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interviste TV LUMIERE

“Avrei dovuto odiarti” è il quarto album dei Tv Lumière, uscito 22 marzo per l’alternative label I Dischi del Minollo. Gli aneliti noise-rock e dark (band di riferimento Swans, Nick Cave and the Bad Seeds, Ulan Bator e Sonic Youth) lasciano spazio ad atmosfere folk, dove i testi diventano un canale comunicativo necessario quanto il motivo sonoro.
Ancora una volta la band di Terni ci incanta con delle epifanie di suono e prosa che evocano la migliore letteratura cantautorale italiana. Le nove canzoni, che godono del magistrale aiuto di Carlo Zambron alla registrazione, sono: “un intrigo di oscure ballads dalle melodie ammalianti, muri di suono e violenti assalti chitarristici, in pieno stile TV Lumière”.
I TV Lumière sono Federico Persichini alla chitarra e voce, Ferruccio Persichini alla chitarra, Yuri Rosi alla batteria e Alessandro Roncetti al basso.
Abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistare la band rappresentata da Federico per scoprire qualche dettaglio in più sul disco e sui progetti futuri della band.

SGW: Nel 2011 il terzo album “Addio Amore Mio” e poi nel 2019 il quarto album “Avrei Dovuto Odiarti”. Che è successo in questo lasso di tempo tra i due album ?
Federico: Ciao, e grazie per l’invito. Tante cose sono successe in questo lasso di tempo. Abbiamo sempre iniziato a lavorare sui nuovi album a circa un paio d’anni di distanza dall’uscita dei precedenti, per dare più spazio ai concerti. In questo caso, oltre a questi tempi fisiologici si sono aggiunti un paio di avvenimenti importanti che hanno destabilizzato il gruppo ed il suo cammino interrompendolo per un paio d’anni in cui, tuttavia, abbiamo continuato ad incontrarci. Il primo dei due avvenimenti è stato l’incidente occorso a Ferruccio nel 2014 che lo ha tentuto immobilizzato per alcuni mesi ed al quale è seguito un lungo periodo di riabilitazione. Quando le cose sembravano risolte per il meglio, Irene, la nostra storica bassista, ha lasciato il gruppo. Abbiamo quindi valutato per un periodo i profili di diversi bassisti di nostra conoscenza ed individuato in Alessandro la persona giusta. Questo ed il periodo seguente, in cui abbiamo lavorato per trovare una sintonia con il nuovo arrivato, hanno fatto sì che trascorressero ulteriori mesi. Infine abbiamo iniziato a lavorare sul nuovo disco verso l’inizio del 2016. La creazione dell’album è durata due anni ed abbiamo impiegato circa un anno per tutto il lavoro di post produzione. Tuttavia in quel periodo abbiamo anche tenuto alcuni concerti.

SGW: Come è cambiato, se è cambiato, in vostro modo di approcciarvi alla musica ?
Federico: Siamo sicuramente maturati ulteriormente, con nuove influenze e la tendenza a sentirci influenzati soprattutto dai nostri lavori precedenti, con una significativa evoluzione di carattere espressivo/vocale. Per il resto non è cambiato poi di molto, a livello creativo abbiamo sempre tante idee. Il fatto di non aver prodotto dischi per un lungo periodo di tempo è stato in fondo anche un’opportunità in quanto è stato come accumulare energie ed idee per un periodo più vasto che poi abbiamo canalizzato per rendere questo lavoro più omogeneo. In questo disco inoltre, un solo brano è stato creato attraverso improvvisazione, per il resto sono nati da idee individuali (mie e di mio fratello Ferruccio) che poi abbiamo presentato al resto dei componenti del gruppo che successivamente hanno creato i loro arrangiamenti strumentali. Comunque rimaniamo sempre aperti a nuove contaminazioni e sperimentazioni.

SGW: Parlateci un pò di questo quarto album !
Federico: Non vedevamo l’ora che uscisse! Ha avuto veramente un lungo periodo di gestazione. Soprattutto siamo stati molto attenti ai dettagli, dopo questa lunga attesa volevamo tornare con un buon lavoro. Dalle prime impressioni sembra che sia apprezzato, noi ne siamo pienamente soddisfatti. Il disco è composta da 9 canzoni, a differenza dei precedenti, a parte in un paio di episodi, ai brani abbiamo dato una forma-canzone un po’ più definita ed anche i tempi di durata si sono leggermente ridotti. Non era nostra intenzione stravolgere il nostro modo di comporre infatti, nel complesso, non si allontana poi tanto dai precedenti, il sound è sempre lo stesso, ma lo trovo più innovativo e più curato nelle parti vocali, soprattuto nei cori. In fase di registrazione abbiamo avuto a disposizione molto tempo, in cui ci siamo spesso confrontati ed abbiamo anche ridefinito alcune parti, migliorandole. Con Carlo Zambon abbiamo instaurato da subito un buon rapporto e ci ha dato qualche bel consiglio che solo chi non ha composto i brani ha il giusto distacco per darne. In fase di mix, ci siamo affidati a Giorgio Speranza che ci conosce da sempre, e riesce sempre a capirci al volo e a trovare le soluzioni migliori, così come Alessandro Beltrame che, come Giorgio, aveva già partecipato alla produzione del nostro disco precedente.

