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press-review "Al mio risveglio" GREENHOUSE EFFECT


NERDS ATTACK

Con la cura e la sapienza di una formazione navigata. Il debutto indipendente dei veneti arriva coi colori caldi e tenui dell’Autunno, dopo un’autoproduzione e un lustro trascorso a collaborare attivamente nella scena locale. Sette splendidi momenti di radice post rock registrati live al Teatro Maddalene di Padova. Strumentali nella quasi totale interezza. Fascinosi e cerebralmente seducenti. Cantato in italiano nei momenti concessi alla voce (su questa scelta nascono alcune perplessità) e finale rabbioso, urlato, squarciato che rimanda alle stagioni lastricate d’argento dei Mogwai. Un lavoro cristallino. Un punto di partenza importante da una terra sempre parca di proposte mai scontate e per niente banali. L’effetto desiderato.

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ROCKACTION

Per i Greenhouse Effect è una registrazione dal vivo – al Teatro Le Maddalene di Padova - l’occasione giusta per dare alle stampe il primo lavoro ufficiale sulla lunga distanza, dopo qualche apparizione in compilation e progetti culturalmente interessanti. La band padovana, attiva dal 2003, è un quintetto ben assortito, dove alberga un’anima più viscerale composta da basso, batteria e chitarre elettriche, e una versata alle atmosfere scure e decadenti sviluppate da un fondamentale uso del synth. Il suono dei Greenhouse Effect si sviluppa verso l’espressione profonda, densa, decadente e – a tratti – totalmente oscura. Sette tracce lente, caratterizzate da momenti dal sapore evocativo (“Male in quanto tale”), che sembrano descrivere possibili scenari di film in bianco e nero (“Avenue”) e che sfociano spesso in urla liberatorie tese a scardinare le splendide trame che la band riesce a tessere con pazienza e dedizione, come nel caso di “Al risveglio” e nella chiaroscurale “Castore vs Polluce”. Le voci di Daniele Bertolini e Lorenzo Cucinato fungono da mezzo veicolante verso i pensieri notturni della band, la quale trova la scintilla creativa nello scontro tra armonia e dissonanza, tra forza cerebrale colta e pura energia esecutiva. In questo disco non emerge la dimensione live, ma d’altra parte la musica dei Greenhose Effect, per essere apprezzata al meglio, ha bisogno di silenzio intorno, concentrazione e, possibilmente, un buon ascolto in cuffia.

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SALTINARIA

Allora prima di tutto: spegnete le luci, poi collegate le cuffie ai vostri altoparlanti, chiudete gli occhi e solo allora potrete ascoltare ed apprezzare “Al mio risveglio” firmato Greenhouse Effect. La band padovana esistente sin dal 2003 e sceglie la dimensione live, regalata dal Teatro delle Maddalene di Padova, per registrare questo “miracolo italiano”. Aldilà del discorso strettamente musicale e tecnico, ci troviamo di fronte ad una piccola anima musicale che parla nella notte: pensieri sussurrati tra le trame morbide che si rivelano e si scoprono, urla che straziano il tutto per rivendicare la possibilità di esistere. Sceglie la strada del post-rock il quintetto padovano, ed ecco che i Mogway, i Giardini di Mirò e gli Yuppie Flu ci vengono in mente man mano che il disco scorre. Si prova una sensazione di calma e di liberazione una volta che “Al mio risveglio” è terminato e risvegliandoci anche noi, ripensiamo alle voci in sottofondo di “Male in quanto tale” e il tutto diventa più amaro. E’ bello ogni tanto potersi ritrovare in un progetto coraggioso e vivo, non vivo perché pregno d’energia vitale, ma perché problematico e sofferto e perciò dannatamente reale.

