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press-reviews MARCELLO CAPOZZI

 

bandiera_italia  ROCKIT

Offshore, secondo album di Marcello Capozzi, arriva dieci anni esatti dopo l’esordio di Sciopero, del 2012. Una lunga gestazione, la cui durata e gli eventi che l’hanno scandita hanno sicuramente influenzato svariati aspetti dell’album: in primis, il suo essere un’opera nata a cavallo di due Paesi, Italia e Regno Unito (dove l’autore si è trasferito nel 2015), ha plasmato il tema di Offshore, al punto da renderlo non troppo distante da un vero e proprio concept album. Nel corso dei brani, infatti, ci ritroviamo a seguire le vicende di un anonimo protagonista che, amareggiato dalla realtà del suo Paese natio, decide di trasferirsi in Inghilterra, nella speranza di riuscire a trovare ciò che la sua casa non ha saputo offrirgli. Presto però questo viaggio cessa di essere un semplice spostamento geografico, e assume invece i connotati di un’autentica esperienza esistenziale, dotata di un valore universale in cui tutti gli uomini del nostro tempo possono riconoscersi. Anche l’aspetto musicale risente di questa doppia origine del disco: da un lato Capozzi tiene ben salda in mente la tradizione del cantautorato pop italiano, riuscendo a impostare brani che fanno della melodia un loro aspetto preminente; dall’altro si fanno sentire, a livello di sonorità, contaminazioni e influenze provenienti sia dal rock che dall’elettronica inglesi, che controbilanciano con la loro freddezza e distacco il lato “mediterraneo” del disco. Complessivamente Offshore è un disco solido e maturo, che riesce a incarnare nella sua musica il progetto narrativo di Capozzi, senza suonare stucchevole o lezioso.

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bandiera_italia   CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

Un biglietto di sola andata per Londra. Il viaggio «senza ritorno» del cantautore nato a Napoli ma casertano d’adozione Marcello Capozzi è il leitmotiv del suo nuovo album, «Offshore (prima stagione)». Un disco autobiografico, le cui canzoni raccontano le peripezie di un artista che per svariate motivazioni, tra cui quelle economica, è costretto a emigrare verso il Regno Unito attraverso un viaggio che, stando alle sue parole «è l’incessante movimento energetico messo in campo da un essere umano, nel momento in cui deve superare l’ostacolo che di volta in volta si para davanti». Non solo. «Offshore», che ospita musicisti importanti come Carlo Natoli e Steve Head, vanta anche una struttura singolare, a mo’ di serie tv suddivisa in tre stagioni. La prima, appena pubblicata, è composta a sua volta da tre episodi, di cui l’iniziale, «Modello 730», narra dell’ultimo periodo in Italia vissuto dal protagonista, tra sogni infranti, paradossi familiari e dichiarazioni dei redditi mancate. Mentre chitarra, basso, batteria, sassofono e sintetizzatore danno vita a un’atmosfera carica di pathos. Cantautore dalla voce calda, Capozzi è un «emigrante» di lusso. Nel 2014, fu infatti inserito nelle selezioni del Premio Tenco nella categoria Migliore Opera Prima. E prima di andare nella capitale inglese, ha aperto concerti di Cesare Basile, Marlene Kuntz e Paolo Benvegnù. Quello da Napoli a Londra è stato un trasferimento tutt’altro che semplice: «Benché il processo compositivo fosse concluso - svela Capozzi - dopo l’arrivo a Londra, la gestazione dell’intero progetto ha dovuto fare i conti con i tempi lunghi di costruzione di una nuova stabilità esistenziale. Anni di lontananza ma di paziente e appassionata fedeltà a un disco ambizioso».

