Articoli

press-reviews GRAN ZEBRU'

 

bandiera_italia  ROCKIT

Tempo di primi lavori discografici per i Gran Zebru', band milanese che con il suo Ep1 prova a dare un assaggio del proprio progetto musicale che tenta di coniugare songwriting all'italiana e rock alternativo. L'ep si compone di quattro brani dalla struttura insolita se pensiamo all'ultimo immenso filone di cantautori indipendenti e meno indipendenti che hanno dominato le scene in questi anni: "No Hay Bamba" guarda agli autori del passato con una lente di ingrandimento capace di dilatare le sonorità verso un post rock di stampo nordico, "Piccolo Lord" tesse trame musicali arabeggianti e vagamente psichedeliche che accompagnano un surreale viaggio in tram; l'elettricità di "Mr Turn" è quanto di più lontano ci possa essere dal cantautorato pop in voga oggi. La chiusura, affidata a "Solo Adesso", si candida come momento migliore del disco grazie alla sua bella dose di malinconia rock. In sintesi, il debutto discografico dei Gran Zebrù conferma che la sala prove è ancora il miglior laboratorio in cui concepire la musica. Quando l'improvvisazione si unisce al talento e alla creatività possono venir fuori brani di uno spessore talmente elevato che ci fanno tirare ancora un sospiro di sollievo pensando al futuro della musica italiana. Se volevate il ritorno delle chitarre, eccole; Se volevate la qualità, eccola. La band milanese ha tutti i mezzi per togliersi (e darci) delle belle soddisfazioni, tempo al tempo.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia  SENTIRE ASCOLTARE

Si intitola semplicemente EP1 l’opera prima dei Gran Zebrù, quartetto all’esordio discografico per quanto formato da musicisti che hanno nel curriculum vari progetti e produzioni, sempre nell’ambito della scena indipendente lombarda e milanese (Zivago, Anonimo FTP, The Piano Machine, Egokid, Fiumi, Controluce, Alia). Lorenzo Parisini (voce, chitarre, synth), Paolo Morandi (basso), Leonardo Ganazzali (batteria, percussioni) e Miky Marrocco (chitarre, synth, cori) hanno composto questi quattro brani partendo da una serie di improvvisazioni registrate in sala prove. Un approccio che si riflette nelle strutture atipiche dei pezzi, che hanno un certo gusto nell’aprirsi a digressioni strumentali e cambi di prospettiva sonora. Ne nasce un curioso incontro-scontro, un vero e proprio “cortocircuito” tra post rock e canzone italiana, in cui si aggiungono e si intrufolano diverse influenze e suggestioni, trattate tutte con apprezzabile coerenza di stile e personalità. In No Hay Bamba, per esempio, da strofe cantautorali prende il largo un turbinio di chitarre che guardano ai Mogwai come ai primi Radiohead. Rimbalzano altrove echi degli Slint, dell’indie rock americano degli anni ’90 come dei Giardini di Mirò. I brani possono nascere come canzoni per poi prendere direzioni puramente strumentali, o viceversa. Il motivo, confessa ironicamente il quartetto, è che si finisce per annoiarsi facendo solo l’una o l’altra cosa – o che, per meglio dire, proprio mescolando i due approcci si ottengono effettivamente cose molto più interessanti. L’EP digitale, disponibile dal 18 settembre 2020, esce per i Dischi del Minollo, ed è stato registrato negli studi di Casamedusa con la produzione di Francesco Campanozzi (già al lavoro, tra gli altri, con Amour Fou e Mauro Ermanno Giovanardi). Il mastering è di Christian Alati (Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo).

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia  ROCK TARGATO ITALIA

Dietro al nome Gran Zebrù si celano quattro ottimi musicisti che girano da oltre vent’anni anni, con diversi progetti, nell’underground milanese più polveroso. L’esperienza del quartetto si condensa in EP1”: un esordio in cui un rock alternativo dall’indole shoegaze si frappone fra un’anima cantautorale e una post rock dando vita a quattro canzoni bagnate di malinconia e graffiate da un ottimo sound chitarristico deviato.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia   RADIO COOP 

