"L'indifferenza", la canzone d'esordio di questo "Avrei dovuto odiarti", conferma come i Tv Lumière, ormai da anni sui palcoscenici, siano una band certamente rocciosa e di "punta" del movimento dark/post-rock italiano. Il gruppo di Terni infatti sforna l'ennesimo disco convincente, molto solido e che, come nella già citata "L'indifferenza", conquista per la sua coerenza, grazie a suoni rotondi e perfettamente bilanciati per una musica oscura e profonda (come quella dei Tv Lumière). Certo, vi è un po' insistenza nei "classici" temi della band umbra che però possono essere letti come una dichiarazione di intenti netta, piuttosto che come una carenza di "ispirazione". Già perché seguendo la lezione degli Ulan Bator, che rimangono sempre la stella più luminosa nelle costellazioni seguite dai ragazzi di Terni, il disco non può che essere un disco stimolante che trova la sua ragione d'essere, e i suoi spunti di interesse maggiori proprio "nell'arte" dell'arrangiamento. Ecco, proprio qui, gli umbri si "scoprono" maestri nel creare atmosfere oscure e grumose, in cui l'ascoltatore rimane "invischiato" e da cui, ben presto, non vuole più uscire. Tale effetto agglutinante, che spesso scaturisce nella coda delle canzone, certifica come i Tv Lumière siano un gruppo "fatto&finito", con tante cose da dire e ancora di più da suonare. E per chi fa post-rock questo è una gran bella cosa, statene pur certi.
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Oscuro, commovente, crepuscolare, abbandonato, deformato: potrebbe sembrare la descrizione attuale del mio sistema nervoso o dello stato comatoso in cui riversa la musica al momento. Se vogliamo continuare a ingoiare a forza la storia dei media su una presunta rinascita del cinema e della musica italiani, va bene, purché si facciano i nomi giusti. E se un nome c’è, e gira da quasi vent’anni, corrisponde a quello dei TV Lumière. Lo so che questo disco è uscito il 22 marzo, ma recensirlo prima poteva essere, almeno per me, un grosso sbaglio. Anche perché la primavera e poi l’estate sembrano le stagioni deputate dal pubblico per inibire i lobi frontali, come se un disco che mette alla prova chi è in ascolto aumentasse la calura (e questo è più che vago campanello d’allarme sul work in regress a cui sottoponiamo in modo sistematico la nostra mente). Federico Persichini (voce, chitarra), Ferruccio Persichini (chitarra), Alessandro Roncetti (basso) e Yuri Rosi (batteria) entrano a gamba tesa tra le uscite discografiche (per i Dischi Del Minollo) di un 2019 saturo quanto stanco. Sono passati otto anni da Addio! Amore Mio, e il concept è sempre da fin de siècle/fin du globe ma l’incantesimo del sonno gettato sull’Europa di inizio Novecento pare essersi dissolto. E dopo il risveglio, l’epilogo nella sua tragicità potrebbe rivelarsi una dolcissima consolazione: comprendere che le fila dei sogni, belli o brutti, non si possono riprendere mai e la percezione del mondo e del microcosmo della nostra vita è frustrante perché parziale. C’è molta tenerezza nell’aria, un indugiare infantile nell’accezione positiva del termine: dai solchi chitarristici che ricordano i pezzi più lisergici dei We Lost The Sea come “Canzone Bianca” alle atmosfere di r/esistenza marziale dell’iniziale “L’Indifferenza”, vero e proprio punto di riferimento per tutto il disco. E il disco lo apre davvero bene, con l’impressionante equilibrio tra chitarre, basso e batteria che si trincerano diffidenti in un sound apparentemente semplice ma schiavo di un caos pulitissimo. Un piccolo miracolo di dinamica controllata, una perfetta proporzione tra le parti chiamate in causa. Nel gelido calore di ogni pezzo si possono scorgere momenti di disarmante emotività, sostenuta da ammiccamenti, voluti o meno, smaccatamente 90s da ascoltare passivamente dall’autoradio aspettando che lei o lui sotto casa sua si decida a scendere: un vero e proprio inno all’Alta Fedeltà di Nick Hornby è “L’Appartamento Sul Lungonera”. Ma i momenti più intensi e maggiormente significativi che ti permettono di sopportare la mancanza di eccessi, e dipingono la natura rarefatta del post-rock tanto caro al gruppo quanto al loro padrino Amaury Cambuzat, sono nelle confessioni notturne della strumentale “La Strage Di San Valentino”; nella ricerca di un’ultima frontiera, per sentirsi vivi, in spazi desolatamente immensi di un’America evocata di “Un Sicario”; nell’omelia di “Ipotesi Di Ritirata” dove una voce inarrestabile si lancia all’inseguimento senza speranza della sua stessa ombra o in fondo al mare non dissimilmente dal protagonista de “L’Atalante” di Jean Vigo. Un brutto disco dovrebbe essere dichiarato una tragedia nazionale, un buon disco, invece, un vero atto d’amore supportato, in questo caso, anche dal lavoro in sede di produzione di Carlo Zambon. Mentre i migliori tra di noi provano a rianimare il prossimo, e le uscite discografiche dei nostri padri putativi (o madri) corrono a spron battuto per accaparrarsi nel migliore dei casi il titolo di insignificanti, il quartetto umbro procede convinto senza soluzione di continuità. Trovo meraviglioso che un gruppo s’impegni nel dirmi, senza troppi giri di parole, che non solo l’unica a non avere più le coordinate giuste per vivere il presente. E come potrebbe essere altrimenti? Sentite, personalmente dovrebbe finire l’epoca dei pat pat sulla testa à la Benny Hill, di incubatrici emotive sottoforma di dischi, film, torrent, libri e post; ma ancora più dei surrogati materni, un disco sul piatto o la piattaforma on-demand del momento, che ci aspettano a casa ogni sera per dirci che tutto andrà bene quando il mondo, ogni giorno, ci dà prova del contrario brutalizzandoci in modi talmente pervasivi e sottili (perciò perversi) da chiedersi se effettivamente sia stata una grande idea crescere. Ma se crescere, soprattutto nella noia ipertrofica della provincia (per loro, e per comodità, diremo la ridente Terni), significa cogliere tutti i riferimenti di Avrei Dovuto Odiarti, l’inquietudine latente, l’anomia, il disincanto, il cinismo e le influenze musicali che dovrei citare, almeno per non rendere del tutto inutile il concetto stesso di cartella stampa, allora posso concedermi questa scappatella momentanea con la musica prima di battere in ritirata. Avrei Dovuto Odiarti, per dirla con David Simon, se ne fotte del pubblico medio. Eppure, non