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bandiera_italia  RARO PIU'

Decisamente suggestivo e sospeso il suono di Marcello Capozzi che torna con il disco che finalmente chiude e raccoglie i precedenti Ep denominati anche Stagioni, come a riferirsi agli episodi di una serie televisiva. Esce Offshore per la label abruzzese I Dischi del Minollo: lavoro apocalittico nelle intenzioni e nel potere figurativo che promette sin dal primo brano dell’ascolto. Spesso e volentieri tornano quelle sonorità a cui un certo periodo dei Mokadelic ci aveva regalato, torna quel gusto per le distorsioni vocali dentro linee assai aperte e ricche di aria come a simboleggiare un divenire, una rivoluzione, una rinascita. E forse dentro brani strumentali come Six Years Later che il cantautore napoletano riassume la delicatezza e la potenza delle proprie visioni, tra industrializzazioni decadenti e nuovi orizzonti verso cui andare. Un disco che suona come suona la lettura di romanzi come The Road scritto da Cormac McCarthy

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bandiera_italia   ONDA ROCK

Messa a segno una discreta opera prima, “Sciopero” (2013), Marcello Capozzi si trasferisce a Londra dalla natia Napoli, e proprio da questa transizione nascono i presupposti di “Offshore”, una sorta di concept autobiografico su viaggio, distacco, rimpianti e speranze. L’esprime con ben congegnate ballate ad effetto, come “Modello 730”, ma soprattutto con il formato del salmo folk-rock, da quello trasfigurato e reboante in crescendo sinfonico di “Dei miei stivali”, a quello gospel acustico Lanegan-iano di “Mors Tua”, a una lunga “Offshore” che accoppia una lenta marcia psichedelica a un cantico distante e dilatato, e tuttalpiù con un numero elettronico fondato su tastiere in alternanza tempestose e jazzate, “Anelli siderali”. Il veicolo dello status transitorio è comunque il bilinguismo italo-inglese, che in “London Bridge” si sfoga accompagnandosi con un vortice di distorsione sempre più confuso e al contempo sempre più epico in cui convivono, confondendosi, Timoria e Cure. Anni di realizzazione tra Londra e Sicilia: Carlo Natoli, nuovo capomastro alla produzione, più un quartetto di bravi mestieranti (Sergio Battaglia, Andrea Sciacca, Salvo Scucces, Vincenzo Di Silvestro), più la supervisione di Steve Head. Pubblicato come “music series” in tre “stagioni” di tre brani ciascuna a partire dal 21 settembre 2021, persino completato da una squadretta di curatori alla parte video. Velleitarie ambizioni a parte, è il suo fulgore artistico, d’un post-grunge la cui piacevolezza si anima di sperimentalismo soffice e grandiosità ingenua, pur con qualche canzone malaticcia di pedanteria un po’ didascalica. Come il vin buono: a quasi una decade dalla prima registrazione, anche il suo canto invecchiando migliora

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bandiera_italia   MUSIC MAP

Gran disco, “Offshore”. Tutto qui. Impiega un po’ ad insinuarsi tra un pensiero e l’altro, ma - sornione e stratificato - si apre la via grazie ad una scrittura profonda e ad un impianto ambizioso, articolato, sfaccettato. Pubblicato per I Dischi Del Minollo, è album intenso e rigonfio di idee, di suoni, di melodie, di intuizioni, opera concettualmente complessa da leggersi secondo la partizione che Marcello Capozzi – artista napoletano al secondo lavoro in dieci anni - gli ha dato: tre blocchi di tre canzoni ciascuno, pubblicati a distanza di due mesi l’uno dall’altro, come capitoli di un romanzo, poi ricondotti ad unità. Ogni triade rappresenta un periodo nella vita del personaggio-chiave, ogni stagione segna la transizione del protagonista dal particolare all’universale attraverso un viaggio in varie tappe, tra realismo e simbolismo. Dall’iniziale condizione di insofferenza fino all’aspirata pacificazione – non necessariamente raggiunta, anzi – Capozzi disegna il tragitto di un’anima travagliata imbrigliata tra le maglie del vivere quotidiano. Spunto di partenza il suo trasferimento a Londra in pianta stabile nel 2015: la fuga, il contatto col nuovo mondo, l’immersione in un contesto differente, la progressiva immedesimazione con quel milieu fino all’assorbimento, necessario ma non scontato. Inizia in italiano con la caustica apertura di “Modello 730”, per proseguire alternando l’inglese all’idioma nativo (a volte anche nella stessa canzone, come in “Dei miei stivali” o in “London Bridge”) fino alla sostituzione totale con la lingua di adozione che si compie nella pigra ballad à la Cat Stevens di “Mors tua”; dispensa testi intelligenti ed una verve imprevedibile, oscillante tra strutture affini al cantautorato nostrano ed improvvise impennate intrise di un pulsante indie-rock (“Fine mondo (Pianeta Schengen)”, “London Bridge”), ma capace anche di crogiolarsi negli strumentali atmosferici di “Six years later” o di “Once upon a time in the universe”, morbida chiusura su un arpeggio trasognato. Intrigante e variegato, inafferrabile eppure centrato, “Offshore” regala squarci abbaglianti di una poetica sui generis nell’insinuante soavità di una “Anelli siderali” che ricorda sia i Dorian Gray sia certe produzioni della Ribéss – dal Collettivo Ginsberg a Houdini Righini - con voci fuori campo, filtri, feedback in sottofondo e altri trucchi assortiti; a tratti è perfino magistrale nel deviare gli autoctoni sentori anni Settanta verso un gustoso ibrido ben poco catalogabile, sublimato nei sette minuti a perdifiato della title-track col suo crooning vivido tra Fossati e Basile, sontuosa partitura incombente trattenuta nel limbo di un giro ripetuto ossessivamente fino all’epilogo che la inghiotte. Progetto finemente (e lungamente) elaborato, incisivo e penetrante, colto e pungente quanto basta a delineare con nitidezza il potenziale di un autore di non trascurabile spessore.