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ROCKAMBULA

E' pieno autunno e sono compiaciuto, è una stagione di grande emotività. "Al mio risveglio" dei Greenhouse Effect scende piacevole come una foglia dall'albero. Leggero, piacevole, delicato. Una registrazione live che coglie le migliori qualità di una band molto post, sonorità da brividi sulla mia pelle. Un lungo e piacevole viaggio in macchina, una meta che non vuole essere raggiunta, i Vanessa Van Basten sul sedile posteriore. Passione alla Non voglio che Clara. Tanta qualità dosata con criterio, cavalcate melodiche spezzate da urli vagamente grind. "Al mio Risveglio" è una bellissima prova senza appello per i Greenhouse Effect, sicuri di essere piacevoli, sicuri di essere bravi. Complimenti, sono poche le band italiane con queste potenzialità, sono poche le band indipendenti che promuovono dei live così coinvolgenti. Onori.

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KATHODIK

Esordio sulla lunga distanza per i Greenhouse Effect, ensemble padovano attivo dal 2003. “Al Mio Risveglio”, frutto di questo percorso quinquennale, è stato registrato live il 24 febbraio scorso al Teatro delle Maddalene di Padova, ma all’ascolto questa dimensione è assolutamente impercettibile. Primo punto a favore dei cinque.
E’ un disco che spinge a pensare: ma perché band così in Italia faticano solo a farsi ascoltare, quando nel mondo vengono idolatrati Mogwai e Oceansize, ai quali il gruppo può tenere tranquillamente testa? Ci troviamo in ambiti post-rock, con tendenze ambientali e linee sintetiche a far capolino qua e là, il tutto intriso in una luce soffusa e malinconica.
L’intro Male In Quanto Tale è la traccia meno legata al post-rock più tradizionale, avvicinandosi ai sentieri tracciati dai tedeschi Lali Puna: tastiera e synth fanno da soffice manto nella quale si inserisce una metallica voce che annuncia la posizione del Vaticano in merito alla tecnologia (critica politica o semplice voce narrante funzionale al completamento del quadro). Colori accesi si apre con un battito sintetico leggero che trasporta l’ascoltatore in spazi vuoti lontani. Castore Vs Polluce, dopo un apertura in stile Sonic Youth anni 2000, emerge come un romantico sussurro che cresce fino a farsi urlo allucinato e disperato. Avenue è una nenia al ralenti infestata da pipistrelli neri, per poi aprirsi radiosa in uno squarcio di sole e affogare in un pozzo senza fondo. Parigi tradisce l’anima elettrica del gruppo e cresce fino ad esplodere come magma schizzato da un vulcano. Al Risveglio è una lunga suite in cui il gruppo mostra tutte le sue sfaccettature, alternando momenti di calma mortale a esplosioni furiose, implodendo in un gracidante finale noise.
Un lavoro di ottima fattura, che testimonia la buona vena di questi Greenhouse Effect. Limando alcuni angoli ancora troppo attaccati a un post-rock tradizionale, la loro musica intensa, a tratti lieve, a tratti dissonante, potrà emergere anche nella penuria del panorama italico e, perché no, internazionale.

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DAGHEISHA

Interessante questo gruppo veneto che avevamo trovato nella raccolta indipendente "United Forces Of Phoenix 3" e adesso pubblica questi sette pezzi registrati live al teatro delle Maddalene di Padova. La musica dei Greenhouse Effect è quella che si sente volentieri nelle giornate di pioggia, lunghe digressioni strumentali e melodiche

