobico e oscuro. La voce di Ramona Ruggeri apre The sound of our first meeting, momento idilliaco che prosegue con We have everything/nothing, che vede la presenza di Marianna Calabrese (voce) e di Luciano Pirulli (batteria). Un inizio corposo che prosegue con Cats (stavolta alla batteria c’è Jacopo Fiore) e Short story about love, ben interpretata ancora dalla Calabrese. Appare evidente come Prudenzano abbia scelto la via della collaborazione per creare un percorso dove l’unità dell’insieme finisce per fare la differenza, perché ogni ospite ha apportato un contributo significativo seppur sotto la guida di Piero, curioso generatore di suoni sin dall’esordio del 2009. Ne sono ulteriore esempio il sax di Chiara Archetti, che fa bella mostra in All through the house e i violini di Silvia Natali e Justin Viorel in Short story about dead, mentre The sound of our last meeting è il finale che celebra l’inevitabile dolore del distacco.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - –

bandiera_italia   HUMUS

L’amore è un’ epopea meravigliosa che ci coinvolge tutti nella bellezza e nella bruttezza. Piero Prudenzano, in arte Clov, il 25 febbraio 2022 ha pubblicato per i dischi del Minollo “Every love story is a death story” a distanza di quasi sei anni dal precedente “It’s all fun and games until someone loses an eye”. L’artista originario pugliese si è sempre mosso in territori Noise ambient rifiutando la canonica forma canzone. In “Every love story is a death story” riprende questa formula creando canzoni partendo da un preciso mix di influenze. Nel songwriting troviamo la schiettezza dei Fugazi-aspetto che Ian McKaye ha poi rielaborato nel progetto The Evens in chiave simile a quella di Clov- il proto Post rock degli Slint, velleità folk riscontrabili nei primi Rem e nell’approccio lo-fi di Daniel Johnston-vedi l’uso della melodica nel brano “short story about love”- e voci modificare che rimandano allo shoegaze, il tutto amalgamato da un enorme quantità di noise. Aspetto importante inoltre è questo: tutte queste influenze sono reinterpretate in chiave one man band. Queste influenze nei nove brani che lo compongono vengono usate in funzione delle atmosfere che si vogliono trasmettere. Tra le parti più signiicative dell’album possiamo citare “We have everithing/we are nothing”, qui troviamo uniti un riff kinksiano-anche l’uso del tamburello è riconducibile a quel periodo- . La voce di Clov è un tratto molto caratteristico di questo lavoro, nasale, baritonale, da un tocco di “goffaggine” che si unisce bene al gran lavoro compositivo della sezione strumentale. La successiva “Cats” è caratterizzata da una voce artefatta di reminescenze Shoegaze ed un assolo di chitarra daii riferimenti Post Rock. Il Post rock ritorna poi nell’elettronica e negli strumenti classici di “Short Story about Love” e “Short Story about Dead”. Un album ispirato che rappresenta un interessante spaccato dell’undergroun italico cantautorale

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - –

bandiera_italia    ROOTS!!

E se vi svegliaste questa domenica mattina sulle note di una “Short Story About Love”? Non temete, abbracciate chi vi è accanto (una donna, un gatto, un uomo, un bambino, la gamba di un tavolo , uno sconosciuto/a, una bottiglia di birra vuota) ed aspettate che qualcosa accada (ma anche nulla e basterebbe ugualmente). Piero Prudenzano, suona, armonizza, incasella colori, dipinge casualmente su tela delle note, le rielabora, le nasconde dietro “gingilli strani” seguendo solo un proprio sentire e con un “risultato” (pessima parola in questo caso) spiazzante, tenero, eclettico. Clov è il nome che Piero darà a questo nuovo progetto dopo La Sedia Di Wittgenstein del 2012 e due album a suo nome (“This Is Not Woodstock” del 2009 e “It’s All Fun And Games Until Someone Loses An Eye” del 2016) ma lasciate perdere quella parola, “progetto” e lasciatevi andare solo ad un vostro sentire; “Every Love Story Is A Death Story”, questo è il titolo dell’album, sorprendentemente “inusuale”, forse non ben “definito” eppure ha quel qualcosa che “prende”, quell’attitudine naïf propria di un pittore che fa dire “ok, proviamo a viverlo questo fottuto mondo” (la malinconica “Cats” è già bella di suo e lo sarà ancor di più se la ascoltere in una di quelle sere dove nulla sembra accadere), “Short Story About Love”, splendida, cantata a due voci dallo stesso Piero insieme ad una bravissima Marianna Calabrese e poi “Monster” con il suo svolazzare leggero e spensierato e senza nulla chiedere; si alzerà il tiro con una LouReediana “The Ballad Of A Running-Man” un bel sentire ma sarà sulle note di “Short Story About Dead” che qualcosa si “spezzerà”, una murder ballad notturna, plumbea, di straziante ed oscura bellezza accompagnata dai violini di Silvia Natali e Justin Viorel, a ciascuno un suo perdersi od eventualmente un ritrovarsi. Una cosa che non abbiamo ancora detto, Piero Prudenzano ha una voce “al naturale” (quando non effettata) veramente notevole, scura, calda, alla Nick Cave, più che una voce un “dono” sul quale se solo volesse potrebbe camparci di rendita, cosa che non farà, anzi, che sembra quasi voler nascondere fra strumenti giocattolo, intuizioni del momento, riverberi SydBarrettiani ed anche soluzioni più “scontate”. “Every Love Story Is A Death Story” è un lavoro tutto da scoprire, forse a tratti disorientante proprio perchè non sembra seguire un “filo” omogeneo ma allo stesso tempo intrigante, non aspettato, non classificabile “e comunque è tutta musica folk”