SGW: Di cosa parlano i testi ?
Federico: I testi sono ambientati nei primi decenni del novecento e parlano di scenari bellici riguardanti il primo conflitto mondiale, di traversate oceaniche e di amori perduti, spesso trattati dal punto di vista dello scrittore, a volte da quello di relativi personaggi immaginari. Alcuni poi rimandano a nostri vecchi brani, con riferimenti ambientali ed a volte a livello narrativo sono il prosieguo di storie del disco precedente, come Sonny J. Barbieri lo è di Transoceanica e L’indifferenza lo è de La condanna. A livello stilistico resta sempre la vena minimale ed ermetica, salvo in un paio di canzoni che sono un po’ più descrittive.

SGW: Quanti brani avete lasciato fuori dal disco?
Federico: Purtroppo un paio. Dico purtroppo perché erano due bei brani, uno però si allontanava un po’ troppo dallo stile del disco, il secondo invece era troppo simile ad un altro. È naturale che ci sia la necessità di dover lasciare fuori dei brani ed è capitato anche nei dischi precedenti, forse in futuro li inseriremo tutti in una raccolta, chissà!

SGW: Porterete in giro per palchi questo vostro album ?
Federico: Certamente! Lo stiamo già facendo ed in autunno suoneremo anche in alcuni teatri. Inizialmente faremo diverse date nel centro Italia, ma stiamo valutando alcune date nel resto della penisola e qualcosa anche in Germania.

SGW: E dopo “Avrei Dovuto Odiarti” che succederà ?
Federico: Chi può dirlo? La nostra intenzione è quella di fare ancora dischi, siamo un vulcano di idee e sicuramente le svilupperemo appena sarà il momento opportuno. Intanto fra qualche settimana è prevista l’uscita di un primo video ufficiale, è già in lavorazione da diversi giorni.

SGW: Saluti i nostri lettori come preferisci !
Federico: Un caro saluto ai lettori di SOUNDSGOODWEBZINE dai TV Lumière e grazie per averci dedicato il vostro tempo!

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I TV Lumière sono Federico Persichini alla chitarra e voce, Ferruccio Persichini alla chitarra, Yuri Rosi alla batteria e Alessandro Roncetti al basso. “Avrei dovuto odiarti” è il quarto album dei Tv Lumière da noi qui(link) recensito. System failure ha intervistato i TV Lumière. Leggete cosa hanno da dire…

Benvenuti su System failure. Ci parlate del vostro percorso artistico fino a qui?

Federico: Grazie per l’invito, innanzi tutto. I TV Lumière nascono nei primi mesi del 2001 da un’idea mia e di mio fratello Ferruccio e la collaborazione di Yuri. Dopo alcuni progetti di musica d’avanguardia (con liriche in inglese), sviluppati nella seconda metà degli anni 90, abbiamo avuto l’esigenza di ricercare un nuovo sound, ispirati dagli ascolti di Swans, Ulan bator, Nick Cave and the Bad seeds e Dirty three, dando anche una svolta espressiva nella ricerca di uno stile lirico innovativo, con grande attenzione ai testi. Da subito abbiamo riscosso importanti consensi esibendoci in diversi concerti in Italia e talvolta anche all’estero. L’incontro con Amaury Cambuzat ci ha aperto poi scenari inaspettati, è stata infatti importantissima la produzione di due dei nostri dischi da parte sua. Stilisticamente il nostro modo compositivo era molto incentrato su una forma canzone molto particolare, i brani attraversavano diversi momenti, con parti a tratti melodiche ed improvvise esplosioni e le canzoni avevano una durata media abbastanza lunga. Dopo diversi anni di attività, intorno ad 2015, Irene, la bassista storica, ha lasciato il gruppo ed è stata sostituita da Alessandro Roncetti, con il quale abbiamo lavorato duramente nella costruzione di questo nuovo album, dove abbiamo ulteriormente perfezionato il nostro sound con una grande ricerca, prendendo spunto anche da nuove influenze. Nel tempo il nostro sound, a mio avviso, ha attraversato diversi momenti ed ha avuto una evoluzione graduale, negli ultimi dischi possiamo tranquillamente dire di non avere più importanti influenze esterne ma ci stiamo auto-influenzando.

Come è nata in voi la passione per la musica?