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bandiera_italia   MESCALINA

Ah, la fuga dei cervelli; ne sa qualcosa il cantautore partenopeo, di stanza a Londra, Marcello Capozzi, che anni fa decise di lasciare l'Italia per immergersi nella megalopoli britannica. Anni complicati, incerti e fragili, fra pandemia e Brexit, fra precariato e scoperte artistiche, che hanno ispirato un musicista sensibile e aperto a ogni genere di esperienze e di collaborazioni. In modo lento, ma costante, Capozzi ha steso un vero e proprio progetto unitario, con un soggetto che solo in parte riflette le caratteristiche dell'autore, sospeso tra Italia, Inghilterra e altre dimensioni, e che affronta una vicenda distopica, ma contemporanea, strutturata in tre stagioni, ciascuna con caratteristiche precise. Nasce così Offshore, serie in musica, dominata dalla voce potente e inquieta di Capozzi, sostenuta da un ampio uso dell'elettronica, sospesa fra canzone d'autore e indie rock, che rifugge da ogni classificazione rigida, per invitare l'ascoltatore a un'esperienza più ampia, narrativa e uditiva. La tripartizione in stagioni, contenenti ciascuna tre brani, aiuta nel ritrovare una sorta di filo logico e acustico, per immaginare una figura complessa, affascinante, in perenne meditazione filosofica e quasi metafisica e alla ricerca di una dimensione autenticamente libera. Dall'Italia Dei miei stivali, vivida invettiva di sapore dantesco, al London Bridge, fino a una Fine mondo (Pianeta Schengen), e a un viaggio alla fine dell'universo, Capozzi e Carlo Natoli, ingegnere del suono e coproduttore del progetto, oltre a un manipolo di musicisti siciliani (Sergio Battaglia, Andrea Sciacca, Salvo Scucces, Vincenzo Di Silvestro), ci conducono in un cammino a riveder le stelle, ma anche dal sapore pinkfloydiano. La psichedelia di cui è impregnata l'atmosfera londinese si riverbera, nei suoni, in modo evocativo, e costituisce una trama che sostiene l'impianto complessivo, come in Six Years Later, brano strumentale che vede la collaborazione di Salvo Scucces e che sembra segnare lo svolgersi della vicenda con un andamento cinematografico, oppure nella title track, che, col suo ritmo da bolero, rappresenta la sintesi di un lavoro di ricerca musicale che fa ben presagire per lo sviluppo della creatività futura dell'artista. I brani si susseguono con un continuum che coinvolge, ricchi di echi e sfumature, dalla litania di precise parole della già citata Dei miei stivali fino al meditativo brano Mors tua, in punta di chitarra, intarsiata da suoni elettronici. E, se i cervelli in fuga, poi, torneranno da noi con tante stimolanti idee, li saluteremo con entusiasmo.

