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THUMBNAIL – Uno sguardo sul panorama indipendente italiano

Uno sguardo su THE BRAIN OLOTESTE

1. Chi sei, da dove vieni e che musica proponi.

Giuseppe Calignano, dall'estremo lembo della penisola italica, un posto che un tempo si chiamava Terra d'Otranto. In passato ho suonato una strana musica assai prossima al progressive nei Muzak, band che qualcuno ancora ricorda e i più hanno verosimilmente rimosso. Attualmente creo intrugli sonori a base di folk e psichedelia.

2. Il panorama musicale italiano aveva bisogno di te?

Se avesse avuto bisogno di me, probabilmente in tutti questi anni avrebbe avuto il tempo e il modo per farmelo sapere. A parte gli scherzi, ormai è da un po' che frequento il giro underground - o forse sarebbe meglio dire che sto ai margini del giro underground – e pertanto conosco bene la mia dimensione. Probabilmente fino al disco precedente ancora mi aspettavo che qualcosa di importante potesse accadere, ma in questo momento non lo spero e nemmeno mi interessa. Il mio ultimo lavoro, Wash Your Blues Away, suona così bene proprio perché sono riuscito a liberarmi definitivamente dall'ansia di apparire brillante ed attraente ad ogni costo. Adesso sono conscio in partenza che ogni volta che deciderò di registrare un nuovo album dovrò rimetterci dei soldi. Va benissimo così.

3. Se tu fossi una meta da raggiungere con il “navigatore musicale”, quali coordinate di artisti del passato o del presente dovremmo impostare, come strada da percorrere per arrivare al tuo sound?

Provate ad indicare il 1966 come anno di partenza e il 1992 come data di arrivo. Digitate sul vostro navigatore i nomi di Donovan, The Byrds, Silver Apples, Andwella's Dream, The Pretty Things, Kaleidoscope, The Incredible String Band, The West Coast Pop Art Experimental Band; fermatevi dalle parti di Nick Drake e Tim Buckley per una breve sosta; riprendete il percorso in direzione Spacemen 3, The Telescopes, Slowdive. Attualmente mi aggiro nei pressi di codeste lande, ma fate in fretta a raggiungermi perché nel frattempo potrei già essermi spostato da qualche altra parte.

4. Il brano del tuo repertorio che preferisci e perché questa scelta.

Dunque, il brano a cui sono più affezionato è certamente quello che dà il titolo al mio ultimo album, Wash Your Blues Away; per me si tratta di una canzone speciale, un brano ambizioso e soavemente interpretato da mia moglie Giuliana. Ma c'è anche un'altra canzone dello stesso disco che rappresenta una piccola, ma significativa svolta per la mia produzione: My Timeless Present. Non credo di aver mai scritto prima d'ora una canzone così fruibile. Ho finalmente compreso come comporre delle ariose melodie “pop” sia molto più complesso del rintanarsi in sterili “pseudo-intelletualismi”. Credo proprio che il mio prossimo album – già in fase di lavorazione - riserverà non poche sorprese da questo punto di vista.

https://soundcloud.com/i-dischi-del-minollo/the-brain-olotester-my - http://www.youtube.com/watch?v=I-FN6aKbCVA

5.Il disco che ti ha cambiato la vita.

Rock Bottom di Robert Wyatt, anche se durante l'infanzia ho consumato i solchi dei dischi dei Beatles.

6.Il tuo live più bello e quello invece peggio organizzato.

L'esibizione di spalla a Matt Elliot dell'anno scorso è stata gratificante. Non tanto per la difficoltosa performance causata dal simultaneo guasto occorso a delay e campionatore - strumenti sui quali avevo impostato almeno il 50% della scaletta - quanto piuttosto per la caratura del personaggio con cui ho condiviso il palco. Ormai ho superato i trent'anni e faccio sempre più fatica ad entusiasmarmi per qualcosa, ma qualche anno addietro di certo non avrei dormito per un bel po' di notti all'idea di poter suonare con un musicista del genere. Per quanto riguarda i concerti organizzati male, invece, l'aneddotica è assai più ampia. Agli albori degli anni duemila, quando ancora ero nei Muzak, fummo chiamati a suonare per una serata di beneficenza in un piccolo paese delle mie parti, in provincia di Lecce. Aprimmo il concerto con una lunga suite psichedelica semi-improvvisata e alquanto rumorosa. Il pubblico era composto perlopiù da persone anziane e famiglie con bambini, certamente poco avvezze all'ascolto di quindici minuti di sferragliate chitarristiche contrappuntate da un Farfisa dissonante e improvvisazioni ritmiche cadenzate da un'unica nota di basso. Dopo qualche minuto, infatti, la piazza si era completamente svuotata e sul palco ci lanciavamo delle occhiate per capire se fosse il caso di continuare o meno. Situazione imbarazzante e serata disastrosa, portata a termine con inenarrabile fatica.