Personalmente ricordo sin da piccolo di aver amato la musica, i miei mi raccontano che cantavo continuamente canzoni e spesso con mio fratello ed alcuni cugini ci divertivamo ad improvvisare, incidendo su nastro, testi di vario genere su musiche improponibili … ancora ne ricordo qualcuna. Un altro cugino ascoltava continuamente Depeche Mode, Kraftwek e CCCP e per quanto eravamo piccoli, la cosa non ci lasciò indifferenti. Da adolescente ero innamorato degli U2 (anni 80) e di Franco Battiato, poi ho affinato i miei gusti. Un giorno nostra nonna ci regalò la prima chitarra e, con Ferruccio, iniziammo a suonarla a turno. Io e mio fratello, con il quale ho una totale simbiosi musicale, siamo sempre andati alla ricerca di nuovi ascolti e ricordo che tornavamo dai nostri primi viaggi all’estero con buste piene di vinili e cd, abbiamo speso una fortuna in musica ma credo che meglio non avremmo potuto spendere! Infine, un nostro amico ora scomparso, un giorno ci regalò una musicassetta: lato A – Children of God degli Swans, lato B – Evol dei Sonic Youth, ritengo che questo evento abbia condizionato fortemente il nostro percorso di crescita musicale.

Come prendono forma le vostre canzoni?

Inizialmente le nostre canzoni nascevano al buio, in sala prove, con la fioca luce di un vecchio televisore mal sintonizzato, questo ci ispirava e soprattutto ci faceva raggiungere un tale punto di creatività e di simbiosi musicale irripetibile. Nel tempo abbiamo poi proceduto portando delle idee individuali, io e mio fratello, a volte abbiamo creato anche insieme degli spunti che poi venivano arrangiati in studio. Talvolta continuano a nascere da improvvisazioni. In “Avrei dovuto odiarti” sono presenti 4 brani che ho ideato io, altri 3 mio fratello, una nasce da improvvisazione ed una è stata arrangiata dal nostro nuovo bassista su un’idea iniziale di Ferruccio. Tuttavia spesso le idee iniziali vengono modificate finché non raggiungiamo la nostra soddisfazione. I testi ed i cantati, nascono sempre successivamente alla creazione delle musiche, in quanto esse devono creare l’atmosfera e l’ambientazione delle storie.

Quando e come è nata l’esigenza di realizzare “Avrei dovuto odiarti”? Ci parlate della sua genesi?

L’esigenza di fare dischi è una delle nostre ragioni di vita. La gestazione di questo album è stata lunghissima, circa 2 anni per crearlo ed un ulteriore anno fra registrazione e post produzione. Avevamo sin da subito un’idea su alcuni piccoli cambiamenti da apportare al nostro modo di fare musica, senza stravolgimenti e prima di raggiungere l’obiettivo abbiamo dovuto rivedere più volte tutti i brani. Anche il cambio di un componente è una fase importante nella vita di un gruppo, in quanto in ogni persona sono presenti influenze e stili diversi dagli altri e per trovare un punto di incontro ci vuole sempre un bel po’ di studio e la volontà di avvicinarsi gli uni agli altri.

Dove è stato registrato “Avrei dovuto odiarti”? Che tecnica di registrazione è stata usata?

“Avrei dovuto odiarti”(cover subito sopra) è stato registrato in parte al Pan Pot di Terni con tecnica digitale tradizionale, in parte nei sotterranei di una chiesa a Calvi dell’Umbria, all’occorrenza adibita a studio di registrazione (mobile), in piccola parte in uno studio di Roma. Ci siamo avvalsi della collaborazione di Carlo Zambon in qualità di produttore artistico, di Alessandro Beltrame per la registrazione della batteria e Giorgio Speranza (UTO) al mix e al mastering.

Con quale criterio avete scelto i brani contenuti nel disco? Su quale mi dovrei soffermare e perché?

Sai, il criterio di scelta dei brani è sempre lo stesso, i brani per appartenere allo stesso disco devono rispondere a degli standard da noi prefissati e devono avere delle caratteristiche e delle affinità fra loro, per cui alla fine rendano il disco il più possibile omogeneo. Tuttavia se un gruppo ha una propria identità ed uno stile definito, seppure 1 o 2 brani si discostano leggermente dagli altri, riescono ad amalgamarsi lo stesso senza creare squilibri. Comunque rispetto ai brani costruiti inizialmente ne abbiamo tolti soltanto un paio, perché non ci convincevano troppo, anche se erano dei bei brani. Per ogni nostro disco abbiamo fatto una selezione, non siamo proprio abituati ad inserire forzatamente canzoni all’interno di essi. Per rispondere alla seconda domanda… noi stessi abbiamo ognuno la nostra canzone preferita all’interno di questo disco, ogni ascoltatore avrà la sua e non ce ne sono di più o meno significative. Personalmente ti dico che in questo momento adoro “L’indifferenza”, suonarla mi dà un’emozione particolare e credo sia uno dei migliori brani che abbiamo mai scritto, credo che questo brano sia una sintesi di ogni sfumatura del nostro genere musicale. Però ripeto, ognuno avrà la sua canzone preferita.

Ci parlate della cover del disco?

