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press-reviews PRISTINE MOODS

 

bandiera_italia   ROCKIT

Pristine Moods è il disco d’esordio nato dall’incontro fra tre musicisti: Matumaini, già militante in altre band e qui voce, ukulele, banjo e mandolino, Gherardo Zauber al basso e al theremin e Michele Venturi alla chitarra acustica e voce. Il risultato è un lavoro particolare, studiato, che mette in risalto le qualità della band e i tecnicismi gentili di un folk antico. Il nome scelto dalla band deriva dal colore e dal mood associato ad una determinata accordatura spesso utilizzata nei vari brani del lotto, in questo caso il Pristine White. “Mohawk” ha una cadenza retrò, come fosse una vecchia diapositiva polverosa ritrovata chissà dove, una intro che funge da trampolino di lancio per la seguente “Mandala”, che ne è l’estensione naturale, brano dalle corde croccanti che resta teso a mezz’aria per l’intera sua durata. “Gentlemen Suits” assume le tinte di un folk mistico e gentile, “N.” è delicata e discreta come un soffio primaverile, con il theremin che si infila fra i suoni acuti dell’acustica e “Grow Up”, con il dobro metallico, scorre lenta ma articolata. Le voci in “Migratine Whales” diventano eteree e distanti e nella strumentale “RWD” il mandolino e la chitarra si rincorrono fra loro come fossero guizzi giocosi. I suoni quasi barocchi, le trame precise e le architetture complesse di “Confusing” si trasformano in atmosfere da wild west con “Rumpleskin”, per poi trasformarsi negli accordi cupi e malinconici della conclusiva “Bending”. Pristine Moods è piacevole e rilassante, un disco ben fatto e ricco di particolari e sfumature interessanti. Un ottimo esordio di tre musicisti dalla solida tecnica, capaci di regalare dieci brani caleidoscopici.

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bandiera_italia  SHIVER

Si,  questi  Pristine Moods  sono proprio – innegabile – spazi d’animo incontaminati, infinitesimali bolle di benessere uditivo che rimbombano di  grazia e ipnosi fino all’ultima nota, l’ultimo sospiro. Crocevia di esperienze personali e artistiche,  Matumaini (Laura Masi) voce, Michele Venturi (chitarra acustica)  e Gherardo Zauber (theremin) si legano a filo diretto, prendono in prestito il nome da una tecnica/filosofica del grande chitarrista acustico americano Robbie Basho e registrano il loro primo lavoro discografico omonimo, una dolceagra miracolistica folk di dieci perle esistenziali che difficilmente si levano di torno una volta messe in moto, un toccasana, un volo pindarico senza atterraggio. L’impressione di un vecchio grammofono gracchiante su arie 40’s (“Mohawk”) introduce l’ascolto del lotto, sì, folk per allargare la mente, cuore e immaginazione tanto da spaziare dentro nuvole grunge dal sapore looser di stampo Alice in Chains (“Gentleman suits, Mandala, quest’ultima stupenda), sopra declivi fielding che disegnano panorami concentrici (“N”), dietro i  caracolliì leggiadri e ventosi di (“Migrating whales, Confusing, Grow up”). Un estro compositivo – questo dei Pristine Moods -  che torna e ritorna ad impregnare emozioni, che non esita a creare, sparpagliare e ricomporre macramè sonici delicatissimi come il tocco Mediterraneo di “RWD”, la cavalcata fingerpicking in sella ad un ronzino westly (“Rumpleskin”) o il farewell a fine corsa che ha il nome di “Bending”, ballata che colpisce per la purezza d’intenti, tutte idee ben chiare mai convenzionali che il trio arricchisce di tenerezza e sgranati sogni yankee. Lode!

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bandiera_italia   INTERNAZIONALE

Un banjo smarrito nella foresta dei fratelli Grimm, e ritrovato da matumaini, ciuffoluta principessa che, insieme a due compagni di corde e di ventura, sciolie le trecce alle chitarre in questa galoppata. L'album d'esordio, Pristine Moods, s'ispira alle teorie sinestiche di Robbie Basho, leggenda della chitarra folk e gran gourmet del peyote, collegando il colore bianco, un'accordatura in re, i raggi del sole e la mente d'un fanciullino. Tra inserti di theremin e la favola di Tremotino ne esce un'insalata di mitologie e metafore un pò cervellotica, ma fresca.