pago, continua a crescere dopo ogni ascolto, tanto per farci capire quanto siano fasulle la maggior parte delle cose che ci circondano. Si può stare in due posti contemporaneamente? La risposta alla fine delle nove tracce è un grosso sì. Tutte le vite snocciolate nel quarto album dei TV Lumière sono valide. Che sia l’esistenza lasciata in sospeso di un amore perduto; la vita solitaria seppure appagante delle traversate oceaniche (degne della Magnum Opus di Edgar Reitz, “Heimat”) alla ricerca del “paese della sedia elettrica” o una corsa a perdifiato nell’apocalisse delle proprie guerre interiori. “Sonny J. Barbieri”, che chiude l’album nella solennità di una frammentazione emotiva, rende il tutto terribilmente attuale. Le prospettive che ci vengono presentate come nuove sono già cosa vecchia, interiorizzate e lasciate indietro e il nemico è una fazione ostile che possiamo riconoscere allo specchio tutte le mattine. Spesso l’unica mossa possibile, in una partita a scacchi, è non muoversi. Una vera resa per contrastare la parata di errori commessi e subìti, per evitare di inseguire fantasmi e assecondare le fantasie che l’altro riversa su di noi: la risposta riposa nell’immobilità frenetica delle private stanze dell’immaginazione. Dopo una lunga pausa i TV Lumière sembrano mettere un punto al discorso iniziato con l’album omonimo uscito nel 2005. Aleggia, sotto la patina di inquietante calma, e loro sono sofisticati quanto rudimentali, un sentore di inevitabilità. Se dobbiamo dirci addio tanto vale farlo cantando, con tutta la saggezza e la rassegnazione, viva quanto preziosa, di un gruppo di artisti che in nuovo orizzonte non vede una fine, ma una infinita gamma di possibilità. E la bella copertina, opera di Federico Persichini (sovrapposizione di due vecchi quadri), ricorda tanto l’antesignano di un graphic novel che insinua la triste idea che Avrei Dovuto Odiarti forse è il sogno di un ragazzino, chiuso nella sua stanza, che non riesce a venire a patti con l’indifferenza della realtà.
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L’incomunicabilità si manifesta in tutta la sua potenza. La consapevolezza di essere soli, soli in un oceano affollato di individui in cui si naufraga. Naufraga l’attenzione, la disponibilità, l’interazione necessaria a relazionarsi. Oltre la disperazione, l’unico elemento che trionfa, senza mostrare segni del suo trionfo, perché subdola e invisibile è l’indifferenza. Toglie ogni stimolo, ogni energia, depriva della capacità di sentire, anche solo e soprattutto per odiare. Non è facile raccontare questa sensazione che imperversa diffusamente in questo periodo storico sotto forma di patologia e che provano a chiamare con molti nomi; forse il più comune è depressione. Ci provano a raccontarlo i TV Lumière con il loro fresco progetto discografico “Avrei Dovuto Odiarti” (I dischi del Minollo 2019). Per poter reggere una tale stesura narrativa mettono in piedi arrangiamenti sontuosi curati insieme a Carlo Zambon. La base è costituita da un solido folk autoriale con testi laconici che si perdono tra i volumi degli strumenti per raccontare senza alcuna retorica. La batteria incede con marce militari e marce funebri con le distorsioni elettriche della chitarra che aprono a malinconie acide che si muovono tra i generi Alternative Rock, Noise, rispolverando un certo Slo-core direttamente dagli anni novanta. Un potente muro sonoro in cui ci si imbatte e che ti abbatte ma che s’impadronisce dei battiti e dei pensieri, scrosta le pareti dei vasi sanguigni e finisce per cullarti, per dondolarti. Si naufraga in queste monumentali ballate gotiche ed è un dolce naufragare. Il sentirsi partecipi di questa sensazione vera, cruda, probabilmente è la forma migliore per comunicare. Per abbattere l’incomunicabilità che ci attanaglia in questo universo di comunicazione che non riesce più a comunicare niente. Ci troviamo di fronte ad una band di musicisti maturi che sa trasporre in musica la loro concezione esistenziale e probabilmente ci propongono uno dei progetti discografici più interessanti e importanti del 2019 nell’ambito del panorama musicale italiano.
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Bel titolo per un disco Avrei dovuto odiarti, quarta lucidissima prova dei Tv Lumière, band dalle suggestioni cantautorali folk-rock come poche in Italia. Nove pezzi cantati in italiano con al centro tematiche forti, come la guerra, in particolare la I^ guerra mondiale, dura, orribile, cattivissima (quale guerra non lo è?), viaggi in mare, storie d’amore finite. C’è molta personalità in questi 4 musicanti di Terni. Lo si sente dalle parole pesate e pensate, dai suoni di chitarra, dal volerti raccontare storie con un certo tono. Quello dei nostri cantautori storici, senza scimmiottarli, ma in modo loro. Da I Dischi del Minollo, etichetta indipendente con le idee chiare.
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«Tornano i TV Lumière» oppure «I TV Lumière al 4° disco» sono solo due delle tante frasi possibili per occhiellare questa recensione. L’esordio avvenne nel lontano 2005 con il disco eponimo (ma nel 2002 c’era stato l’EP “Proiezione I”), poi era stata la volta di “Per amor dell’Oceano” del 2008 e di “Addio! Amore mio!” del 2011, ma a quel punto la scadenza triennale s’era interrotta e ci sono voluti ben otto anni per confezionare questo “Avrei dovuto odiarti”. Un bel lungo periodo, soprattutto in un’epoca in cui i cambiamenti corrono veloci e la memoria ha gambe di nano. Un così bel lungo periodo, con un avvicendamento in formazione, non poteva non portare dei cambiamenti. Prevedibili, tra l’altro, almeno seguendo il percorso degli artisti che gli stessi TV Lumière citano come fonti d’ispirazione: Swans, Nick Cave e Sonic Youth. Come dire sempre meno rumore e sempre più canzone d’autore, un tipo di canzone che spesso, con il suo fluire ondeggiante, possiamo definire come ballata alla Neil Young. La voce è scura e profonda, e basterebbe spogliare ulteriormente l’accompagnamento sonoro per arrivare nei pressi di un songwriting alla Mark Lanegan. In conclusione si tratta di un buon punto d’approdo nella rotta che porta, non senza incidenti di percorso, nelle acque rassicuranti della musica per crooner. Per altro verso pare anche essere uno degli ultimi colpi andati a segno di un genere musicale che sta tirando le cuoia.
