Il sound corrosivo, carico e disturbato dei Mastice riporta alla luce alcune fra le esperienze più (meravigliosamente) brutali della storia della musica rock : la new-vave, con il suo trucco pesante (e con qualche venatura shoegaze), l'IDM più irrazionale e prisimica, gli esperimenti folli dei Suicide con il loro uso contorto e inusuale del sintetizzatore, con la violenza irreale del loro mood. I Mastice, alias Riccardo Silvestrini e Igor Tosi, non cercano compromessi : titoli e testi enfatizzano la loro visione conflittuale della vita, i brani sono figure sghembe che si avventano in territori decisamente scomodi e poco rassicuranti. Una lunga caduta verso una paranoica alienazione. O forse, più semplicemente, un pugno nello stomaco.
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Leggiadra come un macigno questa nuova entrata nei ranghi della sperimentazione elettro rock da parte dei ferraresi Mastice, ossia Riccardo Silvestrini e Igor Tosi (vocalist dei Devocka), duo “maneggione” di emozioni aliene che in Violente Manipolazioni Mentali, “ripassano” la lezione di culto dei primi 90s, quei passi electro decadenti mid-gothic piacevolissimi che si alternano a certe modernità IDM e dalla ritmica decisamente dark, una dannazione concentrata in cui amplificate esalazioni di masse bio-elettroniche e un cantato lugubre vivono, convivono e si immolano in continuo movimento senza nessuna maschera d’ossigeno salvifica. L’alienazione dell’oggi, i deliri multipli del vivere, le spirali debordanti del disagio collettivo sembrano sbattersi in una riflessione massificata, qui il tempo sembra plasmare ansie, paure stratificate, uno specchio crepato che riporta gli sdoppiamenti degli stati d’animo, e che i Mastice ulteriormente ne dilatano le curve a gomito come un contemplato che non fa rima col presente. Dieci “trambusti” d’autore che decretano un ascolto liquido, un ambientale galleggìo tra elementi oscuri e ipnotici tecnicamente ineccepibili che roteano in straordinari darkly dream. Una “chimica” sonora suadente, quello sporcato noise che avvinghia l’immaginazione e distorce le dimensioni di falsa quiete; l’alienazione shoegazer (“Venditori di fumo”), il lontano sospiro dei Diaframma (“Risveglio”), l’oblio elettrico che succhia l’anima in “Porci”, la pozza amniotica di “Target” o l’innesco fobico che morde (“Freddo”), fanno parte di quella potenza frontale e magmatica che i Mastice usano e adoperano come una delle loro armi vincenti. Un incedere d’ascolto d’ottimo tenebroso? Magari, ancor di più!
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In superficie piuttosto ruvidi eppure fanno presa in men che non si dica: i Mastice non potevano scegliere nome più azzeccato al proprio progetto. I ferraresi Igor Tosi (voci, synth, loop e lamiere) e Riccardo Silvestrini (chitarre, drum machine, synth e cori) hanno esordito a fine 2014 con un disco dalle fattezze new wave, con movenze industrial ed EBM, in cui l’elemento depechiano è quantomai forte e persistente. Dieci pezzi torvi e decadenti, abbastanza bui da scaraventarvi in uno scenario di macchine sventrate e capannoni abbandonati: riverberi elettronici, ritmiche ancestrali, oscillazioni pneumatiche e rimbombi da centrale idroelettrica: “Violente manipolazioni mentali” sta proprio in questo oscurissimo antro digitale di 33 minuti. Diciamo subito che il brano perfettibile del disco è “Venditori di fumo”, che unisce alle sonorità di stampo Depeche Mode una scelta delle parole e del metro paragonabile ai La Crus. Un frammento del brano è piuttosto eloquente in termini di squallore spirituale e desertificazione dell’anima: «Perché mai / dovrei passare la serata / a gridare alla finestra / di una squillo?». I Mastice si muovono benissimo nei territori in apparenza sterili della musica industriale, riuscendo a ricoprirli di volta in volta con manti sonori diversi, dall’ambient macchinistica di “VMM” al mathcore di “Freddo” e al synthpunk di “Zero” e “Porci” («Frotte di porci accorrono! / Cercano dignità nell’essere / il porco più grosso»), senza rinunciare a qualche blanda concessione melodica in “Risveglio” o “Target” («Siamo inguaribili sognatori, / siamo miserabili senza fantasia, / siamo perfettamente uguali, / non c’è mai piaciuto riflettere»). La cavità in cui i Mastice si sono cacciati è dunque abbastanza buia da non vedere luce sopra di sé, come caduti per accidente in un pozzo. Ma, se volessimo utilizzare una metafora avulsa dall’universo industrial, potremmo dire che “Violente manipolazioni mentali” è come una tazza di caffè bollente: per tutti invitante anche se pochi possono buttarla giù di colpo.
