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press-review IL SISTEMA DI MEL "Riempimi la testa con un mare di cemento"

 

bandiera_italia  IL TERZO LATO DEL VINILE

Sono al mare, non è di cemento. Sono davvero al mare, c’è una bambina che gioca a racchettoni con la nonna, il solito palestrato che passa sul bagnasciuga, ragazzi che bevono e fumano, sporcando la spiaggia perché “tanto poi qualcuno pulisce”, un signore dalla grande pancia continua a inveire contro la moglie ed io, non sto dormendo, ho gli occhiali specchiati, sono fermo e immobile ma non sto dormendo. Ho nelle cuffie il sistema di Mel con il suo nuovo album Riempimi La Testa Con Un Mare Di Cemento. È fin dalle prime parole mi devo abituare alla voce del cantante, mi ha ricordato il momento in cui ascoltai Morrissey per la prima volta e rimasi spiazzato. In questo caso il sound della band è molto più crudo dei cari e vecchi Smiths, ma ricorda comunque il cavallo anglosassone tra gli anni 70 e 80. I testi per la loro disillusione sono quasi al contrario un grido di aiuto verso il mondo, la volontà della speranza e di non cedere a quello che vediamo è viviamo, e se da un lato penso che la musica emergente infondo abbia sempre questa stessa tematica che si ripete e ripete in ogni band come fosse la puntina di un vinile che salta e ripete e ripete gli stessi 33 giri al minuto all’infinito, dall’altro penso che se tanti ragazzi che ci scrivono sul terzo lato, sparsi in tutta Italia, da Trieste in giù, siano vicini sotto la stessa luna o sotto gli stessi problemi e lo stesso mare di cemento allora entrambi i lati accendono la lampadina che porta al terzo lato. Abituarsi alla voce del cantante del Sistema Di Mel non è difficile e non vedo l’ora di sentirlo cantare di nuovo, nuovi versi, nuove parole, crude e introspettive che mi ricordano il grigiore di Manchester, ma, contemporaneamente a ciò, dietro, sopra, sotto, accanto alle parole c’è una band che picchia duro, in cui risalta senza dubbio il dualismo tra la ritmica dell’asse basso/batteria e i movimenti della chitarra, che pur rimanendo in binari stilografici e stilistici prestabiliti è come il narratore onnisciente di una storia e sa dove è quando colpire le parole che a questo punto diventano proiettili che squarciano i cuori anche dei più aridi di cuore. Riempimi La Testa Con Un Mare Di Cemento diventa il grido di chi non riesce a trovare le risposte, di chi lavora al centralino, di chi sente accanto la presenza di un mondo assente e perde dubbi e fantasie, forse trasformandosi in un paranoid android. Riempimi La Testa Con Un Mare Di Cemento parla di cose che attualmente sento molto lontane, ma che fanno parte della mia crescita, infondo come diceva Moz in una vecchia canzone “don’t forget the songs that saved your life”, come il salvagente del bagnino. Il Sistema Di Mel ha sfornato un bellissimo disco che vale la pena di ascoltare più di una volta per comprenderlo a pieno, musicalmente e liricamente, un disco in cui mi sento di sottolineare l’ottava traccia Nuova. La nonna è stanca, sta cercando un sostituto, ed io mi sto per alzare. Sorriderò e prenderò la pallina. Magari la bambina e io costruiremo un castello di sabbia che le onde porteranno via e magari la nonna mi offrirà un gelato al bar. In ogni caso, anche se davanti a me c’è il mare, quello con l’acqua, non il mare di cemento di Mel sono sicuro che avrò di nuovo voglia di ascoltare questo disco.

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bandiera_italia   VIVA MAG


Il sistema di Mel sono un gruppo bresciano nato nel 2014 dall'incontro di Federico Mingardi (voce e chitarra), Paolo Bosio (chitarra e cori), Alex Dossi (batteria) e Simone Mazzenga (basso e voce). "Riempimi la testa con un mare di cemento" è un album di nove tracce registrato presso Indiebox Music Hall (Brescia) e distribuito da I Dischi del Minollo, Scatti Vorticosi Records e Audioglobe. Il comune denominatore è un alternative rock cantato in italiano, onirico e introspettivo, caratterizzato da saliscendi emotivi tipici anche di un certo post-rock anni '00. La parte strumentale è pari ai testi, spesso costellati da inquietudine e smarrimento, dal risultato di forte presa sull'ascoltatore che si ritrova immerso in un magma sonoro molto ben collegato per tutta la durata dell'album. Si potrebbero citare influenze oltralpe per le sonorità ma allo stesso tempo il cantato rimanda spesso e volentieri (forse inconsapevolmente) alla new wave italiana dei primi Litfiba e Diaframma. Un disco collocato in una sua precisa dimensione, sospesa tra passato e presente, a cui forse manca ancora una particolare caratterizzazione per distinguersi ma che in un momento come questo resta un gran bel lavoro da ascoltare e riascoltare. Specialmente tra i primi freddi d'autunno.