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bandiera_italia  LOST HIGHWAYS

Diplomata in chitarra moderna e world music, Matumaini (aka Laura Masi), decide, dopo aver militato e sperimentato in diverse band, di creare un progetto totalmente suo, un repertorio di brani folk, chitarra e voce. In realtà non è sola; in questo bel progetto è, infatti, accompagnata da Gherardo Zauber e dal suo theremin e dal giovanissimo Michele Venturi alla chitarra. Il progetto Pristine Moods nasce dunque dall’incontro di questi tre personaggi, che decidono di dare il nome al gruppo in omaggio a Robbie Basho, importante cantautore e chitarrista statunitense, che in uno dei suoi scritti associava ad ogni accordatura un colore e una sensazione; la loro attenzione è ricaduta sul Pristine White, colore/mood associato ad un’accordatura che utilizzano in alcuni brani dell’album. Il brano Migrating Whales riassume proprio il “mood dei Pristine” in poche parole: “let’s play loud”. Il tema del tornare indietro riecheggia in molti brani dell’album. Tornare indietro rispetto a cosa? Alla confusione, al lamentarsi a volte per nulla (Confusing), alla ricerca forsennata di abiti e modi giusti da indossare (Gentleman Suits), alle relazioni che sono importanti ma spesso ci legano in modi dolorosi e non del tutto sani (Bending e N.) alle spirali di vita che non portano da nessuna parte (Mandala). C’è anche il tempo di scomodare i Fratelli Grimm, Rumpleskin è infatti la reinterpretazione di un loro racconto. Il contesto dell’intero album è proprio questo, il gioco, la favola, il racconto, visti come il modo migliore per cacciar via tutte queste forme malvagie che distolgono dalla serenità con l’augurio di vivere bene e senza più paure.

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bandiera_italia   ROCKLAB

Sono di Bologna e vengono dal mondo della sperimentazione: Matumaini (aka Laura Masi), Gherardo Zauber e Michele Venturi formano i Pristine Moods nel 2014, regalandoci oggi un album d’esordio dal titolo omonimo. Nascono dall’idea che l’accordatura di uno strumento possa evocare un colore e una sensazione, omaggiando nel moniker la loro preferita: la “pristine white” – inventata dal chitarrista acustico Robbie Basho, pioniere della musica folk americana. Il pristine mood, dal loro punto di vista è uno spazio d’animo incontaminato riconducibile alle sfumature di bianco, blu, e verde, lasciando all’ascoltatore il piacere della scoperta. Dietro le tinte folk/country e i rumori fiabeschi dei Pristine Moods, c’è una ricerca accuratissima dei suoni ed una grande attenzione ai dettagli. Ukulele, mandolino, banjo e le magiche vibrazioni del theremin, vengono sapientemente mescolati a basso, chitarra tradizionale, ed alla voce fluttuante di Matumaini. Il risultato è un album magnetico e delicato, tutto cantato in inglese, che sboccia in tenere melodie vintage “Mohawk”, e respiri arpeggiati “Mandala“. Le inconfondibili atmosfere dettate dal theremin danno vita a brani ipnotici come “N“, aggiungendo quel tocco in più alla suite psichedelica di “Migrating whales“. Decisamente più country, il brano ispirato, nel titolo, ad un personaggio di una favola dei fratelli Grimm, Rampolskin – il Tremotino italiano, una specie di goblin rumoroso dedito al graffiare o percuotere assi di legno. Che ai Pristine Moods piacciano le favole è evidente – date un ascolto a “Bending” per rendervene definitivamente conto, la ninna nanna di chiusura. Del resto la conferma ci arriva direttamente da Laura Masi:

“Attraverso un’atmosfera fiabesca cerchiamo di tornare un po’ indietro, perché da bambini si vedono le cose in maniera più semplice e giusta e allo stesso tempo si sogna, tanto”

Nel disco figurano anche gli Alice Tambourine Lover, voce e dobro in “Grow Up”; mentre la produzione del è stata affidata a Roberto Rettura (Lo Studio Spaziale da cui sono passati Calibro 35, Iosonouncane, Enrico Gabrielli Junkfood). Racconti acustici per principesse e menestrelli contemporanei.