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“Avrei dovuto odiarti”, nuovo album dei Tv Lumière, è un lavoro che sembra nascere nel punto esatto in cui il post-rock più malinconico incontra la new wave più irrequieta. Canzoni crepuscolari dalle atmosfere suadenti, dalle sonorità scure e dalle ritmiche dilatate che sanno prendere per mano l’ascoltatore e accompagnarlo in un viaggio affascinante fra ombre e intimismo.
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Uscito nel 2019, Avrei dovuto odiarti è il quarto album dei Tv Lumière, un buonissimo lavoro a cavallo tra il dark di Nick Cave, la ricerca sonora degli Ulan Bator ma anche di Marlene Kuntz e Massimo Volume, le atmosfere folk dal taglio cantautorale e l’indie rock vicino ai Baustelle degli esordi. I nove pezzi dell’album si muovono tra letteratura colta e suoni evocativi, con le oscure ballate del quartetto formato da Ferruccio Persichini (chitarra, e-bow, piano e mandolino), Federico Persichini (voce e chitarra), Yuri Rosi (batteria) e Alessandro Roncetti (basso) che finiscono per incantare ascolto dopo ascolto (essenziale anche il lavoro di cesello di Giorgio Speranza al piano). L’iniziale L’indifferenza mostra subito un approccio dark alla materia, tra fraseggi tenebrosi e un mood malinconico affascinante, che fa il paio con L’appartamento sul Lungonera, più carica di elettricità ma ugualmente densa di atmosfere fosche. Canzone bianca è una bellissima ballata, molto curata ed evocativa, La strage di San Valentino è invece un gradevole strumentale che ci conduce a Un sicario, in cui il cantautorato italiano incontra umori post, siglando un pezzo piuttosto intrigante. Superata la prima parte del disco troviamo ad attenderci Fondo alle ancore!, brano dal sapore alternative folk, prima di Il tranello, delicata e davvero commovente nel suo sviluppo narrativo, e Ipotesi di ritirata, che prosegue sulla stessa falsariga emotiva della precedente per quasi otto splendidi minuti. Il finale di Sonny J. Barbieri prende spunto da un naufragio a Ellis Island, l’isola delle lacrime, dove approdavano i tanti italiani che migravano un secolo fa dal nostro paese, conclusione inquietante e densa di significati, per quello che è un album dai contenuti forti e ricchissimo di spunti da analizzare.
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Mi piace andare alle mostre. E prima ancora che perdermi davanti le opere mi affascina vedere come reagiscono le altre persone. E nel 90% dei casi, quando qualcuno non capisce…passa oltre. E di questi, il 90% codifica l’opera come brutta. Siamo nell’era dell’immagine e dell’apparire ma soprattutto siamo nell’era in cui il libero arbitrio può in assoluto decretare. Il bello prende il posto di qualitativo. Il “mi piace è la nuova religione imperante. Io non faccio parte di quella schiera di persone. Non me ne vanto, non sono un presuntuoso…ho solo scoperto (anzi ri-scoperto) quanto è appagante fare domande. E per raccontarvi questo disco dovrei prima fare tante domande. Sono sicuro invece che alla maggior pare delle persone, coloro i quali avranno capito poco o niente, etichetteranno questo quarto disco dei TV Lumière come brutto. Ed invece penso proprio che sia un lavoro interessante. Bello o brutto lascia il tempo che trova ed io non ho tempo da perdere. Ho sulla pelle la stessa sensazione vissuta dopo l’ascolto dell’ultimo lavoro di Nero Kane…che tra l’altro, macchiandosi di quell’America dannata e ferrosa, sembra camminare nella stessa direzione di questo disco. Avrei Dovuto Odiartiè il quarto lavoro della band di Terni che ormai ha quasi 20 anni di carriera alle spalle, tra derive e riconfigurazioni, cambi di marcia e vestiti di scena. Archiviamo le note di ufficio citando il buon Carlo Zambon tra le guide artistiche di questo lavoro che probabilmente configura il suono in un risultato “nuovo” per i Nostri e qui, ascoltando come niente è a caso, preme immergersi nel loro passato e capire quanto e come la trasformazione ha prodotto rivoluzione. E questa è la prima domanda. Tutto molto poco casuale e per niente lasciato alla semplice funzione estetica e lo percepisco in due momenti precisi: in La Strage Di San Valentino, questo lungo strumentale che non annoia ma narra, ricco di dettagli che sono importanti e visionari. Questo intro di ululati di ferro e di polvere solitaria (armonici di violino?) che tornano nel brano mescolandosi in quelle marce country di pieno paesaggio west mi mostrano la città vecchia, disabitata, mi mostrano la solitudine di una ricerca personale ma anche il confronto per niente facile con il futuro industriale. Certo, visto anche il continuo richiamo con un certo passato, avrei preferito maggiore rispetto didascalico a quel primo impatto western e invece – la parte di drumming soprattutto – diviene molto psichedelico e indie trasportandomi in una notte che potrebbe somigliare ad una di quelle uscite dal film de Il Corvo. E il secondo punto che dimostra la cura letteraria dei dettagli è nella traccia finale Sonny J. Barbieri dove si fa determinante e assolutamente caratterizzante il dialogo tra batteria e pianoforte. Mi ha colpito questo ricamo armonico e quest’arrangiamento che allo stesso tempo disegna una scena epica (nel battere greve della tonica), speranza di soluzione (nel piccolo fraseggio in maggiore sulle ottave medio alte) e poi quel certo gusto jazz che mi parla di perplessità e di scoperta. Ma queste sono solo mie chiavi di lettura, magari assolutamente fuori tema…ma potente è il carico visionario di questo disco. Le canzoni che per il resto dell’ascolto si dispiegano sono canzoni cattedratiche, eucaristiche, in cui la voce è assai penalizzata nella produzione, quasi intellegibile il più delle volte e questo mi dispiace assai perché penso che in questi 9 inediti ci siano storie e leggende, eroi e anatemi. Un disco da anacoreti o sacerdoti dell’occulto