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MUSIC MAP

Articolate danze dall'amato gusto progressive, che intraprendono e imbrigliano i pulviscoli dell'ouverture (''Male in quanto tale'') tra sinuose code di chitarre e modulari ondularità elettriche, che diligentemente coronano cut-up per poi farti innamorare di delicate trame a due di voce. Un amore al primo ascolto, dai "Colori accesi" in riff e batteria, che trascinano con sè atmosfere tanto noir quanto evanescenti, una resa dei conti che paga il pegno con i testuali rimpianti, immortalando personali fluidità ambient e riuscite tempeste post-rock senza comunque perdere la speranza (''Castore vs. Polluce''), una speranza che annienta senza mezze misure con un impeccabile padronanza che va oltre "il genere". Stile tanto mutevole quanto sopraffino, che tra le concretezze elettroacustiche di "Avenue" si fa spazio forgiando ragionate estemporanee psichedelie, per poi trarre conclusioni tra le mutevoli personalità noise di una "Parigi" tanto aggressiva quanto eclettica. Mastica alternative-personali "Il risveglio": un rifugio, che non paga il prezzo con i suoi 11:42 minuti, ma urla sonante e vibrante espressività. Una forgiata maturità per il progetto Greenhouse Effect, uscito per I dischi del MInollo; una maturità che imbriglia tensioni emotive, a tratti latenti, a tratti fervide, senza mai cadere in facili motti dichiarati, a confermare che la differenza si può fare e, in questo caso, diciamolo a gran voce, è tutta italiana. Complimenti!

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LOST HIGHWAYS

E’ notte. Silenzio e pensieri. Auricolari nelle orecchie. Un piano ed un basso girano intorno ad una melodia ammaliante e tensiva nella sua insistente ripetitività. Una voce distante, come proveniente da un tubo catodico, scandisce le parole. “La tecnologia può essere un male per il cattivo uso che se ne può fare e non il male in quanto tale. Effetti paradossali e non il male in quanto tale”. La tensione si scioglie, i sensi iniziano a distendersi dilatando lo spazio d’azione dei pensieri e delle sensazioni accompagnati da un placido arpeggio di chitarra (Il male in quanto tale). Stiamo già sognando, volando sulle morbide ali di una musica che si rivela pian piano. Evolve trasformando gli eterei arpeggi solitari in flusso sonoro nel quale basso e batteria sostengono tastiera e chitarre. Poi la voce. Sospiri che di tanto in tanto ci riportano con dolcezza ai Colori accesi della realtà. Ma il sostrato strumentale è il vero punto di forza. Castore vs. Polluce, a imitazione dei Diòscuri figli di Zeus e Leda patroni dell’arte poetica, della danza e della musica[, sa creare un suono che gli arpeggi di piano e di chitarra rendono spensierato e cupo al tempo stesso. Il vocoder e il basso ci introducono nel tunnel dell’ansia che cresce sempre più man mano che si aggiungono chitarra elettrica e tastiere fino all’urlo liberatorio finale. Avenue ci rasserena. L’aria si imprime ancora una volta della polvere magica di dimensione onirica e commovente che soltanto la dimensione live può restituire. Melodia che nasce dalle viscere di se stessa, fino a dominare per poi svanire ancora su se stessa nell’impercettibilità. La voce ritorna a scaldarci solo con Parigi. Brano più quadrato che nel finale sfocia in un vero e proprio sfogo in cui la voce e le chitarre distorte urlano con rabbia a liberare tutta l’ansia claustrofobica accumulata. Al risveglio, coi suoi quasi dodici minuti di durata, racchiude in sé un po’ tutte le caratteristiche del sogno sperimentate dall’incipit. “Di tutte le cose che ho visto io non potrò sorridere / Al mio risveglio troverò luoghi per sopravvivere”. La tensione cresce man mano che ci si avvia verso il risveglio. Le dissonanze sembrano debbano lasciarci con l’amaro in bocca ma ecco, sullo sfondo, in lontananza, la stessa melodia di piano che ci aveva aperto le porte del sogno (Reprise). Ma adesso abbiamo gli occhi aperti.