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bandiera_italia  ROCKLINE

Corde magiche, la purezza dei suoni cristallini, l'ukulele e il banjo, il mandolino, naturalmente la chitarra e un magnetico theremin. Il sottobosco folk inglese dei seventies che incontra la lezione dei primitivisti americani per poi svincolarsi dai trend di ieri e di oggi. Ipotesi di movimenti acustici nuovi dal cuore antico. Quando il termine folk va oltre il senso comune. Ai formalismi new-age, Pristine Moods contrappone il calore di voci che si intrecciano, memorie prewar, veli di mediterraneo e inquietudini chasnyane, sciogliendo tutto in ipnotico e dolcissimo mood. Mandala e Gentlemen Suits le tracce che ci preme segnalarvi e Laura 'Matumaini' Masi, Gherardo Zauber e Michele Venturi i nomi del trio bolognese che dopo varie esperienze individuali in altre formazioni approdano a questo debut che promette grandi cose.

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bandiera_italia   MUSIC COAST TO COAST

Con l'esordio, omaggio a Robbie Basho, pubblicato il 27 marzo per I Dischi del Minollo, i Prsitine Moods regalano spazi d'animo incontaminati, dove sognare e vedere le cose in maniera semplice e tornare un pò bambini. I Pristine Moods con le dieci canzoni del loro disco spaziano tra il folk, il rock e il cantautorato; l'album si apre con "Mohawk", un augurio per stare bene senza paure seguita dalla splendida "Mandala" che, sebbene parli di spirali di vita che non portano da nessuna parte, la canzone ci trascina con la sua melodia dolce. Il banjo, l'ukulele e il mandolino sono gli strumenti che rendono i Pristine Moods particolari e diversi da tanti gruppi in circolazione, se ne fregano di tutto, come la ricerca degli abiti giusti e dei modi giusti da avere, tema affrontato in "Gentlman Suit". "N" ha il sapore di quelle relazioni importanti, ma che spesso ci legano in maniera dolorosa, dal mood triste, queste relazioni però ci fanno crescere senza invecchiare come in "Grow Up". "Migrating Whales" racchiude il mood dell'intero album, un disco variegato e ben suonato, capace di racchiudere in dieci brani tante sensazioni. Dopo la strumentale "RWD" che lascia trapelare tutta la bravura con gli strumenti dei tre bolognesi, non c'è tempo di lamentarsi per nulla come ci raccontano in "Confusing". Si cimentano anche con i fratelli Grimm reinterpretando in "Rumpleskin" un loro racconto e chiudendo il disco con "Bending" dal sapore di una ninna nanna sussurrata pacatamente. I Pristine Moods non finiscono mai di stupire e di svelare nuovi ambienti e anfratti nascosti, il loro disco d'esordio è un album curato e pieno di piccoli dettagli.

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bandiera_italia   SHAKE

“Pristine Moods” chiamarla band è riduttivo, è più che altro l'unione di tre musicisti diversi tra loro che – prendendo spunto dalla teoria accordi/colori dell'eclettico chitarrista Robbie Basho – sfornano il disco omonimo. L'album, oltre ad essere il colore scelto in alcuni loro brani, è anche un viaggio attraverso emozioni e sentimenti, loro li chiamano stati d'animo incontaminati. E in questo convincente lavoro, assolutamente da ascoltare e gustare finchè ce n'è, ne viene fuori il mood folk “futurista” di Matumaini, che dopo varie esperienze ha creduto in questo progetto assieme a Gherardo Zauber, un vero amante del theremin e Michele Venturini che di stile con la chitarra acustica in braccio ne ha tanto. “Pristine Moods” è incontaminato come abbiamo detto, perchè non va alla ricerca di suoni finti od elettrici, come oggi fanno più o meno bene la maggior parte delle band indie, ma cerca di recuperare la naturalezza e la bellezza degli strumenti, pochi ma efficaci. Un album sicuramente ben riuscito.