con queste linee vocali che richiamano inevitabilmente la parte pop dei Baustelle o dei più giovani Siberia, con melodie che spesso abbracciano il più storico folk o le più eleganti forme della canzone d’autore. E girando e rigirando il brano Un Sicario che trovavo questa bellissima costruzione melodica della strofa, assai caratterizzante, e sfogliando e risvegliando la memoria ecco uscire fuori Memories And Dust di Paolo Preite che, nel DNA del suo scheletro, ha confezionato qualcosa di simile nelle sue consuete vesti pop rock. Non cito plagi o furti ma è una buona scusa per far conoscere altra musica che, in modo del tutto sconnesso e personale, ha in qualche modo usato colori simili. Che poi questa costruzione è assai tradizionale… sono sicuro di ritrovarla in qualsiasi disco di folk irlandese ad esempio. E proprio i dettagli tornano vincenti nei suoni e negli arrangiamenti di Fondo Alle Ancore dove qui, più di prima, si resta fedeli a questa immagine western e si aggiunge, senza peccare di incoerenza, questo sapore un poco hawaiano e un poco piratesco. E che curiosità resta di conoscere a fondo la letteratura di questo disco che penso sia più che un collante di brani da tenere assieme in un solo disco. Avrei Dovuto Odiarti non sprizza di gioia e di luci accese, non ha figure che la moda riconosce come belle, non ha ritornelli forti e strutture radiofoniche. È un disco che pretende calma e stasi, vuole misurare con tatto il tempo e dare peso ad ogni passaggio: dunque non ascoltatelo se avete tempo da riempire. Ascoltatelo se avete tempo da dedicare. Avrei voluto capirlo di più. Troppo ermetismo in questa voce che si fa comprendere poco, troppo ermetismo in questa scelta di luce soffuse che, se pur restituendo uno scenario curato e molto affascinante, non illuminano secondo me i punti salienti per lasciare tracce e indizi a noialtri per orientarci verso l’uscita. Si resta incastrati dentro il mondo dei Tv Lumiere…e per fortuna è un mondo che mi piace.
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"L'indifferenza" ricorda le ballate assassine di Nick Cave, dato la sua acromatico incedere. "L'appartamento sul lungonero" è più in sintonia con Rodeo Massacre dei suddetti Ulan Bator. "Canzone bianca" è una melodia che mette pace tra le chitarra di Catartica dei Marlene Kuntz e un salmodiante Ferretti di territorio sonoro Csi-Pgr. "La strage di San Valentino" è una fanfara funebre che accompagna l'ipotetica morte di una Jarboe al "pianctus lucano" di reminiscenze etnografiche, vedi studi Ernesto de Martino. Questo strumentale ricorda infatti i primi album protoindustrial degli Swans di Michael Gira. "Un sicario"? perchè no? una cavalcata gothic-folk dei Black Heart Procession. "Fondo alle ancore" ha l'ubriachezza dondolante di un vascello guidato da Matt Elliott. "Il tranello" è una nuova declinazione dei primi raga di frontiera delle chitarre polverose dei David Eugene Edwards dei 16Horsepower. Insomma un lotto di canzoni sognanti nella loro camminatura rettile. Strisciare lascia traccia su una rovente terra rossa, mentre si sgranano i rosari di Spoon River e i racconti dell'Ohio di Anderson. Tutto ricorda la ghotic America. Lo ricorda forse troppo. Forse troppo pedissequamente. Ed è quindi qualcosa che non somiglia mai a sè stessa. Ma forse è così che un'opera sa far parlare di sè. Nella ascesa all'iconografia. Perchè anche nella riproduzione, può succedere di perdersi tra la propria identità e l'idolo. Stare in questo limbo è un fallimento vero. Qui per fortuna non accade
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I TV Lumiere arrivati al quarto album ci pervadono con un brivido raggelato che pare da subito in sintonia con la natura e con i paesaggi notturni evocati dalla voce: vampe per poi consumarsi lentamente in una raccolta di pensieri dipinti per stringerci la mano. Nati nel 1999 in Umbria fanno della loro poesia minimalista e concettualista la loro rappresentazione più riconoscibile fra visioni personali e atmosfere decadentiste di un mondo lontano e ortodosso, incastrati tra un' ossessiva ricerca della musicalità e un certo citazionismo colto. Questo insieme di ballad tra il post-rock dei Massimo Volume e l'ossessiva ricerca di melodici ritornelli dalla voce carnosa in stile Lindo Ferretti risentono anche di una certa teatralità più moderna e fresca di un Bianconi d'annata. Le strofe vengono decantate con fare monumentale fino a generare vertigini negli spazi infiniti di una propria interiorità smarrita. Tutto questo pare volto a ricreare una cattedrale gotica di spiritualità sommersa nel proprio personalissimo ego. Non è un caso la collaborazione nel tempo con un personaggio istrionico come Amaury Cambuzat che da quel buco storico, spazio, temporale proviene. I suoni sono impregnati di quei riferimenti culturali e stilistici anni novanta, dove anime complementari sentivano inquietante il bisogno di dialogare con le proprie radici. I testi sono permeati di una certa malinconia che portano però a una puntuale disamina di situazioni che abbracciano un simbolismo di maniera, che comunque si travasa sempre in un tentativo di sublimazione della propria resistenza intellettuale. “ La disturbo se fumo? Faccia pure non la dissuaderò. Un delitto d'onore per riabilitarmi, da questa ambiguità.” Uno pezzo di vita ci viene strappato e lanciato nel “Tranello” tra commilitoni e rastrellamenti, dignità e prudenza; tanto per fare un esempio. Le parole diventano un manifesto per poi volare in un' affascinante visione, dove il timbro vocale riecheggia nelle orecchie di un pubblico che giocoforza non può essere quello del pop umorale e impenitente. “Avrei dovuto odiarti” è un album fantasma, ma appiccicoso. Un lavoro decontestualizzato, ma mai appesantito. Un omaggio alla lunga tradizione cantautorale italiana che potrebbe infervorare sottilmente orde di menti anarchiche.
