Di noi stessi e altri mondi

 



Equorea”: dal latino aequor -?ris, mare, superficie piana. 

Quando Eugenio Montale nella poesia “Falsetto” descrive il poeta che scruta da lontano Esterina, una giovane  ragazza spensierata che si sta tuffando da uno scoglio tra le onde, la definisce appunto “equorea creatura”, non nel senso che la sua stessa esistenza appartiene al mare quanto, invece, a quella linea di demarcazione che  separa la superficie dell’acqua da quella del cielo, a quella sensazione di indeterminatezza infinita in cui sta la salvezza di uomo angosciato dal peso del mondo.

Equorea è una sensazione, è come vengono percepite le cose. In ogni nostra canzone la mente trova il suo punto di fuga in qualcosa di vasto come le nuvole, un cielo grigio, un oceano, un’enorme distesa di sabbia, l’orizzonte, qualcosa in cui rifugiarsi e dimenticare di essere finiti (spazialmente e temporalmente, piccoli e caduchi accidenti della storia), qualcosa in cui esistere senza confini, in cui trovare pace dalla frustrazione di non poter essere “tutti gli uomini del mondo”.

“Di Noi stessi e di Altri Mondi” è nato nell’inverno del 2015 da Marco, Mattia e Thomas. Gli ultimi due musicisti, il primo con modeste aspirazioni letterarie, totalmente estraneo al mondo della musica. Volevamo dare vita a un progetto che unisse il linguaggio poetico ad atmosfere dilatate in grado di esaltarne i versi. Per questo dovevamo recitare le parole, enunciarle.
Erano anni che Marco ascoltava band post rock che eseguivano solamente musica strumentale, quelle atmosfere erano l’ambiente perfetto per ciò che scriveva, serviva solo dargli delle parole. Thomas e Mattia sentivano il bisogno di sperimentarsi a livello sonoro. Sin dalla prima prova il post-rock è stata dunque una scelta dettata dall’istinto, ma anche una necessità, un’urgenza: non avrebbe potuto essere altrimenti. 
Sono così nati i nostri primi brani, registrati in un EP omonimo nell’estate 2016, ancora materiale grezzo sia dal punto di vista dei suoni sia dal punto di vista delle parole. Nell’autunno del 2016 si è unito alla band Francesco, con i suoi synth e le sue tastiere. Da lì in poi tutto ha iniziato ad amalgamarsi e i nostri pezzi hanno iniziato a a essere scritti come se fossero vere canzoni. Raccontiamo, solo il desiderio di essere altro, altrove.

Avevamo bisogno di fissare queste tracce, di renderci conto di dove ci stava portando la nostra musica. Quasi per caso, abbiamo incontrato Davide Lasala (produttore di Giorgieness), prima tramite Facebook e poi, successivamente, durante una serata in Latteria Molloy; è stato in quella occasione che ci ha detto che gli sarebbe piaciuto curare la produzione artistica del nostro album. Così, dopo varie telefonate, qualche prova e pre-produzione, siamo arrivati nel marzo 2018 all'Edac Studio. 
Non siamo, ovviamente, i primi in Italia a utilizzare un testo recitato, lo facevano gli Offlaga Disco Pax o i Massimo Volume. Tuttavia, dai primi ci sentiamo molto lontani per sonorità e utilizzo delle parole , mentre la band di Emidio Clementi adotta uno stile musicale e una modalità di scrittura molto diversa: nelle nostre canzoni le parole vogliono essere ancora più essenziali, non c’è rabbia in ciò che raccontiamo, solo desiderio di essere altro, altrove.
Le tracce sono state registrate con con modalità diverse, alcune da suggestioni strumentali, altre da suggestioni letterarie. In realtà, testi e musiche sono nati insieme, uno per accompagnare l'altro e viceversa diventando, in qualche modo, inscindibili.  Grazie alla produzione di Davide Lasala il disco è stato indirizzato, da subito, a far emergere da ciò che suoniamo la nostra personalità. Siamo consapevoli che proporre lo spoken word in Italia senza tirare in ballo mostri sacri di cui  sopra, sia praticamente impossibile, noi cerchiamo di farlo con con il nostro stile.

 

[info e contatti]

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