Bene, se il disco ha avuto una lunga gestazione, lo stesso posso dire della cover. In passato abbiamo quasi sempre delegato ad altri questo lavoro, tuttavia questa volta mi sentivo ispirato ed ho voluto farla io, l’ho disegnata e mi sono anche occupato dell’impostazione grafica e di tutta la produzione. Dopo diverse bozze, piuttosto interessanti ma con altri soggetti, ho voluto sovrapporre due quadri che ho dipinto anni fa ed il risultato, un po’ fumettistico, è quello che ad un certo punto mi ha di più convinto. Credo dia una certa riconoscibilità al disco. C’è sullo sfondo una natura morta domestica, ed un ragazzo (che potrebbe essere il nostro Sonny J. Barbieri) seduto e pensante ad un tavolo con un quaderno ancora in bianco in cui sta progettando il suo viaggio oppure sta cercando di mettere insieme le parole scritte alla rinfusa sul banco per crearne un testo. Sul retro, sullo stesso sfondo, una coppia, forse i genitori, si stanno ignorando, che sia una delle cause della sua partenza? Lo sto ancora interpretando.

Quanto è importante la tecnica nella produzione musicale?

La tecnica è sempre importante, anche nell’arte, tuttavia senza la creatività rimane sempre un inutile esercizio di stile. Abbiamo sempre pensato che la nostra musica dovesse suscitare emozioni nell’ascoltatore, la tecnica è uno dei mezzi per arrivarci, ma l’anima dell’artista è più importante. Pensandoci bene non mi sono mai innamorato della bravura tecnica di un artista ma di quello che mi trasmetteva.

Quanto è importante trasmettere poesia con le proprie canzoni?

Per noi è fondamentale, tuttavia la poesia deve partire innanzi tutto dalla musica e da ciò che essa di per se evoca.

Se la vostra musica fosse un quadro a quale assomiglierebbe?

“Dazzle-ships in Drydock at Liverpool” di Edward Wodsworth.

Qual è il suono a voi più affine?

Le campane, la pioggia, il silenzio.

C’è un filo rosso che lega le vostre canzoni?

Attualmente possiamo dire che all’interno dei nostri dischi le canzoni siano legate fra loro a gruppi di due o tre, sia dal punto di vista del sound o compositivo, che degli argomenti trattati. I nostri testi parlano di amori perduti e dei sentimenti ad essi legati, a scenari di contorno a periodi di guerra, di traversate oceaniche e dei relativi arrivi nelle nuove terre. A tratti alcune canzoni traggono spunto da canzoni presenti nei vecchi dischi o ne fanno riferimento, come ad esempio ne “L’indifferenza” c’è un riferimento a “La condanna” e “Sonny J. Barbieri” è il prosieguo di “Transoceanica”, entrambi brani contenuti in “Addio! Amore mio”.

Quali sono gli artisti che hanno maggiormente influito sulla vostra personalità artistica?

Ognuno di noi ha (o ha avuto) i suoi eroi. Quelli che ci accomunano potrebbero essere: Moravia, Ungaretti, The Swans, Klaus Kinski, Nick Cave, De Chirico, Sergio Leone, Ennio Morricone.

Un album che ha lasciato un segno indelebile nella vostra memoria…
Children of God (The Swans).

Per affermarsi conta più il talento o lo studio?

Credo non si possa fare a meno né dell’uno né dell’altro, ma ci sono anche altre componenti che non vanno sottovalutate.

Vi hanno mai proposto di scrivere una colonna sonora?

Ne facciamo di continuo, non vogliamo togliere il dono dell’immaginazione agli ascoltatori.

Per finire, salutate i nostri lettori…

Un grande saluto ai lettori di System Failure dai TV Lumière.

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     IL BLOG DELL'ALLIGATORE