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ARTISTS AND BANDS

E' un tipo di musica riflessiva e un po' nostalgica, quella che fanno i Greenhouse Effect, pezzi in italiano e strumentali stratosferiche, spesso ad incidere la propria voce al posto della voce stessa.  I Greenhouse Effect hanno sicuramente un modo tutto loro di comunicare attraverso la musica e lo fanno in modo che sia appunto la musica stessa a parlare al loro posto, privilegiandone l'essenza dando maggiore spazio ad ampie distese musicali. Poco conta alla fine se la voce ci sia o meno, loro l'intento che volevano raggiungere probabilmente l'hanno centrato in pieno.  Il genere è un rock variegato e sperimentale - sono infatti gli effetti degli strumenti stessi, in particolare del synth, ad attribuire maggior senso di realtà trasognata - a volte anche solo sognata – all'album. Un album registrato live al teatro delle Maddalene di Padova e che di live ha ben poco, forse proprio grazie alla capacità intimista della band veneta, potremmo in realtà parlare di album registrato in presa diretta.
Certo, non è musica che si può ascoltare in viaggio un in macchina con distese di margheritine a ricamarne i paesaggi ma è musica, intima, meditata, che va gustata e rigustata con la dovuta attenzione e la necessaria intima vicinanza.
E' un tipo di musica riflessiva, quella che fanno i Greenhouse Effect e ci ha colpito molto, complimenti.

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IMPATTO SONORO

I Greenhouse Effect sono una band di Padova nata nel 2003 e composta da Daniele Bertolini (chitarra, voce, drum-m), Lorenzo Cusinato (chitarra, voce), Andrea Toso (piano, synth, voci), Alessandro Bordone (basso), Stefano Mannoni (batteria). Il loro post-rock sperimentale è fatto di lunghe ed intense melodie strumentali, prima armoniche poi dissonanti, talvolta accompagnate da voci, sussurri e urla improvvise. La musica rappresenta un mondo un po’ nostalgico all’interno del quale gli eccellenti ricami strumentali riescono a comunicare ciò che vogliono, anche esulando dal testo vocale. “Al mio Risveglio” è un album registrato live al teatro delle Maddalene di Padova. Ascoltandolo si fa fatica a capire che si tratta di una registrazione da vivo, data l’ottima pulizia sonora. Sembra quasi che sia stato registrato in presa diretta. Le intime e riflessive atmosfere vengono espresse appieno soprattutto grazie all’uso del synth che modella il suono delle chitarre e porta l’ascoltatore in viaggio per oscuri mondi sognati ed immaginati. Sono sette le tracce, tutte di ottima fattura, come l’evocativa Male in quanto tale o Colori accesi: qui il gioco tra le due voci è da brividi. In altre, invece, si alternano momenti rilassanti ad urla esasperate e liberatorie, come in Al risveglio e Castore vs Polluce . Non è certo celata l’ispirazione data dai Radiohead o anche, per restare in casa nostra, dai Marlene Kuntz, sia per quanto riguarda l’aspetto musicale che nei testi: il richiamo è nell’evocazione emotiva di atmosfere cupe e dark, che prendono forma nel connubio e nell’alternanza tra rilassamenti sonori ed esplosioni distorte. C’è bisogno di una stanza buia e silenziosa per avere un ascolto ottimale dell’album e cogliere i suoi aspetti più intimi.