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bandiera_italia    INDIEPERCUI

Musica introspettiva cantautorale che ingloba carne e pensieri riuscendo a ricevere elementi di profondità perpetua che accatastano segnali d’anima incompresi, segnali d’anima che raccolgono speranza in quello che un giorno mai avremo. Il disco di Marcello Capozzi scandaglia i vissuti e richiama l’attenzione attraverso un uso sapiente della parola che si fa racconto, elemento del reale, vita. Ci sono contrapposizioni sonore che amplificano un’elettronica leggera a far da sfondo ad una poetica che diventa quotidianità per canzoni che ben si amalgamano da Modello 730, Dei miei stivali, Anelli siderali, per arrivare ad una title track che è forse la summa dell’intero disco. Un album fatto di tre momenti. Tre stagioni a segnare un cangiante eterogeneo momento creato e custodito da un suono affascinante e tutto da scoprire.

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bandiera_italia   SKY, STONES AND SONGS

Possono le stagioni essere tre? Sì, qualora divengano le protagoniste di una saga musicale, come quella che propone Marcello Capozzi con ‘Offshore‘. Quello di Capozzi è un lavoro veramente originale, di quelli che non si incontrano facilmente, passeggiando nei sentieri della musica contemporanea. Qua, infatti, l’ambiente musicale è estremamente rarefatto, dilatato e il tempo scorre in modo assolutamente particolare. Si passa da scenari desolanti a zone ricche di speranza e che guardano al futuro con ottimismo. Colpisce il fatto che Capozzi non usi solo una lingua per esprimere i suoi concetti, ma passi dall’italiano all’inglese. Non è solo una scelta stilistica, ma si percepisce che vi è anche una volontà ‘filosofica’ per così dire, dietro questa strada intrapresa. E’ un po’ come se si volesse passare dal ‘locale’ all’internazionale, in una progressione – anche in questo caso – che si fa sempre più evidente, brano dopo brano.E poi quella scelta sostanziale di delineare il percorso in tre stagioni. Viene da pensare alle stagioni climatiche, ma non è detto che siano quelle. Possono essere anche le stagioni della vita o chissà cos’altro. In tutti i casi la prima stagione di ‘Offshore’ è stata pubblicata a settembre, mentre la seconda a novembre e, adesso, a inizio di questo nuovo anno e con la speranza di vedere davvero una nuova stagione, che faccia superare le difficoltà e i lati oscuri della vita che abbiamo affrontato, arriva la terza e ultima stagione, chiudendo così un ciclo che rende il progetto qualcosa di davvero particolare.

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bandiera_italia   THE MUSICWAY MAGAZINE