Come è nato Avrei dovuto odiarti?
Un saluto ai lettori e grazie per l’invito. Avrei dovuto odiarti nasce con l’esigenza di dare un seguito ai lavori precedenti, attraverso un processo di evoluzione del nostro sound. Abbiamo impiegato molto tempo per realizzarlo, mettendo insieme delle nuove idee, nel lasso di tempo intercorso dall’uscita del disco precedente, secondo noi è stato un periodo importante che ci ha dato nuovi stimoli e idee molto interessanti da sviluppare. Pur con l’intenzione di non allontanarci dal nostro particolare stile avevamo l’idea di dare alla luce un lavoro che fosse una sintesi dei lavori precedenti a livello compositivo e strumentale, ma sentivamo il bisogno di dare un tocco particolare a livello espressivo/vocale.
Perché questo titolo?
Bella domanda! Abbiamo impiegato circa un mese per trovare il titolo giusto. Non siamo il tipo di persone che fanno le cose seguendo un preciso iter o dei percorsi prestabiliti, siamo molto istintivi ma nello stesso tempo mettiamo molta attenzione nei dettagli. Un titolo secondo noi non deve essere forzato. Soprattutto non deve essere stabilito prima di concepire il disco altrimenti finisce per condizionarlo. Quindi a lavoro finito lo abbiamo ascoltato molto per trovare il titolo che potesse accomunare i vari testi, le atmosfere e che stesse bene a livello estetico nella copertina. Il titolo è una cosa importante perché definisce in una parola o in una frase un intero album. Avrei dovuto odiarti porta con sé i titoli dei precedenti dischi dove la linea sottile fra amore e odio ne è sempre stata il filo conduttore. Nello specifico caso ci è piaciuto il fatto di utilizzare come titolo del disco la prima frase che si ascolta in esso, infatti il brano L’indifferenza inizia con la frase Avrei potuto odiarti riferita a un amore perduto, per dare un senso che accomunasse anche le altre canzoni abbiamo cambiato il verbo da potuto a dovuto, in quanto essendo presente all'interno del disco anche il tema della guerra (in particolare scenari riguardanti il primo conflitto mondiale) ci piaceva sottolineare quel sentimento che tutti i combattenti in un modo o nell’altro si trovano ad affrontare prima di sparare al nemico, uno sconosciuto con una propria storia che si sono trovati nella necessità di uccidere senza provare un vero e proprio odio personale, e che tuttavia nella vita si ripresenta anche nei momenti in cui uccidiamo qualcuno anche in senso figurato, solo magari perché qualcuno o qualcosa lo rende necessario contro la nostra volontà.
Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Dopo la sostituzione di Irene, la vecchia bassista, con Alessandro, abbiamo avuto un periodo di adattamento abbastanza lungo, con idee, proposte e stili diversi. Tuttavia abbiamo subito iniziato a proporre dei brani nuovi, portando delle idee da sviluppare e arrangiare. In questi casi ci è sempre capitato di impiegarci un po’ per tirare fuori il primo brano, ma, una volta sviluppato, tutti gli altri vengono da sé, è come accendere una miccia. Normalmente questo brano ha già di per sé uno stile abbastanza definito e finisce per influenzare i brani successivi. In questo caso il primo brano proposto è stato Canzone Bianca la quale ha dato una prima impronta al lavoro, ma forse è stata Sonny J. Barbieri che in seguito ha indirizzato maggiormente l’album. Poi strada facendo abbiamo creato altri brani, tuttavia quelli che hanno fatto da raccordo con tutta la produzione sono stati gli ultimi creati. Una volta ultimati i primi 4 brani li abbiamo registrati in studio per capire le loro potenzialità o le criticità, dopo un paio di anni, una volta definite tutte le canzoni, siamo entrati in studio e abbiamo iniziato le riprese. In circa 3 sessioni, in altrettanti studio di registrazione abbiamo ultimato il lavoro.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione dell’album?
In generale durante la lavorazione siamo stati molto concentrati, certo, conoscendoci tutti da tanto tempo ed essendo anche buoni amici non mancano mai episodi simpatici e situazioni divertenti. La collaborazione con Carlo Zambon poi è stata molto importante, credo di poter dire che siamo andati dritti verso l’obiettivo senza distrazioni e si è creato un clima collaborativo, fatto di proposte interessanti da parte di tutti che a volte hanno modificato sensibilmente ma in maniera interessante alcune soluzioni strumentali.
Se Avrei dovuto odiarti fosse un concept-album su cosa sarebbe? … anche a posteriori.
Sicuramente a posteriori, in quanto non nasce con tale intento. I brani sono affini a livello di testi a gruppi di 2-3. Se dovessi pensare a un filo conduttore che li lega direi assolutamente l’ambientazione storica, intorno ai primi decenni del secolo scorso. Un tema che potrebbe accomunarli, la forte attenzione verso i sentimenti e gli stati d’animo o anche i pensieri e i ragionamenti che affiorano alla mente dei personaggi. Tuttavia i testi parlano di guerra, di traversate oceaniche e di amori perduti, quindi, in qualche modo, di condizioni di costrizione che i nostri personaggi si trovano ad affrontare.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri dell’intero disco? … che vi piace di più fare live?
Federico: personalmente provo un grande piacere nel suonare tutti i brani contenuti nel disco, ancora non ci sono brani che mi entusiasma di meno suonare … Come è fisiologico che accadrà in futuro. In assoluto il brano di cui vado più fiero è L’indifferenza, forse il brano più rappresentativo dell’album ed anche il più complesso.
Come è stato produrre il disco con Dischi del Minollo? Label ormai storica … come è nata e sviluppata la collaborazione?
Con i Dischi del Minollo ci stiamo trovando benissimo. Molto professionali ed attenti, devo dire che raramente ho trovato un così diretto e stretto rapporto con una label e soprattutto persone serie e disponibili come Francesco Strino e i suoi collaboratori come Daniela Nativio. Ci siamo conosciuti tempo fa e abbiamo pensato di proporre a loro questa collaborazione, in quanto conoscevamo le loro attitudini e i loro gusti. La collaborazione è nata nel mese di febbraio in un bar di Lanciano. Speriamo di continuare su questa strada.
Bella la copertina, fuori dal tempo e dallo spazio … come è nata? Di chi è opera?
Federico: Grazie per il complimento. È stata anch’essa frutto di un lungo lavoro, diversi tentativi ed esperimenti. In passato abbiamo quasi sempre delegato ad altri questo lavoro, tuttavia questa volta mi sentivo ispirato ed ho voluto farla io, l’ho disegnata e mi sono anche occupato dell’impostazione grafica e di tutta la produzione. Nasce tecnicamente dalla sovrapposizione di due quadri che ho dipinto anni fa e il risultato, un po’ fumettistico, è quello che a un certo punto mi ha di più convinto. Credo dia una certa riconoscibilità al disco.
Come presentate dal vivo l’album?
In maniera tradizionale, suonandolo… Sono in programma alcuni concerti ma stiamo lavorando per il prossimo autunno a un tour dove suoneremo fra l’altro, in alcuni teatri.
Altro da dichiarare?
Ti ringraziamo ancora per l’attenzione.