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È sempre molto interessante accostarsi di volta in volta a lavori musicali che interpretano e rielaborano la realtà in maniera differente. Coglierne le diverse sensibilità pur generate dal medesimo contesto. I tempi bui in cui viviamo hanno spinto schiere di musicisti ad esprimere il bisogno di cantare sofferenze e spaesamento in modi spesso antitetici. Per anni nel nostro paese è sembrata prevalere la schiera di quelli che hanno voluto a tutti i costi ribaltare il quadro votandosi al divertissement, più o meno ragionato, più o meno ricco comunque di significati. Esistono poi quegli artisti che quell’oscurità la amplificano, costruendo una bolla all’interno della quale abbandonarsi galleggiando in uno stato di catatonica rassegnazione. Sembra appartenere a quest’ultima frangia il duo ferrarese electro-industrial dei Mastice. Violente Manipolazioni Mentali, loro album d’esordio, vibra di fraterna tristezza pur lasciando affiorare momenti di rabbia pura. L’atmosfera dark, il senso di disperazione, unite alle ritmiche industrial e a melodie vagamente post-rock ricordano soprattutto tante produzioni di inizi anni ’90. I riferimenti possono andare dai Nine Inch Nails, ai Massimo Volume. Ma possiamo anche scomodare, con le dovute accortezze, gli Einsturzende Nebauten. La formula descritta non aggiunge nulla di particolarmente nuovo a quanto già sentito in passato. Il disco, in effetti, paga probabilmente in “riconoscibilità”. Trattasi comunque di un lavoro che si incastona appieno nel contesto temporale che lo ha prodotto, un album con cui Igor Tosi e Riccardo Silvestrini fanno un primo passo all’interno del panorama musicale dell’underground nostrano. Panorama di cui, ne siamo convinti, potrebbero diventare un futuro riferimento.
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DARK ITALIA
I Mastice , formati da Igor Tosi ( voce e suono ) e Riccardo Silvestrini ( chitarra e ritmo ) debuttano con questo “Violente Manipolazioni Mentali” nel Novembre del 2014, prodotto dall’etichetta Italiana “I dischi del minollo”. La loro proposta si basa su una musica “fredda” dai connotati industrial, ambient, noise ed elettronica minimale, che ricorda in qualche modo le band dell’avanguardia Tedesca dei primi anni 80, che hanno fatto della sperimentazione il loro cavallo di battaglia. Ma i Nostri non hanno bisogno di trapani e lamiere, ne di apparire in qualche modo shockanti o disturbanti. Sono sufficienti una manciata di strumenti comuni a tutti e la giusta attitudine, la voglia e il bisogno di raccontare l’alienazione urbana, le storie di vita quotidiana, le paure, le illusioni, e il realizzare che non tutto ciò che ci circonda è sempre “rose e fiori”. Appurato, dunque, che questo non è un disco da ascoltare in auto durante uno spensierato viaggetto di piacere – ma, evidentemente, questo non era nelle loro intenzioni – vorrei soffermarmi su alcune tracce che compongono questo “Violente Manipolazioni Mentali“, che io reputo in qualche modo le più riuscite, e che rappresentano al meglio la natura del progetto. “Venditori di fumo“, traccia numero due: drum machine martellante e metronomica su un tappeto di sintetizzatori ed effettistica varia a creare un’atmosfera apocalittica e inquietante, dove Igor poggia il suo cantato liturgico e recitato. Segue “Risveglio“, meno ritmata, molto più evocativa ed “orecchiabile”. Ho trovato il testo di questa canzone uno tra i più belli e sentiti che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tempi, a dimostrazione che, ove presenti, le liriche non sono per nulla scontate. “Zero” è praticamente strumentale, tranne che per alcuni gorgheggi e voci filtrate qua e là, chitarra distorta in evidenza, le percussioni che si fanno nuovamente aggressive; un senso di claustrofobia pervade il brano sin dal primo beat. La traccia conclusiva “Maggio” è quella che, nulla togliendo alle altre, ho personalmente eletto come miglior composizione di questo bel dischetto. Una canzone calma, dal mood malinconico e cadenzato, con un’ottimo lavoro di chitarra che si mantiene abbastanza composta e tesse melodie formate da arpeggi minimali, che solo in rari casi riscopre il suo lato veemente, come avviene nell’esplosione finale. Anche in questo caso, suggerisco di fare attenzione al testo, molto intenso, sensibile e ispirato. Ho avuto modo di assistere ad un’esibizione dal vivo del duo Ferrarese, e con tutta franchezza affermo che, con la giusta atmosfera, i brani funzionano ancora meglio che su disco. In conclusione, un’ottima release, che consiglio a tutti di scoprire e supportare.