“Offshore”, secondo album del cantautore partenopeo Marcello Capozzi. Il disco è stato pubblicato da I Dischi Del Minollo il 21 gennaio del 2022. “Offshore”, contiene nove brani sublimi e deputati alla ricerca di un nuovo equilibrio esistenziale, scardinando anche i rapporti particolarmente tesi tra società e individuo, sebbene questi non sempre affioriscono in superficie, nascosti dietro all’apparente banalità della vita quotidiana del mondo attuale e delle sue metropoli. “Offshore” descrive in maniera simbolica l’attrito onnipresente tra società e individuo (quello che desideriamo essere/avere e quello che la società ci impone). Il primo brano “Modello 730”, si avvale di un sound pregiato coadiuvato da un ritmo delicato e a tratti brillantemente altisonante: chitarre elettriche maestose, batteria instancabile, basso avvolgente, un Capozzi coinvolgente, un sassofono sublime, drum machine e sintetizzatori magistrali. “Modello 730”, intreccia un turbinio di natura ansiogena, costellato da importanti problematiche socioeconomiche come la criminalità organizzata, un fisco aggressivo e quasi soffocante, dove il protagonista parte con un atteggiamento negativo per poi riscattarsi nel finale del disco. Il secondo brano “Dei miei stivali”, avvolge l’ascoltatore con chitarre riflessive, basso generoso, batteria lodevole, sintetizzatore e violini incantevoli, un Capozzi equilibrato e saggio. Il secondo brano “Dei miei stivali”, spiega lo stato d’animo affranto e deluso del protagonista: dover abbandonare la propria nazione per un’altra, affinché possa realizzare i propri sogni e trovare il proprio posto in questo mondo. “Dei miei stivali” , presenta un sound sobrio e rilassante, un rock risoluto e mai sguaiato, un ritmo dinamico e preciso: batteria, chitarre, basso, voce, sintetizzatori e violini esprimono tutti enormi potenzialità e alto coinvolgimento emotivo e d’ascolto. Il terzo brano “London Bridge”, segna l’arrivo del protagonista nella nuova meta. La terza traccia trasporta l’ascoltatore in un’atmosfera sonora onirica e tersa di ottimo rock energico e sfavillante: chitarre sfrenate, basso voluminoso, batteria portentosa e talentuosa, un Capozzi fiammeggiante e risoluto. “London Bridge” segna un cambiamento emotivo e sonoro di gran impatto. Il quarto brano “Anelli siderali”, ci vedrà graziosamente fluttuare nelle lunghe e soavi sonorità elettroniche, qui il sintetizzatore insieme al talentuoso Capozzi sono i due protagonisti indiscussi di questa sensazionale traccia. “Anelli siderali” è centrato sul tema dell’amore, quel grande sentimento che placa e diluisce ogni attrito che ritroviamo sul nostro cammino esistenziale. Il quinto brano è interamente strumentale “Six years later”, ci cullerà con tatto e grazia, il sound ambient è altamente lenitivo (corpo e mente): chitarre sognanti, un vibrafono lodevole, sintetizzatori gradevolissimi e mistici. Il sesto brano “Mors tua” ci trascina con la sua magnificenza sonora: voci, chitarre acustiche, claps, fisarmonica, hammond, percussioni e mandola si uniscono in abbraccio contemplativo e quasi religioso. “Mors tua” qui sta a significare che il danno di una persona è spesso un vantaggio per un’altra, allo stesso tempo enunciata in senso più ampio, un’allusione alle dure leggi della vita e alla lotta per l’esistenza. Il settimo brano “Offshore”, assistiamo ad un ulteriore cambio di sonorità, un pop rock elettronico e dinamico, è la storia di un personaggio il quale, attraversando la complessità del nostro mondo, intraprende il suo personale cammino di connessione verso la vastità, abbracciando una visione generale ed immanente dell’eterno. “Offshore”, presenta una texture sonora di inestimabile valore e rispetto: sintetizzatori fulgenti, chitarre lodevoli, basso armonioso e un Capozzi eccelso. Il penultimo brano, “Fine mondo (Pianeta Schengen)”, trasmette una raggiante sicurezza e speranza al pubblico, merito del canto imponente e del suono complessivo di alta qualità: basso, chitarre, batteria e sintetizzatori di prim’ordine, perdersi in questo brano monumentale è automatico. L’ultimo brano di natura strumentale “Once upon a time in the universe”, evoca uno sguardo retrospettivo, da distanze siderali, sia sulla storia del personaggio che sul vissuto del suo creatore. Ogni cosa va a collocarsi all’interno della storia dell’universo. Questo brano conclusivo diffonde rassicurazione, serenità, dove tutto è stato finalmente risolto, la nuova vita che ci siamo prefissati ha dato i suoi frutti, il tutto viene elaborato da chitarre elettroacustiche fatate e sintetizzatori accoglienti. Con questo secondo album, Capozzi porta a casa un ottimo consenso di critica e di pubblico, con Offshore non potevamo chiedere di meglio, è stato un autentico dono dal cielo, complimenti e a risentirci con il prossimo lavoro discografico.