“Mohawk”: “Ukulele raffinato e la voce di Matumaini in un binomio minimal filtrato che riesce ad essere il succulento antipasto per il brano successivo...

“Mandala”:... che sfocia in venature perfettamente distorte nei giochi maggiore/minore degli accorti puliti ed emozionali la cui melodia si perde nei ricordi acustici.

“Gentleman Suits”: banjo e chitarra si scambiano sorrisi compiaciuti ed ottima è l'equalizzazione dei suoni, sì che primeggiano gli strumenti sulle voci di Matumaini e di Venturini. Il brano si regge infatti su accordi, arpeggi e colorature...

“N.”: arpeggi ansiosi e il theremin di Zauber a donare auree eteree, a farne anche il verso, una dedica armonicamente costruita ad hoc.

“Grow up”: e ci si perde in un folk con tante certezze, tra cui un banjo malinconico che accompagna la vocalità della cantante, dove ci sono interessanti aperture.

“Migrating Whales”: un mix di chitarre e theremin a ripetizione che da sole riescono a sorreggere un brano di poche parole, ma è elegante così, senza orpelli e congetture.

“RWD”: arpeggio molto battistiano nell'intro, poi è maestria pura, Venturini dà il meglio di sé perdendosi tra sonorità Madredeus e un sound barocco modernizzato con un finale dove fa ingresso il mandolino...

“Confusing”: arpeggi nervosi e diversamente non potrebbe essere nel caos della confusione che spesso è utile solo per complicarsi la vita. Qui a cantare è Venturini...

“Rumpleskin”: banjo impazzito e folk allo stato brado per reinterpretare un racconto dei favolosi fratelli Grimm, tutto da ballare... anche qui la voce si pone in secondo piano...

“Bending”: per finire una dolce ballad con gli strumenti a corde in primo piano come in tutto questo disco, dove gli arpeggi ancora una volta parlano da sè e raccontano una storia non sempre facile da ascoltare...

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bandiera_italia   INDIANA MUSIC MAG

Ci sono dischi non perfetti che emanano tuttavia un fascino che non lascia indifferenti, e Pristine Moods è uno di questi. Esordio per l’omonima formazione bolognese, raccoglie per la verità una corposa serie di esperienze umane e artistiche: Laura “Matumaini” Masi (voce, ukulele, mandolino, banjo) è già nota per un passato con Minor Swing Quintet, Elanoir, DHOS, e viene qui affiancata da Gherardo Zauber (basso e theremin) e dal talentuoso Michele Venturi (chitarra acustica). Poche note e il trio ci coinvolge immediatamente in una ragnatela di vocalità sofisticate, intrecci armonici ed effetti ipnotici, brani acustici e sinuosi di per sé non particolarmente innovativi eppure bellissimi (Mandala, Gentleman Suits, Grow Up), che guadagnano un sapore elegante e ricercato grazie alle stratificazioni vocali e alla chitarra di Venturi, mentre il misterioso theremin aggiunge qua e là un tocco di magia (N.). Sono davvero spazi d’animo incontaminati (questo il significato del nome, ispirato a Robbie Basho), fiabeschi, non tanto e non solo per l’esplicito riferimento ai Fratelli Grimm (Rumpleskin) ma piuttosto per la sognante resa sonora. Curiosamente, per un album in gran parte giocato sulle armonie vocali, svetta su tutti gli altri brani RWD, unico pezzo in cui la voce tace.