7. Il locale di musica dal vivo secondo te ancora troppo sottovalutato e, al contrario, quello eccessivamente valutato tra quelli dove hai suonato o ascoltato concerti di altri.

Per una serie di motivi non mi esibisco spesso dal vivo, ma ho un bel ricordo di Locanda Latlantide. Ho suonato lì una sola volta, credo nel 2007. La stessa sera a Roma c'erano i Blonde Redhead e i Sophia; il nostro concerto era a pagamento eppure trovammo il locale comunque stracolmo.

8.Le tre migliori band emergenti della tua regione.

Non si tratta di band emergenti, ma di artisti già conosciuti in Italia e apprezzatissimi all'estero, dove sono adorati dalla critica e collaborano stabilmente con alcuni tra i più importanti musicisti della scena internazionale. Sono tutti più famosi e quotati di me; per questo non hanno certo bisogno della mia presentazione. Eccoli: Giorgio Tuma: http://open.spotify.com/artist/4JiOObzTWLYWJwH65qgfFK - Valerio Cosi: https://soundcloud.com/valeriocosi - Echopark: http://wwnbb.bandcamp.com/album/wwnbb-045-trees

 

 

9.Come seguirti, contattarti, scambiare pareri con te.

https://www.facebook.com/brainolotester

10.La decima domanda, che mancava: “Fatti una domanda e datti una risposta”.

D: Wash Your Blues Away è stato accolto in maniera entusiastica. Con chi vorresti condividere il merito di questo risultato?

R: Con I Dischi del Minollo. Francesco Strino mi ha risposto soltanto poche ore dopo aver ascoltato una versione non definitiva del disco. Da allora ha seguito con passione e professionalità il mio lavoro, lasciandomi al contempo assoluta libertà. Grazie di cuore.

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L'8 marzo 2013 è uscito  “Wash Your Blues Away”, il secondo album di  The Brain Olotester, nome d'arte di Giuseppe Calignano.

  • Ciao Giuseppe, raccontaci un po’ come nasce l’album “Wash Your Blues Away”?

Ho iniziato a scrivere buona parte delle canzoni  contenute in “Wash Your Blues Away” circa  due anni e mezzo fa, nel periodo in cui stavo collaborando a “In The Morning We'll Meet” di Giorgio Tuma, album capolavoro al quale sono orgoglioso di aver partecipato suonando organo e sintetizzatori. Dopo un periodo di relativa inattività, avevo una gran voglia di rimettermi a comporre. Con “Wash Your Blues Away” ho desiderato raccontare un momento particolarmente bello della mia vita.

  • Album prodotto da Paolo Bergese (Airportman), hanno collaborato, tra gli altri: Tommaso Cerasuolo (Perturbazione), Valerio Cosi, Giorgio Tuma, il compagno di etichetta Nicolas Joseph Roncea, i Diverting Duo e alcuni membri degli Airportman. Collaborazioni dettate da...