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Trovo molte difficoltà a mettere in fila la classica manciata di pensieri per raccontarvi di "Violente manipolazioni mentali", disco d'esordio di un duo composto da Fabio Igor Tosi (già Devocka) e Riccardo Silvestrini. Il problema che sta alla base di queste 10 tracce è il loro essere derivative, soprattutto nella scelta dei suoni. Non che non manchino le buone intenzioni, però a tutto l'insieme manca una cifra stilistica riconoscibile. E non si tratta tanto di essere debitori a questo o quell'artista/band, siccome è una prerogativa con cui ogni musicista deve necessariamente fare i conti, bensì di una specifica idea di suono ancora in itinere per quanto mi riguarda. Risalire alle fonti d'ispirazione del gruppo è operazione abbastanza semplice; fin dal loro primo vagito (il tributo ai Fluxus intitolato "Tutto da rifare", con la cover di "Vita in un pacifico nuovo mondo"), è palese l'influenza di tutta la scena rock made in Italy degli anni '90, con una particolare predilezione per i Massimo Volume e i Disciplinatha. I Nostri sono affascinati anche dall'industrial di scuola Nine Inch Nails e, più in generale, dall'uso di un'elettronica tinta di post-punk. Cosa manca ai Mastice per crescere? Di certo non le doti in fase di rifinitura delle canzoni, essendo la tracklist ben oliata quando ci si concentra sui dettagli. Piuttosto sarebbe stato auspicabile dedicare una quantità maggiore di tempo alla fase dei provini, dando priorità alle atmosfere di ogni singola traccia. "Vmm", ad esempio, avrebbe potuto godere di sorte migliore, anziché eclissarsi dopo appena 150 secondi; discorso contrario per la successiva "Zero", episodio di 3 minuti e mezzo in cui ti aspetti un climax che, nei fatti, lo si assapora giusto un attimo, prima dello sterile finale in dissolvenza. Il resto non brilla per particolari intuizioni, ma "Porci" (con un notevole retrogusto Fluxus), "Risveglio", “Fetore” e "Venditori di fumo" hanno la loro ragion d'essere. Complessivamente non è pochissimo, per cui il suggerimento è quello di riprovarci.