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bandiera_italia   CRAMPI 2

Si fa chiamare Matumaini, all’anagrafe Laura Masi da Bologna, una vicenda sonora già abbastanza corposa alle spalle, cui si aggiunge ora il progetto Pristine Moods, che la vede accompagnata da l’altrettanto navigato Gherardo Zauber e da Michele Venturi, più giovane ma già lanciato verso una luminosa carriera nel mondo del chitarrismo acustico. Tutto, o almeno gran parte, nasce proprio da qui: dalla chitarra acustica e dall’idea del ‘guru’ Robbie Basho di associare ad ogni accordatura un colore / sensazione: in questo caso, il Pristine White, spesso utilizzato nel corso del disco. Il bianco come ‘purezza’, come ‘assenza di contaminazione’ e, per estensione, di ‘pulizia’: fare spazio, mentalmente più che fisicamente, cercare un nuovo equilibrio e ritrovare la serenità liberandosi di tutto ciò che crea affanno: più facile quando si tratta delle ‘convenzioni sociali’, rappresentate da certi ‘canoni di abbigliamento’ imposti dall’etichetta; operazione più delicata e dolorosa quando di mezzo ci sono rapporti interpersonali, anche affettivi, se questi finiscono per portare tensioni; più genericamente, liberazione da tutto ciò che fa perdere tempo e forze emotive, mentali e fisiche, senza che vi siano risultati. Un percorso, magari lento e placido, come le migrazioni delle balene, che può segnare una crescita, ma allo stesso tempo il ritrovamento dell’infanzia: si potrebbe tirare in ballo Leopardi, ma i Pristine Moods preferiscono chiamare in causa i fratelli Grimm. Dieci brani che, incentrati sulla dimensione acustica, riportano direttamente a certi territori folk / country / bluegrass, mantenendo uno sguardo deferente alla tradizione, ma tenendo presenti anche le più attuali derivazioni ‘indie – alternative’ del genere. Matumaini imbraccia la chitarra – coadiuvata da Venturi – m a anche banjo, ukulele e mandolino, sposandoli efficacemente col theremin di Zauber che aggiunge al tutto il basso, in un viaggio spazio – temporale che va dalle paludi della Lousiana di inizio secolo, alle terre del nord disegnate da Eddie Vedder nella colonna sonora di “Into the wild”. Un itinerario che si snoda lungo undici brani, cantati con dolcezza da Matumaini, con Michele Venturi talvolta in appoggio. Un lavoro tenue, a tratti evanescente, in qualche frangente più corposo, ma sempre all’insegna della discrezione, della calma, che anche dal punto di vista sonoro procede all’insegna della sottrazione, gettando via ogni inutile fardello per trovare una via verso un’esistenza meno votata a riempire freneticamente ogni spazio, forse meno movimentata, ma più serena.

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bandiera_italia   TRACKS

Esordio omonimo per i Pristine Moods, trio con svariate esperienze alle spalle ma che trova nelle armonie e nel lavoro di strumenti a corda (banjo, mandolino, ukelele, chitarre di vario tipo) ma anche in quello del theremin la propria sostanza. Mohawk funge da introduzione tra minimal, ironico e vintage a un disco che avrà queste qualità, ma anche altre: con Mandala, che segue, il discorso si fa più approfondito, e cede in serenità ciò che guadagna in intensità. Gentlemen Suits percorre in maggiore profondità le possibilità offerte dal contrasto vocale, accompagnate da un discorso che non può non far pensare a un sound di stampo R.E.M. Acustica semplice ma con effetti sonori per N., mentre la situazione si fa più articolata nei territori di Grow Up, morbida e sinuosa ma con qualche puntura di spillo, qualche evoluzione e qualche dialogo fra strumenti a corda. Più evocativi i suoni e più lontane le voci nella quasi strumentale Migrating Whales (nel senso che le voci sono utilizzate a guisa di strumenti aggiuntivi), che scivola via con leggerezza e lascia spazio ai suoni meno ricchi di conforto ma anche più vivaci di RWD, che strumentale lo è per davvero. La voce ritorna in Confusing, che su arpeggi fitti disegna una trama con richiami classico-barocchi con qualche sorpresa sonora. Pieno vecchio West invece per Rumpleskin, che anche grazie al banjo si muove veloce e guizzante, come a bordo di una diligenza. Meno allegra l’atmosfera di Bending, che al contrario chiude il disco su note piuttosto autunnali e che rimette in evidenza le qualità delle armonie vocali. Se l’obiettivo dei Pristine Moods era quello di creare uno stile, un suono riconoscibile, un disco dal carattere ben definito, l’obiettivo può dirsi raggiunto. Le dieci canzoni, pur tra differenze evidenti, mettono sotto la luce un modo di procedere e di elaborare piuttosto particolare. Il risultato è un disco ricco di personalità e anche molto piacevole.