Dunque, Paolo Bergese è un mio grande amico; un musicista elegante, un produttore raffinato, ma soprattutto una persona straordinaria che sono felice di aver incontrato lungo la mia strada. Lo stesso vale per Giorgio Tuma, a mio avviso uno degli autori più sensibili e dotati che abbiamo in Italia, apprezzato e vezzeggiato all'estero, ma troppo poco conosciuto a queste latitudini. A Valerio Cosi ho semplicemente inviato un'e-mail chiedendogli se avesse voglia di suonare in un paio di canzoni e per fortuna ha accettato subito: ho sempre ammirato la sua musica  e sono particolarmente felice di poter leggere il suo nome nei crediti del disco. Di Tommaso Cerasuolo apprezzavo le doti vocali già nei Perturbazione, ma è stato il lavoro che ha fatto sull'album “Weeds”, in tandem con gli Airportman, a farmi definitivamente innamorare del suo timbro. Ho conosciuto Nicolas Joseph Roncea in studio , mentre con Paolo stavamo rifinendo il lavoro. All'epoca non eravamo ancora “compagni di etichetta” perché l'occasione di fare uscire “Wash Your Blues Away” per I Dischi del Minollo è arrivata soltanto in un secondo momento. Ai Diverting Duo inizialmente  avevo chiesto soltanto di suonare il piano elettrico e invece alla fine mi hanno dato una mano aggiungendo delle bellissime parti di voce, chitarra, synth, mellotron. Ma consentimi di ringraziare almeno altre due persone tra le tante che hanno contribuito alla realizzazione dell’album: Giuseppe Manta e Roberto Pinna. Il loro nome non compare nei comunicati stampa, ma la loro disponibilità e il loro aiuto sono stati fondamentali.

  • Wash Your Blues Away è composto da 11 brani di psych-pop con sfumature folk. In breve  raccontaci l’album brano per brano:

1. Before and after the library information systems: originariamente aveva un arrangiamento diverso, un po' in stile Animal Collective. L'idea di inserire il vibrafono come elemento portante è stata di Paolo Bergese; la sua intuizione ha contribuito in maniera determinante a donare al pezzo una veste inedita che non ero stato capace di immaginare.

2. Unexpected revelations: canzone dal cuore folk, arrichita da una miriade di ospiti e strumenti. Magari a qualcuno potrebbe riportare alla mente il Neil Young più “acido”, soprattutto per via del riff di chitarra elettrica.

3. The Queen, the rose and the moon: brano narcotico, dilatato, soffuso. Mi piace la morbidezza della produzione e gli innumerevoli suoni microscopici che si percepiscono appena in lontananza. Tutto ciò contribuisce a delineare un'atmosfera lievemente straniante.

4. A day in 1999: è la canzone che ho scritto con Giorgio Tuma. Fingerpicking, armonie vocali e un lungo finale dream pop.

5. My timeless present: la composizione più vivace del disco. Un potenziale singolo con un bel ritornello pop.

6. Her love makes me feel so good: si tratta di un breve intermezzo pianistico. Un bozzetto che tenevo da tempo riposto in un cassetto e non sapevo bene se tramutare in una canzone o lasciare così come è. Alla fine ho scelto la seconda opzione.

7. The sad ballad of Mr. Spaceman: pochi ingredienti: chitarra, voce, harmonium e giusto qualche nota di piano. Un brano timido e delicato.

8. Four years ago: accordi di pianoforte lunghissimi e cascate di sintetizzatori, fino alla coda che esplode in una ritmica assai più serrata. Un'ipotetica addizione potrebbe essere Mark Hollis + New Order, ma non escludo che qualcuno possa dissentire. La voce di Tommaso Cerasuolo è bellissima: calda e avvolgente.

9. Remember me: ogni tanto mi diverto ancora a pasticciare con i sintetizzatori e questo è il (succinto) risultato che sono riuscito ad ottenere.

10. Lazy Man: impianto folk e  crescendo di archi nel mezzo. Una delle canzoni meglio strutturate dell'intero disco.

11. Wash your blues away: il brano più significativo, quello che non a caso chiude l'album e gli dà il titolo. Trovo emozionante il momento in cui la voce esile ed evocativa della cantante diventa un coro assai più robusto e i fiati introducono il lungo finale orchestrale. A proposito, la cantante in questione è mia moglie Giuliana.

  • Il nuovo lavoro è stato preceduto dal tuo primo album da solista "The Brain Olotester" (2008 - Zahr Records), quali le differenze?

Definirei il precedente lavoro più “introverso” e meno spontaneo di “Wash Your Blues Away”. L'ho riascoltato dopo tanto tempo - in occasione della recente ristampa per Goat Man Records – ed ho avuto come la sensazione che in quell'album ci fosse il desiderio da parte mia di voler apparire brillante e interessante ad ogni costo. La scrittura di “Wash Your Blues Away”, invece, è stata molto più istintiva, piacevole e rilassata. Credo comunque che “The Brain Olotester” sia un bel disco sotto molti punti di vista; un tentativo assolutamente riuscito di coniugare l'amore viscerale che nutro per il folk con l'elettronica e alcuni elementi di derivazione canterburiana. Un album da recuperare, senza dubbio.