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bandiera_italia   TOM TOM ROCK 

Il Sistema Di Mel è la band composta da Federico Mingardi (voce, chitarra), Paolo Bosio (chitarra, cori), Alex Dossi (batteria) e Simone Mazzenga (basso, voce). Provengono dalla provincia di Brescia e sono attivi dal 2014 con demo ed EP. Con Riempimi La Testa Con Un Mare Di Cemento fanno il loro esordio sulla lunga durata. O quasi: il disco dura meno di mezz’ora, ma è un tempo sufficiente per capire dove va Il Sistema Di Mel. Esce per I Dischi del Minollo, interessante etichetta faro del DIY italiano. Riempimi La Testa Con Un Mare Di Cemento si compone di otto brani, tutti di buon livello, con alcuni picchi. Come il singolo/video Canzone Per Un Internato, che mostra il lato melodico del Sistema Di Mel. Il che non significa una mancanza di forza di impatto. Anzi, la prima cosa che si nota nella loro musica è proprio una bella potenza, data dagli intrecci tra ritmica e chitarre. Su quella come, per esempio, nella conclusiva Nuova, si ascolta l’influenza dei Placebo. Folate di chitarre, dunque, e basso/batteria incalzanti. Ma c’è anche un’altra componente nella musica del Sistema Di Mel. La si ascolta nell’iniziale Canzone DI Un Internato, dove prevale un’influenza post-punk. E anche in questo settore la band può giocare le sue carte. Belle le voci che sullo sfondo danno vita a cori non scontati. Proprio sulle voci tuttavia è il caso di soffermarsi un momento. La scelta del Sistema Di Mel va nella direzione che già dagli anni Ottanta avevano tracciato alcune band della new wave made in Italy (primi Litfiba, Diaframma), ossia una voce molto impostata e registrata ben al di sopra del mixaggio degli strumenti. Può piacere come no, ma è comunque una scelta stilistica definita, profondamente diversa da quella di molte altre band italiane di ambito shoegaze. Che consente peraltro di ascoltare bene i testi, mai banali. Nell’insieme un giudizio dunque più che positivo su un gruppo che ha certamente ancora spazi per crescere, sonorità da esplorare.

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bandiera_italia   HEART OF GLASS