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SGW: Quando ed in che modo avete iniziato il vostro percorso nel mondo underground ?
TVL: Come molti figli degli anni 90 abbiamo iniziato ascoltando i Nirvana, poi pian piano abbiamo allargato i nostri ascolti, soprattutto attraverso le cassette che ci passavano gli amici più grandi, in un paese come il nostro, noi veniamo da una piccola cittadina del sud dell’Umbria, era davvero difficile condividere musica con altre persone. Ricordo una cassetta doppiata con i Nirvana in un lato e i Joy Division dall’altro, poi quella di murder ballads di Nick Cave, ma ancor più fondamentale fu la serata in cui in maniera del tutto casuale mi ritrovai in macchina con un altro amico (purtroppo oggi scomparso) che teneva sul suo stereo questa cassetta, su un lato Evol dei Sonic Youth e sull’altro Children of God degli Swans, la presi e me la copiai, per circa un anno io e mio fratello non abbiamo fatto che ascoltare quel nastro. Così quando abbiamo messo su i TV Lumière l’influenza di questi gruppi fu inevitabile.

SGW: Da quali generi e bands siete influenzati ?
TVL: In parte ho già risposto alla tua domanda, abbiamo attraversato anche dei periodi in cui ascoltavamo molta new wave e altri in cui ascoltavamo molta musica folk. Credo che ognuno di noi oramai abbia acquisito una propria personalità andando oltre ogni riferimento. Potrei farti tre nomi di band o artisti italiani lontani anni luce tra loro, eppure ti assicuro che sono tra quelli che ci hanno influenzato di più: Niumonia, Massimo Volume, De Andrè. Per il resto del mondo credo che slint, swans, Joy Division, nick cave, Leonard Cohen, tindersticks, dEUS, velvet underground, sonic youth e dirty three possano dividersi il resto della colpa.

SGW: So che potrebbe non essere facile farlo, ma potreste commentare il vostro ultimo lavoro?
TVL: Beh si, non è facile, lasciamo sempre agli altri questo compito, non è facile soprattutto ora che è uscito, sarebbe stato più semplice e spontaneo farlo in fase di costruzione. Per noi non è altro che il seguito degli album precedenti, credo che i 7 anni di distanza da “addio! Amore mio” si sentano soltanto sull’evoluzione dei suoni e dei musicisti e non sul contenuto, lo definirei un album oscuro, romantico, desertico, senza tempo.

SGW: Com’è cambiata la scena musicale dai tempi di “Addio! Amore Mio” a “Avrei Dovuto Odiarti”?
TVL: Dopo questa lunga pausa ci siamo ritrovati proiettati in un mondo completamente nuovo, un altro modo di approcciare ai locali per procurarsi le date e altri modi di fare promozione e di distribuire la propria musica. La differenza è questa, se ci arrivi gradualmente la si vede come una cosa diversa, un processo, positivo o negativo che sia, se invece ci arrivi di colpo vedi una grande bagarre e tutto sembra quasi diventato un gioco al quale chiunque può partecipare e al quale in qualche modo si è costretti a partecipare.

SGW: Come giudicate il veicolo Internet per la promozione della scena musicale?
TVL: Internet ha abbattuto il muro che c’era tra l’artista e il fan, ha annientato le vendite dei dischi, se non i dischi stessi, tanto che oramai ci sono band che fanno uscire solo singoli da inserire sulle piattaforme, in qualche modo credo che chi ci abbia rimesso di più siano i grandi nomi, non penso che con le vendite in streaming abbiamo controbilanciato la perdita economica, magari si rifanno con i concerti. Internet, in particolar modo la condivisione sui social ha però dato la possibilità a band di basso e medio livello di popolarità di far arrivare più lontano la propria musica, questo a mio avviso è uno dei pochi lati positivi.
In conclusione internet da l’illusione alla gente di conoscere tutto ma in maniera superficiale, la quantità va a discapito dell’approfondimento.