  • Trovo che “Wash Your Blues Away”  sia  un disco molto intimo, quali sono stati I tuoi riferimenti per la realizzazione dell’album?

Da un punto di vista emotivo, l'amore per mia moglie. Ho provato a raccontare non solo la nostra storia, ma anche quello che eravamo prima di conoscerci, ciò che siamo diventati insieme e come sarebbero state le nostre esistenze se non ci fossimo mai incontrati. “Wash Your Blues Away” è una sorta di riflessione a voce alta sull'incedere del tempo e sui possibili scenari innescati o frustrati da un particolare evento. È come se con questo disco avessi cercato di tradurre in musica quel meraviglioso racconto che è “Il giardino dei sentieri che si biforcano”; tuttavia senza possedere, nemmeno lontanamente, la fantasia e l'estro letterario di Jorge Luis Borges. Sotto il profilo squisitamente musicale, invece, nel periodo in cui  ero alle prese con la realizzazione dell'album ascoltavo tanta psichedelia dei tardi anni '80, molto acid folk e la musica ripetitiva di Steve Reich, Terry Riley e La Monte Young. Alcuni di questi riferimenti sono certamente riconoscibili, altri probabilmente meno.

  • I tuoi progetti per il futuro?

A maggio inizierò a registrare il nuovo album. Sarà prodotto anche questa volta da Paolo Bergese e sono previsti tanti ospiti vecchi e nuovi. Non vedo l'ora di entrare in studio!

  • Quale canzone ha rappresentato la tua svolta musicale e quale avresti voluto scrivere?

Non saprei farti il nome di una canzone in particolare, ma sono stati tanti gli album che hanno significato qualcosa di importante per me e hanno rappresentato altrettante svolte: penso a “Rock Bottom” di Robert Wyatt, “Taking Tiger Mountain (By Strategy)” di Brian Eno, il debutto di Sparklehorse. Più in generale, ricordo quando da adolescente, attraverso il passaparola o la lettura delle riviste, sono arrivato a scoprire il krautrock, la new wave, la psichedelia. Si è spalancato intorno alle mie orecchie un multiverso sonoro policromo ed eccitante e da allora non ho più potuto fare a meno di ascoltare e comporre musica. Per quanto riguarda la canzone che avrei voluto scrivere, il discorso si complica ulteriormente. Ce ne sarebbero centinaia, ma non mi sottraggo a questo tipo di domande, alle quali, anzi, mi diverte parecchio rispondere. Mi concedo la libertà di indicartene un paio: “Northern Sky” di Nick Drake e “Mother Of Violence” di Peter Gabriel. Tuttavia, sono persuaso del fatto che se mi rifacessi la stessa domanda domani, con ogni probabilità riceveresti una risposta completamente diversa.

  • Music Web Dissemination: vantaggi e svantaggi secondo Giuseppe?

Indubbiamente internet è una risorsa importante, uno strumento che in più di un'occasione ha offerto a qualcuno l'opportunità di mettersi in vetrina e affermarsi nel mondo della musica. Non demonizzo il mezzo, ma nemmeno mi esalto di fronte alle sue presunte meraviglie. Da fruitore, più che da musicista, talvolta mi capita di sentirmi spaesato davanti all'enorme mole di webzine, blog e soprattutto recensioni che spuntano ogni giorno come funghi. Il rischio che si corre è di giudicare un lavoro troppo frettolosamente o – peggio ancora -  ignorare splendide proposte che si perdono nel “mare magnum” della rete. Personalmente non scarico da internet, faccio molta fatica ad ascoltare gli album disponibili in streaming e preferisco ancora acquistare la musica in formato fisico. Sono quasi arrivato alle lacrime quando ho appreso che stava per chiudere il piccolo negozio di dischi  - gestito con passione, entusiasmo e competenza – dal quale mi sono rifornito per anni.

  • SAMPLE TIME: una frase estratta da uno dei brani del tuo album che rappresenti l’anima del disco?

“If I could start over again, I wouldn't waste all the time spent without you in that wrong way”.

 

Di Roy & Grace