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Diffido sempre dalle indicazioni del comunicato stampa, spesso neanche scelte dalla band stessa, e infatti non lo leggo mai prima di ascoltare almeno una volta l’album. Ma questa volta mi è stato anticipato (o se preferite spoilerato, che va molto di moda) che nell’album ‘Violente Manipolazioni Mentali‘, esordio dei Mastice avrei trovato sonorità industrial e ambient, con una forte natura elettro-rock. Questo è bastato a suscitare in me una vibrante curiosità, ma anche un po’ di aspettative. All’ascolto mi accorgo che non è una band in senso classico a suonare, con campionamenti ed elettronica utilizzati in larga scala: si tratta di un duo, composto dai ferraresi Igor Tosi (voce dei Devocka, da non confondere con gli americani DeVotchKa) e Riccardo Silvestrini. L’album è un concept: senza soluzione di continuità, da un tappeto elettro-soft spuntano fuori uno dopo l’altro i singoli brani. Le influenze sono di livello e si percepiscono sonorità raffinate (anche se non originalissime). In tutto l’album prevale un’atmosfera cupa che lo rende, nel bene e nel male, incisivo. Ascoltando ‘Violente Manipolazioni Mentali‘ ti ritrovi di notte, al freddo, in una stanza chiusa con un neon intermittente che ronza e un rubinetto che gocciola: se questa sensazione non ti impedisce di affrontare successivi ascolti, man mano il tutto diventa più affabile ed orecchiabile. Sospetto che, ricercando un proprio stile, ci sia una precisa volontà da parte dei Mastice nell’asciugare il più possibile gli arrangiamenti e nel mischiare sonorità e accordi che tra di loro si frequentano poco. Purtroppo è un’arte complessa, e personalmente ritengo che per questo duo sia qualcosa ancora un po’ da affinare. Trovo invece innegabile la capacità suggestiva che, nell’insieme, quest’album riesce ad esercitare sull’ascoltatore.
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E’ l’elettronica a determinare le coordinate di Violente Manipolazioni Mentali,brillante esordio discografico dei Mastice,duo ferrarese composto da Igor Tosi(Voce dei Devocka)e Riccardo Silvestrini,che coadiuvati in studio da Samboela(Devocka,Luci Della Centrale Elettrica,Bob Corn)realizzano un concept album incentrato piu’ sul suono e sulla complessità della struttura che sulle semplici dinamiche di toni alti e bassi bilanciando in maniera convincente una tavolozza di suoni espansiva, con riferimento al piu’ gelido elettro-rock degli anni 80,all”ambient e all’industrial.Metronomiche pulsioni di batteria elettronica,schegge noise e dilatazioni ambient supportano la voce di Igor Tosi, che evocando immagini di decadenza e paranoia urbana,narra storie in cui disagio esistenziale e dura quotidianità si scontrano con la realtà illusoria propagata da una società sempre piu’ simile strutturalmente a una vera e propria gabbia mentale. Le atmosfere tanto oniriche quanto vagamente terrorizzanti e l’uso di testi intelligenti catturano l’ attenzione dell’ ascoltatore introducendolo in una dimensione di seducente cupezza.Canzoni come:Venditori Di Fumo,Target ,Freddo e Maggio sembrano venire da lontano,ma anche da dentro,forse dalla coscienza vagamente alterata un attimo prima del risveglio.Disco straconsigliato!
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Poco più di mezz’ora per il secondo lavoro dei Mastice (ma il primo a lunga durata),ma molto incisiva e penetrante: è uscito qualche tempo fa,ma ho modo di parlarne solo adesso. Difatti il duo composto da Igor Tosi e Riccardo Silvestrini,sforna un concept album intrigante sui meandri oscuri dell’animo umano e sulla durezza della quotidianità: ed il sound riflette appieno queste tematiche affondando le radici tanto nell’industrial (“Venditori di fumo”), quanto nell’ambient noise sperimentale (l’introduttiva “Inizio”, la spettrale e sperimentale “VMM” che farebbe gola agli Einsturzende Nebauten per le sue cadenze) e nel dark (“Risveglio”,il mix di elettronica analogica ed elettricità chitarristica di “Zero” e dell’impenetrabile “Freddo”), ma senza tenere a freno un’attitudine rock,che è comunque ben presente (ad esempio,”Porci”, in cui le poderose distorsioni quasi stoner metal della 6 corde si sposano ai ritmi “glaciali” -ma sempre lenti e cupi-delle percussioni elettroniche). E’ la colonna sonora di un bad trip virato in nero che è la nostra esistenza stessa; tuttavia alla band non sfugge la cura negli arrangiamenti e c’è persino melodia nei segmenti chitarristici (un brano come “fetore” non sfigurerebbe certo nel repertorio dei Nine Inch Nails-era “Downward spiral”), che rimangono pesantissimi come un macigno e ben si sposano alle liriche, all’insegna di un pessimismo visionario e-perché no-sottilmente catartico. Ad ogni modo, ci sono anche dei momenti più pacati come la ballata oscura “Target”, forse il mio brano preferito del disco,con una certa poesia oscura in evidenza (“non c’è necessità di melanconici affanni/piccole ossessioni fatte d’inganni”) e dei synth quasi progressivi sullo sfondo (bellissimo il tappeto chitarristico,sempre in bilico su giochi chiaroscuri); anche la conclusiva “Maggio” è più quieta, ma non meno bella,anzi,il mix tra poesia e melodia oscura è ai massimi livelli (ed è forse il brano più canonicamente riconducibile a certo cupo alternative rock….ma nessuna concessione alla faciloneria,tutto è visto sempre attraverso un’ottica distorta e deformata, com’è tipico della band). Un disco,dunque, che ha bisogno di attenzione:non è uno di quegli ascolti che si possono fare distrattamente,mentre si sta facendo altro, perché è un album che reclama ad alta voce la massima concentrazione….Una volta entrati però nel vortice noir dei Mastice, non si può non rimanerne affascinati e ammaliati……Interessante davvero questo duo,a tratti perfino sorprendente nelle loro creazioni e nelle loro “violente manipolazioni mentali”
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Dieci tracce di elettro-rock cupo, duro, aspro, suoni secchi e spezzati , testi agri e sinteticamente drammatici, forti e pesanti. Come annunciato siamo di fronte non ad un disco nel vero senso della parola, ma ad un progetto, ed in quanto tale va giudicato. Un giudizio che risulta difficile proprio per la sua natura, una sperimentazione che comprende anche un trapano, l’esplorazione di nuove barriere sonore ed espressive, un prodotto che sicuramente merita un posto agli amanti del genere.
L’introduzione acquatica, aliena di Derailed Dreams ci prepara ad un’immersione in un mondo niente affatto sconosciuto ma dal quale mancavamo da un bel pezzo.
Poco tempo fa, parlando de Gli Altri, band post-hardcore e quindi lontanissima dai King Suffy Generator, mi meravigliavo positivamente di come una band nostrana fosse stata in grado di portare una forte componente post-rock all’interno della loro musica in questi nostri giorni così lontani dal bel post-rock perchè – intendiamoci – di gruppi che reiterano le dinamiche delle scuole di Louisville e Chicago ve ne son fin troppe, lì arrabbiate e pronte a triturarceli con le loro geometriche intemperanze ‘emo’ e violenza math fine a sè stessa.
Quindi il post-rock non riesce ad invecchiare (e sedimentare nelle coscienze musicali) perchè ancora non vuole essere mollato dagli orfani dell’hardcore (quello vero che non hanno mai conosciuto) e allora si accaniscono sul suo corpo morto squassandone la carcassa come avvoltoi e rimestando e beccando lo svuotano di senso e significato.
E poi arrivano delle persone per bene a ricordarci che esisteva un altro modello di post-rock oltre ai soliti due comunemente proposti, quello ben più difficile, fantasioso e ricco di sfumature dei Tortoise. Ecco dove guardano i King Suffy Generator ed ecco perchè nelle loro composizioni si affacciano elementi progressive, space e persino latin rock.
La stessa Derailed Dreams nel suo algido rigore ritmico si infiamma di aperture che ricordano il primo Santana, quello vero, non il pupazzo con cui l’hanno sostituito poi.
Ritornano le sospensioni dei Tortoise in Short Term Vision esono proprio quelli di TNT, quelli più vicini ai deliqui dei cugini analog-pop The Sea and Cake.
E non bisogna meravigliarsi a parlare di prog ed affini perchè gli stessi Tortoise erano affascinati dal motorik krauto e da certe sperimentazioni settantine. Ecco perchè il minuto e poco più di Rough Souls sembra una traccia perduta dei Popol Vuh o degli Amon Düül.
Relieve The Burden dimostra come la band sappia anche incalzarci ma persino nella foga neo-prog riesce a non perdere mai il controllo ricordandoci – come anche la successiva We Used To Talk About Emancipation un’altra delle più grandi band post-rock – meno imitate – di sempre, gli Shipping News.
Un disco così ed una band di connazionali così, di questi tempi bisogna tenerla d’occhio. Non mi stupirebbe ritrovarli nelle charts indipendenti tra i migliori dischi italiani dell’anno.
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