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bandiera_italia   TUTTO ROCK

Marcello Capozzi musicista, autore e produttore nato a Napoli, pubblica il suo secondo CD “Offshore” il 21 di Gennaio u.s.. Sia sul piano dei contenuti che su quello delle suggestioni sonore, l’album, che esce per i Dischi del Minollo (Sfera Cubica ufficio stampa), ha una struttura seriale suddivisa in 3 stagioni, 3 cicli (prima, seconda, terza stagione) di 3 episodi rappresentati da altrettante canzoni (si veda la tracklist). Proprio sulla struttura del racconto Capozzi spera che l’ascoltatore si faccia prendere dalla voglia di interpretare l’inizio del racconto nella consapevolezza della sua fine, che di esso riesca a cogliere tutte le anticipazioni e gli elementi premonitori. Certo l’ascoltatore non farà fatica ad ascoltare queste nove tracce che si caratterizzano anche, nel complesso, per la loro gradevolezza. L’album appare in effetti interessante e, per altri versi, ben suonato e accurato sul piano della supervisione artistica. Ciò, sebbene non aggiunga molto, in termini di originalità, alla musica che fin qui abbiamo ascoltato. Canzoni come “Modello 730”, “Anelli siderali”, “Dei miei stivali”, “London Bridge” e così via, denunciano la predilezione di Capozzi da un lato per il cantautorato nostrano (in specie per quello maggiormente orientato verso le sonorità aspre e taglienti del rock), dall’altro per le sonorità rock di matrice anglosassone.

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bandiera_italia    MESCALINA

A ben 8 anni dall’album Sciopero (Seahorse Recordings/Audioglobe), il cantautore partenopeo Marcello Capozzi, che aveva anche aperto i concerti di Cesare Basile, Marlene Kuntz e Paolo Benvegnù, torna finalmente con un nuovo disco; dal 2015, quando aveva già cominciato a lavorare al suo secondo cd, vive a Londra e infatti in Offshore segue le vicende e i cambiamenti di un personaggio che dall’Italia si trasferisce in UK. Si osserva nel lavoro una progressiva dilatazione ambientale “da miseria iniziale a entusiasmo per nuovi scenari e ricostruzione relazionale, fino a una sorta di “svolta ontologica” che avviene a metà tracklist (sventurato incrocio col terrorismo internazionale)”; analogamente vi è anche un progressivo passaggio dall’italiano all’inglese nelle canzoni. L’album è diviso in tre parti e uscite, anzi in tre stagioni, tre cicli di tre episodi ciascuno; ogni stagione sarà caratterizzata da diversi field recording e cambi sonori. La prima parte sarà pubblicata a breve dall’etichetta I dischi del minollo, il 21 settembre e oggi vi presentiamo il video della prima canzone, Modello 730, che è presentato così: È il racconto dell’ultimo periodo in Italia vissuto dal personaggio protagonista. Prologo con metaforica dichiarazione dei redditi (mancati): paradossale, nel contesto di un concept seriale intitolato Offshore e dei suoi variegati risvolti semantici (tra cui il richiamo ai torbidi paradisi fiscali come luoghi remoti di occultamento di capitale illecito). La condizione di personale ambascia non appare accidentale, ma sembra determinata anche da dinamiche sociali esterne, certamente non prive di opacità, se non addirittura costituite da elementi di vera e propria cultura mafiosa. L’incipit muove dalla prossimità, “I parenti che non ho votato” è il verso di apertura del brano e dell’intero album. Eppure, il tragitto globale della serie musicale Offshore, ora solo alle prime battute, è destinato ad esplorare distanze incommensurabili e a procedere verso l’universale. Il video è stato girato in Campania (durante una battuta di pesca a strascico) e al principio di una tempesta lungo le coste di Port-au-Prince, Haiti. Le paranze notturne, che vanno a caccia di pesci di piccole dimensioni da irretire, sono un riconosciuto riferimento nell'immaginario di determinate organizzazioni criminali: paranze sono anche i loro gruppi di fuoco. Con tale suggestione posta sul piano visuale, associata all'andamento ipnotico delle riprese, il video arricchisce il brano di un'ulteriore sfumatura di senso nell'evocare uno scenario di generale cupezza. Nel video, il mare allora non è rappresentato nella sua bellezza accogliente, ma con colori freddi e fulmini, come un luogo silenzioso e buio dove non c’è luce su ciò che accade e si svolge un lavoro faticoso che resta oscuro come la notte. Anche i bagliori sull’acqua appaiono d’altronde sinistri; sul bianco, nero e grigio del mare e del cielo si stagliano solo colori “violenti” come l’arancio e il rosso dei lavoratori e dei loro macchinari. Se pensiamo invece alla paranza non come battuta di pesca, ma come gruppo criminale, come trappola e mattanza, allora possiamo immaginare il mare come metafora di una “terra di nessuno” che può diventare scenario di attività illecite. Non assistiamo quindi a immagini stereotipate da dépliant turistico, ma alle ombre della vita reale, da osservare con sguardo disilluso e da cui partire nel proprio viaggio di emigrante. Nel brano si notano chitarre pensose e malinconiche, con punte dolorose e struggenti, atmosfere cupe e a tratti quasi sospese, perché non sono mai squarciate dall’irruzione della luce; anche i sassofoni contribuiscono con un tocco raffinato a uno scenario che resta in qualche modo austero e asciutto e colpisce proprio per questa sua elegante uniformità, a suo modo drammatica, ma assolutamente sobria. La canzone e il suo video appaiono in qualche modo l’antefatto della partenza per l’Inghilterra: si elencano infatti tutti i profitti che non si sono voluti trarre dalla connivenza e dall’ossequio a personaggi poco raccomandabili; non si sono cercati santi in paradiso, non si sono votati parenti politici, non si sono avallate azioni e idee in cui non si credeva, nemmeno di presunti ribelli; il protagonista sembra allora, come il Dante del Canto 17 del Paradiso, fare “parte per sé stesso”, mantenere la sua autonomia per non scendere a compromessi, anche a costo appunto di dover lasciare la sua terra e quella che ancora nella Commedia si definiva “ogne cosa diletta più caramente”. Meglio non avere niente che dovere qualcosa a qualcuno che non ci convince o interessa, ma come spiegarlo in un mondo in cui tanti si fanno strada con pubbliche relazioni studiate, amicizie di convenienza e contatti giusti, al di là di qualunque merito? Al nuovo progetto di Capozzi hanno lavorato l’amico Carlo Natoli (che, oltre a suonare nell’album e a esserne ingegnere del suono, si è occupato della produzione artistica del disco con il cantautore), i musicisti Sergio BattagliaAndrea SciaccaSalvo ScuccesVincenzo Di Silvestro, il songwriter e polistrumentista londinese Steve Head (nella cui casa-studio in Berwick Street, nel quartiere Soho, il lavoro al disco è ripreso con slancio fino alla conclusione), mentre Alessandro InglimaAndy JohnsonBarbara Slick hanno fornito un decisivo contributo alla parte video. Non ci resta ora che lasciarvi al videoclip: buon ascolto e buona visione!

