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interviste ANDREA ROMANO IL FRATELLO

La storia de Il Fratello era ferma e parcheggiata in qualche antro della sua proprio spiritualità ma anche tra le righe di questa discografia che fagocita ogni cosa. Un progetto che accolse grandi firme della scena indie italiana, siciliana nello specifico… ma non solo… e non solo musica indie… oggi Andrea Romano, Il Fratello appunto, torna in scena e lo fa da solo, conservando il moniker e quella penna sottile, con suoni che guardano al passato melodico dell’Italia anni ’60 – questo ci arriva – ma anche all’America internazionale dei mood graffianti, liberi, leggeri, con quel forte retrogusto sporco nel fondo del fondo… e l’elettronica come da statuto che ormai impera ovunque. Tra gli ospiti anche un simpaticissimo cameo telefonico di Marcin Oz bassista dei The Whitest Boy Alive (band fondata da Erlend Oye voce dei Kings Of Convenience). Parliamo di Familia, parliamo del concetto arcaico che non era precisamente pulito e sereno, di coesione spirituale e di amore… ma facciamo anche un salto quantico ad oggi e parliamo di tutti quei legami che viviamo e consumiamo attraverso quelle che lui – sicuramente in modo ironico – chiama canzoncine di vita e d’amore. A voi La famiglia non esiste, il nuovo disco di Andrea Romano “Il Fratello”, pubblicato da Dischi del Minollo Records.

Torna Il Fratello che ora ha un nome e un cognome. Che ne è stato di quella compagnia?
Il primo disco è stato registrato nel 2013 in uno studio a Siracusa, dove nacquero gli Albanopower, i primi lavori di Colapesce e dove molte band del panorama indie Siciliano registrarono. Erano altri tempi, bellissimi tempi. C’era una vera forma di scambio e ci si ritrovava in studio spesso, non solo per suonare e registrare. Ho aggiunto il mio nome solo per un fatto di riconoscibilità, per il resto siamo sempre molto legati tra di noi.

C’è la Sicilia che la immagino a vedere tutto dall’alto, come un mantello che scolpisce i suoni e i sapori. Quanta Sicilia c’è dentro questo disco?
Ovviamente tanta. Noi isolani non possiamo prescinderne. La Sicilia, sarà scontato dirlo, ma la ami e la odi in ogni momento della vita. Te la porti dentro per sempre con tutta la sua bellezza e tutte le sue contraddizioni. Un po’ mamma, un po’ puttana.

Oggi, Andrea Romano in un viaggio solitario… meglio prima o meglio adesso?
Non credo sia così solitario in realtà. Ci sono molte collaborazioni e il disco è stato registrato e prodotto in una piccola villetta in campagna da me e Carlo Barbagallo divertendoci moltissimo e sganciandoci dall’idea di studio. Hanno collaborato tanti e bravissimi musicisti, Peppe Sindona (Albanopower, Colapesce, Mario Venuti, Cesare Basile etc), Marco Caruso (Twig Infection), Mauro Felice (Suzanne Silver), Sergio Battaglia, Graziano Latina e ha come ospiti Marcin Oz fondatore dei The Whitest Boy Alive, Federica Faranda dei Locomotiv, Alì ed Elaine. Molti amici hanno contribuito alla produzione esecutiva (Andrea Cardone, Dante Rapisarda, Federico Ares, Davide Branciamore) e moltissimi altri passavano spesso per un bbq serale. Insomma un’atmosfera tutt’altro che solitaria.

Familia è un concetto assai tetro di quello che pensiamo noi. Come mai questo tema (in tutte le sue accezioni) per un disco di indie-pop?
“La Famiglia Non Esiste” è una rappresentazione allegorica del nostro Paese, della nostra Società, della nostra Repubblica.
Non propriamente intesa in senso letterale, ma una fotografia del nostro quotidiano.
Ha episodi d’amore, politici, familiari e di lotta. La nostra Italia vista dagli ultimi. È anche una riflessione si ruoli.
Su tutti i ruoli che sin dalla nascita ci vengono dati. Figlio, compagno, dipendente, lavoratore, marito, padre etc.
Credo che sganciati dai ruoli in senso convenzionale e istituzionale si viva meglio e più liberi senza dover necessariamente essere sociopatici.

E perché dici “La famiglia non esiste”? A cosa ti riferisci?
Ci sono io. Ci sono le mie riflessioni, i miei amori e i miei dolori. Quello che penso e quello che faccio. Le mie letture e gli episodi della vita che nella quotidianità ti porti dentro per sempre. E anche, ovviamente, una buona dose della musica che ho fagocitato in 40 anni.

Ispirazioni tra le vene e le righe di queste canzoni: chi c’è dietro la musica di Andrea Romano?
“Lei cammina e attraversa le stagioni.
Riflettiamo con lucida sincerità.
Facciamo bilanci e ci assumiamo le reciproche responsabilità.
Possiamo rendere questa tempesta un valzer e farci promesse sui mai, ma l’unica parola che davvero conta è il silenzio”.