L’esordio del quartetto milanese li coglie alle prese con una messa a fuoco della direzione artistica, tra una forte presenza psichedelica, una base ispirativa in bilico tra canzone d’autore e indie pop, sguardi a post rock, alt rock e new wave. Indicazioni interessanti e fondamenta più che solide, in attesa di una prova e una conferma sulla lunga distanza.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia  MUSIC LETTER

Evasione post-rock e sospensione lisergica dentro il suono dei *Gran Zebrù*. Suono e scrittura che in questo primo disco hanno l’energia opportuna per trascinarmi via con la mente e con i pensieri e, dal loro mood assai grigio e metropolitano, di certo non c’è altra via di uscita se non quella di far pensieri poco confortanti. Eppure c’è aria di spensieratezza dentro "EP1", esordio della formazione milanese pubblicato nel 2020 da I Dischi del Minollo: un viaggio dentro la forma canzone ristrutturata opportunamente anche con lunghi arrangiamenti strumentali in equilibrio dentro uno scenario cittadino che appare evidente sin dal primo ascolto. Lo definirei (anche io) “domenicale”, proprio come ho letto altrove sul loro conto. Dalla psichedelica dolcezza del singolo "No Hay Bamba" al resto della tracklist che si fa appena più incalzante senza mai risolversi in soluzioni scontate, senza mai sfociare con carattere in una direzione che approdi in qualcosa di preciso e prevedibile. Resta “irrisolto” questo primo lavoro dei Gran Zebrù, resta sospeso, resta figlio di un non luogo e penso che sia proprio questa la vera ricchezza e il valore aggiunto dei Gran Zebrù. Dunque dai Pink Floyd ai REM, fin dentro all’indie rock, quello ruvido, quello gridato come ci appare in "Piccolo Lord". Sempre senza mai eccedere in un verso o nell’altro

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia   ROOTS!

Togliamoci subito il classico sassolino dalla scarpa, l’indie-rock italico sta, nel bene e nel male, a questi tempi come il miglior cantautorato italiano stava agli anni 70, con una differenza però non di poco conto, mentre quelli erano anni “vitali” (con i suoi pro e contro) questi sono tempi fatti di un “nulla-liquido”, una sorta di “bolla” all’interno della quale si sopravvive, ciascuno come meglio può, aspettando (ma nemmeno poi tanto) che qualcosa cambi o si faccia “altro”, un vuoto interiorizzato e plasmato su bisogni e necessità individuali; potremmo continuare ma la chiudiamo qui, ad ogni modo è solo una considerazione e che come tutte le considerazioni (più o meno personali) lascia il tempo che trova. I Gran Zebrù sono una formazione milanese qui al loro Ep di debutto pubblicato in questo ancora incerto 2021 per l’ottima etichetta italiana I Dischi Del Minollo, e lo diciamo senza alcun timore, un Ep interessante in costante bilico fra un indie-rock dal respiro più internazionale ed un classico cantautorato quasi pop tutto italiano, un approccio (o un’attitudine) che funziona e che si apre a molte considerazioni (e sviluppi musicali). Non pretendiamo di avere la verità in tasca (cosa della quale non ce ne può fregare di meno) ma parlare di musica vuol dire anche andare oltre ad una banale recensione, un rischio che è un pò anche la nostra bussola; Lorenzo Parisini alla voce e chitarre, Paolo Morandi al basso, Leonardo Ganazzali alla batteria e percussioni, Miky Marrocco alle chitarre, synth e cori e come ospite Francesco Campanozzi alle chitarre, synth, percussioni, cori e programming, solo 4 tracce ma che dimostrano bene quanto i Gran Zebrù abbiano già le idee chiare (che poi possano piacere o meno è pur sempre una questione di gusti personali) su come muoversi e quale strada percorrere, anche in questo caso si può essere daccordo o meno ma non è più solo una questione di gusti musicali. /No Hay Bamba/ apre questo lavoro nel migliore dei modi, una malinconica ballata elettrica che per testi e livello compositivo non è affatto male, anzi, è bella ed anche “ruffiana” al punto giusto, la domanda che ci poniamo però è un altra, ma ce n’era proprio bisogno? Risposta, evidentemente si; e si prosegue con /Piccolo Lord/ dalle atmosfere psych-prog, interessante ma che non ci convince del tutto, resta in un limbo che non è né carne né pesce e l’uso nel testo della parola “cazzo” è fin troppo “banale” (poi ci mancherebbe altro, ciascuno è libero di usarla come meglio crede); compositivamente interessante è la più sostenuta /Mr./ Turn, un bel brano con un testo non scontato ma il refrain in stile sixties e l’uso di effetti vari ci sembrano un pò fuori contesto ed a concludere la bella /Solo Adesso/ ed è ancora una ballata di pacata tristezza dallo scorrere limpido ed intenso, forse la traccia più compiuta anche come “suoni”, niente di particolarmente originale rispetto al panorama nazional-popolare ma leggermente sopra la media si e non è poco. Una piccola riflessione, aggiustando un pò il tiro (cioè le priorità) questi Gran Zebrù potranno mirare sicuramente in alto (classifiche, passaggi radio-televisivi e quant’altro), le qualità non gli mancano, se poi siano qualità “sprecate” non sta a noi dirlo; *EP1* come ci ricorda il titolo stesso è solo un primo Ep, perfetto per questi tempi dove tutto è riciclabile e sospeso ed in attesa di un prossimo *EP2* non ci resta che salutarvi con il classico “/to be continued…/”. Da *Roots!* è tutto e come sempre buon ascolto