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La band di Terni firma il quarto album, a una quindicina di anni dagli esordi. Le radici noir alla Nick Cave sono ancora ben presenti nella spina dorsale del sound e nelle atmosfere, ma c’è un abbraccio ampio e allo stesso tempo stretto ad un gusto folk, talvolta quasi country. I nove brani sono tutti convincenti, l’album riuscito, curato, intenso, deliziosamente oscuro.
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Malessere, oscurità, temi ricorrenti nel quarto lavoro per la band umbra TV Lumière, un disco che riporta in vita un paese che non c’è più, l’Italia neorealista, letteratura e songwriting di classe, testi ermetici, ipnotici, Dark che si fonde con il Blues-Rock, con il Folk, un viaggio sonoro che da Terni ci porta nel mondo attraverso 9 pezzi emozionali, energici, avvolti da atmosfere cupe, misteriose, sound intenso che colma lacune e mancanze di un movimento, quello italiano, spesso impegnato a promuovere banalità da classifica trascurando la qualità, l’arte, quella vera… Avrei Dovuto Odiarti uscito il 22 marzo 2019 per la label indipendente I Dischi Del Minollo rappresenta un’autentica singolarità nella discografia italiana, chicca Noise che racchiude sonorità inusuali affrescate da riferimenti e influenze seminali, tanti segni che permettono di godere di un’opera piena, alternativa e di gusto, curata nei minimi particolari, nella produzione, nella qualità del suono. L’Underground di livello, di contenuto, piacevole e sognante ha un nome, TV Lumière.
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I TV Lumiere sono un gruppo di Terni formatisi nel 1999 attorno al nucleo centrale dei fratelli Persichini, Federico (voce, chitarra, e-bow) e Ferruccio (chitarra, piano, e-bow). A loro si aggiungono nel 2002 la bassista Irene Antonelli e il batterista Yuri Rosi. Influenzati dall’ascolto di Swans, Nick Cave, Sonic Youth, pubblicano nel 2001 un EP omonimo autoprodotto che li porterà ad iniziare una buona attività live e ad aprire i concerti degli Ulan Bator. Dall’amicizia col cantante Amaury Cambuzat nasce una collaborazione e sarà proprio Cambuzat a produrre il loro primo omonimo LP che esce nel 2005. Segue un lungo periodo concertistico finché nel 2008 esce il secondo disco della band intitolato Per Amor Dell’Oceano (prodotto da Paolo Messere per la Seahorse Records) che apre il sound del gruppo verso un cantautorato di mestiere e una maggiore attenzione a soluzioni folk negli arrangiamenti. Nel terzo album uscito nel 2011 Addio ! Amore Mio per la Acid Cobra Records il gruppo si trova di nuovo a collaborare con Cambuzat. Nell’estate del 2015 Irene Antonelli lascia il gruppo e viene sostituita da Alessandro Roncetti, amico di vecchia data del gruppo. Questa nuova formazione perviene dopo otto anni di distanza dall’ultimo album alla pubblicazione del nuovo LP Avrei Dovuto Odiarti che esce il 22 marzo 2019 per I Dischi Del Minollo. Il nuovo album è un vero e proprio trattato iperrealista sul malessere della condizione umana e per questo recupera l’esistenzialismo gotico dei Breathless, il decostruzionismo trascendente di Slint e For Carnation, lo slo-core plumbeo dei CSI (i riferimenti a Linea Gotica sono evidenti a partire dalle parti cantate) e il folk alieno astratto e arcano dei Comus e dei Sand (fra gli alfieri del weird folk anni Settanta). Questa sorta di musica da camera fin de siecle è capace di recuperare tanto i canti contadini e partigiani quanto l’atmosfera dei noir francesi degli anni Cinquanta (un tipico esempio è la ballata elegante di Fondo Alle Ancore !) e nello stesso tempo usa un’impalcatura classicheggiante per creare atmosfere da incubo immerse in un’inesausta tensione psicologica. L’effetto è ipnotico come nei blues più notturni o nell’acid-rock più dilatato: l’alternarsi di canto bisbigliato, orchestrazione classica, battito anemico ed evoluzioni strumentali di chitarra e piano tendono ad erigere un iceberg di suspence tragica con effetti sconvolgenti. In parole povere è come osservare un immenso oceano di calma mortale (il madrigale medievale di Il Tranello). Il tetro rosario si apre con la marcia funebre di L’Indifferenza e prosegue con la trenodia di Appartamento Sul Lungonera (con echi dei Diaframma) e le ninnananne di Canzone Bianca e La Strage Di San Valentino che introducono elementi di slo-core e quel folk classicheggiante riveduto in chiave post modernista che rende più tenebrose le ballate di Un Sicario (propulsa da abulici accordi di chitarra e venata da suggestioni morriconiane) e Ipotesi Di Ritirata. La marcia marziale di Sonny J. Barbieri che chiude il disco annaspa all’inizio fra le consuete atmosfere depresse per evolversi finalmente in un violento attacco di chitarra noise che è quasi come una boccata d’ossigeno dopo tanta malinconia. Questa musica mette in evidenza estrema pazienza ed intelligenza, non mostra passione o particolare slanci emotivi perché non è interessata ai facili dividendi ma agli investimenti a lungo termine: solo alla fine dell’album ci si accorge di quante cose siano successe e quanto sia più ricco il mondo della musica. Danno una mano Giorgio Speranza al piano e Ada Maya Antonioli alla voce in Appartamento Sul Lungonera. La produzione è del gruppo e di Carlo Zambon.
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Trattato nichilista che abbraccia l’oscurità e interseca bisogni esistenziali con appeal emozionale capace di sorprendere e alterare le capacità mentali ascolto su ascolto. Caduta nel baratro della ragione attraverso suoni di matrice ’90 che intessono trame di Godano e compagni, mescolati all’esistenzialisimo dei CSI per toccare l’oceano di Nick Cave attraverso una forma canzone in evoluzione e altamente imprevedibile. Tornano i Tv Lumiere con un album magmatico capace di ricoprire di lotta continua gli anfratti segreti del buio che ci portiamo dentro. Destrutturato a dovere questo Avrei dovuto odiarti porta con sé perle di intensità variabile, ma nel complesso ricche di pathos e rarefazione. Parti vocali lasciano il posto allo strumentale e il risultato che ne consegue è testato attraverso una formula impattante. Nove pezzi oscuri, nove tracce tra sonno e ragione che nascondono nella violenza di questa nostra quotidianità un piccolo punto di luce, uno spiraglio di amara salvezza.