Come ogni intervista qui su Blog Della Musica, abbiamo anticipato il tutto con il video ufficiale. Parliamo di “Estate di ghiaccio”: il silenzio, l’immobilità, la sospensione… sono comunque temi ed ingredienti che ritroviamo spesso nel disco. Che sia questo un lavoro che ti è servito per tirare delle somme e restar un po’ in silenzio a guardarne i risultati?
Queste poche parole di descrizione del brano racchiudono l’essenza della rappresentazione visiva.
Attraversare le stagioni come episodi di felicità singola.
Abbiamo costruito un cubo, una struttura di legno e plexiglass, e ci siamo immaginati l’amore freezato, assiderato e congelato nella felicità del momento. Mentre tutte le stagioni passano. Una estate che poi in realtà è solo di ghiaccio, mentre l’inverno è sempre più caldo.
E lei danza ma non è lì, è solo quello che vorrebbe essere ma soprattutto dove vorrebbe essere.
Il controluce come specchio di uno stato d’animo e di un’interiorità ch’è tutt’altro che congelata.
La tempesta che diventa valzer e calore, ma tutto intorno non è così.
Vi lascio con la sinossi del video e ringraziandovi per la bella intervista, posso assicurarvi che non rimarrò mai in silenzio a guardare i risultati ma sono già pronto per un nuovo progetto, una nuova scommessa e un nuovo lavoro.

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Disco di pop d’autore figlio di un tempo digitale. Andrea Romano, Il Fratello, da in qualche modo un seguito a quel progetto eponimo che raccoglieva un collettivo di grandi artisti siciliani, da Cesare Basile a Colapesce e tantissimi altri. Oggi dalla sua mette un poco in sordina, forse in un piano meno esposto per dirla meglio, questa rete di voci e di mani operaie. È lui a scendere in prima persona, con il suo nome e la sua voce. Il Fratello oggi pubblica per Dischi del Minollo un nuovo lavoro dal titolo “La famiglia non esiste” e noi siamo curiosi di indagare tra le righe sociali di canzoni che hanno dalla loro l’ermetismo di metafore non maneggiabili senza istruzioni e con liriche non perfettamente aderenti ai significa esposti. Certamente non è l’abitudine del pop di oggi che ci regala tutto nel modo più scontato possibile e questo, Il Fratello, lo ha sempre saputo tenere a distanza. Canzoni che in qualche modo spolverano le vecchie fotografie cercando nei suoni e nella forma quel certo modo di essere… un disco d’autore che nella sua semplicità e credibile coerenza pop, sa farsi allegorico quanto basta per doversi fermare all’ascolto. La bella musica d’autore… dentro esiste tanto e spetta a noi riportarlo alla luce. Opera omnia per i tempi dell’estrema superficialità delle cose…

Andrea Romano, Il Fratello. Cambia faccia, cambia direzione, ma non cambia la penna… per questo scende in campo il tuo vero nome ma resta comunque Il Fratello? Perché questa metamorfosi? 

Nel primo disco del 2013, cosa anomala per un esordio, avevo tralasciato il mio nome in funzione di quella copertina costruita su una foto originale con la sola scritta “Il Fratello” di cui mi innamorai visivamente. Ho voluto aggiungere il mio nome solo per una questione di riconoscibilità.
In realtà è cambiato poco, le canzoni, così come nel primo album, sono sempre scritte e prodotte da me.

E la strada delle tante collaborazioni? La nascita di quel progetto iniziale ha segnato un bel traguardo e avrebbe potuto dare nuove forme alla dimensione di cantautore, non trovi?

Ci sono molte collaborazioni anche in questo disco in realtà. È stato registrato e prodotto in una piccola villetta in campagna da me e Carlo Barbagallo divertendoci moltissimo e sganciandoci dall’idea di studio. Hanno collaborato tanti e bravissimi musicisti, Peppe Sindona (Albanopower, Colapesce, Mario Venuti, Cesare Basile etc), Marco Caruso (Twig Infection), Mauro Felice (Suzanne Silver), Sergio Battaglia, Graziano Latina e ha come ospiti Marcin Oz fondatore dei The Whitest Boy Alive, Federica Faranda dei Locomotiv, Alì ed Elaine. Molti amici hanno contribuito alla produzione esecutiva (Andrea Cardone, Dante Rapisarda, Federico Ares, Davide Branciamore) e moltissimi altri passavano spesso per un barbecue serale.
Insomma un’atmosfera tutt’altro che solitaria e molto collaborativa. Collaborare con musicisti che stimo e che ritengo vicini, non solo musicalmente, rimarrà sempre una mia caratteristica.

Oggi parliamo di famiglia, dichiari che “non esiste”. Un disco sociale insomma. O sbaglio?