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ROCKLINE

Registrato live nel 2007 al Teatro Delle Maddalene, Al Mio Risveglio dei padovani Greenhouse Effect è uno di quei lavori del panorama indipendente nazionale che permette di interrogarsi sul valore di parecchie bands che rimangono nell’ombra per svariati anni. E’ questo infatti il caso del quintetto veneto, attivo dal 2003 e capace di riunire in un unico sound le sperimentazioni Post Rock dei vari Mogwai ed Explosions In The Sky con il gusto altrettanto velato ed alternativo degli inglesi Oceansize. Nei sette episodi che formano Al Mio Risveglio si ritrova una formazione in grado di muoversi autonomamente soprattutto negli ampi fraseggi strumentali, garantendo una qualità comune a poche realtà del genere nel nostro Paese.I brani più efficaci e profondi sono certamente il secondo Colori Accesi, carico di quell’atmosfera distesa ed onirica che si è fatta spazio nella scena Post Rock d’oltreoceano, e il sesto Al Risveglio, anch’esso memore delle reminescenze degli Explosions In The Sky più meditativi ed intriso di quell'alone di malinconia che pervade ciascuna composizione dei Greenhouse Effect.Voci soffuse e sospiri si susseguono in un crescendo di emozioni, supportate da un tessuto strumentale che è il vero punto di forza del gruppo, perché estremamente delicato ed avvolgente: i toni caldi della musica dei Greenhouse Effect cullano costantemente l’ascoltatore, sebbene siano presenti dei cali qualitativi in corrispondenza di tracce come Castore Vs Polluce, elegante ma troppo ordinaria nel suo Post Rock, o nella non esaltante introduzione Male In Quanto Tale.Ottime invece le architetture più oscure di Parigi, colma di tensioni verso l’Indie tipicamente italiano e abbastanza variegata nelle diverse sfaccettature che la compongono.I disegni delle chitarre rappresentano in ogni caso la magia della dimensione Greenhouse Effect, fatta di atmosfere rarefatte e spesso impercettibili, minimaliste e vorticose contemporaneamente.Nonostante il prodotto discografico duri solamente 37 minuti, esso costituisce una notevole prova della maturità del song-writing di una band che sta cercando di emergere nel circuito nazionale con una musica ragionata e frutto di un profondo impegno. La registrazione e il mixaggio sono di media/alta qualità e riescono a far emergere chiaramente tutti i colori della tavolozza timbrica dei Greenhouse Effect, che dovranno comunque continuare ad affinare il proprio sound, eliminando le ripetitività di certi passaggi e giungendo ad una maggiore coesione interna.

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METALLIZED

Proposta estremamente atmosferica quella dei Patavini Greenhouse Effects,
band che punta tutto su suoni liquidi, rarefatti, sospesi, rotti all’improvviso da cambi di situazione fatti di urla lancinanti che si inseriscono attraverso i lunghi fraseggi musicali che reggono Al mio risveglio, tanto che le stesse parti vocali danno più l’idea di essere considerate alla stregua di uno strumento da utilizzare come gli altri, amalgamato con gli altri, e questa è una caratteristica che – almeno in un determinato ambito – mi piace molto. Registrato live al Teatro delle Maddalene di Padova, Al mio risveglio sembra tutto tranne che un album live, tanta è la pulizia esecutiva e la mancanza di effetti, l’impressione insomma è che si tratti di un album registrato in presa diretta più che di un live, ma questo è tutto sommato un dettaglio, ciò che conta è che si tratta di un lavoro da valutare positivamente – anche se fortemente in debito con quanto fatto da gruppi come Kyuss, Sigur Rose e Mogwai tanto per citarne alcune – puntando tutto sull’introspezione, sulla sospensione delle immagini, sul sussurrato più che sul detto, arrivando a cogliere nel segno con un lavoro che, senza mai far gridare al miracolo, si fa sentire catturando l’attenzione pur muovendosi in ambiti che col metal c’entrano come Povia di spalla ai Kreator. L’album si distende in maniera quasi subdola, senza dare nell’occhio, parlando un linguaggio musicale semplice, ma non banale e raccontando quello che il gruppo ha da dire con testi che, come detto, si appoggiano morbidamente sul tessuto musicale del gruppo, arrivando – credo per cifra stilistica .- a fondersi con esso.
Particolarmente indovinate al mio orecchio Male in quanto tale che, pur essendo forse la canzone meno canzone in senso stretto presentando una struttura decisamente minimalista, trovo decisamente “esatta” nel descrivere certe emozioni trasmesse dal un testo che in effetti è composto da una serie di frasi declamate da una voce femminile da annunciatrice che vanno ascoltati con attenzione; Parigi, dalla struttura Marlenekuntziana, ma meno esasperata e più intimista, e Castore vs. Polluce, anche questa morbidissima e languida, a tratti Darkeggiante in una maniera che ammicca chiaramente agli anni 80.
Tutto l’album comunque mantiene una sua costanza qualitativa che lo rende interessante per tutti quelli che hanno la costanza di riflettere su ciò che ascoltano e che sono disposti a spaziare di tanto in tanto parecchio al di fuori dei confini arcigni del metal-world.

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