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Gran piacere ospitare in palude questa sera i TV Lumiere, band dalle suggestioni rock-cantautorali, con storie cantate in italiano. Nove torbide canzoni per questa loro quarta uscita per I Dischi del Minollo, label autenticamente di culto che mi piace sempre ospitare qui. Le loro storie, come anticipato nell'intervista, parlano di guerre, in particolare la I^ guerra mondiale ... a questo proposito segnalo Il tranello, con parole pensate, pesate, perfette a raccontare la folle cattiveria di quel conflitto. Come Ipotesi di ritirata lungo pezzo cantato in modo corale, epico, dilatato, con le corde di chitarra tese a creare una melodia. Anche se, forse, il mio pezzo preferito è Un sicario: gran cantato, suggestioni cantautorali, chitarre folk-rock e dilatazione a mille. Ma potrei dirvi che mi piace molto anche L'indifferenza, corale e dal ritmo sostenuto con staffilate di chitarra nickcaviane come tutta l'atmosfera. Come non citare Canzone bianca?... pezzo strano/straniante, armonico, con alcune parole in tedesco che rende il tutto una ballata nordica, cinematica. Gran intrecciarsi magico di corde (chitarre, ma non solo) amplificate dall'e-bow nello strumentale La strage di san Valentino. Insomma gran disco di moderno cantautorato folk-rock alternativo dai Tv Lumière, nome da segnarvi tra quelli d'ascoltare.
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Su etichetta I Dischi Del Minollo, “Avrei dovuto odiarti” segna il ritorno del quartetto ternano Tv Lumière a ben otto anni dal precedente “Addio! Amore mio”. Dei tre album passati, due sono editi dalla Acid Cobra Records di Amaury Cambuzat (Ulan Bator) ed uno dalla Seahorse Recordings di Paolo Messere: coordinate di riferimento non trascurabili per un disco che si presenta, difatti, fedele ai propri canoni, ostinatamente ed ostentatamente virato in noir, a tal punto da suonare a tratti quasi eccessivo, come languisse intrappolato nel suo stesso abito. Poco male: avrei potuto odiarti/ma avevo altri impegni è l’incipit della sontuosa l’opener “L’indifferenza”, sei minuti foschi e minacciosi immersi in un clima soffocante, percorso che si snoda tra suggestive evoluzioni strutturali. E’ trattenuta, tesa, infida, promettente. Da lì in avanti l’album si muove spavaldo in territori congeniali, infilando una serie di ballate oscure – apprezzabile “L’appartamento sul Lungonera”, esaltata dalle profondità del basso di Alessandro Roncetti - figlie più di una compassata vena cantautorale piuttosto che di una scrittura adatta ad essere esaltata dall’esecuzione corale. Interessante la velocizzazione western de “Un sicario”, mentre slide e fiati rivestono “Fondo alle ancore!” di una teatralità antica che ricorda i Sacri Cuori in uno schema retrò, dolcemente smorzato dal canto distante di Federico Persichini. Pur formalmente semplici, i brani sanno affidarsi a contrappunti che ne accrescono il potenziale mesmerizzante (le modulazioni delle chitarre e l’uso di inserti in tedesco in “Canzone bianca”) e li avvolgono in una cupa atmosfera decadente: più che Cave (anche se lo strumentale “La strage di San Valentino” pare evocarlo) mi scorrono davanti agli occhi i primissimi Diaframma, certi Baustelle, i Black Heart Procession e - massicciamente - l’Umberto Palazzo del meraviglioso album solista (“Canzoni della notte e della controra”, 2011). Ma anche - e perfino - i CSI, quelli de “L’ora delle tentazioni” o “Memorie di una testa tagliata”, suggestivamente rievocati negli otto minuti della intensa, quasi cinematografica “Ipotesi di ritirata” così come nelle atmosfere tese ed inquiete della conclusiva “Sonny J. Barbieri”. Forse la sorpresa, lo stimolo, la botta, il coup de théâtre tendono a latitare, ma lo spirito – è innegabile – rimane quello giusto per esaltare a dovere questa musica raffinata, buia e strisciante, introversa ed elegante, mai scontata.
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Chi da sempre segue i TV Lumiere si sarà chiesto che fine avessero fatto e se avessero ancora intenzione di regalare emozioni come hanno fatto con i precedenti lavori, ebbene si, la band di Terni è finalmente tornata alla ribalta con il quarto album “Avrei Dovuto Odiarti” promosso da I Dischi Del Minollo. Sonorità leggere che si vanno ad intrecciare ad intenzioni più marcate ma sempre rimanendo in una sfera cantautorale esaltata da un noise-rock, maturo e incisivo quanto basta per perdonare i ragazzi di questa lunga assenza, perchè infondo è servita a generare idee ed energie per un nuovo lavoro bello e davvero interessante ( e non poteva essere diversamente ). In questi nove brani è racchiusa tutta l’esperienza di una band che ha lasciato un bel contributo al panorama musicale italiano. Si parte con “L’Indifferenza” una ballata lenta quasi melanconica rafforzata da una chitarra scura contrastata da melodie profonde. Con “L’appartamento sul Lungonera” il sound si apre e diventa più limpido, ma senza esagerare perchè la linea vocale unita ancora una volta ad una sei corde cruda creano ambientazioni quasi darkeggianti. “Canzone Bianca” è un brano miniale senza troppi artefatti, che subisce una lieve impennata ritmica sul finale per fare da apri pista a “La Strage Di S. Valentino” bella , triste, e strumentale, ma con un sound intenso e profondo. “Avrei Dovuto Odiarti” non è sicuramente un disco facile da digerire, riservato agli amanti del genere ed a tutte quelle persone che seguono i TV Lumiere fin dagli esordi. Il fatto di non voler seguire la massa commerciale ha portato la band a creare brani, per niente banali e tanto meno scontati e ne troviamo riscontro su tracce come “Fondo alle ancore!”, “Ipotesi di Ritirata”, dove i suoni si fondono creando atmosfere, misteriose e allo stesso tempo. Un disco suonato con sentimento che unito alla bravura dei ragazzi ha donato ancora una volta alla musica italiana un prezioso oggetto da tenere con cura nella propria bacheca musicale!