“La Famiglia Non Esiste” è una rappresentazione allegorica del nostro Paese, della nostra Società, della nostra Repubblica. Non propriamente intesa in senso letterale, ma una fotografia del nostro quotidiano. Ha episodi d’amore, politici, familiari e di lotta. La nostra Italia vista dagli ultimi.
È anche una riflessione sui ruoli. Su tutti i ruoli che sin dalla nascita ci vengono dati. Figlio, compagno, dipendente, lavoratore, marito, padre etc. Credo che sganciati dai ruoli in senso convenzionale e istituzionale si viva meglio e più liberi senza dover necessariamente essere sociopatici.

E tantissime le radici che restano – forse in questo lavoro più del precedente – ancorate all’Italia degli anni ’60. Come mai?

Molto bello quando l’ascoltare ritrova nelle mie canzoni una visione personale. Questo è quello che un disco dovrebbe suscitare. Che ognuno ci ritrovi quello che sente. Così come nel racconto delle canzoni. Mi piace l’idea che tutto non sia detto e scontato.
Non sei, ad ogni modo, affatto fuori strada…

Da poco è finito Sanremo e siamo stati di fronte al solito circo mediatico. Salutiamoci con un tuo commento in merito… speriamo sempre di raccogliere tante voci partigiane per dare un senso a questa rivoluzione…

Senza ipocrisia, non trovo interesse in Sanremo e non l’ho mai provato. È una vetrina che si basa sul compromesso e sulla competizione, entrambe cose che detesto nella musica.
Non mi interessa neanche a dire il vero parlarne più di tanto. Preferisco più che altro concentrarmi sulle mie canzoni e su quelle degli artisti che amo.

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Diremmo che si torna alle origini di un tutto. Diremmo che da quell’esordio ci saremmo aspettati un sequel di livello paragonabile invece di far questo passo indietro verso una dimensione più comune. E per fortuna che, comunque sia, il tiro si mantiente… come dire… in tiro. Andrea Romano, Il Fretello, torna con un nuovo disco dal titolo “La famiglia non esiste” per Minollo Dischi. E da quel progetto “collettivo” di grandi, ora scende in campo da solo e con il suo vero nome. Musica indie, ennesime sfaccettature di questa valanga di pop digitale che dalla sua, in questo caso come in pochi altri, si semina personalità, si arriva ad avere una identità… complice i testi che non sono mai dati per scontato come invece sembra esser prassi nelle liriche di quelli che definiamo poeti di oggi. Non fa poesia, ma canzone d’autore, giovane, fresca, scura nei torni, grigia nelle vedute, antiche di quel piglio retrò che ci piace e non poco. A lui le consuete domande di Just Kids Society:

Parlare di musica oggi è una vera impresa. Non ci sono più dischi, ascolto, cultura ed interesse. Almeno questa è la denuncia che arriva sempre da chi vive quotidianamente il mondo della cultura e dell’informazione. Che stia cambiando semplicemente un linguaggio che noi non riusciamo a codificare o che si stia perdendo davvero ogni cosa di valore in questo futuro che sta arrivando?

L’impoverimento culturale del nostro paese negli ultimi è fuor di dubbio e sotto gli occhi di tutti. 

Si fa più fatica in tutti gli ambiti che per decenni sono stati orgoglio e forza culturale del nostro paese. Il fermento che dal dopoguerra in poi affiorava sempre più forte anno dopo anno nella musica, nel cinema, nella letteratura è un ricordo affievolito e lontano per molti.

C’è da dire però che non tutti hanno dimenticato.

Non tutti hanno lasciato che paura e odio abbiano il sopravvento nella quotidianità.

Mi piace pensare e sperare che le realtà che ogni giorno combattono con le chitarre, i libri e la pellicola faranno dimenticare col tempo i piccoli e beceri capitani dell’odio, del malaffare e dell’impoverimento culturale. 

E se è vero che questa società del futuro sia priva di personalità o quanto meno tenda a sopprimere ogni tipo di differenza, allora questo disco in cosa cerca – se cerca – la sua personalità e in cosa cerca – se cerca –  l’appartenenza al sistema?

“La Famiglia Non Esiste” è una rappresentazione allegorica del nostro Paese,  della nostra Società, della nostra Repubblica.
Non propriamente intesa in senso letterale, ma una fotografia del nostro quotidiano.
Ha personali episodi d’amore, politici, familiari e di lotta. La nostra Italia vista dagli ultimi. 

Vive sul riconoscimento delle differenze che rappresentano la forza di ogni comunità che si rispetti.

Non cerca appartenenza in senso stretto, cerca rinascita, rispetto e amore.

Fare musica per il pubblico o per se stessi? Chi sta inseguendo chi?

Ho sempre avuto un rapporto, per quanto riguarda le mie canzoni, più intenso con lo studio che con i live. Per questo nuovo album invece faremo diverse date. 

Porteremo la “La Famiglia Non Esiste” in giro.

Suoneranno nella band straordinari musicisti, molti dei quali hanno anche suonato nel disco.

E di questo sono molto felice.