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia   THE MUSIC WAY MAGAZINE

Il 18 settembre del 2020 è uscito “EP1”, l’EP d’esordio della band alternative rock milanese Gran Zebrù, guidata da Lorenzo Parisini. “EP1”, include quattro tracce liberatorie che analizzano il tessuto sociale ed emotivo nel quale siamo immersi. La band, spazia anche nel post-rock, alternative rock, nel cantautoriale. I Gran Zebrù come sentiremo e leggerete, sapranno dare una linfa migliore alle emozioni e alla psiche di tutti gli ascoltatori. La prima traccia “No hay bamba” siamo immediatamente avvolti da: soavi chitarre elettriche che emanano affascinanti note distensive, insieme a riff ben congegnati, le chitarre vengono inoltre addolcite da un ritmo moderato e scorrevole, da un basso aderente e cullante, una batteria appagante, un Parisini che massaggia divinamente i nostri padiglioni auricolari, con la sua voce decisa, calda e cristallina. Dal minuto 2:32 del brano fino al minuto 3:41, assisteremo all’apoteosi delle nostre menti, inizieremo a volteggiare nel ciel sereno prive di nuvole minacciose. “No hay bamba” presenta un testo anti-nichilista, cerca in tutti i modi di incoraggiarci: essere sempre curiosi della vita, non abbandonarsi alla distruttività della monotonia quotidiana, questo vale per qualsiasi relazione: amorosa e sociale. Il secondo brano “Piccolo Lord”, ci rende attivi e partecipi con un sound magistralmente più cupo, tenebroso e assillante: chitarre elettriche graffianti come gli artigli di una tigre, un basso poderoso, una batteria calzante, il tutto viene accompagnato da un Parisini furioso e brillante. Il testo di “Piccolo Lord”, vuole illuminare il lato oscuro della nostra società occidentale che gioca al ruolo di nobilita, asserendo di essere civile, benestante e armonica. In realtà siamo avvolti dal marasma sociale: forgiato da alienazione e schiavitù indotta dal capitalismo che ci droga e anestetizza con la creazione di bisogni inutili e malsani, tutto questo viene inglobato nella figura della città che produce: freddezza, alienazione, individualismo estremo e anonimità. “Piccolo Lord” è la giusta rappresentazione di sociologia urbana mescolata al pensiero del sociologo tedesco Georg Simmel, l’uomo blasé (una diminuzione della capacità di reazione agli stimoli). Il terzo brano “Mr. Turn” ci aggrazia con un energico rock fin da subito: chitarre elettriche all’ennesima potenza, un basso esplosivo, un Parisini stellare e nostalgico, canto e interpretazione sempre ai massimi livelli. “Mr Turn” è un accattivante fiume in piena, trascina con sé un testo nostalgico ma allo stesso combattivo: trovare la forza di riprendere in mano la propria vita, dopo il troncamento di una qualsiasi relazione, non necessariamente amorosa. I fantasmi della nostalgia e del rimpianto torneranno prima o poi a bussare all’uscio della nostra mente, dovremo essere pronti a respingerli o il dolore della pazzia esistenziale si impadronirà di noi. L’ultimo brano “Solo adesso” ci trasporta in una dimensione onirica e introspettiva: basso caldo e confortante, chitarre elettriche armonizzanti, un synth che emana note trascendentali, troviamo un Parisini magnetico e riflessivo. “Solo adesso” racchiude un testo poetico e metafisico: insieme si possono affrontare meglio le avversità che ci riserva la vita, basta esserne consapevoli. Grazie ai Gran Zebrù, possiamo felicemente dormire bene tra due guanciali morbidi, il loro debutto è ottimo, un concentrato di supernova socio-emotive, atte a stabilizzare la mente umana e rendere più coscienzioso e libero il pubblico, siete un altro nuovo e orgoglioso astro nascente della musica indipendente italiana, ancora grazie per le emozioni che avete condiviso con tutti.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia   MIE