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - –

bandiera_italia    HEART OF GLASS

Come un moderno Diario di Adamo ed Eva, Piero Prudenzano (alias Clov) indossa i panni di un Mark Twain più animale sociale che sociologo, e tra ilarità ed un sottile sentimentalismo confeziona la sua terza fatica sulla lunga distanza: Every Love Story is a Death Story. E’ stata la quarantena del 2021 come momento di solitaria riflessione ad indurre Clov a rimettersi in gioco dopo It’s all fun and games until someone loses an eye del 2016 (leggi la recensione), rispolverando dal cassetto la prosopopea della storia d’amore che dapprima rapisce e poi -tra routine ed umane divergenze- lentamente appassisce. Uscito per I Dischi del Minollo (miglior etichetta discografica nel 2021) e la sodale Hysm?, Every Love Story is a Death Story è una cronistoria snocciolata in nove episodi che sfidano la retorica a colpi di cupidigia, enfatizzando quel materialismo dei sentimenti figlio dei nostri strampalati tempi. Omaggio all’amore imperfetto, all’amore come consuetudine dello human behaviour, come retaggio fisiologico, ma anche un nostalgico abbandonarsi nell’iniziale magia dell’innamoramento. Dopo la rumoristica overture di The Sound of our First Meeting, è il marchiato slacker-pop sponda Berman/Malkmus di We have Everything/Nothing a giocare tra contrasti ed affinità, trovando nel duetto Piero Prudenzano /Marianna Calabrese la quota stilista ed empatica del disco. La ballata sottovuoto in puro spirito lo-fi di Cats si muove tra echi ed arpeggi di chitarra affogati in una ritmica malinconica (Jacopo Fiore, vecchia conoscenza in queste pagine), mentre la spensieratezza di Short Story about Love (meraviglioso il groviglio di modulazioni in coda al brano) porta in dote quel dolciastro retrogusto di un ingenuo innamoramento, sagace completamento a crescere del retorico fall in love, again (la brava Marianna Calabrese ritorna nel ritornello). Come prevedibile, i mugugni della fase di stallo non si fanno attendere e la tenebrosità del cantato e delle atmosfere di un languido sax (Chiara Archetti)  in All through the House certificano il cambio di scenario ed umore. E’ l’impietoso confronto con il quotidiano, con quella serie di azioni/parole/atteggiamenti che mirano ad un’individualità che spinge e reclama avidamente il proprio spazio contro la difficile convivenza (sia fisica, che spirituale). La conferma arriva nella seconda parte del disco che si fa appassionata e confidente, dall’ariosa Monster che riporta Clov su canonici e caldi binari folk, anticipando una via del declino già tracciata. Asciutta nel suo freddo precipitare, The ballad of a running-man prepara il terreno per la tensione finale di The Short Story about Dead, nel quale gli archi di Silvia Natali e Justin Viorel infieriscono sulla carcassa di un amore sconfitto e morente. Come una atavica murder ballads, The Short Story about Dead delinea nell’ombra la natura umana più recondita e selvaggia, senza fare prigionieri, senza richiedere riscatto. Cappello finale The Sound of our Last Meeting, a suggellare come siano le atmosfere a definire i contorni/confini fisici di una love story. Con Every Love Story is a Death Story, Clov laconicamente ci accompagna della sua analisi interiore sull’amore, sui sentimenti e sulla convivenza tra persone. Il fatto che questo sia stato in qualche modo ispirato dalla quarantena forzata del tardo inverno 2021, amplifica il senso alto del concept, rivelando come il confronto con “l’altro” sia sostanzialmente cambiato da prima della pandemia. Con questo lavoro Piero Prudenzano ritrova le proprie radici folk, senza abbandonare del tutto lo spirito di sperimentazione e psichedelia che ha sempre caratterizzato i propri ispirati lavori. Un fine lavoro di costruzione/decostruzione della forma canzone pop, al fine di ottenere una dimensione più personale possibile, senza dimenticare la virgola impazzita dell’imprevedibilità: il vero marchio di Clov.