E restando sul tema, tutti dicono che fare musica è un bisogno dell’anima. Tutti diranno che è necessario farlo per se stessi. Però poi tutti si accaniscono per portare a casa visibilità mediatica e poi pavoneggiarsi sui social. Ma quindi: quanto bisogno c’è di apparire e quanto invece di essere?

Ovviamente è diventato una necessità veicolare i progetti attraverso i social. Lo dico senza ipocrisia. Per quanto mi riguarda oltre a essere molto timido da questo punto di vista, trovo stucchevole un certo tipo di atteggiamento. Mi limito, con alcuni della band che amministrano la pagina (sono più loro a fare post che io personalmente per una questione appunto di imbarazzo) a far conoscere le uscite, le recensioni, i concerti ma senza mai eccedere. Ad esempio quando uscirà, faro un post su questa bella intervista.

Musica d’autore italiana figlia di un mondo che non ci sta a star comodi sui cliché. Il disco di Andrea Romano, il disco de Il Fratello, oggi suona come il ferro che trovavamo nelle canzoni degli anni ’70, con un gusto maturo per l’elettronica che non soffoca con quell’aria da invasore futurista ma colora con il gusto della semplicità di un tempo. Un’opera dell’arte e dell’ingegno, come questo disco, vuole somigliare alla vita di tutti i giorni oppure cerca un altro punto di vista a cui dedicarsi?

Sono lusingato da queste parole di descrizione. Sicuramente le canzoni parlando davvero di vita vissuta hanno una forte componente del quotidiano in cui navighiamo tutti noi ogni giorno. Hanno però l’evasione emozionale che ogni canzone dovrebbe suscitare nell’ascoltatore. Rispettando sempre le sensazioni uniche e diverse che ognuno può provare.

Parliamo di live, parliamo di concerti e di vita sul palco. Anche tutto questo sta scomparendo. Colpa dei media, del popolo che non ha più curiosità ed educazione oppure è colpa della tanta cattiva musica che non parla più alle persone o anzi le allontana?

Credo sia anche questo lo specchio di un periodo storico non proprio florido. Molto difficile organizzare i tour e a volte in condizioni pessime. Esistono però anche in quest’ambito promoter illuminati che al di là dei quattrini provano ancora grandissime emozioni nell’ospitare progetti che amano.

E quindi, anche se credo sia inutile chiederlo ai diretti interessati, noi ci proviamo sempre: questo lavoro quanto incontra le persone e quanto invece se ne tiene a distanza?

Credo che le mie canzoni arrivino non immediatamente al primo ascolto, ma quando ti entrano dentro non ti lasciano più. Quindi se si ha l’amore dell’ascolto si annullano tutte le distanze avvicinando l’ascoltatore ai mei racconti e ai miei sussurri. Sempre meglio incontrare l’ascoltatore che lasciarlo andare. Credo sia il fine ultimo di chi fa musica. “E poi la gente sa e la gente lo sa che sai suonare.

Suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare”

Così cantava Fabrizio De Andrè nel Suonatore Jones.

E per chiudere chiediamo sempre: finito il concerto di Andrea Romano – Il Fratello, il fonico che musica dovrebbe mandare per salutare il pubblico?

Piero Umiliani & His Orchestra

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Parliamo di quel rock tenue che diviene melodico, di quel modo di essere che si fa italiano, antico per certi versi, moderno per degli altri… e l’elettronica non deve mancare visti i presupposti ma neanche quel certo modo di richiamare la tradizione del bel paese. Certamente “La famiglia non esiste” per chi come Il Fratello aveva costruito tutto su una famiglia di artisti… e ora da solo, Andrea Romano, non perde certo la vena e la creatività e pubblica per Dischi del Minollo un lavoro davvero interessante, pieno di spunti a partire dal bel video di lancio del singolo “Estate”, o il “post rock” di “In quel parco di stelle” o ancora o il surf anni ’60 di “Odio la melodia”… e c’è tanto altro in questo nuovo lavoro de Il Fratello Andrea Romano

Per noi ha una dimensione importante, quasi spirituale quella del ROCK. Parola che raffigura più uno stato di vita, un modo di fare musica e di pensarla. Ecco, in questo senso, quanto “rock” c’è in questo nuovo disco?
Direi tanto considerato anche che è un disco dove le chitarre hanno un ruolo centrale. E’ stato prodotto da me e Barbagallo che indubbiamente abbiamo un amore enorme e incondizionato per un certo tipo di Rock che parte dagli anni ’70 attraversando la New Wave 80’s e arrivando così al Grunge, al Post- Rock e infine all’Indie Americano.
Credo che attraversando le canzoni de “La Famiglia Non Esiste” si percepiscano queste influenze.

In qualche modo vuoi lasciar “vivere” Il Fratello, come figura, come proseguo di quel progetto fortunato. Ma più che altro… perché questo cambio repentino di scena? Perché oggi sei solo Andrea Romano?
Nel primo disco del 2013, cosa anomala per un esordio, avevo tralasciato il mio nome in funzione di quella copertina costruita su una foto originale con la sola scritta “Il Fratello” di cui mi innamorai visivamente.
Ho voluto aggiungere il mio nome solo per una questione di riconoscibilità.
In realtà è cambiato poco, le canzoni, così come nel primo album, sono sempre scritte e prodotte da me.