Esperimento e contaminazione, ma anche leggerezza e sospensione di grandi stili internazionali. Esordio per i milanesi Gran Zebrù, che escono fuori con un primo Ep titolato (di conseguenza) “Ep1” per I Dischi del Minollo: sfaccettature urbane di costruzioni abbandonate, cammini solitari dentro pennellate post-rock anni ’90. Malinconia a permeare ogni cosa, suoni ben misurati senza eccessive ricerche di una inutile trasgressione. “Ep1” si attesta dentro quella scena morbida di psichedelia che colpisce nel segno con la scelta di liriche in italiano. Un primo passaggio davvero interessante…

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia   EXIT WELL

Si intitola didascalicamente “EP1” questo primo lavoro di inediti firmato dai Gran Zebrù, band milanese che si attesta dentro linee sospese nei tanto citati “non luoghi” come sono le periferie metropolitane, o dentro quel gusto per i video lo-fi che vogliono sembrare anche ricordi a 8mm (per edulcorarne l’estetica). La psichedelica morbida e acida si colora di liriche italiane e in tutto questo fa un poco il verso (ben riuscito) alle planate famose di lunghi corredi strumentali, che si macchiano di sud elettrico dentro la chiusa “Solo adesso”, accennano alle robotiche sensazioni new-wave dentro “Mr. Turn”, o addirittura si arrampicano con coerenza su scale arabe in “Piccolo Lord”. Il tetto del loro mondo viene raggiunto dalle risoluzioni pop di “No hay bamba” che nell’interrompere certe morbidezze melodiche sta il vero cuore vincente della scrittura. Un primo lavoro che anticipa un gran bel percorso…

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia  IL MEGAFONO.ORG

Quando si ascoltano i Gran Zebrù la percezione è quella di stare dinanzi a qualcosa che sia privo di dogmi compositivi e consuetudini armoniche atte a strutturare tracce preconfezionate. La sensazione che si riceve è quella di assistere a una rappresentazione musicale leggera ed istintiva ma comunque complessa, in cui le linee sonore si mescolano e si intrecciano in modo inatteso. I Gran Zebrù sono una band milanese, fusione delle esperienze e delle doti musicali di tutti i suoi membri. Ci propongono della bella musica in un contesto alternative-rock, che alternativo lo è davvero, nel senso che è appunto inteso come una sorta di base di partenza dalla quale poi dare libero sfogo alle proprie emozioni, alle proprie qualità tecniche, alla propria fantasia. Il loro estro compositivo si manifesta a noi come il più classico degli esordi discografici: un EP di quattro tracce in cui i Gran Zebrù si presentano al loro pubblico senza remore né timori, con la giusta sfrontatezza e con la convinzione di chi si pone l’obiettivo di trasmettere emozioni, condivisibili o meno, ma comunque limpide e sincere. A differenza della loro musica, il titolo dell’EP non è un apprezzabile esempio di fantasia. Si intitola minimalisticamente “EP1” e, come detto, è una grande prova di quel concetto musicale di “alternativo” che raffigura un punto di osservazione diverso anziché una caotica ed incomprensibile unione di generi. E un metodo per apprezzare l’originalità delle tracce dei Gran Zebrù è quello che si ottiene separando ed analizzando distintamente strumenti e voce. La parte strumentale è un chiaro richiamo al nuovo stile post-rock dentro il quale è possibile spaziare tra passato e futuro, tra ritmo e melodia, tra consonante e dissonante, inserendo qua e là effettistiche decorative proprie del new-wave e capaci di creare movimento senza generare confusione. Il loro post-rock appare come un’opera d’arte moderna modellata secondo le sensazioni (anche istintive) degli artisti; è un sound che richiede il giusto tempo e la giusta attenzione per essere compreso ed apprezzato appieno. La parte vocale, decisa e un pizzico irriverente, segue i modelli della moderna canzone d’autore italiana. Testi che raccontano in maniera quasi poetica eventi comuni e quotidiani, apparentemente trascurabili e scomposti invece in qualcosa di più intenso e vivo. Insieme agli strumenti essa forma un duo insolito, nel senso positivo della parola, dando luogo a un mix che produce una narrazione piacevole e sincera fin dal primo ascolto. Caratteristiche apprezzabili per una produzione discografica, indipendentemente dai gusti musicali.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia  FOTOGRAFIE ROCK