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bandiera_italia   DISTOPIC

E’ un buon disco, quello dei Pristine Moods. Dopo anni di militanza e sperimentazione in varie band, Matumaini (la cantante del progetto, prestate attenzione alla sua voce androgina) incide qualcosa di totalmente suo, un repertorio di brani folk, chitarra e voce. Nella fase di ricerca dei musicisti che l’avrebbero accompagnata in questa registrazione avviene l’incontro con Gherardo Zauber e Michele Venturi, che completano il nucleo dell’ensemble. Il folk è ovviamente la materia prima attorno alla quale ruota tutto il compact (uscito per I Dischi del Minollo), ma quello dei Pristine Moods non è il classico album folk e basta, nel senso che ci sono al suo interno fascinazioni diverse, e lungo tutta la scaletta esce abbastanza bene l’amore del gruppo per la melodia, per quel modo di maneggiare l’orecchiabilità (tipicamente italiano) che arrotonda i suoni e li spinge sino ai confini del pop. Insomma, un disco per gli amanti del folk, ma anche per chi il folk non lo ha mai gradito particolarmente. E non è un controsenso. Le canzoni migliori del cd? Molto interessante la strumentale “RWD”, ottima “Gentleman Suits”, che ha un bell’incedere rock.

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bandiera_italia   TUTTOROCK 

Dopo anni di militanza e sperimentazione in varie band (Minor Swing Quintet, Elanoir, DHOS), Matumaini decide di incidere qualcosa di totalmente suo, un repertorio di brani folk, chitarra e voce. Nella fase di ricerca dei musicisti che l’avrebbero accompagnata in questa registrazione avviene l’incontro con Gherardo Zauber e quel magico strumento che è il theremin, e Michele Venturi, giovanissimo talento nell’ambito della chitarra acustica. Nasce così Pristine Moods, dall’incontro e la fusione di tre musicisti che, partendo dalle prime incisioni di Matumaini, si incontrano nelle prime improvvisazioni in sala prove per reinventarsi insieme. Il nome deriva proprio da uno dei maggiori chitarristi acustici, Robbie Basho, che in uno dei suoi scritti associava ad ogni accordatura un colore e una sensazione; la loro attenzione è ricaduta sul Pristine White, colore/mood associato ad un’accordatura che utilizzano in alcuni brani dell’album. Da qui l’idea del nome Pristine Moods (spazi d’animo incontaminati). “Ci piace immaginare il disco come uno di questi spazi incontaminati, come quegli audiolibri di favole che ti regalavano da bambini. Attraverso un’atmosfera fiabesca cerchiamo di tornare un po’ indietro, perchè da bambini si vedono le cose in maniera più semplice e giusta e allo stesso tempo si sogna, tanto.” (Matumaini).  Se Mohawk mi ha lasciato presagire uno di quei dischi ben fatti e noiosetti fatti di note minimali, l’entrata in campo di Mandala è una folgore scagliata dal cielo. Il cielo si illumina di arpeggi sontuosi, suoni paradisiaci di theremin, arcate vocali di devastante bellezza. Il disco si rivela una sorpresa di cui non ti stancheresti mai di esplorare ogni minimo anfratto, si passa per la toccante malinconia di N., alle divagazioni sonore di Migrating Whales, alla magia di RWD dove una meravigliosa cavalcata di pizzicate sulle corde cuce una trama di splendente bellezza. Si abbraccia il panorama folk veloce di Rumpleskin per finire a rincorrere sogni di una notte di mezza estate in Bending. Strepitoso ed ammaliante sono le prime parole che mi vengono in mente su questo disco, una bellezza lucente di note spaziali che fanno cadere una pioggia di sonorità semplicemente incantevoli. Sonorità che ricordano fortemente il miglior e folk-rock, con la differenze che al posto di un roco folk-singer americano abbiamo  il cantato di Laura,  una sorgente di emozioni che si calibra alla perfezione su di una trama musicale che cattura ogni momento di più. L’unica cosa che posso dire è di correre subito a comprare questo cd e metterlo sul platorello, mi verrebbe da dire soddisfatti o rimborsati, ma non vorrei esagerare….