“La famiglia non esiste”: quali grandi trasformazioni porta con se? Guardando dai tuoi esordi ad oggi?
“La Famiglia Non Esiste” è una rappresentazione allegorica del nostro Paese, della nostra Società, della nostra Repubblica. Non propriamente intesa in senso letterale, ma una fotografia del nostro quotidiano.
Ha episodi d’amore, politici, familiari e di lotta. La nostra Italia vista dagli ultimi.
È anche una riflessione si ruoli. Su tutti i ruoli che sin dalla nascita ci vengono dati. Figlio, compagno, dipendente, lavoratore, marito, padre etc.
Credo che sganciati dai ruoli in senso convenzionale e istituzionale si viva meglio e più liberi senza dover necessariamente essere sociopatici. Ovviamente esiste una evoluzione sia musicale che di scrittura rispetto al primo lavoro. Ogni lavoro porta con se qualcosa di diverso rispetto al precedente, soprattutto il messaggio che si vuole veicolare.

E restando sul tema: cosa significa per te  la famiglia?
Vi rimando alla domanda precedente riguardo all’idea di base sulla quale questo piccolo concept è stato scritto.

E la Sicilia in genere… che ruolo ha avuto in tutto il tuo percorso?
Molto importante come sempre. La Sicilia, sarà scontato dirlo, ma la ami e la odi in ogni momento della vita. Te la porti dentro per sempre con tutta la sua bellezza e tutte le sue contraddizioni.
Un po’ mamma, un po’ puttana. Il senso musicale che ha lo si ritrova in moltissimi aspetti soprattutto naturalistici. Suoni ancestrali che provengono dalla terra e dal mare. Inoltre è piena di talenti e di musicisti di spessore. Credo che la Sicilia “suoni” da sempre e sempre suonerà.

Dalla Sicilia di casa tua all’Abruzzo de I Dischi del Minollo. Da dove nasce questa collaborazione?
Una bella collaborazione con Francesco Strino de I Dischi del Minollo nata nel 2013 con il primo album. Trovare piccole label che con passione portano avanti progetti in cui credono è una grande fortuna.
Mi piace moltissimo questa dimensione quasi artigianale e con Francesco è subito nato un bel feeling sin da quegli anni e sono sicuro andremo avanti per tanto tempo.

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Torna Il Fratello, torna la canzone d’autore di Andrea Romano con questo disco dal titolo “La famiglia non esiste” pubblicato per Dischi del Minollo. E parlando di estetica e di bellezza finiamo nuovamente tra le trame della canzone indie italiana, questo va detto. Ma è anche vera la personalità, la voce, la scelta. Un progetto che sfoglia il passato nella sua ricerca del bello, retrogusti sottili provenienti dagli anni ’60 e ’70, il sapore delle melodie che un poco ricordano l’Italia che c’era… almeno questa è la primissima sensazione che arriva. Andrea Romano è in bilico, tra Il Fratello che accarezzava tante voci nobili, al suo nome che ha il coraggio della propria faccia. La scrittura è un’estensione di se stessi. Le parole sono parte di noi. Anche queste, per quanto ne dica qualcuno, rappresentano una famiglia importante…

Noi parliamo spesso di bellezza. Anche di quella sfacciata, quella bella per le copertine. Ma parliamo anche della bellezza che c’è dietro lo spirito… concetto alto di bellezza. Per te cosa significa questa parola?
Trovo la bellezza negli individui che amano e non odiano. In coloro che hanno rispetto e amore per i diversi e gli ultimi. La trovo nei loro sorrisi e nella loro gentilezza. La trovo nella musica priva delle sovrastrutture. La trovo in chi riesce a scoprire la tenerezza anche nelle nefandezze della quotidianità. La trovo, ovviamente, nel mio pianoforte. In poche parole per me è questo.

Dove cerchi la bellezza in una canzone? E quanto conta la bellezza per la tua canzone?
Non è sicuramente un discorso strettamente tecnico anche se sono molto perfezionista nella ricerca dei suoni e nella composizione. Per quanto mi riguarda considero la bellezza in una canzone quando si riesce ad avere una perfetta traduzione tra il racconto della scrittura e i suoni che lo esprimono.