La musica fatta bene è quasi sempre fuori dagli schemi e quasi mai fuori dal tempo, ed è così anche nel caso dei Gran Zebrù. Quella raccontata in EP1 è una Milano moderna e serale, con un piede ancora nel caos del traffico giornaliero e l’altro proiettato verso la perdizione notturna. Un mare in cui è facile perdersi, parafrasando Mr.Turn. Quattro tracce di rock alternativo, compatto e colorato, che oltre a testi ricchi di immagini e scenari quotidiani (scelta diventata ormai consuetudine nel panorama indie tricolore) offre svariati spunti psichedelici, in grado di conferire al lavoro un’atmosfera sfocata e violacea, decisamente contrastante rispetto alla crudità lirica proposta. Il suono del progetto fa emergere il gruppo come tale, mostrando una chiara coerenza tra un brano e quello seguente senza, però, cadere in facili ripetizioni (aiutato anche dalla breve durata) e mantenendo alta l’attenzione durante l’ascolto. In conclusione, possiamo affermare come EP1 sia una presentazione piacevole e promettente per il complesso lombardo, ben realizzata tanto artisticamente quanto tecnicamente (mix, master, produzione, ecc.), che tra il razionale e il suggestivo trova un punto d’incontro interessante, mescolando gli ingredienti con un’amarezza decadente e un po’ ironica (Piccolo Lord) e con ferita sensibilità (Solo Adesso).

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia  ROCK GARAGE

L’Italia è sempre stata il Paese dei cantautori ma per fortuna c’è qualcuno (e qualche band) che cerca di traghettare questo concetto verso una pseudo sembianza di futuro, slegandosi dai soliti arpeggi e dalle parole biascicate finte rivoluzionarie e capire che forse la vera chiave per parlare della vita e dei dolori (perché spesso il cantautore medio fa questo) è il rock. Questo ci dicono i Gran Zebrù che sicuramente partono da reminiscenze cantautorali ma ci aggiungono qualcosa di personale, di loro, allontanandosi dal rock intenso in senso canonico del termine e finendo per sconfinare nella musica mediorientale (Piccolo Lord) o nell’hard prog (Mr Turn). Non siamo di fronte a qualcosa di fortemente innovativo né sperimentale ma, a tratti, ad una chiave espressiva comunque diversa che non intende appoggiarsi su cornici emergenti già dette e stradette, piuttosto provare nuove strade, comunque orecchiabili ma che abbiano senso artistico. Questo ciò che ci ha regalato EP1 un lavoro comunque breve e che probabilmente risulta solo un assaggio di ciò che la band può trasmettere con un lavoro più articolato e lungo. Facile intuirlo se si confronta la costruzione compositiva, in termini di strumenti e di “ruoli musicali”, di un brano come Mr Turn, che vuole osare, e di un altro come Solo Adesso, dalle sue sponde romantiche. Interessanti, da valutare sul lungo corso.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia   SYSTEM FAILURE