SGW: Un episodio bello ed uno da dimenticare nella storia dei TV LUMIERE ?
TVL: Secondo me le cose più belle sono tutte successe ogni volta che siamo andati a suonare fuori dall’Italia, questo, al di là di quello che succedeva prima e dopo i concerti, era già bello di per se. Comunque la prima cosa bella che ci è capitata credo sia stata la collaborazione con Amaury Cambuzat, per noi gli Ulan Bator erano un punto di riferimento. Il momento più brutto è stato quando per una serie di circostanze ci siamo fermati non avendo la più pallida idea di come rimetterci in gioco.

SGW: In definitiva che cosa farete da grandi ?
TVL: Se diventeremo ancora più grandi te lo faremo sapere, per l’immediato ci metteremo al lavoro per poter riprendere con i live da Settembre, del futuro non ci piace parlare, preferiamo farlo dopo aver fatto le cose, torneremo con un nuovo album soltanto quando avremo buone idee.

SGW: Siamo in dirittura di arrivo: Avete carta bianca lasciate un messaggio ai nostri lettori !
TVL: Ok, un saluto speciale a te che sei arrivato a leggere fun quaggiù e un ringraziamento particolare a te che ci hai dato voce, dai TV Lumière.

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“Avrei Dovuto Odiarti” segna il ritorno di una delle band che ha disegnato un ottimo panorama musicale underground cantautoriale, l’album pubblicato per I Dischi del Minollo, suscita interesse e confema quello che di buono la band ha fatto nel corso della loro carriera musicale.
Con questa intervista abbiamo voluto sapere curiosità sull’album ma anche sulla band.

Buona Lettura

CMZ: Com’è nata la passione per la musica ?
TVL: Devo dire che prima di iniziare a suonare ne abbiamo ascoltata molta di musica, ricordo che io e mio fratello cercavamo sempre le persone più grandi di noi e che queste ci passavano dischi punk e new wave, così abbiamo pensato che suonare quelle cose non sarebbe stato poi così difficile e mettemmo su il primo gruppo che eravamo ancora dei ragazzini. Ricordo comunque che nonostante tutto non riuscivamo mai a fare un pezzo dall’inizio alla fine.

CMZ: Quali sono gli artisti che maggiormente hanno influenzato i TV Lumiere ?
TVL: Qui c’è da fare una cronologia, come ho scritto prima siamo partiti da ascolti come Ramones, Joy Division o cose più storte tipo Swans, Velvet Underground, Sonic Youth, ma anche Nirvana e tutto quel movimento anni ‘90 per poi passare a roba più tranquilla, credo che oggi si possa dire che la nostra musica sia fortemente influenzata da gruppi come Tindersicks, Nick Cave and the Bad Seeds, Leonard Cohen, il folk americano anche più contemporaneo ed alcuni cantautori italiani come Fabrizio De Andrè, ci avviciniamo sempre più alla canzone d’autore.

CMZ: Siete soddisfatti di “Avrei Dovuto Odiarti” ? Oppure avreste voluto cambiare qualcosa ?
TVL: L’idea di questo album e nata per diventare quello che ne è uscito, sapevamo che a tenere insieme i brani sarebbe stato il modo di cantare e ci siamo aperti in tutte le direzioni, per noi non è così eterogeneo questo album, inoltre, se venisse considerato tale non sarebbe certo un problema. Per quanto riguarda la produzione siamo contenti, se qualcuno ce lo dovesse mixare di nuovo e diversamente potremmo fare un paragone e magari preferire l’altra versione ma questo non credo accadrà mai, a noi piace così com’è, molto.

CMZ: Tutti brani in Italiano. Avete mai pensato alle liriche in Inglese ?
TVL: Beh, sarebbe difficile per chiunque non prendere in considerazione questa possibilità, nelle nostre prime band infatti si cantava in inglese, però non usiamo l’inglese nel quotidiano e quindi non ci si esprime nella maniera migliore, l’uso del vocabolario ci sa un po’ di bluff, inoltre farlo solo per arrivare più facilmente all’estero non ci interessa neanche quello, durante le nostre “avventure” all’estero ho notato che il cantato in una lingua non così frequentemente usata negli ascolti delle persone suscitava in loro un maggiore interesse. Pensiamo in italiano e scriviamo in italiano, ci viene più istintivo.

CMZ: E poi La Minollo Records !
TVL: Conoscevamo la Minollo Records da molto tempo ma non avevamo mai avuto occasione di conoscere Francesco Strino e collaborarci, alcune delle sue band le conoscevamo bene, anche lui ci seguiva da molto, fin dal nostro primo album, così gli mandammo le demo del nuovo lavoro e ne rimase contento, poi siamo andati in Abruzzo per incontrarci ed è nata la cosa.

CMZ: Salutaci un consiglio alle nuove leve che vogliono addentrarsi nel mondo musicale !!
TVL: Ciao, un saluto dai TV Lumière ai lettori e un ringraziamento speciale a cornermusiczine. Mi chiedi un consiglio per i giovani che si addentrano alla musica ma credo che non sia la persona più adatta per fare questo, non amo predicare, posso banalmente dirvi di credere sempre in quello che fate, di cercare di capire qual è il passo successivo da fare, di mantenere la calma e la dignità, di cercare spunti ovunque e di saper valutare le persone, ma questo non vale soltanto per la musica.