Che poi esteticamente questo disco è assai eterogeneo. Latente c’è – a mio sentire – un’America noir degli anni ’60. C’è l’Italia anche… c’è una certa controcultura… sono fuori strada? Certo mi sono mantenuto generico per abbracciare tante, forse troppe sfumature…
Molto bello quando l’ascoltare ritrova nelle mie canzoni una visione personale. Questo è quello che un disco dovrebbe suscitare. Che ognuno ci ritrovi quello che sente. Così come nel racconto delle canzoni.
Mi piace l’idea che tutto non sia detto e scontato.
Non sei, ad ogni modo, affatto fuori strada…

Ci sono due momenti, gli ultimi due brani, che mi sono sembrati assai differenti dal mood di tutto il disco. Ho questa sensazioni. In particolare “Mi guarda” sembra quasi sia una canzone pop ordinaria totalmente priva del carattere personale che hai sospeso nelle precedenti scritture…
In realtà “Mi Guarda” racconta un episodio della mia vita molto duro e drammatico. Il fischio iniziale e la sua andatura pop fanno da contrappunto a un periodo molto doloroso.

E torniamo a parlare di estetica. Leggendo questo titolo trovo che sia un’immagine davvero efficace per raccontare la vita, la metafora delle sue difficoltà e quindi la solitudine dell’esistenza di ognuno… tu cosa volevi scriverci dentro?
“La Famiglia Non Esiste” è una rappresentazione allegorica del nostro Paese, della nostra Società, della nostra Repubblica. Non propriamente intesa in senso letterale, ma una fotografia del nostro quotidiano. Ha episodi d’amore, politici, familiari e di lotta. La nostra Italia vista dagli ultimi. È anche una riflessione si ruoli. Su tutti i ruoli che sin dalla nascita ci vengono dati. Figlio, compagno, dipendente, lavoratore, marito, padre etc. Credo che sganciati dai ruoli in senso convenzionale e istituzionale si viva meglio e più liberi senza dover necessariamente essere sociopatici.

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La famiglia non esiste è l’album che segna il ritorno sulle scene di Andrea Romano a sei anni di distanza dal debutto del 2013 con cui il cantautore siracusano si presentò positivamente a pubblico e critica con il moniker de Il Fratello. Le canzoni dell’album pongono domande e indagano alcuni degli aspetti che il concetto di famiglia ha in sé; non ci daranno nessuna risposta e nessuna verità assoluta, ma vale la pena ascoltarle.

La famiglia non esiste è l’album che segna il tuo ritorno sulle scene a sei anni di distanza dal tuo debutto: cosa è successo nel frattempo?

Sono stati anni passati a Roma, collaborando con diversi progetti e passati sostanzialmente a scrivere “La famiglia non esiste”. Ho voluto pubblicare il nuovo lavoro solo nel momento in cui c’era davvero qualcosa da dire. Meglio tacere se non si ha qualcosa di forte da comunicare con le canzoni.

Cosa resta dell’esperienza de Il Fratello?

Il Fratello, come progetto, sono sempre stato io. Collaborando sì, con cari amici e musicisti che stimo, ma, in realtà, ho sempre scritto, prodotto e cantato le canzoni. Rimane sicuramente un bellissimo ricordo dello studio che avevamo e di tempi davvero belli e fitti di fermento e collaborazioni.

Quali sono il pensiero, l’idea, il concetto su cui poggiano i brani del nuovo disco?

“La Famiglia Non Esiste” è una rappresentazione allegorica del nostro Paese, della nostra società, della nostra Repubblica. Non propriamente in senso letterale, ma una fotografia del nostro quotidiano. Ha episodi d’amore, politici, familiari e di lotta. La nostra Italia vista dagli ultimi. È anche una riflessione sui ruoli, su tutti i ruoli che sin dalla nascita ci vengono dati: figlio, compagno, dipendente, lavoratore, marito, padre etc. Credo che sganciati dai ruoli in senso convenzionale e istituzionale si viva meglio e più liberi senza dover necessariamente essere sociopatici.

In che modo Carlo Barbagallo ti è stato utile nella costruzione di una identità musicale più personale?

Il disco è stato registrato e prodotto in una piccola villetta in campagna da me e Carlo Barbagallo divertendoci moltissimo e sganciandoci dall’idea di studio. Hanno collaborato tanti e bravissimi musicisti: Peppe Sindona (Albanopower, Colapesce, Mario Venuti, Cesare Basile etc.), Marco Caruso (Twig Infection), Mauro Felice (Suzanne Silver), Sergio Battaglia, Graziano Latina e ha come ospiti Marcin Oz fondatore dei The Whitest Boy Alive, Federica Faranda dei Locomotiv, Alì ed Elaine. Molti amici hanno contribuito alla produzione esecutiva (Andrea Cardone, Dante Rapisarda, Federico Ares, Davide Branciamore). Con Carlo Barbagallo è stato bellissimo lavorare per mesi  a quattro mani senza mai prevalere l’uno sull’altro. Inoltre siamo davvero molto simili artisticamente, abbiamo ascolti molto vicini e un’idea di suono assolutamente comune.

Domanda nonsense: ma la Sicilia, musicalmente parlando, che senso ha?