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“Avrei Dovuto Odiarti” è il quarto album dei TV Lumiere, storica band tornata alla ribalta dopo un periodo di riflessione. L’album, pubblicato per I Dischi Del Minollo, è preceduto da “Addio! Amore Mio” pubblicato nel 2011 per la Acid Cobra Records di Amaury Cambuzat. In questi anni di stop, la band di Terni ha avuto tutto il tempo per resettare e ripartire alla grande con nuove idee e nuove proposte che hanno poi sapientemente inserito in qualcosa di più unico che raro, creando così un prodotto che urlasse al mondo intero “Hey, tranquilli, siamo tornati più vivi di prima!” “Avrei Dovuto Odiarti” suona genuino, folk, ma anche un pò rock cantautorale, calcando sentieri musicali già ascoltati da bands come Ulan Bator e Sonic Youth, senza perdere quello stile generale che ha sempre contraddistinto la band e che gli ha portati a farsi un nome di tutto rispetto nell’ambiente musicale italiano. Un sound lineare, leggero, il cui moto ondulatorio è determinato da picchi di suoni leggermente adrenalinici, ben supportati da un basso ora chiaro, ora scuro che riesce comunque a scaldare l’ambiente reso ancora più particolare da una linea di batteria che lascia un contributo importante alla causa. Tutto ovviamente amalgamato a dovere da una voce preparata e ben assestata che riesce a infondere sensazioni positive, e vibrazioni intense, come si direbbe in questi casi, in senso positivo, “Questo disco è roba da brividi”. Il rischio di elencare le particolarità di ogni singola traccia è quello di non valorizzare al massimo tutto il lavoro, che risulta invece nel complesso perfettamente riuscito.Un risultato finale che regala ai più affecionados un disco attuale e al passo con i tempi. Bentornati maestri!!
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Avrei dovuto odiarti è il quarto album dei Tv Lumière, in uscita per l'alternative label I Dischi del Minollo. Al posto del noise-rock e del dark qui si trova più spazio per atmosfere folk, dove i testi diventano un canale comunicativo necessario quanto il motivo sonoro. Nove canzoni, che godono dell'aiuto di Carlo Zambron alla registrazione. I TV Lumière sono Federico Persichini alla chitarra e voce, Ferruccio Persichini alla chitarra, Yuri Rosi alla batteria e Alessandro Roncetti al basso. "Avrei dovuto odiarti/ma avevo altri impegni": comincia così il disco e la title track Avrei dovuto odiarti, piuttosto lugubre e minacciosa nel suo incedere, carica di drumming e di chitarre, sofferta e cupa. Appena più moderate le atmosfere de L'appartamento sul Lungonera, che fa pensare fin dall'inizio a sonorità in stile Sonic Youth, anche se poi prevalgono modelli più italiani. Canzone bianca parte da un ronzio elettrico prolungato, per poi modulare un cammino lento e marcato, forse il primo vero momento di calma del disco. C'è qualcosa di analogico e qualcosa di melodico alla base de La strage di san Valentino, uno strumentale lungo e significativo. Un retrogusto western caratterizza Un sicario, in cui il cantato ritorna e anche con un certo spirito epico e con molte risonanze. Pur trasferendosi in mare, lo spirito di Fondo alle ancore! non è così lontano dal brano precedente. Tuttavia il cantato si allunga un po' come le onde, risultando in effetti un po' più languidi. I sottotemi bellici emergono qui e là in tutto il disco, ma in particolare ne Il Tranello, morbida ma molto malinconica. Canti antichi sono quelli di Ipotesi di ritirata, quasi lirica nel cantato e religiosa nell'incedere. Si torna in alto mare con Sonny J. Barbieri, che narra di un naufragio al largo di Ellis Island (lo storico approdo di chi cercava di emigrare negli Stati Uniti). La chiusura dell'album è corale e drammatica. Disco intenso e ben scritto, quello dei TV Lumiére, che calibrano bene testi e suoni, infondendo energia ed esperienza in un album molto ricco.
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Tornano a distanta di quattro anni i TV Lumiere con il nuovo album “Avrei Dovuto Odiarti”. Il quarto lavoro della band, pubblicato per la label I Dischi del Minollo, segue una corrente noise-rock con spunti dark. Ancora una volta la band di Terni ci incanta con delle epifanie di suono e prosa che evocano la migliore letteratura cantautorale italiana. Melodie morbide, increspate a tratti da innesti più ruvidi come si può evincere già dalla open track “L’Indifferenza”, danno seguito ad un andamento più leggero, quasi melanconico, ma ricco di spunti intensi e allo stesso tempo interessanti “L’appartamento sul Lungonera”, l’album presenta comunque una parte centrale più energica, complice una voce corposa che esalta le linee di chitarra per l’occasione voluminose e ridondanti come nella bella canzone “Il sicario”. “Avrei Dovuto Odiarti”, è la massima espressione peraltro riuscita di come si possa ottenere il massimo con il minimo sforzo, visto che la band riesce ad ottenere dei suoni davvero incantevoli e di pregevole fattura andando così ad ottenere atmosfere per niente scontate anche se il ritmo inesorabile dell’album porta ad un finale lento ed impegnativo da un punto di vista dell’ascolto. “Sonni J. Barbieri” testimonia il buon dinamismo che caratterizza il disco, andando ad impattare su l’ascoltatore con riff più accentuati e grintosi, ad ulteriore testimonianza che la band non ha perso il proprio smalto compositivo. “Avrei Dovuto Odiarti” è un disco di nicchia, per veri intenditori, per quelli che non si accontetano della solita “zuppa”, un ritorno questo dei Tv Lumiere gradito e promosso a pieni voti.