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I TV Lumière esordiscono nel 2005, con un album dal titolo omonimo, proprio con la produzione di Amaury Cambuzat (Ulan Bator). Dopo numerosi live, nel 2007 registrano il loro secondo album “Per Amor dell’Oceano”, prodotto nel 2008 dalla Seahorse di Paolo Messere. Sempre per la Acid Cobra Records di Amaury Cambuzat esce nel 2011 il loro terzo album “Addio! Amore Mio”, adesso sono tornati con “Avrei Voluto Odiarti” per I Dschi del Minollo.

AS: Perchè TV Lumiere ?
TVL: All’epoca usavamo fare le prove illuminati da un vecchio televisore in bianco e nero sintonizzato sul nulla, ricordo che dovevamo sforzare la vista per vedere quello che facevamo con gli strumenti, infatti spesso non lo sapevamo neanche noi, dovevamo riascoltare le registrazioni quando avevamo la possibilità di farle. Poi l’idea di usare il francese ci venne da due canzoni di uno dei gruppi che amavamo di più, d-press TV e Lumière Blanche degli Ulan Bator.

AS: Come nasce un brano ?
TVL: Nel primo periodo si partiva spesso da un’improvvisazione, quando qualcuno credeva di aver trovato un giro che voleva tenere, questo veniva ripetuto per molti minuti, affinché tutti i membri non ci avessero adattato il loro strumento nella maniera più congeniale, spesso abbiamo tenuto le parti così ossessive anche nei dischi. In seguito, spingendoci più verso la forma canzone, alcuni brani sono nati da una parte di chitarra poi sviluppata in sala prove oppure da un giro di basso, talvolta si abbozza una linea vocale in sala prove e poi ci si adatta un testo, talaltra il cantato viene in testa nei momenti più inaspettati. Per quanto possa sforzarmi non ricordo di aver mai costruito un brano dei tv lumière a tavolino.

AS: Se abbiamo capito bene c’è stata una battuta di arresto di circa otto anni !
TVL: Dal punto di vista discografico si, ma la band è stata ferma per tre o quattro anni, sono avvenuti degli episodi piuttosto tragici che ci hanno tenuti lontani dai palchi, infine l’abbandono del gruppo da parte di Irene, la nostra bassista storica. Non è stato facile ritrovare la nostra identità per ripartire. Abbiamo pensato anche a fermare i tv lumière e riprendere con un altro nome ma poi ci siamo detti che era il caso di continuare la nostra avventura così.

AS: Adesso siete tornati con “Avrei Dovuto Odiarti”. Che cosa vi aspettate dalla critica ?
TVL: Generalmente non ci aspettiamo niente, ogni critico è libero di scrivere ciò che vuole, chiaramente speriamo sempre di essere apprezzati da loro per via della forte influenza che esercitano sui potenziali ascoltatori ma se così non fosse di certo non ci demoralizzeremmo, se il disco non ci fosse piaciuto non l’avremmo fatto uscire. Ad ogni modo siamo sempre stati trattati piuttosto bene e a nostro avviso questo album non è certo peggiore dei precedenti.

AS: Cosa ne pensate della scena musicale Italiana in generale ?
TVL: Non ci piace parlare degli altri e non ce ne occupiamo ma dovendo analizzare i fatti non ci sono grandi differenze con quello che succede in USA, UK o Germania, solo con 7, 8 anni di ritardo. Ci sono delle buone realtà sotterranee che faticano ma resistono e poi le cose fatte per le masse destinate a durare solo qualche anno. Inutile dire che noi apprezziamo la prima categoria.

As: Visto le liriche in Italiano avreste paure o dubbi ad affrontare un Tour all’estero ?
TVL: Dalle nostre precedenti esperienze all’estero abbiamo potuto notare che la gente è molto affascinata dalla lingua italiana, forse da tutte le lingue straniere, almeno per quanto riguarda Germania e Francia, non sappiamo se negli Stati Uniti o Regno Unito sia lo stesso, ad ogni modo non credo che avremmo problemi a verificarlo, l’ascoltatore deve soltanto prendere la voce come uno strumento aggiunto, poco più di un gruppo strumentale o di quelli che cantano in lingue inventate.

AS: L’episodio clou che ha determinato la nascita della band ?
TVL: Qui dobbiamo deluderti, non c’è stato un episodio chiave, si è sviluppato tutto gradualmente, venivamo da precedenti esperienze musicali condivise e da un legame fraterno. Posso citare un viaggio a Berlino dove io e mio fratello abbiamo definito un po’ gli aspetti del gruppo e buttato giù qualche idea per le prime canzoni con le chitarre dentro a una stanza d’albergo.

AS: Salutate i nostri lettori come preferite
TVL: Un caro saluto ai lettori di AscoltareScrivere da parte dei TV Lumière e grazie a te per averci dato voce.