Il Sistema di Mel è un progetto di quattro ragazzi che nella provincia di Brescia hanno deciso di dare sfogo alla propria creatività. Nascono nel 2014 e sono formati da Federico Mingardi (voce/chitarra), Paolo Bosio (chitarra/cori), Alex Dossi (batteria) e Simone Mazzenga(basso/cori). ”Felida X” è il loro nuovo Ep ed è un lavoro il cui nome fa riferimento alla letteratura Ottocentesca e agli studi sulla doppia personalità. Felida era una ragazza nata a Bordeaux nel 1843, sveglia ed intelligente ma nervosa, malinconica, taciturna. A 14 anni iniziò a soffire di dolori acuti alle tempie che la portavano a cadere in un sonno profondo, quasi narcolettico. Al suo risveglio la si ritrovava diversa: felice, sana, socievole. Prima della rivoluzione francese il caso sarebbe stato affidato ad un esorcista, ma il Dottor Eugène Azam la seguì per diversi anni e ne usò la storia per scrivere il libro “Hypnotisme et double conscience”, introducendo la tesi sulla sindrome della doppia personalità (“split personality”). Di questo tema riscontriamo il senso tormentato nelle quattro tracce di ”Felida X”.In esso si trovano alcune personalità e il loro vivere in circostanze diverse, dalla comunità terapeutica (‘Marta nella stanza’), alla sala da pranzo (‘Spacecake’). ‘Cosa non volevi’ è la prima traccia e mette su ritmi assetati di energia la difficoltà di vivere in condizioni troppo buie, che non permettano di ”accendere la luce’, senza possibilità né di urlare né di dileguarsi. ‘Marta nella stanza’ è il racconto di chi è consapevole di esser percepito come problematico: è il dilemma del ”matto”, imprigionato nel proprio corpo e in un mondo le cui parete non fanno che soffocarlo, perché la comunità che si considera normale non ne accetta il senso e la diversità. ‘Litio’ narra ancora il rapporto tra l’individuo e la gente, in una giornata che nelle sue fasi non fa che scontrarsi in difficoltà e perplesse affermazioni, tra giudizi e domande, segnali e visite dallo psichiatra. ‘Spacecake‘ è oscura e muove le proprie note dentro una sala da pranzo in cui fantasmi mentali e reali che consumano il protagonista, spaventato e confuso. Il sistema di Mel ha fatto davvero un bel lavoro con questo ”Felida X”, essendo stato in grado di esprimere in musica sensazioni di disagio difficili da raccontare e facendolo con vigore, nella chiave di un rock giovane ma in linea con i suoi punti di riferimento classici.
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Quattro pezzi che sono il proseguimento di B aprendo la strada a sonorità ancora più taglienti, di un distorto vissuto e compattante, quasi in chiave live che dona maggiori certezze rispetto alla prova precedente e sa smarcarsi in modo esemplare in un rock che strizza l’occhio al post e concede pochi spazi, ma tanta sostanza, una sostanza ben rappresentata dalla forza non scontata dei quattro pezzi che si lasciano ascoltare attentamente in una lisergica idea di Come non Volevi per passare alle concezioni introspettive di Marta nella stanza fino alle possibilità ineluttabili di Litio e alla monumentale Spacecake. Una prova di getto che non chiede nulla, una prova che è pura ambientazione sonora cupa e oscura a ricreare geometrie esistenziali e trovando spazio in un mondo obliquo che corre assieme a noi, spazi riempiti con le nostre malinconie, mai state così attuali come ora, in questo momento.
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Quattro componenti, quattro canzoni per Il sistema di Mel. La band, nata in provincia di Brescia nel 2014, pubblica il nuovo ep Felida X. Ma tu lettore di TRAKS hai già sentito parlare di questi ragazzi, di cui abbiamo recensito tempo fa un altro ep, cioè B. Il sound è diretto, aggressivo, chiaramente influenzato da gruppi indie internazionali come i Bloc Party. A dire il vero ci sono anche pezzi, come Litio, in cui si avverte qualche passo in più, qualche spunto ulteriore, nonché l’influenza di band italiane, tipo Il Teatro degli Orrori. Il lavoro del drumming è spesso potente, almeno quanto la voglia di colpire con immagini ben determinate.