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Gradito ritorno per i TV Lumiere con il nuovo album “Avrei Dovuto Odiarti” pubblicato, a distanza di quattro anni dall’ultima uscita discografica, per la label I Dischi Del Minollo. I TV Lumière sono Federico Persichini alla chitarra e voce, Ferruccio Persichini alla chitarra, Yuri Rosi alla batteria e Alessandro Roncetti al basso. Dopo un EP autoprodotto che li porta a suonare ed aprire live per concerti come gli Ulan Bator, i TV Lumière esordiscono nel 2005, con un album dal titolo omonimo, proprio con la produzione di Amaury Cambuzat (Ulan Bator). Dopo numerosi live, nel 2007 registrano il loro secondo album “Per Amor dell’Oceano”, prodotto nel 2008 dalla Seahorse di Paolo Messere. Sempre per la Acid Cobra Records di Amaury Cambuzat esce nel 2011 il loro terzo album “Addio! Amore Mio”. Un cd semplice, senza troppi artefatti come ci hanno abituato i quattro ragazzi di Terni, che arriva dritto al punto lasciando un bel segno indelebile già ad un primo ascolto, fondendo del buon Noise-Rock a riscontri dark lasciando spazio a contributi di stampo folk. Idee chiare e spunti degni di nota questo è quello che potrete ascoltare in questo cd, mostrando una maturità compositiva e tecnica al di sopra di ogni dubbio. Un cantato, dalle mille potenzialità che riesce a creare un lavoro, più unico che raro e che conferma le ottime doti di una band storica e che ha dato, e speriamo continui a dare, un bel contributo alla causa underground italiana. “Avrei Dovuto Odiarti” suona leggero come una piuma complice le chitarre che spaziano da un graffiato che scalfiscono l’atmosfera alleggerita da intenzioni più morbide, tutto ben amalgamato da una corrente strumentale generale che sà il fatto suo. I TV Lumiere, con questo ritorno ci ricordano come sia facile esprimersi con la musica in maniera semplice e genuina, creando di fatto atmosfere che non lasciano dubbi, semmai qualcuno ne avesse, sulle potenzialità della band. Un’ulteriore testimonianza che la banalità è stata lasciata nel cassetto a discapito di contenuti ricercati. Un disco per niente scontato scritto con due caratteristiche fondamentali quali la tecnica e il cuore. Un album che non farà fatica a rimanere impresso nella mente, proprio per questa sua semplicità.
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I TV Lumière sono Federico Persichini alla chitarra e voce, Ferruccio Persichini alla chitarra, Yuri Rosi alla batteria e Alessandro Roncetti al basso. “Avrei dovuto odiarti” è il quarto album dei Tv Lumière, in uscita il prossimo 22 marzo per l’alternative label I Dischi del Minollo. Le band di riferimento sono Swans, Nick Cave and the Bad Seeds, Ulan Bator e Sonic Youth per sonorità che vanno dall’alternative rock italiano, fino al noise rock italiano e straniero, fino ancora al post rock o al gothic rock. System failure ha ascoltato “Avrei dovuto odiarti” e quelle che seguono sono le nostre considerazioni a riguardo. L’opener “L’indifferenza” parte con un refrain di chitarra. Il pezzo si apre e il canto di Federico Persichini si mostra tanto caldo ed intenso. In questa canzone ascoltiamo sonorità che fanno pensare a Nick Cave and the Bad Seeds come pure ad alcuni CCCP/CSI di Gianni Lindo Ferretti. Arrivano altri refrain di chitarra ammalianti in mezzo ad un sostrato tra noise e gothic rock, un sostrato tanto evocativo e toccante. Effettistica tanto curata e fraseggi pure, come non dirlo. Poi segue “L’appartamento sul lungonera” e le impressioni sonore alternative rock italiano solo accennate nel pezzo precedente qui sembrano prendere più spazio. Pensiamo, quindi, pure a band come Marlene Kuntz e Afterhours. Alcuni tappeti sonori più ambient sono stupendi e le distorsioni ricamate con tanta ricercatezza. I refrain sempre tanto catchy. “Canzone bianca” incomincia in modo sinistro nel suo esordio per poi mostrarci un arpeggio incantevole e il solito cantato tanto intenso ed evanescente/sussurrato allo stesso tempo. Qui la nostra mente va proprio lontano…Muri di suono terribilmente solenni ed austeri rapiscono la nostra attenzione. Ecco che arriva “La strage di S. Valentino” con la sua attitudine simil folk, ma un folk che fa sempre i conti con il post rock. Qui un unico pattern sonoro/refrain attraversa quasi tutto il pezzo e si adagia talvolta su muri sonori sempre tanto onirici/surreali. Una canzone sicuramente tanto enigmatica ed ermetica nel suo essere solo strumentale. “Un sicario” subito ci conquista con le sue atmosfere sonore e refrain sempre tanto ben congegnati. Qui alcuni climax ci fanno trasalire, climax dove voce e tappeti sonori si sposano in modo sublime. Molto cinematografica questa canzone. “Fondo alle ancore!” si mostra come una “ballad” da cantautorato italiano con tutto quello che ne consegue. Qui pensiamo a nomi come Gaber e De Andrè. Verso il finale della canzone sempre un post rock tanto viaggiante ed intellettuale. Parole simili possono essere usate per la successiva “Il tranello”. Tanta l’urgenza di raccontare in TV Lumière e “Ipotesi di ritirata”, come altre, è testimonianza di queste parole: tante le variazioni per un sound abbastanza complesso e stratificato. “Sonny J. Barbieri” chiude il tutto con alcune impressioni sonore più delicate e altre più violente come è nello stile di questa band che sa come accarezzarci “col velluto” come sa pure come violentarci la mente con distorsioni e noise alquanto taglienti. C’è bisogno di meditare sulla musica di TV Lumière e non basta di sicuro un solo ascolto per cogliere tutte le sfumature sonore che ci sono in “Avrei dovuto odiarti”. La produzione sonora è eccellente. Tanta importanza è stata data ad uno storytelling tanto poetico. Siamo cullati come sulle onde del mare ascoltando “Avrei dovuto odiarti”: una volta premuto il tasto play sembra di salire sul galeone di Dylan Dog per un viaggio onirico/mentale di grande effetto. 85/100 il voto per il disco in questione, un disco tanto pregiato per le sonorità che propone. Sonorità a tratti tanto diverse fra loro ma i nostri sanno bene come fondere tutto insieme in modo più che buono per sfornare una pietanza succulenta ed armoniosa per gli ascoltatori di questa band che, in un loro live, di certo perdono il fiato!
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