Ce l’avevano promesso, dopo le buone impressione avute con Felida X, ecco il gradito ritorno dei bresciani Il Sistema di Mel, con il loro primo lavoro sulla lunga distanza, diluito in otto tracce indagatrici ed affogate in un’emotività analitica, tra pezzi di vita e sensazioni non scontate a cui pochi prestano attenzione. Riempimi la testa con un mare di cemento ha l’andatura dinoccolata di certi album della prima metà degli anni ottanta, crepuscolari ed avvolti in una densa oscurità che nient’altro è che la somma di sottili strati di emozioni vissute. Profondità di composizione che rassomiglia ad uno stile ed una ragione di vita, il fiuto curioso per le meccaniche quotidiane, lo svelare e denudare incertezze dannatamente umane, senza esaltarne i pregi, senza condannandone i difetti, in uno studio allo stesso tempo intimo ed onnisciente. Se una certa enfasi post-punk fuoriesce dalle trame di chitarre e dalla tensione endemica di una ritmica pressante e coinvolgente, è innegabile una certa vicinanza alle sonorità attuali di quelle band indipendenti che sulle emozioni in musica ci hanno costruito una discografia di nicchia (mi riferisco in maniera non troppo vaga ai favolosi Fine Before You Came). Ad ogni modo ne Il Sistema di Mel gli arrangiamenti sono meno secchi e perentori, preferendo una leggera melodia di fondo che ben s’intona ad un cantato-predicatore vorace e livido come potevano suonare i Sonic Youth di trent’anni fa. Dischi del Minollo, Scatti Vorticosi Records e Audioglobe accompagnano nella distribuzione Il Sistema di Mel in questa avventura che sa finalmente di consacrazione, poiché in questo lp si raccolgono con grande fierezza le lezioni intraprese nei tre precedenti lavori (una demo e due ep). Calcando la mano sulle tematiche e sull’indagine umana, il quartetto bresciano trova nella figura dell’internato (a cui vengono dedicate espressamente almeno due canzoni), un’ombra amica, una fonte d’ispirazione, una cavia da esaminare in tutti quei comportamenti, che nient’altro sono che le quotidiane paure che viviamo ogni giorno. Curioso è anche l’alternare differenti punti di vista, ne Canzone di un internato il tono è rabbioso e sostenuto, un flusso di coscienza limpido e senza retorica, ove vengono vomitati i dubbi e  incertezze, senza che una sola risposta possa saziare le richieste dell’internato. Nemmeno vestendo panni diversi, in  Canzone per un internato, quelle domande trovano del conforto o delle briciole di speranza, diffondendo al brano una sorta di eterea sospensione quasi shoegaze nelle intenzioni. Tuttavia Riempimi la testa con un mare di cemento non è un disco pessimista o languido: possiede quella fermezza e quella testardaggine verso l’immutabilità delle cose che ci circondano, cogliendo immediatamente una lezione importante: le cose non cambieranno mai da sole, se prima la forza del mutamento non passerà per la mano del rivoluzionario e della sua tribù. Giugno e Timing riflettono sulle meccaniche sociali a cui siamo “sottomessi”, spogliando di facili allusioni un cantato sempre secco e tagliente, calandosi in profondità nelle piccole feritoie della vita, toccando il fondo o andandoci abbastanza vicini. Le orme di metà disco è una delicata confessione che abbassa appena i volumi nell’incipit iniziale, per poi esplodere progressivamente in un vortice di distorsioni e di effetti di modulazione. Il trittico successivo scorre veloce attestandosi sotto i 3 minuti: il ringhiare scomposto di Difetti produce solchi ben definiti, mentre in Fine è una ritmica frizzante a farla da padrona, reggendo quasi interamente la struttura del brano e concedendo alle chitarre qualche dinamismo più spensierato. Capitolo a parte per la piccola Nuova, ove Il Sistema di Mel azzecca tutti gli ingredienti per un brano emotivo e coinvolgente, che non rinuncia a graffiare ed al medesimo istante accarezzare l’ascoltatore: personalmente il miglior momento del disco per equilibrio ed empatia! Chiude Neve, manifesto finale di un concept maturo ed ambizioso, che non si nasconde sulle malattie di questa generazione facendone un disco più che onesto (come ahimé così fan tutti!), ma rimarca alcune delle tematiche uscite dalle precedenti 7 tracce, scegliendo il “dramma” del lavoro interinale come cartina tornasole per fotografare l’incertezza che aleggia in questi anni: l’internato è ciascuno di noi, inutile girarci intorno! Riempimi la testa con un mare di cemento è un missile che potrebbe portare Il Sistema di Mel ad abbracciare una fetta di pubblico più ampia e meritata, abili a non cavalcare l’onda indie borghese delle facili emozioni e degli scontati tormenti: una fierezza ed una perseveranza che spero possa servire anche a molte altre giovani band! Continuate a suonare!

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bandiera_italia    TRAKS

Si parte da Canzone di un internato, pezzo di rock molto robusto cantato in italiano, che del rock italiano degli anni Novanta porta in dote qualche rimembranza. Influenze indie internazionali invece si manifestano in Giugno, che è sostenuta da un drumming molto potente e continuo e che lascia ampi margini strumentali nel finale. Si passa poi a Canzone per un internato, quasi omonima della traccia d’apertura, che disegna archi vasti, interrompendoli con un cantato serrato alternato a cori quasi eterei. Timing parla di alimentazione e di abitudini contemporanee, in un percorso accidentato e quasi mai rettilineo. Le orme è breve ma intensa e significativa. Un battito molto determinato apre Difetti, altro pezzo breve e con qualche caratteristica post punk. Fine ha un andamento molto diretto e volumi alti, con qualche sprazzo di new wave nei suoni. Nuova adotta una prospettiva leggermente diversa, intensificando la tempesta dal drumming ma mantenendo i nervi saldi e una sensazione di malinconia calma sotto il tappeto elettrico. Si chiude con Neve, altro pezzo robusto e con un’enfasi in crescita, dedicata alle miserie del quotidiano. Con citazione dei Radiohead che funge da finale. Il disco de Il sistema di Mel conserva la freschezza degli episodi precedenti, ma aggiunge qualcosa in termini di esperienza e costruzione. L’album ha un ottimo impatto ed è portatore di canzoni che non rinunciano a contenuti “pensati”.

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