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bandiera_italia   MEI

Siamo a metà percorso della “Prima stagione”, con i video ufficiali s’intenda. Ormai la musica prende dimensioni sempre più partizionate, disgregate a quel lungo disco che un tempo chiamavano full length. L’Ep, ovviamente digitale, qui lascia il posto al ricamo ardito di una serie, come fosse quella televisiva. E il potenziale visionario è altissimo, almeno in questi primi due video ufficiale che hanno celebrato la nascita e l’uscita di “Offshore”, nuovo progetto a firma di Marcello Capozzi. Con il singolo “Modello 730” che lo ha ampiamente anticipato, oggi vi presentiamo in anteprima il video ufficiale di “Dei miei stivali”, secondo estratto, secondo appuntamento di questa prima stagione. E dal suono distopico, cadenzato dentro trame industriali dove trovano ampia comodità le distorsioni (le stesse che nel terzo brano “London Bridge” le vedremo virare verso un pop rock decisamente inglese e più inquadrato), non potevamo che attenderci liriche di “disobbedienza”, liriche di denuncia, di quell’energia iniziale che arriva dalla metamorfosi e dai cambiamenti quotidiani e che pian piano poi coccola la nostalgia, le origini di ieri, un ritorno a casa oppure una totale inversione della corsa personale. “Offshore” pubblicato da I Dischi del Minollo, è forse anche da leggersi come un’opera sociale oltre che come un disco di un cantautore.