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Il quartetto bresciano Il Sistema di Mel si mette alla prova con un EP crudo che tratta di tematiche strane e inquietanti: racconta del manifestarsi di personalità multiple, descrive le storie di persone afflitte da sbalzi d’umore, non rinuncia a parlare di paure e difficoltà. Il titolo, ''Felida X'', è un rimando alla letteratura Ottocentesca: la doppia personalità di Felida, ragazza aquitana affetta da narcolessia e sonnambulismo e sottoposta a numerose sedute di ipnosi, è stata la scintilla che ha permesso al gruppo di costruire questo breve disco che si estende per soli quattordici minuti. C’è tanto dei Marlene Kuntz, specialmente dei loro primi lavori meno prevedibili e più anarchici, soprattutto nell’impostazione chitarristica di Federico Mingardi e Paolo Bosio, rintracciabile nel brano d’apertura ''Come Non Volevi'' ed in ''Litio''. È evidente anche l’influsso dei Fine Before You Came, altro colosso dell’inizio del nuovo millennio all’interno della scena indipendente italiana, richiamati sia nella traccia iniziale sia in ''Marta nella Stanza'', asciutta descrizione della vita all’interno di una comunità di tossicodipendenti. L’atmosfera della sala da pranzo di ''Spacecake'' ci ammonisce ancora una volta a non dimenticare che le storie qui narrate non hanno come protagonisti persone particolari, ma uomini e donne la cui personalità cambia in base al luogo in cui finiscono per ritrovarsi. La voce di Mingardi, e accanto a quella i cori di Bosio, creano un rimbalzo di momenti forti e momenti di pausa, di alti che colpiscono e bassi estremamente emozionali, molto vicini a quelli inventati da Piero Pelù nei primi lavori dei Litfiba. Nel timbro che la voce ha e nell’impatto che crea sopra gli strumenti e nell’economia di ciascuna delle quattro canzoni non è assurdo azzardare un paragone con le sonorità create dai Placebo all’altezza del primo disco omonimo e del successivo ''Without You I’m Nothing'', ma è percebile persino qualche (piccola) pennellata à la Pixies del periodo ''Trompe le Monde''. Grazie alla capacità del quartetto di assorbire tante influenze diverse e riproporcele in vesti totalmente nuove, Il Sistema di Mel può sentirsi soddisfatto: l’EP scorre veloce e senza intoppi, e risulta molto piacevole
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Il sistema di Mel presenta un lavoro breve ma intenso: Felida X. 4 brani che sembrano 4 bombe lanciate il più lontano possibile, curiose di vedere quanto profondo sarà il buco che produrranno. Formazione tipo, con voce e chitarra (Federico Mingardi), basso (Simone Mazzenga), chitarra (Paolo Bosio) e batteria (Alex Dossi), Il sistema di Mel la suona bene, cercando ispirazione sia dal cantautorato Italiano, sia da quel sound d’oltremanica, comunemente definito alternative, che ultimamente si sta un po’ abbandonando, sia dal punk e dal grunge, che in sottofondo rendono molto sanguigno il tutto. Voce caratterizzante e belle aperture musicali, “grezze” e armoniche allo stesso tempo. Caratterizzante anche il suono delle chitarre, con una distorsione particolare che ricorda i Placebo ma anche il suono dell’alternative rock più puro italiano, dai Marlene Kuntz agli Afterhours, e questo credo faccia parte del lavoro di post-produzione, che sembra abbia inciso molto sulla realizzazione del disco. L’impressione è che ci sia stata un’attenta scelta di suoni già utilizzati da altre band famose, per creare quella ridondanza che possa cogliere l’attenzione dell’ascoltatore. Non vuole essere una critica assolutamente, ma un (buon) disco del genere poteva anche non averne bisogno. Sicuramente questa è una band molto attenta al suono, infatti i pezzi si ricordano soprattutto per le intuizioni musicali piuttosto che per le parole, per quelle c’è bisogno di un ascolto più attento, più profondo, per scovare il sentimento nascosto tra le righe. Felida X si apre con Come non volevi, sorta di confessione, liberazione, per far esplodere la rabbia e ritrovar la pace. Tematica che caratterizza un po’ tutti i brani. È un pezzo da sudore, da movimento veloce, immagino adolescenti in strette camere ballarla