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bandiera_italia   KATHODIK

Questo disco italiano - che sembra americano - è un omaggio a Robbie Basho (uno dei maggiori chitarristi acustici) tant’è che sfocia nel folk e mette in primo piano proprio una chitarra acustica particolarmente chiara, dolce e solare, il theremin (il tocco di Gherardo Zauber) e la voce di Matumaini (aka Laura Masi) delineata da melodie dolci e lineari. 'Pristine Moods' è un disco piacevole ma molto da sfondo. Sembra quasi concepito per un telefilm. Mentre lo ascoltavo ero istintivamente portata a fare altro senza fermarmi troppo sulle canzoni che sono legatissime l’una all’altra come un’unica melodia (spesso solo strumentale come in RWD). N. e Grow Up sono i due momenti più alti. Insomma, manca quel quid e me ne dispiace perché sento un bel potenziale soprattutto nelle parti di chitarra acustica (e qui parte un appaluso sincero a quel “sbarbo” di Michele Venturi), ma è tutto talmente soft da essere impalpabile. Spero di risentire presto questi ragazzi.

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bandiera_italia   LUCIDAMENTE

Per il proprio omonimo esordio la band bolognese sceglie vocalità sofisticate e un inconsueto, curioso congegno musicale. È il più antico strumento musicale (se così si può definire) elettronico. Si tratta del theremin: diabolico, magnetico, inquietante (non vi è alcun contatto fisico tra tale folle “macchina” e chi la suona). La sua insolita presenza in brani come l’ipnotico N. o il “liquido” Migrating Whales (vediamo davvero le balene nei loro lunghi viaggi attraverso gli oceani) giustifica da sola l’ascolto del disco. E questo disco è l’esordio di un più che promettente e tutt’altro che inesperto gruppo bolognese: i Pristine Moods. La loro omonima opera prima, con copertina dall’indecifrabile raffigurazione, vedrà la luce il 27 marzo 2015 per l’etichetta I dischi del Minollo. Tutto nasce allorquando Matumaini (alias Laura Masi: voce, ukulele, mandolino, banjo), dopo essersi impegnata presso varie band quali Minor Swing Quintet, Elanoir, DHOS, decide di incidere il proprio repertorio di brani folk, chitarra e voce. I suoi “complici” saranno Gherardo Zauber (basso e, appunto, theremin) e il giovane Michele Venturi (voce e talentuosa chitarra acustica – si ascolti quel piccolo capolavoro di soli suoni che è RWD). Pristine Moods è un lavoro che nasce già “classico”, antimoderno, quasi volesse esorcizzare la frenesia folle della nostra epoca con del sano, vecchio country, folk o blues, mescolati a un pizzico di aristocratica raffinatezza. Tanto per capirci, la voce e la sensibilità di Matumaini ricordano a tratti quella di Joni Mitchell, e tuttavia assumono una delicatezza e delle modulazioni personalissime. Ad esempio, ci si delizi con la splendida, aerea, Confusing; o con la seconda traccia del cd, Mandala: trasognata, nostalgica, con la perfetta fusione della voce femminile e delle sonorità musicali, è in grado di rapire l’ascoltatore, trasportandolo in un altrove indeterminato. Che, però, in ultima analisi, è la stessa vita. E, come detto all’inizio, a completare la ricercatezza e l’eleganza sofisticata un po’ retrò, c’è il theremin, peraltro utilizzato da Hollywood per alcune celeberrime colonne sonore, dai classici horror o fantascientifici all’Alfred Hitchcock di Io ti salverò (1945) e alla sequenza finale di Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) di Miloš Forman. A inventarlo nel 1919 fu il fisico sovietico da cui prende il nome, Lev Sergeevič Termen (francesizzato Leon Theremin, 1896-1993). Longevo, enigmatico personaggio, per di più perseguitato dallo stalinismo, e non solo: i suoi strumenti sperimentali furono più volte distrutti nel corso di misteriosi attentati, l’ultimo dei quali un anno prima della sua morte. Infine, la spiegazione del nome della band. Si tratta di un omaggio al creativo chitarrista folk statunitense Robbie Bǎsho (1940-1986), che teorizzava l’associazione di ogni accordatura a un colore e a una sensazione. Il Pristine White è un colore/mood legato a un accordo utilizzato in alcuni brani dell’album. Ecco, quindi, la nascita dei Pristine Moods (cioè “spazi d’animo incontaminati”). Del resto, afferma la Masi, «ci piace immaginare il disco come uno di questi spazi incontaminati, come quegli audiolibri di favole che ti regalavano da bambini. Attraverso un’atmosfera fiabesca cerchiamo di tornare un po’ indietro, perché da bambini si vedono le cose in maniera più semplice e giusta e allo stesso tempo si sogna». Tanto. Come coi Pristine Moods.