La Sicilia, sarà scontato dirlo, la ami e la odi in ogni momento della vita. Te la porti dentro per sempre con tutta la sua bellezza e tutte le sue contraddizioni. Un po’ mamma, un po’ puttana. Il senso musicale che ha lo si ritrova in moltissimi aspetti soprattutto naturalistici,  in suoni ancestrali che provengono dalla terra e dal mare. Inoltre è piena di talenti e di musicisti di spessore. Credo che la Sicilia “suoni” da sempre e sempre suonerà.

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Ti butto qui le mie impressioni, vediamo che ne pensi… C’è un’aria antica, vintage in questo disco… molte forme di queste scritture mi riportano ad uno strano shoegaze di stampo americano ma anche di quell’Italia Anni ’70…
Per me è un grandissimo complimento. Sono cresciuto con quelle sonorità e il fatto che si percepiscano ha per me molta importanza.
Avere la sensazione di un disco fuori dal tempo.

Secondo me, in questa attualità, siamo un po’ “vittime” del concetto antico di  famiglia… e penso che in questo disco, a tratti, venga fuori anche questo, non è così?
Ogni ruolo ha una una componente che ci rende vittime. Vittime di responsabilità imposte, vittime di una morale obsoleta e bigotta, vittime di sgobbare 12 ore al giorno per delle briciole. Sganciati da certi ruoli si vive oggettivamente meglio e soprattutto si vive liberi.

Cito testualmente dalle tue descrizioni:  “possiamo rendere questa tempesta un valzer e farci promesse sui mai, ma l’unica parola che davvero conta è il silenzio”. Cos’è per te il silenzio? Una forma di verità o di purificazione dalle bugie?
Il silenzio innanzitutto è assenza di sproloquio. E di questi tempi è molto difficile ascoltare discorsi concludenti e che abbiano un senso.
Inoltre il silenzio è ascolto e partecipazione. Nella vita, come nella musica, è molto meglio tacere se non si ha un granché da dire.

Perché odi le melodie?
In realtà non le odio così tanto. “Odio la Melodia” è una canzone con una forte componente umoristica e un brano con molta melodia nel cantato. Diciamo che sono un tipo più da strofa e mi piaceva sottolineare il sussurrato dei miei racconti.

“In quel parco di stelle” mi riporta tremendamente alle liriche e alle produzioni di Beck in “Sea Change” del 2002… cosa ne dici?
Sono lusingato. “Sea Change” è un disco che ho amato tantissimo (se non mi sbaglio prodotto da Goldrich…).

E a chiudere: trovo particolare cura nei fiati che forse sono il carattere portante per un certo sapore vintage… in generale che suono hai cercato di inseguire?
Il disco è stato prodotto da me e Barbagallo in un piccola villa in campagna in provincia di Siracusa. Abbiamo registrato sganciati dagli orari ferrei dello studio e questo ha permesso di sperimentare parecchio. Molto spesso è la canzone stessa che ti indica la direzione.
Così è stato. I fiati sono stati una necessità indicata dalle canzoni.

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   IL BLOG DELL'ALLIGATORE

Come è nato La famiglia non esiste?
 
La Famiglia Non Esiste è una rappresentazione allegorica del nostro Paese, della nostra Società, della nostra Repubblica.
 Non propriamente intesa in senso letterale, ma una fotografia del nostro quotidiano. 
Ha episodi d’amore, politici, familiari e di lotta. La nostra Italia vista dagli ultimi.
 
Perché questo titolo? Un titolo forte...
 
Volevo appunto suscitare nell’ascoltatore una scossa sin dal titolo. Un contrasto con la dolcezza di alcune canzoni e una conciliazione con la poetica dura di certi brani.
 
Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
 
Il disco ha preso forma pian piano. Avevo un’idea iniziale e la precisa intenzione di rendere le canzoni vicine e legate da una scrittura comune. Mi sono poi reso conto che stava prendendo la forma di un vero concept, dove la società e la famiglia erano centrali. Per questo ci sono episodi diversi ma che fondamentalmente trattano un unico argomento.
 
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione de La famiglia non esiste?
 
Il disco è stato registrato e prodotto da me e Carlo Barbagallo in una piccola villa in campagna in provincia di Siracusa. A casa di un amico fraterno, Branciamore. Già questo ha reso la lavorazione piena di episodi e di un’energia che difficilmente ho trovato in studio precedentemente. Il fatto di essere più o meno slegati da orari di lavoro ha reso tutto molto più divertente. E poi abbiamo fatto tanti bbq…
 
Se il tuo album fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
 
Sostanzialmente la risposta alla terza domanda.
 
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero dell’intero disco? … che ti piace di più fare live?
 
Sarà scontato da dire, ma amo tutti i brani nello stesso modo. Inoltre c’è sempre qualcosina di piccolo, che nel mio modo di lavorare abbastanza maniacale avrei cambiato l’ultimo istante, cosa ovviamente impossibile da fare. Bisogna mettere un punto. Nel live mi divertono molto i brani col sax e il violino.
 