ed urlarla allo specchio. Il miglior brano dell’EP. Si passa a Marta nella stanza, dal suono molto brit, ci si aspetta quasi un cantato in inglese. Canzone ad episodi, ogni frase descrive una mini storia assestante. Il terzo brano Litio è puro alternative rock, con qualche richiamo al metal almeno sembra. Arrangiamenti ben costruiti, belle la ritmica e l’armonia. Interessante la parte “urlo al mondo”. Il disco si chiude con Spacecake, anche qui, come negli altri brani, più incisivo il groove musicale rispetto al testo. Bella soluzione il giro ripetitivo di chitarra, come un “bordone” d’accompagnamento. È molto interessante la combine che propone Il sistema di Mel, e parlo di testi in italiano e musicalità non proprio nazionali, che sicuramente li de contestualizza da tutto un po’ quello che gira nelle orecchie in questo periodo. Anche per questo più vicini ad un genere europeo; resta infatti la curiosità di sentirli all’opera con testi in inglese e soprattutto in un live, per capire come possano far esplodere tutta questa energia tenuta a freno soltanto dal supporto digitale dal quale li si può ascoltare. Band del genere, infatti, si dovrebbero vivere nei concerti e non in casa. Non c’è lo spazio sufficiente tra quattro mura per le bombe.
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Per comprendere Felida X (I Dischi del Minollo / LongRail Records) non bisogna essere né psicoanalisti, né bipolari; ci vuole sensibilità, tanta sensibilità, orecchie dritte ed attente, sia nei testi dalle mille sfaccettature ed interpretazione, sia alla struttura armonica che ammicca ad un rock compatto e coinvolgente. Arazzi sonori ed una fase di composizione asciutta, assicura a Il Sistema di Mel una coesione perfetta in questo ep, che non può essere altro che il trampolino di lancio per un futuro long-playing. Tyler Durden: Da Brescia cresce e nidifica un cantautorato privo di inibizioni e lontanissimo da filosofie spicce, promettendo un pragmatismo serio ed adulto, che ben si lega ad un percorso musicale dall’attitudine punk, ma dall’aspetto più moderato e più articolato. Dal 2014 Federico Mingardi, Paolo Bosio ed Alex Dossi danno vita ad un terzetto tutto sei corde e percussioni, completato solo successivamente dal timbro petulante del basso di Simone “Mazzu” Mazzenga, ultimando così una possente sezione ritmica che accentua i toni grevi di un rock livido e dai ritmi sempre sostenuti. Se il tema di Felida X sembra apparentemente la malattia mentale e/o lo sdoppiamento di personalità, questo non vuole necessariamente circoscrivere un determinato tipo di individui; anzi, tra le righe de Il Sistema di Mel troviamo tanta quotidianità e piccole-grandi idiosincrasie che colpiscono indiscriminatamente tutti noi. Mille personalismi e mille pensieri soffocati dall’inconscio trainano questo ep in una dimensione astratta, sopra qualsiasi punto di vista, evidenziando dall’alto comportamenti e tendenze come se fossero anormali, ma che in realtà appartengono più o meno alla natura di ciò che ci circonda. Cambi di personaggi, d’impressioni e di visioni rendono vorticoso il racconto del disco, penetrando così in quell’area sconosciuta e misteriosa ove le grande verità vengono svelate: Felida X è un grande inno di solitudine e di incomprensione, nel quale l’alienazione si personifica in maniera genetica. Sotto l’aspetto musicale, le chitarre giocano a rincorsi tra riff pungenti ed armonie più sostenute, mentre il basso e la batteria riempiono e colorano le zone d’ombra con grande enfasi e con una tensione, che corre pari pari all’interpretazione vocale sempre molto onesta e priva di pregiudizi. Il suo nome è Robert Paulson: Senza troppe contaminazioni, la musica de Il Sistema di Mel è abbastanza strutturata per liberarsi di qualsiasi paragone celebre, ma se proprio dobbiamo mettere nome e cognome di qualche infatuazione, allora direi che tracce della cupezza marchiata Interpol (ma forse più in generale sarebbe meglio parlare di debito verso il post-punk degli albori) sono appena percettibili anche nella tonalità del cantato. Tuttavia, non c’è né freddezza, né tantomeno distacco verso l’ascoltatore, che anzi vede