L’introduzione acquatica, aliena di Derailed Dreams ci prepara ad un’immersione in un mondo niente affatto sconosciuto ma dal quale mancavamo da un bel pezzo.

Poco tempo fa, parlando de Gli Altri, band post-hardcore e quindi lontanissima dai King Suffy Generator, mi meravigliavo positivamente di come una band nostrana fosse stata in grado di portare una forte componente post-rock all’interno della loro musica in questi nostri giorni così lontani dal bel post-rock perchè – intendiamoci – di gruppi che reiterano le dinamiche delle scuole di Louisville e Chicago ve ne son fin troppe, lì arrabbiate e pronte a triturarceli con le loro geometriche intemperanze ‘emo’ e violenza math fine a sè stessa.

Quindi il post-rock non riesce ad invecchiare (e sedimentare nelle coscienze musicali) perchè ancora non vuole essere mollato dagli orfani dell’hardcore (quello vero che non hanno mai conosciuto) e allora si accaniscono sul suo corpo morto squassandone la carcassa come avvoltoi e rimestando e beccando lo svuotano di senso e significato.

E poi arrivano delle persone per bene a ricordarci che esisteva un altro modello di post-rock oltre ai soliti due comunemente  proposti, quello ben più difficile, fantasioso e ricco di sfumature dei Tortoise. Ecco dove guardano i King Suffy Generator ed ecco perchè nelle loro composizioni si affacciano elementi progressive, space e persino latin rock.

La stessa Derailed Dreams nel suo algido rigore ritmico si infiamma di aperture che ricordano il primo Santana, quello vero, non il pupazzo con cui l’hanno sostituito poi.
Ritornano le sospensioni dei Tortoise in Short Term Vision esono proprio quelli di TNT, quelli più vicini ai deliqui dei cugini analog-pop The Sea and Cake.

E non bisogna meravigliarsi a parlare di prog ed affini perchè gli stessi Tortoise erano affascinati dal motorik krauto e da certe sperimentazioni settantine. Ecco perchè il minuto e poco più di Rough Souls sembra una traccia perduta dei Popol Vuh o degli Amon Düül.

Relieve The Burden dimostra come la band sappia anche incalzarci ma persino nella foga neo-prog riesce a non perdere mai il controllo ricordandoci – come anche la successiva We Used To Talk About Emancipation un’altra delle più grandi band post-rock – meno imitate – di sempre, gli Shipping News.

Un disco così ed una band di connazionali così, di questi tempi bisogna tenerla  d’occhio. Non mi stupirebbe ritrovarli nelle charts indipendenti tra i migliori dischi italiani dell’anno.

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