Il disco comincia con “No hay bamba” che parte con arpeggio di chitarra delicato. Poi entrano gli altri strumenti ed abbiamo un sound tra electro ed alternative rock. Lorenzo Parisini alla voce è tanto accattivante e risulta uno dei punti forza della band. Belli i fraseggi di chitarra ed incantevole l’atmosfera sonora creata grazie all’ausilio di effettistica e synth. Da segnalare verso il finale della canzone una sfuriata/climax alternative rock in salsa italiana che manda il pensiero ad alcune cose di Verdena e Marlene Kuntz. Poi arriva “Piccolo lord”. Una canzone tanto psych, tanto anni 60-70 con quel suo quid di orientaleggiante. Grandi anche qui effettistica ed elettronica, altre “armi” a disposizione della band. Splendidi alcuni refrain e bello il contrasto tra alcuni passaggi ruggenti ed alcuni più mentali. “Mr turner” è tra il darkwave e l’alternative rock con una tensione alquanto nostalgica e tanta importanza data a patterns ripetitivi ed ipnotici che catalizzano tanto l’attenzione dell’ascoltatore. Anche qui non manca una certe verve psichedelica. Infatti, i GRAN ZEBRU’ tra l’alternative rock e il post rock forse tendono di più verso il secondo di questi generi. Il tutto termina con “Solo adesso”. Anche qui arpeggio iniziale per una canzone tanto soffice, vellutata, che carezza il nostro cuore con guizzi teneri che cullano pure la nostra mente. Qui come altrove è chiara una cosa: i GRAN ZEBRU’ inseriscono diverse variazioni nell’incedere della canzone. Per noi quindi di alto livello il songwriting, insieme ad esecuzione ed arrangiamenti. Tanta ricercatezza sonora, come non notarlo. Molto buoni sia mixing che mastering. Se l’indie italiano va verso una direzione pop che “adotta” elettronica, alternative rock, rap e dream pop insieme ad altro i nostri GRAN ZEBRU’ hanno preso una direzione diversa. Avere l’appeal si, essere pop si, ma a modo loro….Con un’elettronica tanto ricercata, con un songwriting ricco e sonorità tanto psichedeliche che stimolano la nostra fantasia, la nostra immaginazione. Non mancano striature alternative rock tanto ruggenti. GRAN ZEBRU’: una sorta di nuovo paradigma e declinazione dell’indie rock italiano…

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia   RECEINDIE

Primo lavoro per la band milanese. Quattro tracce che sono un assemblato sonoro, un corto circuito tra alternative rock, post rock e la canzone italiana. "EP1" è un disco dal suono deciso che scorre dritto e compatto, ricamato da dimensioni psichedeliche ed oniriche che ti fanno perdere tra sogni e pensieri ma mantenendo sempre i piedi a terra (intrippante quanto basta). Ascoltando e riascoltando questi brani mi sono sentiro sballottato da un mood sonoro all'altro : per un attimo è come se stessi ascoltando le note eteree dei Mogwai o dei God is an Astronaut, ma subito dopo mi ritrovavo nelle dimensioni di quell'indie italiano (un pò dimenticato) alla Yuppie Flu o Giardini di Mirò per poi essere travolto dallo stile d'autore alla Massino Volume o dei cantautori più eclettici e impegnati. Sembra un caos sonoro, ma in realtà è esattamente l'opposto : una perfetta armonia musicale in cui farsi culla re e non sballottare. Chanson d'amour per romantiche giornate spente.

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia   EXTRA MUSIC MAGAZINE

“Ep1” promette evasione e sospensione, puntuale nella sua aria domenicale dentro i circuiti di periferia… e testimonia dunque anche l’aridità umana che siamo stati costretti a far convivere nella nostra quotidianità di questo tempo di pandemia e restrizioni. Il video ufficiale di “Mr. Turn” è anche una fotografia “americana”, tra lo-fi e distorsioni, tra scenari (manco a dirlo) metropolitani che sembrano differire dalla lucidità di ogni giorno. Probabilmente stona appena questo continuo slide con le liriche del brano, forse ci saremmo fatti bastare uno scenario più vicino alla “Daysleeper” dei R.E.M. invece di risolversi in questo modo assai “italiano”. E visti gli ingredienti decisamente internazionali che sono messi in gioco, direi che i Gran Zebrù hanno tutte le carte per poterselo permettere

- – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – - – -

bandiera_italia  MUSICA MAG

E’ recentemente uscito il debut Ep dei Gran Zebrù, una band milanese i cui componenti vengono da diversi percorsi musicali ed hanno saputo dare vita ad una formazione che tra sperimentazione e songwriting è approdata alla realizzazione di “Mr. Turn”, quattro tracce che finalmente fanno sentire aria nuova nelle vibrazioni rock che percorrono i loro brani. Quattro tracce (e per ora non ne sarebbero servite di più) per tratteggiare i lineamente di un gruppo che sa coniugare esperienza e passione. Si apre con “No Hay Bamba” e subito si ha la percezione di suoni puliti, buoni arrangiamenti, una dimensione vocale che non prevarica e non viene prevaricata, il tutto per confezionare un brano in sè non  strordinario, ma convincente. “Piccolo lord” dà una sensazione di minore immediatezza, ma l’esecuzione del pezzo è sempre senza sbavature mentre “Mr. Turn” a ragipne è il brano caratterizzante del progetto anche perchè è il brano migliore, scandito da un ritmo che avvolge, imprime forza, intensità; molto buono anche il testo e anche in questo caso piace l’esecuzione vocale prima di arrivare alla conclusione con “Solo adesso” che decolla grazie ad un bell’avvio stumentale e trova poi la propria dimensione in virtù di una linea melodia piacevole e non banale. Il debutto di questa band è senza dubbio molto pronettente e la sensazione è che anche la dimensione live possa offrire elementi di interesse e di buon impatto.

 

L’introduzione acquatica, aliena di Derailed Dreams ci prepara ad un’immersione in un mondo niente affatto sconosciuto ma dal quale mancavamo da un bel pezzo.

Poco tempo fa, parlando de Gli Altri, band post-hardcore e quindi lontanissima dai King Suffy Generator, mi meravigliavo positivamente di come una band nostrana fosse stata in grado di portare una forte componente post-rock all’interno della loro musica in questi nostri giorni così lontani dal bel post-rock perchè – intendiamoci – di gruppi che reiterano le dinamiche delle scuole di Louisville e Chicago ve ne son fin troppe, lì arrabbiate e pronte a triturarceli con le loro geometriche intemperanze ‘emo’ e violenza math fine a sè stessa.

Quindi il post-rock non riesce ad invecchiare (e sedimentare nelle coscienze musicali) perchè ancora non vuole essere mollato dagli orfani dell’hardcore (quello vero che non hanno mai conosciuto) e allora si accaniscono sul suo corpo morto squassandone la carcassa come avvoltoi e rimestando e beccando lo svuotano di senso e significato.

E poi arrivano delle persone per bene a ricordarci che esisteva un altro modello di post-rock oltre ai soliti due comunemente  proposti, quello ben più difficile, fantasioso e ricco di sfumature dei Tortoise. Ecco dove guardano i King Suffy Generator ed ecco perchè nelle loro composizioni si affacciano elementi progressive, space e persino latin rock.

La stessa Derailed Dreams nel suo algido rigore ritmico si infiamma di aperture che ricordano il primo Santana, quello vero, non il pupazzo con cui l’hanno sostituito poi.
Ritornano le sospensioni dei Tortoise in Short Term Vision esono proprio quelli di TNT, quelli più vicini ai deliqui dei cugini analog-pop The Sea and Cake.

E non bisogna meravigliarsi a parlare di prog ed affini perchè gli stessi Tortoise erano affascinati dal motorik krauto e da certe sperimentazioni settantine. Ecco perchè il minuto e poco più di Rough Souls sembra una traccia perduta dei Popol Vuh o degli Amon Düül.

Relieve The Burden dimostra come la band sappia anche incalzarci ma persino nella foga neo-prog riesce a non perdere mai il controllo ricordandoci – come anche la successiva We Used To Talk About Emancipation un’altra delle più grandi band post-rock – meno imitate – di sempre, gli Shipping News.

Un disco così ed una band di connazionali così, di questi tempi bisogna tenerla  d’occhio. Non mi stupirebbe ritrovarli nelle charts indipendenti tra i migliori dischi italiani dell’anno.

http://www.kingsuffygenerator.com
https://www.facebook.com/pages/King-Suffy-Generator/132560894232?fref=ts