sempre più immergersi nella psiche di Felida X. Come non volevi apre come se fosse la pagina di un diario lasciato lì perché possa esser letto; il tono complice e confidente permette di auto-relazionarsi senza nessuna retorica e senza troppi giri di parole, risultando anche più aperto verso un interlocutore a cui si sente l’esigenza di dover spiegare. Come dentro uno specchio, le immagini raccontate riflettono pezzi di vita vissuta o solo immaginata, che hanno la propensione di penetrare entro la scorza dura dell’animo, per cercare di smuovere qualcosa, come un urlo soffocato dal silenzio tutt’intorno. Marta nella stanza pone un approccio simile, evidenziando con maggiore enfasi e dettaglio il soggetto della “malattia”, mostrandola come una sorta di mea-culpa assorta e staticoa, con quel pizzico di fatalismo mai banale, e quasi quasi irriverente. La claustrofobia della musica fa sembrare ancora più pesanti ed opprimenti quelle quattro mura nelle quali la protagonista si muove, un po’ come se fosse la metafora di quello che “sta nella sua testa“. Litio (non a caso usato anche come antipsicotico) non è la cura, ma bensì la condanna; in questo concept il senso di straniamento tocca qui i vertici epocali, colpendo con una meravigliosa combo chitarra-basso-batteria che conferma le ottime trame de Il Sistema di Mel; il chorus scivola via sghembo, come una mitragliata di parole che escono come se fossero un singhiozzante flusso di coscienza. Nella finale Spacecake, l’evasione prende il sopravvento, preferendo la testarda solitudine ad una qualsiasi (e vana) cura; è un anti-inno alieno nel quale vincono le atmosfere lisergiche disciolte in un rock potente e tirato al massimo. La prima regola del progetto Mayhem: Il Sistema di Mel in soli quattro brani riesce a condensare tutta l’amara disperazione di questi tempi (il messaggio è che siamo tutti pazzi, e dannatamente soli?!), con una grande capacità di sintesi accompagnata da un pragmatismo potente ed esaustivo. Non oso neanche immaginare cosa potrebbero fare in un formato più lungo, eppure è innegabile che la grande forza di Felida X sia, non solo nelle tematiche affrontate da un punto di vista rovesciato, ma soprattutto nell’originalità di fondo e nella grande qualità in fase di arrangiamento, senza mai strafare o calcare la mano con soluzioni troppo cervellotiche.
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Il Sistema di Mel è un progetto nato e cresciuto nella provincia di Brescia a inizio 2014. Dopo aver inserito in pianta stabile Simone "Mazzu" Mazzenga, la band inizia a plasmare il proprio sound che sarà il marchio di fabbrica della band. Quello ch ene esce fuori è un sound punk rock di matrice anglosassone concentrato in tre lavori, il primo con l'autoproduzione del 2014 "Demo 01" e il secondo con "B" la seconda autoproduzione del 2015 e infine con "Felida X", Ep di quattro brani rilasciato per I dischi del minollo e LongRail Records. Felida X fa riferimento alla letteratura dell’800 e agli studi riguardanti la doppia personalità presentata da una ragazza aquitana di nome Felida. Tra narcolessia, sonnambulismo, sbalzi di umore e l’ipnosi come chiave di volta di una malattia protrattasi per tutta l’esistenza della ragazza: uno smarrimento divenuto simbolo di un’epoca scientifica particolarmente attratta dai cortocircuiti psichici. Venendo invece all'Ep vero e proprio, possiamo dire che siamo di fronte a sonorità frenetiche e ben assestate che vanno dritte al punto, un'areola calda che riesce ad avvolgere questi quattro brani, semplici ma efficaci. Un chitarra il cui sound ruvido trasmette buoni segnali anche sul versante Noise Grunge (Litio). Marta nella stanza e Spacecake chiudono il lavoro due brani che sembrano emulare i primi due con sonorità pompate da un basso distorto e scaldato al massimo (Marta Nella Stanza) e una chitarra graffiante che riesce ad ottenere il massimo con il minimo sforzo (Spacecake). Il Sistema di Mel con "Felida X" ha dimostrato maturazione nel sound e nelle idee impiegate per la stesura dei brani. Aspettiamoli al prossimo lavoro, magari un Full lenght!
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