Come è stato produrre La famiglia non esiste? Ci sono un sacco di belle realtà in fase produttiva: I Dischi del Minollo, Stero Dischi, Noja Recordings …
 
Come dicevo prima, molto divertente. Un lavoro di produzione fatto a quattro mani con Carlo Barbagallo per Noja Recordings in un contesto molto rilassante e suggestivo. Hanno suonato eccellenti musicisti e vorrei ringraziare di cuore Francesco Strino de I Dischi del Minollo, Mauro Felice di Stereo Dischi, Luca Stante di Believe, Audioglobe e Sfera Cubica, il mio ufficio stampa dal 2013. Inoltre Andrea Cardone, Dante Rapisarda, Federico Ares e Davide Branciamore, che hanno aiutato con un loro contributo la produzione esecutiva.
 
Copertina geometrica, di forte impatto. Come è nata? Chi l’artefice?
 
La foto è stata scattata dalla mia compagna Alessandra al Mudec di Milano. Una foto fatta d’istinto di cui mi sono subito innamorato. La trovo anche molto in linea col titolo.
 
Come presenti dal vivo il disco?
 
Stiamo proprio in questi giorni pianificando la band. Seguiremo gli arrangiamenti (molto fitti nel disco) insieme con una buona dose di improvvisazione psichedelica che ci contraddistingue sempre dal vivo.
 
Altro da dichiarare?
 
Grazie per la bella intervista a presto
 
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Andrea Romano / Il Fratello: cosa significa? 

Io ho fatto il primo disco nel 2013. Tuttavia, questa prima uscita era un po’ anomala: avevo il nome dell’artista e il nome dell’album uno a fianco all’altro. Tutti hanno interpretato che il nome d’artista, Andrea Romano, e il titolo dell’album, il Fratello, fossero una cosa sola. La scelta quindi è stata quella di non rilanciarmi ex novo, ma di prendere la scia di un mio lavoro precedente.

Nel tuo ultimo album, La famiglia non esiste, io ho percepito una sorta di scontro tra la tua musica e i temi trattati dai tuoi testi. Le hai pensate o è una mia interpretazione? 

Intanto sono contento che le interpretazioni della mia musica e delle mie canzoni siano tante. Il messaggio deve cambiare in base all’ascoltatore. Il titolo dell’album è un titolo che può essere fuorviante; quando parlo di famiglia, infatti, non parlo di famiglia intesa come nucleo famigliare, ma più come allegoria del nostro Paese e della nostra società, quindi anche della terra in cui vivo. E inoltre, abbiamo l’idea del ruolo, come quello di lavoratore, compagno, padre che sono pienissimi di contraddizioni, soprattutto in una terra dura e complicata come la Sicilia, che è anche madre di tutti i noi. 

Il mio disco vive sulle contraddizioni; siano essere dei ruoli, dei politici, di quelli di coppia. E l’idea è che senza ruoli così fissi, forse, ci si sentirebbe più liberi. 

 

Ma quale è stata la lente che hai dovuto indossare per vedere queste relazioni e portarle poi in musica?


Quando ho iniziato a scrivere queste canzoni, io facevo un lavoro di ufficio che mi rinchiudeva. E ho scritto. Scritto del rapporto coi miei, con la politica, con le mie conoscenze. Piano piano poi mi sono reso conto che le canzoni potevano avere un filo che le univa, un concept intorno al quale giravano i miei testi. Io non ho scritto le canzoni per il disco. Ma il disco è nato dalle canzoni, e dallo stato d’animo che tra il 2014 e 2015 – anni in cui ho scritto le canzoni – avevo. 

Vero che, tornando a citare il conflitto, la musica che ci proponi tu va in conflitto duro con la musica del mercato italiano di oggi. Come vivi il confronto della tua musica con questa che oggi domina le classifiche italiane?

Anche dal punto di vista musicale e letterario, questo disco è stato registrato in una piccola villa di campagna, fuori dallo studio di registrazione che mi ha permesso di lavorare con Barbagallo, l’altro produttore, in una maniera molto tranquilla. Distaccandoci da quelle che sono le maggiori regole della musica italiana: 3 minuti perché passi in radio, o le sonorità. Io non sono il musicista che vuole scrivere perché vuole arrivare primo sulla classifica di Spotify. Ma io voglio stare fuori dal quadrato che ci presentano le grandi o piccole etichette, o il mercato radiofonico. Io non volevo finire come la maggior parte degli artisti che pubblicano oggi. Io volevo fare un disco slegato un po’ da tutto. Questo perché ho poca fiducia nel vivere di musica. Il fatto è che oggi come oggi sembra impossibile. Forse se avessi iniziato a pubblicare nel ’90, insieme ai primi aritsti indie, forse si. Ma ora no. Per come le cose vanno ora, abbiamo coscientemente deciso fot***cene allegramente.

E i progetti futuri? Quali sono?

In questo momento non abbiamo ancora date, ma si parla di inizio 2020. Da giù arriveremo fino a su e mi auguro di poterti dare molte più informazioni più avanti. 

E voi? Ci fate sapere cosa pensate de La famiglia non esiste?